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Autore: KH4    30/08/2016    0 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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Chimera per Hell's Road.

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Hell's Road.
27 / Chimera.

Il legno di quercia che si apre dall’interno e i cardini d’acciaio pensati al suo sostegno bastarono a schiantare la quiete mattiniera contro la parete di grigia roccia stante al dì la dell’entrata. Il botto fu così forte che lasciò intendere un qualche accapigliamento eruttato nella peggior maniera che si potesse ideare, una direzione unilaterale che spinse le teste di molti a curiosare mentre le schegge volavano e, a una situazione già opprimente, si aggiungeva un’ulteriore implicazione. I tavoli sulla sinistra strisciarono sotto la sferzata di un getto ventoso che si abbatté contro il soffitto, buttando il cibo per terra. Un pugno aveva sancito l’inizio di tutto, veloce e con un impatto che aveva mancato il suo bersaglio. 
Pierre atterrò lontano dalla folla raggruppatasi in massa, leggiadro per come i suoi piedi non emisero il benché minimo cigolio nell’adagiarsi sul pavimento. La gestione del peso corporeo basava il suo intero lavoro sul corretto bilanciamento di energie chimiche e spirituali, la parola che assumeva concretezza per mezzo di una forma e un contenuto; l’inconscio mimare un’ombra, elegante e inesistente nello scivolare fluida laddove perfino la luce giungeva accecante, da abilità si era evoluta in abitudine. Persino l'ondeggiare della camicia merlata rifletté quell’intento concretizzatosi in prerogativa.
Non aveva mai amato dare mostra di sé e se lo aveva fatto – e lo aveva fatto -, gli occhi umani rimanevano comunque troppo lenti per comprendere cosa si nascondesse veramente dietro un fruscìo improvviso di cui giusto si coglieva la parvenza; tuttavia, trovarsi nella posizione di doversi difendere quando l’ira soffiava sui nervi più fragili, lo costringeva a serrare i pugni e a resistere, a impegnarsi in una linea mirata al banale schivare.
La vita prima della Rosa Nera accompagnava il suo presente con cicatrici orribili da vedere e dolori intorpiditi; ricordi sudici, vergognosi, che filtravano nella sua intimità simulando la lenta metodicità di una goccia d’acqua insinuatasi fra anfratti rocciosi. Un nuotare controcorrente, un fuggire, un chinare il capo, un serrare l’anima satura di odio per quel padre che decantava i loro poteri e al tempo stesso aveva saputo solo condurli all’umiliazione. Infine c'era il sangue, la sua dolce follia, ma in merito a ciò preferì non andare oltre al lisciore della pelle rimarginatasi in macchie pallide. Nell’impossibilità di strapparsi dal petto ogni sensazione pertinente agli strascichi veleniferi che talvolta traboccavano ribelli, non gli era rimasto altro da fare che azzerarsi e prendere in mano la sua esistenza – non una parte, tutta - solo per conferirle un senso, fra passi incerti e il timore di perdere l’equilibrio. Afferrare il male acciambellato fra le sue carni e mirarlo dall’esterno, quasi non gli fosse mai appartenuto, lo aveva stranito, eppure se non si troverebbe al fianco di Amèlie Chevalier se quel dì non avesse scelto di stringere la mano che lei gli aveva porto. Quella sottile venatura biancastra che ricordava lo spezzarsi del ghiaccio sotto il sole del primo mattino, la sua sopportabilità nei confronti del genere umano – suscettibile al benché minimo incauto sfiorare -, si spezzò nel buio silenzioso marcato dalla sua inespressività non appena l’ufficiale che gli era andato contro arcuò la bocca per sputare parole ributtanti nei confronti della donna dai lunghi capelli neri.
- Rimangiatelo. -
Il Corvo a cui strinse il colletto aveva il collo reclinato all’indietro, la bocca zuppa di sangue e gli arti esplosi in un dolore scricchiolante che gli impediva perfino di muovere le dita. Gli altri due, accorsi in aiuto, li stava calpestando senza curarsi se ancora respirassero, osservati da un quarto raggomitolato a terra con la mano a premere sul naso rotto. Il potere ustionava la sua pelle originando segni concentrici che ne tappezzavano ogni lembo scoperto con il colore del sangue raggrumato, riflettente un fiocco bagliore cremisi che scoppiettò di scintille luminose una volta che le arricciature gli decorarono le guance; defluiva dal suo corpo godendosi la libertà sciolta dall'incatenamento ordito dalla propria volontà, ma mancando di convergere in qualunque forma di piacere che ne ammorbidisse l’ego. Odiava le persone, tanto, intensamente, perché non poteva dimenticare quello che gli avevano fatto, come lo avevano usato, ma pur con l’animo tagliuzzato che sanguinava a ogni incauto sfioramento, la rabbia incalzante sulla scia di provocanti sibili insisteva nello scrollare devastante dell’impulso sostituitosi all’indifferenza; sbiadirne i contorni aveva richiesto uno sforzo ancora impensabile, plasmando una frontiera che isolasse lo spazio al centro del suo universo, dove Amèlie Chevalier dominava indisturbata. Eppure vi erano volte, dove il riverbero dello specchio riusciva a racchiudere la vastità delle tenebre in un unico spicchio e quella cosa senza nome che ballonzolava fra le schegge mnemoniche cominciava a sorridergli con amabile sprezzo, costringendolo semplicemente a reagire senza opporsi come invece avrebbe dovuto.
Una volta che accadeva e non vi era modo di tornare indietro, il resto si annullava nell’ignoranza.
- Sto aspettando. - All’ennesimo sibilo, le iridi oscillanti fra lo smeraldo e l’acquosità del cielo si indurirono, lasciando trasparire una pazienza pressoché empia.
- Fottiti, mostriciattolo! - L’astio con cui il Corvo decretò la sua sentenza lo fece volare contro il muro più vicino dopo che il bambino gli ebbe fracassato le costole con un gancio allo stomaco.
Stupido. Se l’era cercata. Esattamente come gli altri due che rantolavano sotto le suole delle sue scarpe e quell’altro che stava cercando di strisciare in mezzo alla folla.
- Vai da qualche parte? - Pierre gli fu addosso in due secondi, pestandogli i genitali con violenta decisione.
- Ehi, ehi! Ragazzino! Vedi di darci un taglio! -
Le mani di due Finder gli artigliarono le spalle cercando di farlo voltare. Abbandonarono ogni tentativo al puzzo di carne bruciata che ne rivelò i palmi ustionati.
- Un fuoco fatuo creato dal nulla. -
Bookman slittò fra la calca senza dover essere costretto a spingere per sgusciare in avanti.
I Corvi non godevano di buona simpatia, la loro presenza all’Ordine Oscuro apriva un preludio di tempi travagliati, ma gli occhi cerchiati dell’anziano a stento davano importanza alle condizioni dei suddetti. Quel bambino lo aveva insospettito fin dal principio e i marchi apparsi sui suoi arti narravano di una storia seppellita sotto le basi della Chiesa per l’essere diventata un pericolo al suo potere.
- Pierre, adesso basta. Così peggiori solo la tua situazione. - Allen si fece avanti, calmo, ma mantenendo una distanza che non esortasse il più piccolo a reagire bruscamente.
- Vuoi unirti a loro? - La domanda era un caldo invito ad andarsene.
- Sono Corvi, Pierre -, tentò di farlo ragionare Lavi, nonostante fosse incredulo davanti al fatto che dei membri dell’unità d’élite dell’Ufficio Centrale fossero stati ridotti in quello stato in meno di un battito di ciglia - E’ gente contro cui è meglio non avere a che fare. -
- E’ feccia che ha osato dare della puttana ad Amèlie-sama -, replicò lui, gelido.
- F-Fate attenzione! - Squittì Miranda.
La situazione era prossima a degenerare completamente. Pierre compì due passi in avanti, apparentemente barcollando con il peso dell’intero corpo a premergli sulla schiena e uno sguardo che scosse l’apprendista Bookman fin nelle viscere attorcigliate nello stomaco. Una totale assenza d’emozioni, la più pura e perfetta mancanza d’esitazione imperlava quel visetto dai lineamenti ambigui senza che parole inutili stessero a descriverne le specificità.
Improvvisamente, un battito di mani si librò pacato in aria.
Mormorii sbigottiti e timorosi accompagnarono l’avanzata dal nulla di un uomo che colpì per l’arcigna affilatezza del volto e il distinto portamento. I capelli di bionda cenere, tirati all’indietro, lasciavano scoperta una nuca squadrata a cui si abbinavano lineamenti altrettanto marcati, dalla spigolosa pelle pallida armata di due aghi neri che perforavano le minuscole sfere glaciali. Un singolo gesto da parte sua e l’appena udibile picchiettare dei suoi calzari di cuoio lucidati a mano si impose fra le ampie mura; perfino l’impeccabile giacca bordeaux, ornata di bottoni dorati, nobilitava un sentore pungente. Ci fu un istante dove l’azzurro gelido dei suoi occhi si accorsero della presenza di Allen, e allora il Generale Bambino avvertì su di sé un'attenzione sgradevole, per come quel rapido sondarlo da capo a piedi cercasse, inspiegabilmente, di spogliarlo della sua carne maledetta. Conviveva con la stranezza del suo aspetto abbastanza da sapere di non poter passare inosservato, eppure la sinistrosità rivoltagli si mostrò audace nel segnare un confine fra la sua intensità e la diffidenza con cui veniva verbalmente trattato; se migliaia di giudizi estranei fallivano nel demoralizzarlo, con quello dovette assecondare l’improvvisa necessità di frantumare il contatto in corso.
- S- Sovrintendente…Lvellie? -
- Cosa c’è, Lenalee? -
Le mani della ragazza si strinsero in un tremito che riallacciò il circolo di paure irrisolte da cui si era estraniata solo parzialmente. Il buio divorò la tenue luce delle confortanti pareti della mensa, rivoli di catrame zampillanti in gocce d’olio bollente che sporcarono la pietra nuda fino a inzupparla col fondo traboccante di orribili ricordi che riaprirono in Lenalee un’unica grande cicatrice d’innanzi al passaggio di quell’uomo freddo e ordinato che, più di chiunque altro, ne aveva tartassata l’innocenza fino a farle perdere la ragione.
- Accidenti! Ci mancava pure lui! - Lavi imprecò mentalmente, stringendo le spalle dell’amica con il braccio.
- Lo conoscete? - Domandò Allen.
Il rosso annui mesto - Malcom C Lvellie. E’ un esponente dell’Ufficio Centrale -, gli bisbigliò - Se hanno mandato lui, significa che l’Ufficio Centrale intende prendere direttamente in mano la faccenda. -
Un qualunque estraneo avrebbe giudicato la calma di quella camminata come una metodica ponderazione della propria influenza e non avrebbe sbagliato ad azzardare che al nuovo arrivato piacesse un tale clima di muto scombussolamento. Le mani serrate a pugno dietro la schiena e l’ombra vigilata da un subordinato vestito all’eguale maniera, più giovane, ma dal volto trasparente un’imperturbabilità pressoché inconcepibile a chi viveva di emozioni calde, elevavano un portamento che ne proiettava la persona a una platea inconsciamente consapevole di dover rimanere al suo posto. L’arrestarsi della sua falcata coincise con lo schiocco omicida che Pierre gli rivolse mentre la mano lasciava cadere il corpo del Corvo malmenato. Possedeva ancora lucidità a sufficienza per intuire che davanti a sé non aveva un burattino, ma un burattinaio, e la cosa non poté che indurirne le nocche pallide.
- Rasiel Arthurian Vamblasset Gremory XIII. - Quel che apparve come un sorriso maldicente, si allargò da sotto i baffi stretti - Finalmente ho il piacere di incontrarti da cosciente. -
Il suo nome. Il suo vero nome. Da giorni tramutatisi in anni, il suo suono proibito non aveva più arrochito la voce delle persone. Inutile dire che si trattava di una delicatezza che Pierre aveva sempre cercato di maneggiare placando il timore di vedersela sgretolare fra le mani, ma le reminescenze sopite, associate al volto che lo squadrò beffardo, si fusero in una mistura che culminarono in un nuovo accesso di ira bollente.
- Chi diavolo sei per conoscere il mio clan? -
- Ragazzino, bada a come ti rivolgi al Sovrintendente -, gli intimò il giovane di fianco all’alto ufficiale scattò.  
- E’ tutto sotto controllo, Ispettore Link: l’irriverenza di questa bestiolina mi è cosa già nota -, lo rassicurò pacato il superiore - Dalla costanza della sua padrona nel non riconoscere un’autorità al dì fuori della propria non potevo aspettarmi nulla di meno. -
- Lo prenderò come un complimento. -
Dall’ala destra della sala mensa, fece la sua entrata Amèlie Chevalier, una mano appoggiata al fianco, splendida e senza alcun sorriso che mettesse in risalto l’immancabile sensualità soddisfatta che la contraddistingueva.
- Di bene in meglio: adesso sono presenti entrambi! -

Ora più che mai la piega assunta dalla mattinata pareva essersi arcuata in un’angolatura irreversibile, ma soltanto nella testa di Lavi e di chi era al corrente della pericolosità manifestatasi, il pandemonio vero e proprio scalciava impazzito. La famiglia Lvellie rivestiva una posizione di prestigiosa ambiguità all’interno della Chiesa, una costante nella storia di quel conflitto millenario che, nel suo dare e ricevere, aveva eretto attorno ai suoi membri veridiche fortezze di inoppugnabile mistero. Confrontarsi con l’immagine di facoltosa e fredda austerità, che ben simboleggiava la ferma intenzione della Chiesa a vincere quella guerra a tutti i costi, significava doversi confrontare con guai intricati e le probabilità di uscirne indenni danzavano pericolosamente vicine allo zero. Ma come la fama dell’esponente maggiore del casato era circoscritta a pochi eletti che giusto sapevano pronunciarne il nome correttamente, più pubbliche si affermavano le controversie legate alla Maitresse della Rosa Nera. Frenetica era l’elettricità dei dissapori innescati per mezzo di incontri sporadici, nei quali ambedue le parti si erano fatte un’idea sul perché fossero indispensabili nei loro campi; tuttavia, l’origine da cui si diramava quell’attrito spaventoso pareva allacciarsi unicamente all’incompatibilità di due personalità abituate a imporre il proprio potere anziché vederlo costantemente ostacolato. Nell’attimo in cui il profilo marcato e appuntito dell’uomo si palesò nella sua mente, il raziocinio di Amèlie scattò felino e nell'intrecciarsi dei loro sguardi in un unico filo che sfrigolava pericolosamente su una roccia appuntita, non nutrì altro che l’assoluta convinzione che la sua entrata in scena fosse tutto fuorché una assurda casualità.
- Madame Chevalier, quale onore -, la salutò con garbo l’Ispettore - Mi erano giunte voci sul fatto che si trovasse all’Ordine, ma considerata la poca vostra attinenza a mostrarvi al comune pubblico, ammetto di essere stato piuttosto diffidente al riguardo. -
- Un atteggiamento più che giustificato, Sovrintendente -, annuì Amèlie - D’altro canto, ero convinta di avere più tempo per prepararmi al nostro incontro. E’ una novità saperla incline a frequentare luoghi di bassa leva come le mense. -
- Potrei affermare lo stesso di voi. Lo zelo con il quale vi sbattete incessantemente per la causa vi rende davvero difficile da reperire -, replicò sferzante l’uomo, calcando sul verbo con affilata malignità celata - Ma non soffermiamoci su queste piccolezze: avremo tutto il tempo per discutere del ruolo da lei ricoperto nella missione. Oh, e non dimentichiamoci dell’increscioso screzio del suo animaletto selvatico. - Gli aghi neri dell’ufficiale si addossarono sul bambino, che rispose con eguale gelido ardore.
- Non vedo cosa ci sia da chiarire: Pierre si è semplicemente difeso -, affermò soave lei. La mano corse a vezzeggiare i boccoli del suo protetto - E’ la lingua mordace dei vostri Corvi a peccare di educazione. -
- S-Sovraintendente! - Un ansito buttato fuori con grido soffocato si levò prepotente. Il Corvo sopravvissuto all’assalto fissò il bambino in questione come se davanti a sé non vedesse altro che un’indescrivibile mostruosità - E’ una Chimera! Quel mostriciattolo è una fottuta Chimera! -
- Silenzio. - Col piede destro, la Maitresse della Rosa Nero gli calpestò la cassa toracica, smorzandone l’ossigeno sputacchiante in gola.
- Lurida…! - Le labbra del giovane si bagnarono di saliva mista a sangue, sporcando la chiostra di denti stretti in un ringhio che rivolse sia donna che alla creatura amabilmente accoccolata al suo fianco; l'apatico disinteresse nel non concepire l’oltraggio perpetrato ai danni del nome che portava lo schiaffeggiò echeggiando divertito. Il moccioso sarebbe stato il primo a pagare per la presunzione ostentata, anche se avesse dovuto rimetterci le braccia a furia di scaricargli addosso tutti gli incantesimi in suo possesso.
- Edward, rimani al tuo posto. - Le caviglie erano pronte a dargli il giusto slancio quando il superiore, con un lieve cenno del capo appuntito, gli ordinò di desistere.
- Ma, signore! Perché?!? -
- Perché, vedi… - La lingua di Amèlie soffiò dolce, languida come il suo chinarsi sul volto del Corvo - All’ultima persona che si è permessa di mettere le mani addosso a una mia proprietà, ho fatto scoprire che la morte è la gioia più grande dopo la vita, se messa a confronto con l’umiliazione. -
Non mentiva. Allen se ne accorse, con il gelo liquiefattosi ad attorcigliarsi attorno le membra celate dall’epidermide emaciata. Non ebbe idea del perché si afferrò il braccio infestato, accorgendosi nuovamente di quanto solida e scarna fosse la corazza che ne proteggeva le falangi, ma stringerlo lo aiutò a rimanere con i piedi per terra, dove doveva stare. Il sibilare lanciatogli contro da voci indistinte ora era tutto riversato sulla Maitresse della Rosa Nera, trasbordava copioso in un’unica direzione che, tuttavia, non dava l’impressione di sortire il benché minimo condizionamento; l’ovale di bianca porcellana della Chevalier era visibilmente più seccato dal dover perdere tempo con quella persona proveniente dall’Ufficio Centrale che dalle opinioni negative che la gente continuava ad aggiungere.
- E saresti pronto ad anteporre ciò a tutte le vite che ha già stroncato e che sta per stroncare mentre noi stiamo qui a perdere tempo? Commovente, se non fosse che stiamo parlando di carne morta. -
Il cuore si perse in ansiti dolorosi al rievocare lo sprazzo subito in silenzio, la rabbia covata per una considerazione della vita scevra di ogni importanza che non la riguardava personalmente. Per il suo animo era inconcepibile trascurare esistenze che si potevano salvare, ancor meno infierirvi pervaso da un qualche sadismo indelicato; ora più che mai, fermentava in lui un amore abbastanza cieco da essere quasi indecente, nel caricarsi tutti i pesi del mondo senza preoccuparsi se un tale quantitativo alla fine lo avrebbe annientato. Ma l’increspatura di quelle labbra di buio vermiglio avevano saputo afferrarlo interamente sin dal primo momento e farlo sentire miseramente piccolo nelle sue inossidabili convinzioni. Ad Amèlie l’umanità interessava quel tanto che le permetteva da ricavarci un profitto, la dissimulazione era un’arte illusoria che, aveva compreso, riservava alla sua clientela per addolcirne le mani quando tentavano di serrarsi attorno al portafoglio, ma nel mondo reale epurava il tergiversare con un’imposizione dei fatti che non dava voce a soluzioni alternative.
Il dare già per spacciato Suman Dark era stato un piccolo assaggio che non abbisognava di nuove dimostrazioni, insensibile al destino dei propri compagni, ma che fosse detentrice di una brutalità anche capace di osare…
No. Se non fosse stato cosciente di trovarsi in un luogo con tante persone, si sarebbe preso a pugni la testa pur di scacciare quell’orribile pensiero. A pochi passi da lui c’era Lenalee e l’immagine che gli aveva calorosamente confidato minacciava di essiccarsi ancor prima che la sua bocca esalasse un qualunque pensiero incompatibile all’opinione della cinese. Poteva vederlo da sé, trattenendo a stento la paura che ne pizzicava la curva delle spalle mentre il frammento screziato di un tutto a lei forse non definito come credeva si incastonava in un altro più appuntito, eppure Allen era inspiegabilmente certo che Lenalee sapesse meglio di chiunque altro chi Amèlie veramente fosse. Soltanto, gli sarebbe piaciuto comprendere la natura del fantasma che ne possedeva le unghie affondate nel leggero tessuto dell’abito; una loro distrazione e avrebbero ferito la pelle della ragazza.
- Lenalee? -
Cercò un contatto e, accostandosi al fianco libero, intercettò la paura sortita dalla presenza dell’ufficiale; scivolava indisturbata fra barriere inesistenti, sbriciolando l’affabile sorriso che Allen aveva sempre trovato delizioso su Lenalee, tanto da impedirgli di essere giù di corda. Evidentemente il circolare di ferite ancora in via di guarigione bastava perché quel dipinto a cui si era abituato, dolce e gentile, lasciasse il posto a qualcosa che conosceva profondamente e nel cogliere la premura di Lavi, il piccolo albino non si sentì in diritto di pretendere nulla: in fatto di reticenza non vi poteva essere migliore esempio di lui. Mana viveva del suo affetto morboso e parlarne avrebbe fatto riaffiorare l’orrore di cui si era macchiato. 
Ingoiando il groppo salitogli in gola, la sua mente tornò dall’angolo appartato dentro cui si era rifugiato: le iridi nere della Maitresse della Rosa Nera governavano imperiose la situazione, perfette, senza striature a smussarne il colore spettrale. Se, fino ad ora, leggerle l’anima era stato impossibile, tutto ciò che in quella frazione di secondo trapelò da quegli specchi d’acqua tetra, fu la tentazione di mettere in chiaro quanto poco ci avrebbe messo a dare una dimostrazione pratica delle sue intenzioni più raccapriccianti.
- Fai il bravo cagnolino: resta al tuo posto -, la sentirono suggerire al Corvo, sogghignando divertita - Non vorrai  certo che il tuo sangue finisca per sporcarmi il vestito. -

- E’ uno scherzo. Uno Scherzo! Non può essere altrimenti! -
Dalle labbra di Bak Chang si levò un tremolio denso di sgomento che quasi rischiò di fargli urlare il rauco gemito strozzato. Credere in un fatto rientrava a far parte di un modo di vivere che necessitava di prove o azioni divenute memorie sedimentate in una lista dove gli spazi liberi si trovavano quando qualcosa valeva la pena di essere ricordata. Ironia della sorte, le spine più astiose da sradicare si rivelavano essere quelle sospinte al margine, cattive e il cui solo tocco sollecitava un frettoloso rientro al centro, dove l’alito vitale vibrava di serenità. Non voleva dar peso a quanto accolto involontariamente, ma dubitava che ripeterselo in continuazione avrebbe distorto la realtà e fattolo svegliare nel suo letto con il sollievo di aver solo sognato.
- Ji-chan, come la pensi al riguardo? - Domandò Lavi - C’è davvero la possibilità che Pierre sia effettivamente una Chimera? -
- Se non sai darti una risposta da solo è evidente che non hai studiato i fatti come avresti dovuto. - La risposta fu modulata perché suonasse come un rimprovero atono. Bookman non aveva tolto gli occhi di dosso dal bambino per tutta la durata della conversazione e il non volgere il capo rugoso in direzione del pupillo divenne una seconda stilettata che il rosso incassò abbassando il mento.
- Di qualunque cosa si tratti nello specifico, sembra coinvolgere Amèlie e l’Ispettore mandato dall’Ufficio Centrale -, dedusse Marie, la mano appoggiata alle cuffie per sintonizzarsi su una frequenza sprovvista del brusio di sottofondo.
- Scusate…Qualcuno potrebbe spiegarmi cosa sono queste Chimere? - Domandò coraggiosamente Miranda.
- Si tratta di Ibridi. -, le rispose Lavi - Esseri creati attraverso l’incrocio di due o più specie d’animale per mezzo di un processo alchemico. Nei testi antichi sono descritti come bestie mitologiche di cui temere l’ira, ma nel caso di Pierre si fa riferimento a qualcosa di molto più...Blasfemo. -
- Che intendi dire? -
Sgombrata la mensa di tutti i personaggi che avevano contribuito a bloccare la digestione delle colazioni abbondanti di Jerry, quanto rimaneva si giocava sulla voglia di non ritornare sull’argomento e le schegge dell’ampia porta di legno ancora accatastata ai piedi del muro. Lenalee aveva potuto finalmente rinsavire, vezzeggiata da un buon tè portole per sciogliere gli ultimi residui di angoscia che Lvellie le aveva scatenato ancor prima che potesse contrastarla con armi adatte.
- Intende dire che a quel nome ne è associato un altro che la Chiesa ha cancellato ad appena pochi anni dalla nascita dell’Ordine Oscuro, dopo aver inutilmente tentato di sfruttarne le potenzialità. Un autentico tabù -, proferì Bak, il volto velato da una sottile patina di lucente sudore e le braccia fermamente incrociate. Dallo scattare nervoso della bocca, l’oscillazione incontrollata continuava a esternare la sua profonda inquietudine - Con Chimera, la Chiesa fa riferimento a un soggetto umano il cui corpo è stato utilizzato come terreno di coltivazione per sigilli che ne potenziassero le capacità fisiche e conferire loro poteri soprannaturali. -
- Non capisco come ciò possa essere considerato come qualcosa di proibito… -, ammise Allen, in difficoltà nel comprendere la rigidità che il Direttore dell’Asia faticava a contenere, nonostante la postura tesa desse mostra dell’evidente ticchettare che ne sfrigolava le giunture principali.
La manciata di anni trascorsi con il Generale Cross gli avevano permesso di affacciarsi a materie di realtà fattibile solo nei libri, ma al tempo la sua mente vacillava fra il prendere confidenza con la propria croce e affinarla affinchè il senso della sua esistenza fosse conforme ai suoi desideri per dare corda ad altro; il lascito del primo impatto aveva strappato le sue molli percezioni dalla fugace gioia di una prospettiva di vita accanto a Mana e fare dei propri passi una strada sicura su cui proseguire non lo aveva mai spaventato tanto. L’impegno di Cross si era concentrato sul spronarlo ad afferrare l’ineluttabilità del mondo spoglio di superficiali veli - e anche a salvare la sua vita di stupido discemolo emotivo buono solo a commettere errori -, ma fra gli alti e i bassi della loro convivenza, in quel poco che Allen aveva carpito dell’uomo che chiamava Maestro rientrava l’utilità intricata delle sue arti alchemiche; forse, proprio per il non essere mai stato in grado di esplicarne la meccanica, non poteva minimamente immaginarne le molteplici applicazioni.
- Non è tanto quello che sono, ma la storia che c’è dietro, la famiglia progenitrice a esserlo -, asserì l’asiatico - Proverò a spiegarmi meglio. -
Per quel che gli concerneva, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Accidenti alla sua smania di mettere il naso in affari più grandi di lui! Perché diavolo non era rimasto nella sua sede, dove il nulla era assicurato ventiquattrore su ventiquattro? Rimpianse di non avere le braccia appiccicate alla sua adorata scrivania di misero Direttore di filiale, sommersa di scartoffie, moduli da firmare e minacce da parte dei subordinati che sicuramente gli stavano augurando di morire soffocato. Perfino gli isterismi di Four l’avrebbero rincuorato più del doversi calare nel ruolo di infausto cicerone.  
- Di base, il corpo umano è sostenuto da un delicato equilibrio fra forze fisiche, psicologiche, chimiche e spirituali, tutte finalizzate al suo sostentamento, e i sigilli racchiudono un potere in grado di destabilizzare questo bilanciamento. Il limite massimo di sigilli che una persona può tatuarsi è di due, massimo tre, e devono obbligatoriamente appartenere alla stessa classe, ma se si cerca di mischiare due sigilli di ordine differente o di innestarne un numero elevato, scatenano un rigetto come nell’incompatibilità dell’Innocence. Una delle priorità della Chiesa, fin dai primi anni di vita dell’Ordine Oscuro, è stata di avvalersi dei migliori alchimisti per infoltire le file del suo esercito; a quell’epoca non c’era nulla di sicuro, l’Alchimia stessa era ancora un campo da esplorare, ma le esigenze non permettevano tempi di sperimentazione a lunga durata e le Alte Sfere, seppur restie, sono state costrette a scendere a dei compromessi. -
Si concesse un secondo per sorseggiare il suo caffè, freddo, mentre tutto attorno si intonava un coro di stoviglie che venivano lavate e riordinate a seconda dell’uso. La trepidazione spiccava negli occhi di chi lo ascoltava, ballando sulle labbra dischiuse, in attesa che proseguisse.
- L’Ordine Oscuro è stato fondato da famiglie specializzate in tutti i campi che potessero offrire supporto bellico alla Guerra Santa e ricercando gli elementi migliori, la Chiesa ebbe a che fare con i Gremory. Non si sapeva quasi nulla su loro conto, tranne per la notorietà costruitasi grazie alla protezione che offrivano ai monarchi di terre straniere in cambio di prestigio, denaro e immunità. Tutti i suoi membri, a partire dal Capoclan, erano individui dotati di abilità straordinarie, addirittura capaci di sostituire un intero esercito. Considerate le scarse risorse a disposizione di quell’epoca, per non parlare della totale assenza di materiale innovativo da immettere in validi progetti, la Chiesa non ci avrebbe pensato due volte a chiederne l’appoggio, ma quel che la spinse ad escluderla dal progetto fu il tipo di Alchimia che quell’uomo e i suoi familiari praticavano: non c’era testo o libro che ne trattasse, la magia in questione era, oltre che sconosciuta, potente e pericolosa, il che spinse molti a supporre addirittura che ci fosse una correlazione con il Conte del Millennio. In realtà si scoprì che non era così, ma il potere dei Gremory affondava in radici troppo oscure e la Chiesa aveva di che occuparsi per intraprendere un’altra guerra intestina. Da parte sua, quell’alchimista non mostrò interesse a voler prendere parte alla realizzazione dell’Ordine Oscuro, pertanto la faccenda si concluse con un nulla di fatto. Ovviamente, la Chiesa fu costretta a rivedere la sua decisione. -
- Quindi avanzò un’alleanza -, ne dedusse Marie.
- Non aveva altra scelta. A prescindere dalla sua natura, la famiglia Gremory ha contribuito a ristrutturare totalmente la nostra attuale conoscenza alchemica, ma mantenendo per sè quel sapere che ancora oggi non sappiamo replicare -, sospirò il biondo - Vedete, i Corvi hanno tatuati sulle braccia dei Sigilli di Agevolazione, che consentono utilizzare le Carte Mistiche sopra cui è scritto il Kanji dell’elemento di cui vogliono servirsi: basta pronunciare la formula perché il tatuaggio reagisca alla scritta sulla carta e si può usufruire dell’incantesimo, ma il numero di sigilli e di elementi rimangono comunque limitati per prevenire eventuali ritorsioni metaboliche. Le Chimere invece sfruttavano una tipologia di sigilli che aggira entrambi gli ostacoli e il fatto che l’Alchimia alla base di questi marchi rispondesse esclusivamente alla struttura fisica dei membri della famiglia, al loro sangue, rendeva impossibile la sua replicazione. In sé, una Chimera non era che un armamentario alchemico e questo bastava per andare contro a qualsiasi legge alchemica scritta. Centinaia di scienziati, gli stessi padri fondatori della Home, hanno speso la loro vita cercando di trovare una scappatoia ai vincoli corporei e alla meccanica classica dei sigilli; il Capostipite dei Gremory è riuscito dove ancora oggi noi falliamo, il suo è un lavoro che parte dalle basi dell’Alchimia e fiorisce in un parto assolutamente innovativo. Nessuno al dì fuori della sua famiglia si è mai beato di quelle abilità. La Chiesa ha più volte tentato di carpire il segreto di quei corpi, ma una volta realizzato che l’Alchimia dei Gremory era stata concepita per rispondere unicamente al sangue del clan, stipulò con la famiglia un accordo di reciproco profitto per dare vita a una generazione nata fra Chimere purosangue e membri scelti dalla essa stessa."
- Con dei bei matrimoni combinati -, si infilò Lavi, ironicamente gioviale.
Bak annuì - La cosa parve funzionare; i nuovi nati furono denominati Chimere Incrociate e potevano sopportare il peso dei sigilli, seppur in numero minore, ma la prestanze rimanevano comunque superiori a quelle di un Corvo qualunque. I problemi nacquero dopo. - L’incarnato cereo si abbandonò a un colore terreo, gli occhi bagnati di una raccapricciante gravità che raggrumò la nausea accartocciatasi nello stomaco - Nei primi anni di vita, le Chimere Incrociate erano pressoché perfette, operanti al 100%, ma con l’adolescenza alcune cominciarono a mostrare forti segni di squilibrio mentale e malformazioni fisiche in seguito ad un uso spropositato dei sigilli. Fu…Un autentico orrore: ragazzini che, di punto in bianco, perdevano la ragione per le continue alterazioni, consumati lentamente dal rigetto e se non morivano per mano della loro natura finivano per suicidarsi in preda alla pazzia. Considerato il grande successo iniziale, nessuno aveva immaginato che le trasformazioni metaboliche innescate dal passaggio da un corpo bambino a uno adulto potessero rivelarsi tanto distruttive per le nuove generazioni. Ovviamente, chi aveva consentito a questo progetto, non aveva tenuto conto che forgiare delle Chimere con del sangue misto potesse rivelarsi tanto fatale. -
- S-Stai dicendo che il Capofamiglia non aveva ipotizzato quest’eventualità? - Stavolta fu Miranda a parlare.
- E chi l’ha nominato? - Un amalgamato di nervosismo e ilarità allargò la bocca di Bak - No, quell’uomo ebbe l’accortezza di tenersi lontano da una simile atrocità perché era conscio che la Chiesa avrebbe avanzato l’idea delle unioni con esterni. Sfortunatamente, la famiglia era molto grande, con clan minori, e fu un membro di questi, insieme a un piccolo gruppo ristretto di Chimere, a offrire la propria collaborazione in merito a tale sperimentazione. Inoltre, per assicurarsi un ulteriore appoggio, quella stessa persona consegnò alla Chiesa la formula per il Sigillo di Sottomissione. -
- Cosa sarebbe? - domandò Allen. Il numero di vocaboli complicati stava superando la sua soglia di comprensione.
- Un incantesimo di vincolo eterno, scioglibile soltanto con la morte. Veniva applicato all’altezza del cuore delle Chimere dalla persona che doveva proteggere e servire. Una volta tatuato, la Chimera è totalmente vincolata al suo padrone; pur con la volontà capace di esprimere la propria opinione, rimaneva schiava del sigillo, che la obbligava a obbedire ciecamente a qualsiasi ordine impostogli dalla persona designata. Comunque, una volta che tutte le sperimentazioni vennero alla luce, I Gremory si mossero per sciogliere l’accordo stipulato con la Chiesa, ma senza immaginare che questa avesse già pianificato la sua strategia: sicché la maggior parte delle Chimere Incrociate era stata impiegata a Roma e ai danni procurati nei vari incidenti si associò l’impossibilità di replicare la loro Alchimia, la Chiesa giudicò il potere delle Chimere troppo pericoloso per sussistere al dì fuori della sua influenza e ne ordinò l’immediata cancellazione. -
Che ci fosse un’irrisoria possibilità che quell’ultima parte si discostasse dall'esteriorità, orientava la sua percentuale attorno a un nulla più acuto dell’apice insopportabile raggiunto da chi era costretto semplicemente a stanziare nella bolla forgiata dalle pareti ad arco della mensa. Ciascun presente si ritrovò a esprimere la propria incredulità fra cromie di svariata intensità, chi più scioccato – come i giovani Allen, Lenalee e Miranda, atoni nel loro smunto pallore - e chi meno stupito da una scelta tanto radicale. Dalla sua, Bak aveva letto soltanto fascicoli inzaccherati di inchiostro rosso, ma come allora, la smorfia di frustrazione che ne fece affondare i denti nel labbro arrivò vicinissima a spaccarglielo. I potenti non amavano chi minacciava la loro tediosa quotidianità, tremavano d’innanzi a quella prospettiva e reagivano con un’aggressività gonfia d’adamantina intolleranza. Il segreto delle Chimere non era altro che un’arte alchemica forgiata dal sangue dei Gremory e per i Gremory; l’incapacità di averle per sé aveva mosso l’assurda accusa che queste, per il trattamento ricevuto, potessero offrire i loro servigi al Conte del Millennio, un’eventualità che la paura della Chiesa aveva sventato alla radice in una sola notte, con la convinzione che nessuno dovesse permettersi larghi atti di presunzione nei suoi confronti. I dettagli sullo sterminio non erano mai stati resi noti, Bak Chang ci tenne a sottolinearlo bene; importava soltanto l’estinzione d’ogni effimero alito associato al suo nome, impronunciabile. Eppure, da anni, nell’ombra di vicoli sudici e grandi città in via di modernizzazione, inconsueti sibili trasportati dagli echi del vento vociferavano l’esistenza di un piccolo gruppo discendente dai pochi membri salvatisi durante la notte dello sterminio, fuggiti all’estero per trovare nell’aristocrazia non assoggettata all’influenza della Chiesa uno spiraglio di pace. 
Il Direttore della Sede Asiatica deglutì madido di sudore prima di riprendere il discorso - Circa sei anni fa si è verificato uno scandalo dove è stato scoperto il coinvolgimento del Direttore dell'Ufficio Centrale in un traffico di esseri umani. Pubblicamente non è mai stato noto, ma sembra che il suo arresto sia coinciso con un'incidente che avrebbe coinvolto per l'appunto una Chimera su cui era riuscito a mettere le mani. Nessuno ha mai seriamente preso in considerazione l’idea che tutto il clan fosse scomparso in un’unica notte, anche con le centinaia di fonti attendibili che confermano il contrario: avevano le conoscenze e i mezzi per garantirsi una vita nell’anonimato, lontano dal mandato di morte sul campo approvato dalla Chiesa, però... - L’onda di caoticità tornò a indurirne il tono - Come diavolo è possibile che la Chevalier ne abbia addirittura una in custodia?!? Il mandato è ancora attivo e non esiste che la Chiesa abbia fatto un’eccezione! -
- Può darsi, però…Bak-san, lei ha detto che questa famiglia era vasta, con casate minori. E’ possibile che Pierre appartenga a una di queste e quindi che non disponga dei poteri ricercati dalla Chiesa -, ipotizzò Lenalee.
- La faccenda non cambia -, insistette il suddetto, con la pelle del pollice incastrata fra i denti - La linea di sangue principale era indiscutibilmente la più potente, ma anche la più difficile da contrastare, mentre la minore vantava un potere più ridimensionato e pertanto maggiormente malleabile. Non c’era maniera che disponessero degli stessi privilegi del ramo dominante. Ciò nonostante, si trattava ugualmente di creature uniche e la Chiesa avrebbe fatto il possibile per ricavarci qualcosa. -
- Ma il fatto che stia con Amèlie-san significa che forse non è pericoloso come si dice -, titubò Miranda - M-Marie, tu non ne sapevi nulla? -
- No, è una novità anche per me. - Il mancese non mentiva. La decina di anni d’amicizia con la francese si palesarono in un’esigua manciata di briciole d’innanzi alla lontananza solidificatasi in routine.
- Lo abbiamo pensato anche noi, fino a quando non abbiamo visto i sigilli -, subentrò a quel punto Lavi, incrociando dietro la testa scarlatta le braccia - Sono comparsi per una manciata scarsa di secondi, ma ho visto con chiarezza la rete di marchi che gli ha tappezzato il corpo: il piccoletto ha più di 85 sigilli sul suo corpo. -
- E a come Amèlie-san e il Sovrintendente Lvellie si sono parlati, è probabile che la Chimera coinvolta nello scandalo sia proprio Pierre -, terminò Bookman.

Talvolta Pierre Chevalier viveva l’impressione di essere regredito al bruco che era quando rispondeva ancora al nome di Rasiel Arthurian Vamblasset Gremory XIII. Dalla sua trasformazione, un impegno assunto per la propria maturazione era stato conoscere Amèlie Chevalier sotto ogni contorta sfaccettatura che ne rendeva la presenza pressoché inscindibile dal disinteresse. Come il cielo azzurro che muta senza preavviso in una tempesta dolosa, il carattere cangiante orbitava in una dimensione a sé stante, magnificamente piena di una personalità che di criptico possedeva tutto, se non quella fedeltà nei confronti di sé stessa che non lasciava trasparire alcunché di lontanamente simile al bisogno di relazionarsi indissolubilmente agli altri. A lei andava bene così perché così aveva scelto. Il solo quantificare una volontà tanto impervia scatenava in Pierre brividi violenti. E poterla affiancare era un privilegio che si accontentava di lasciarsi schiantare contro le alte scogliere mentre la tempesta innalzava la sua collera oltre il Paradiso. Perché questo era Amèlie: un’isola immobile in mezzo una burrasca. Forte, sicura, audace nella solitudine che la isolava dai suoi simili, la rosa che con la sua fermezza d’animo sfidava l’inflessibile inverno uscendone con i petali lucidi di diamanti. Con quella luce di tenebra che ne imperlava l'aura gli era entrato dentro per poi fossilizzarsi in un’immagine da cui non poteva più separarsi. Bloccato, il suo primo pensiero andò all’errore commesso ed ebbe l’accortezza di non muovere le sue motivazioni. La passività era una delle strategie più affini al disappunto della Chevalier e il fatto che fosse lui a doverla subire inspessì il grumo vivido piantatosi nel petto minuto. L’avrebbe ben rifiutata se a un simile peso si fosse sostituito il dolore fisico di uno schiaffo, ma la Maitresse della Rosa Nera era abile nel tenere appeso a un filo il suo animo e Pierre non poteva obbiettarle nulla. Era stato lui a reagire.
- Non mi aspettavo tanta volubilità da parte tua. -
Eccolo, il rimprovero che cala vellutato e preciso sul suo cuore, tagliandolo in due metà identiche. Nel corso degli anni si era palesato in forme accomunate dallo scopo di aiutarlo a migliorarsi, consumando passi e stringendo le mani graffiate in pugni che diventavano sempre più orgogliosi; ma avrebbe dovuto prevedere che, fuori dalle mura rassicuranti della Rosa Nera, le demotivanti verità addossatesi ancor prima dei suoi vagiti sarebbero tornate per lui. Pierre tacque ancora, fisso nel tempo e nello spazio che lo ferivano con il loro pigro intrecciarsi sull’onda del fresco profumo di ginseng e guarana che gli solleticava scherzoso il naso. Percepiva la presenza di Amèlie stanziarsi vicinissima a lui, convergere nella superba forma dei lineamenti impreziositi dalla chioma d’acqua nera che più di una volta aveva avuto l’ardire di carezzare con manine tremolanti. La bianca vestaglia di raso trasparente sfiorava le cosce lattee aprendosi impudente sulle spalle nude e sul seno. Inspirò lentamente, mentre le lunga ciglia calavano in un attimo di raccoglimento. Aveva sbagliato, sì, intestardirsi sul contrario non sarebbe servito a nulla, perché si era lasciato influenzare dalle malelingue senza riflettere lucidamente. E ora doveva pagare il prezzo delle sue azioni sconsiderate.
- Sono mortificato. - Non osò sollevare il mento, sebbene conoscesse l’opinione della francese sul tenere alta la testa in qualsiasi situazione.
Pensò automaticamente al cipiglio che ne induriva la fronte non appena si accorgeva che qualcosa non era stato predisposto come da lei ordinato, ci condiva l’intero ambiente con quell'impercettibile gestualità; eppure non aveva mai trovato nessuno – lui compreso – che fosse stato capace di ignorarla. Le pulsazioni inciampavano lungo i nervi e sulla scia del sentimento che ne annegava l’esistenza, Pierre si ritrovò intossicato dal caldo e soffice profumo che soffiò dai petali tumidi e rossi della Maitresse della Rosa Nera.
- Le parole possono scindere l’infinito soltanto quando restano parole. E’ dandogli loro un corpo che le vincoli alla mortalità, ma che siano fatte di aria o di roccia non restano che parole, dopotutto. E le parole si possono ignorare, giusto? -
- Sì. -
Udì il fruscio di una pagina che veniva voltata e l’essere consapevole, con acredine certezza, che l’attenzione della padrona, rivolta nei suoi riguardi, consisteva in una qualunque briciola dispersa nella sabbia, affondò la lama rigirandola più e più volte. La natura manipolatrice dell’Esorcista giostrava i sentimenti altrui per i personali obiettivi e privarlo del suo sguardo altro non era che una chiara dimostrazione di quanto plagiato fosse il suo animo nel desiderare che lei gli regalasse una qualunque occhiata. Forse, però, era meglio che quella passività si protrasse un altro po’, perché scarse erano le chance di competere con il potere penetrante degli occhi d’onice della francese, ma già l’ombra del suo indice gli aveva fatto cenno di avvicinarsi e prima di rammentare che la mente della Maitresse della Rosa Nera viveva intessuta in una ragnatela di illusioni partorite per il solo piacere di adempiere ai suoi obiettivi – quali che fossero -, si ritrovò adagiato sulle sue gambe.
- Ho bisogno di sapere che farai tutto quello che ti ordinerò, mon bien-aimè*. Compreso rimanere al tuo posto, senza fare domande; le persone con cui abbiamo a che fare sono pronte a qualsiasi cosa per sostenere la loro causa. Se ti ho voluto in prima linea con me è perché sei il solo che possa garantirmi maggiore mobilità. Lo capisci, vero? -
- Certamente, Amèlie-sama. -
E Pierre lo comprendeva per davvero, al dì fuori dei riflessi meccanici che tendevano a non avere un senso dietro il loro attuarsi, soprassedendo anche sull’essere escluso dai contenuti di materia oscura sopra cui la donna non faceva che spendere ogni energia libera. Da qualche parte nel corridoio, l’eco del pendolo scoccò l’una e il tempo trascorso in ginocchio, in mezzo a una stanza che il crepuscolo aveva incendiato di fiamme soffuse, si annichilì a un nulla di fatto, inesistente.
- C’è da dire, comunque…Che a una donna come me fa sempre piacere che il suo cucciolo preferito sia sempre pronto a difenderne l’onore -, proseguì melliflua. Pierre arrossì non appena avvertì le dita nivee della maestra attrarlo a sé e tracciare affettuosamente linee invisibili sul suo viso - E su questo fronte posso reputarmi più che soddisfatta. -
Non esistette maniera di concepire l’influenza del sorriso compiaciuto che ne increspò le labbra vermiglie. Qualsiasi attenzione da parte di Amèlie Chevalier lo spogliava d’ogni maschera di gelida indifferenza rivolta al mondo intero, riducendolo a un esserino vulnerabile all’imbarazzo che avrebbe anche detestato, ma sostenere l’Esorcista che si stava divertendo a inanellargli i capelli rifletteva la scelta di voler vedere fino a che punto potesse arrivare da sé. Sì, avventarsi sui Corvi era stata un’azione deplorevole per l’immagine di entrambi, un colpo doloroso all’orgoglio che tanto dipendeva dalla considerazione che la donna nutriva nei suoi confronti, ma ciò non toglieva che quella feccia immonda avesse avuto l’ardire di sparlare della persona a cui doveva tutto. La signorina Amèlie, la sua salvatrice, l’unica che fosse riuscita a conquistarsi la sua fiducia dopo averlo tirato fuori da un oceano di ferrose tenebre che ne aveva carpito il cuore con la paura e la disperazione, la prima e sola con il potere di placarlo e farlo rinsavire dalla bestia con cui condivideva il corpo.
- Mi aspetto maggiore autocontrollo da parte tua. - Alzatogli il mento con l’indice, lo costrinse a un confronto pressoché spietato - Ho totale fiducia nelle tue doti e so che non mi deluderai, perché tu non vuoi che io sia arrabbiata con te. Non ho forse ragione, Rasiel? -
Il castano annuì energicamente, troppo in fretta per quel bambino calcolatore e riflessivo che in fondo era.
- Excellent, mon petit* - E non mancò di premiarlo con un bacio a fior di labbra - Allora, descrivimi la situazione. -
Pierre annuì, ma prima ancora di parlare, scese dalle gambe della corvina per riempirle un calice scintillante di vino, confidando che da lì a qualche minuto sarebbe occorso. Dopodiché si portò alle sue spalle e con la mano munita di un pettine, cominciò a far scorrere fra i denti appuntiti fili di ciocche luminose. A ogni premura, la cascata di capelli scivolava morbida sulla schiena “E’ come sospettava lei: i Corvi hanno messo sotto sorveglianza tutti i canali di comunicazione con l’esterno e la Sezione Scientifica per le analisi che riguardano l’Arca Bianca e L’Uovo. Niente può entrare o uscire senza un controllo approfondito. -
L’appena corrugarsi della fronte denotò un fastidio già tenuto da conto. In fondo, da Malcom C Lvellie non ci si poteva aspettare che un efferato senso per il dovere. Riunire il Consiglio composto dai Leader di tutte le sedi minori dell’Ordine Oscuro non era stata altro che una ridicola pantomima inscenata giusto per dare la parvenza che i protocolli burocratici sortissero ancora una qualche importanza; era giunto al loro cospetto con decisioni prese, posizioni irremovibili e intenzioni altrettanto chiare. Sfruttare l’Arca Bianca e le potenzialità della matrice per i corpi magici degli Akuma a loro vantaggio aveva vinto su qualsiasi tentativo di posticipare i progetti già autorizzati dal Santo Padre, ma erano state le vicende susseguitesi per il loro recupero ad aver visto Komui impiegare ogni strategia possibile per porre alternative meno inflessibili: Allen Walker si era guadagnato l’attenzione di occhi critici per la propria Innocence somigliante alla spada del Conte del Millennio e lo stretto coinvolgimento nel successo di una missione tanto pericolosa aveva contribuito solamente a inspessire l’alone di fulgido sospetto che ne minimizzava l’indole caritatevole. Era nella delicatezza di simili momenti che le crepature si arcuavano, concedendo al panico di capovolgere sentimenti candidi per colorarli di tonalità anguste; il Supervisore aveva troppo a cuore l’incolumità degli Esorcisti perché venissero trattati alla stregua di oggetti da adoperare oltre i loro limiti, tuttavia, la sorpresa più infausta era stata riservata a Marian Cross e alla sua sfrontatezza di spiegare all’aria discorsi utili a non delineare alcunché. In una misura sibillina al cui calare sprezzante nella sala aveva scosso l’intero Universo, Lvellie aveva scoperchiato la faccenda del Quattordicesimo piantando paletti solidi in tutta una serie di accuse inattaccabili. Se l’Ufficio Centrale era al corrente delle macchinazioni passate del Noah traditore, lo era anche la Chiesa. Amèlie dovette digerire la constatazione con una tonificante boccata di tabacco bruciato concessasi prima di riprendere in mano le proprie elucubrazioni; nella sua misera posizione di complice – così era stata valutata dalla riunione generale – la sua libertà di movimento si poneva limitata per ragioni trapunte dalla presunzione di Lvellie nel conoscerne l’indole affine ai sotterfugi e  benchè ciò determinasse un prolungamento dei suoi piani originari, questi erano già entrati in azione.
- Amèlie-sama? - Pierre si schiarì la voce, sporgendosi appena per cogliere il tipo d’espressione che faceva capolino da dietro i filamenti di tabacco evaporato in arricciature spumose.
La donna pestò la sigaretta nel posacenere, sciacquandosi la lingua impastata con il vino versato nel calice posato appena pochi millimetri più in là - Attieniti a quanto abbiamo stabilito, mon petit*. Quale che sia la circostanza. -
Nel sollevarsi in piedi, un luccichio metallico destò l’interesse della Chimera; dalla tasca sinistra della vestaglia si intravvedeva quella che identificò come la catenella argentata di un rosario. Le perle di luna grigia e scarlatte vibravano di un intenso riverbero e con la premura adoperata da Amèlie nel sfilarlo per così adornarsi il collo, concedendosi un attimo per stringerne la croce d’argento, Pierre non lasciò spazio ad alcuna perplessità che offuscasse la certezza che quel gioiello fosse per davvero il prezioso rosario donato al Generale Marian Cross in un tempo non concessogli di conoscere nei dettagli. Perché ne era ritornata in possesso?

- Che cos’ha combinato? -
Anche quel giorno, nella stanza di Komui trionfava il disordine. Come non ci si potesse perdersi rimaneva un mistero legato alla remotissima ipotesi che, ogni tanto, il Supervisore si degnava di sedersi alla scrivania a lavorare come gli altri poveri reietti ormai rassegnati alla prospettiva di dover morire senza aver mai goduto di una vacanza degna di tale nome estranei. Gli piaceva prendere le cose alla larga, girarci intorno, buttarle allegramente sul piatto spiazzando chi poi doveva mangiarci, sapendo di non avere altra scelta; non che durante quei giorni frenetici non fosse stato tentato di bigiare, ma era stato proprio per amore dei suoi adorati sottoposti – che lo avrebbero preso a scudisciate vivo, qualora avesse osato mollarli al loro vile destino -, e per la complicanza del periodo in sé, che aveva reputato saggio prendere in mano la situazione e ridimensionare i cumuli cartacei che minacciavano di cadergli in testa. Tutto per racimolare abbastanza concentrazione e dunque pensare a come re-impostare un clima respirabile, impresa tutt’altro che facile senza il buon caffè di Lenalee a dargli la spinta. Invano si crogiolava nel sapore dei ricordi felici, guardando il segno circolare lasciato dalla tazza sul legno della scrivania, ma ancora una volta lo depose delicatamente da parte per focalizzarsi sull’attuale impiccio che occupava il suo divano. Rapportarsi con quel tizio metteva in gioco lo stesso impegno adottato nell’estrapolare il senso da un quadro astratto. Un’impresa da rimetterci il senno per le troppe testate.
- Romanee Conti invecchiato di trent’anni. - La voce roca e beffarda del suo ospite sogghignò alla vista dell’etichetta segnata da scritte rosse e svolazzanti - Quei fessi dell’Ufficio Centrale non hanno idea del guaio in cui si sono cacciati. Peccato solo di non poterlo bere in compagnia… -
- Non penso sia tanto grave, se confrontato a quello dentro cui è invischiato lei -, sospirò il Supervisore, fisso nel completare formule chimiche già andate oltre la metà pagina.
- Questo perché non sai cosa significhi dovere un favore a una bella donna. -
Marian Cross era comodamente sdraiato sul divanetto del suo studio, una gamba alzata e l’altra distesa, il collo della bottiglia di vino a ondeggiare fra dita. Sortiva un certo effetto ritrovarselo fra i piedi dopo tanto tempo passato a cercarlo in ogni angolo remoto della terra e nessuno nutriva dubbi sul fatto che la sua permanenza si sarebbe esaurita nell’istante in cui i suoi interessi avrebbero ripreso a girare, distruggendo la strada che bruciava sotto i suoi passi, ma benché la forte propensione a levare le tende turbinava minacciosa, Komui non aveva dato, ne dava tuttora, mostra di alcuna preoccupazione: almeno su quel fronte, confidava ciecamente sulla prontezza di Amèlie nel raccattarlo con la giusta dose di calci volanti. Quella donna era l’unico essere che se ne fregava delle ripercussioni diaboliche di cui era capace il Generale e per il bene di chi le stava attorno, era consigliabile non mettere naso nelle questioni che coinvolgevano l’uomo dai capelli carmini. Ma per il Supervisore l’osservare col cuore equivaleva a fomentare legami umani di cui aveva bisogno per protrarre il desiderio di proteggere i suoi ragazzi, e Amèlie non faceva testo. Inforcando gli occhiali con l’indice, sospirò nuovamente, non volendo neppure figurare l’orribile umore con cui era stato impresso il livido che tanto evidenziava la guancia del rosso.
- Avanti, che le ha detto per farla arrabbiare tanto? - Lo sollecitò bonario il cinese, posando la piuma d’oca.
- Sai perché mi piacciono le donne, Komui? - Gli domandò invece quello, dopo aver deglutito l’ennesimo sorso tracannato sdegnosamente - Perché sanno amare. Non nel senso di affezionarsi o provare simpatia, no: parlo di amare come se da ciò dipendesse la loro stessa vita. Qualche idiota è convinto che siano le creature più insaziabili di questo mondo, ma è solo perché non vogliono avere a che fare con la semplicità. L’amore…E’ complicato. Diavolo, se lo è! - Sbottò, protraendo il lungo fissare il poco liquore rimasto, con le iridi scarlatte tinte della vana speranza di vederlo magicamente riempire la bottiglia - E loro vogliono che sia così perché altrimenti non rifletterebbe la passione che le anima. Se si rifiutassero di averci a che fare, probabilmente si abbruttirebbero e credimi se ti dico che al loro cuore non piace mostrarsi sconfitto. -
- Questo vale anche per Amèlie? -
Un leggero martellio di sottofondo, proveniente dai piani bassi, si levò flebile insieme ad altri suoni elettrici di eco vibrante. C’era fermento, nei laboratori, ma niente di lontanamente capace di smorzare la placidità di cui Cross si avvalse per cincischiare con le labbra corrucciate, le iridi vermiglie fisse sul vetro scuro della bottiglia. Un sospiro si elevò sovrano, uno sbuffo rassegnato che accompagnò un sorriso indeciso fra l’ilarità o l’arresa dell’uomo che condivideva con lui quelle mura. Certe persone non le capiva, Komui: o forse le capiva e preferiva che le loro motivazioni non fosse deturpate da punzecchianti suggerimenti. A volte bisognava lasciar correre, permettere agli altri di proteggersi con difese in realtà buone solo ad arrecare maggiori sofferenze, l’importante era che sapessero a chi rivolgersi qualora la strada fosse diventata troppo buia per distinguere una direzione dall’altra. Sfortunatamente per lui, l’illeggibilità di Cross armava di scempio il suo essere ancor più criptico e il dare Allen in pasto alle sentinelle dell’Ufficio Centrale non aiutava la buona volontà di Komui a coglierne l’intento segreto – ammesso e concesso che ne serbasse anche soltanto l’ombra -.
Per quanto concerneva Amèlie…
Di lei non avrebbe voluto preoccuparsi al punto da darsi l’impressione che la fiducia riposta nella sua forza fosse di misera evanescenza, solo non poté fare a meno di annaspare al pensiero che quella cosa – preferì non attribuirle alcun nome al solo scopo di evitare un suo catastrofico concretizzarsi – aveva tutte le credenziali per degenerare in qualsiasi direzione decidesse di indirizzarsi. Si trattava pur sempre di Amèlie. Amèlie e Cross insieme! E, buon Dio, qualcosa doveva essere capitato perché non esisteva nessun'altra mano, oltre a quella della francese, in grado di lasciare segni tanto devastanti su una sola parte del corpo.
La mancanza del prezioso rosario che il Generale soleva accompagnare al soprabito nero gli era caduta sotto gli occhi assonnati non appena quello aveva fatto sfoggio della propria guancia livida di un viola appariscente, subito prima di territorializzare il suo divano senza avanzare domande di cortesia al riguardo.
- Non è per qualcosa che ho detto o fatto quello, ma per come lascio intendere le cose. - Lo sentì pronunciare e al Supervisore non mancò di cogliere l’ombra cosparsasi sul volto del suo ospite - Facciamo delle nostre fantasie una realtà a tutti gli effetti, ma quando siedi allo stesso tavolo per tanto tempo, e con le stesse persone, ti accorgi che non puoi più smettere di chiederti cosa sia reale e cosa falso. -
E da lì in poi, il suono della sua voce fu coperto dall’allarme generale.

Note di fine capitolo:
1*: Mio adorato (Francese).
2*: Eccellente, piccolo mio (Francese).
3* Piccolo mio (Francese).
E vidi la luce in fondo al tunnel! Non sapevo più come sistemare questo capitolo - lungo e intricato per i motivi che si possono trarre benissimo dal contenuto - e ho dovuto togliere un evento cruciale per non incasinarmi più di quanto già lo sia. Il suddetto evento verrà svelato più avanti e darà prova di quanto Amèlie abbia scoperto e le sue intenzioni sulla faccenda del Quattordicesimo. Qui ho voluto dare rilievo a Pierre, creando il tanto sospirato aggancio con il suo speciale spin-off. Grazie anche a “Perle di un filo ingarbugliato”, spero di farvelo conoscere ancora meglio, fra momenti seri e comici giusto per smorzare l’atmosfera cupa tipica di questo manga.  Mando a tutti quanti un bacione! A presto!

 

  
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