Hell's Road.
27
/ Chimera.
Pierre
atterrò lontano dalla folla raggruppatasi in massa, leggiadro per come i suoi
piedi non emisero il benché minimo cigolio nell’adagiarsi sul pavimento. La
gestione del peso corporeo basava il suo intero lavoro sul corretto
bilanciamento di energie chimiche e spirituali, la parola che assumeva
concretezza per mezzo di una forma e un contenuto; l’inconscio mimare un’ombra,
elegante e inesistente nello scivolare fluida laddove perfino la luce giungeva
accecante, da abilità si era evoluta in abitudine. Persino l'ondeggiare
della camicia merlata rifletté quell’intento concretizzatosi in prerogativa.
Non
aveva mai amato dare mostra di sé e se lo aveva fatto – e lo aveva fatto -, gli
occhi umani rimanevano comunque troppo lenti per comprendere cosa si
nascondesse veramente dietro un fruscìo improvviso di cui giusto si coglieva la
parvenza; tuttavia, trovarsi nella posizione di doversi difendere quando l’ira
soffiava sui nervi più fragili, lo costringeva a serrare i pugni e a resistere,
a impegnarsi in una linea mirata al banale schivare.
La
vita prima della Rosa Nera accompagnava il suo presente con cicatrici
orribili da
vedere e dolori intorpiditi; ricordi sudici, vergognosi, che filtravano
nella
sua intimità simulando la lenta metodicità di una goccia
d’acqua insinuatasi fra anfratti
rocciosi. Un
nuotare controcorrente, un fuggire, un chinare il capo, un serrare
l’anima satura di odio per quel padre che decantava i loro poteri
e al tempo stesso
aveva saputo solo condurli all’umiliazione. Infine c'era il sangue, la sua dolce follia, ma in merito a ciò preferì non andare oltre al lisciore della pelle rimarginatasi in macchie pallide. Nell’impossibilità
di strapparsi dal petto ogni sensazione pertinente agli strascichi veleniferi
che talvolta traboccavano ribelli, non gli era rimasto altro
da fare che azzerarsi e prendere in mano la sua esistenza – non una parte, tutta - solo per conferirle un senso, fra
passi incerti e il timore di perdere l’equilibrio. Afferrare il male
acciambellato fra le sue carni e mirarlo dall’esterno, quasi non gli fosse mai
appartenuto, lo aveva stranito, eppure se non si troverebbe al fianco di Amèlie
Chevalier se quel dì non avesse scelto di stringere la mano che lei gli aveva
porto. Quella sottile venatura biancastra che ricordava lo spezzarsi del
ghiaccio sotto il sole del primo mattino, la sua sopportabilità nei confronti
del genere umano – suscettibile al benché minimo incauto sfiorare -, si spezzò
nel buio silenzioso marcato dalla sua inespressività non appena l’ufficiale che
gli era andato contro arcuò la bocca per sputare parole ributtanti nei
confronti della donna dai lunghi capelli neri.
- Rimangiatelo. -
Il
Corvo a cui strinse il colletto aveva il collo reclinato all’indietro, la bocca
zuppa di sangue e gli arti esplosi in un dolore scricchiolante che gli impediva
perfino di muovere le dita. Gli altri due, accorsi in aiuto, li stava
calpestando senza curarsi se ancora respirassero, osservati da un quarto
raggomitolato a terra con la mano a premere sul naso rotto. Il potere ustionava
la sua pelle originando segni concentrici che ne tappezzavano ogni lembo
scoperto con il colore del sangue raggrumato, riflettente un fiocco bagliore
cremisi che scoppiettò di scintille luminose una volta che le arricciature gli
decorarono le guance; defluiva dal suo corpo godendosi la libertà sciolta
dall'incatenamento ordito dalla propria volontà, ma mancando di convergere in
qualunque forma di piacere che ne ammorbidisse l’ego. Odiava
le persone, tanto, intensamente, perché non poteva dimenticare quello che gli
avevano fatto, come lo avevano usato, ma pur con l’animo tagliuzzato che
sanguinava a ogni incauto sfioramento, la rabbia incalzante sulla scia di
provocanti sibili insisteva nello scrollare devastante dell’impulso sostituitosi
all’indifferenza; sbiadirne i contorni aveva richiesto uno sforzo ancora
impensabile, plasmando una frontiera che isolasse lo spazio al centro del suo
universo, dove Amèlie Chevalier dominava indisturbata. Eppure
vi erano volte, dove il riverbero dello specchio riusciva a racchiudere
la vastità delle tenebre in un unico spicchio e quella cosa senza
nome che ballonzolava fra le schegge mnemoniche cominciava a sorridergli con
amabile sprezzo, costringendolo semplicemente a reagire senza opporsi come
invece avrebbe dovuto.
Una
volta che accadeva e non vi era modo di tornare indietro, il resto si annullava
nell’ignoranza.
- Sto
aspettando. - All’ennesimo sibilo, le iridi oscillanti fra lo smeraldo e
l’acquosità del cielo si indurirono, lasciando trasparire una pazienza
pressoché empia.
- Fottiti,
mostriciattolo! - L’astio con cui il Corvo decretò la sua sentenza lo fece
volare contro il muro più vicino dopo che il bambino gli ebbe fracassato le
costole con un gancio allo stomaco.
Stupido.
Se l’era cercata. Esattamente come gli altri due che rantolavano sotto le suole
delle sue scarpe e quell’altro che stava cercando di strisciare in mezzo alla
folla.
- Vai
da qualche parte? - Pierre gli fu addosso in due secondi, pestandogli i genitali
con violenta decisione.
- Ehi,
ehi! Ragazzino! Vedi di darci un taglio! -
Le
mani di due Finder gli artigliarono le spalle cercando di farlo voltare.
Abbandonarono ogni tentativo al puzzo di carne bruciata che ne rivelò i palmi
ustionati.
- Un fuoco fatuo creato dal nulla. - Bookman
slittò fra la calca senza dover essere costretto a spingere per sgusciare in
avanti.
I Corvi non godevano di buona simpatia, la loro presenza all’Ordine Oscuro
apriva un preludio di tempi travagliati, ma gli occhi cerchiati dell’anziano a
stento davano importanza alle condizioni dei suddetti. Quel
bambino lo aveva insospettito fin dal principio e i marchi apparsi sui suoi
arti narravano di una storia seppellita sotto le basi della Chiesa per l’essere
diventata un pericolo al suo potere.
- Pierre,
adesso basta. Così peggiori solo la tua situazione. - Allen si fece avanti,
calmo, ma mantenendo una distanza che non esortasse il più piccolo a reagire
bruscamente.
- Vuoi
unirti a loro? - La domanda era un caldo invito ad andarsene.
- Sono
Corvi, Pierre -, tentò di farlo ragionare Lavi, nonostante fosse incredulo
davanti al fatto che dei membri dell’unità d’élite dell’Ufficio Centrale
fossero stati ridotti in quello stato in meno di un battito di ciglia - E’ gente
contro cui è meglio non avere a che fare. -
- E’
feccia che ha osato dare della puttana ad Amèlie-sama -, replicò lui, gelido.
- F-Fate
attenzione! - Squittì Miranda.
La
situazione era prossima a degenerare completamente. Pierre compì due passi in
avanti, apparentemente barcollando con il peso dell’intero corpo a premergli
sulla schiena e uno sguardo che scosse l’apprendista Bookman fin nelle viscere
attorcigliate nello stomaco. Una totale assenza d’emozioni, la più pura e
perfetta mancanza d’esitazione imperlava quel visetto dai lineamenti ambigui senza
che parole inutili stessero a descriverne le specificità.
Improvvisamente,
un battito di mani si librò pacato in aria.
Mormorii
sbigottiti e timorosi accompagnarono l’avanzata dal nulla di un
uomo che colpì
per l’arcigna affilatezza del volto e il distinto portamento. I
capelli di
bionda cenere, tirati all’indietro, lasciavano scoperta una nuca
squadrata a
cui si abbinavano lineamenti altrettanto marcati, dalla spigolosa pelle
pallida
armata di due aghi neri che perforavano le minuscole sfere glaciali. Un
singolo
gesto da parte sua e l’appena udibile picchiettare dei suoi
calzari di cuoio
lucidati a mano si impose fra le ampie mura; perfino
l’impeccabile giacca
bordeaux, ornata di bottoni dorati, nobilitava un sentore pungente. Ci
fu un istante dove l’azzurro gelido dei suoi occhi si accorsero
della presenza
di Allen, e allora il Generale Bambino avvertì su di sé
un'attenzione
sgradevole, per come quel rapido sondarlo da capo a piedi cercasse,
inspiegabilmente, di spogliarlo della sua carne maledetta. Conviveva
con la
stranezza del suo aspetto abbastanza da sapere di non poter passare
inosservato,
eppure la sinistrosità rivoltagli si mostrò audace nel
segnare un confine fra
la sua intensità e la diffidenza con cui veniva verbalmente
trattato; se migliaia di giudizi estranei fallivano nel demoralizzarlo,
con quello
dovette assecondare l’improvvisa necessità di frantumare
il contatto in corso.
- S-
Sovrintendente…Lvellie? -
- Cosa
c’è, Lenalee? -
Le
mani della ragazza si strinsero in un tremito che riallacciò il circolo di
paure irrisolte da cui si era estraniata solo parzialmente. Il buio divorò
la tenue luce delle confortanti pareti della mensa, rivoli di catrame
zampillanti in gocce d’olio bollente che sporcarono la pietra nuda fino a
inzupparla col fondo traboccante di orribili ricordi che riaprirono in Lenalee
un’unica grande cicatrice d’innanzi al passaggio di quell’uomo freddo e
ordinato che, più di chiunque altro, ne aveva tartassata l’innocenza fino a
farle perdere la ragione.
- Accidenti! Ci mancava pure lui! - Lavi
imprecò mentalmente, stringendo le spalle dell’amica con il braccio.
- Lo
conoscete? - Domandò Allen.
Il
rosso annui mesto - Malcom C Lvellie. E’ un esponente dell’Ufficio Centrale -,
gli bisbigliò - Se hanno mandato lui,
significa che l’Ufficio Centrale intende prendere direttamente in mano
la faccenda. -
Un
qualunque estraneo avrebbe giudicato la calma di quella camminata come una
metodica ponderazione della propria influenza e non avrebbe sbagliato ad
azzardare che al nuovo arrivato piacesse un tale clima di muto scombussolamento.
Le mani serrate a pugno dietro la schiena e l’ombra vigilata da un subordinato
vestito all’eguale maniera, più giovane, ma dal volto trasparente
un’imperturbabilità pressoché inconcepibile a chi viveva di emozioni calde,
elevavano un portamento che ne proiettava la persona a una platea
inconsciamente consapevole di dover rimanere al suo posto. L’arrestarsi
della sua falcata coincise con lo schiocco omicida che Pierre gli rivolse
mentre la mano lasciava cadere il corpo del Corvo malmenato. Possedeva ancora
lucidità a sufficienza per intuire che davanti a sé non aveva un burattino, ma un
burattinaio, e la cosa non poté che indurirne le nocche pallide.
- Rasiel
Arthurian Vamblasset Gremory XIII. - Quel
che apparve come un sorriso maldicente, si allargò da sotto i baffi stretti - Finalmente
ho il piacere di incontrarti da cosciente. -
Il
suo nome. Il suo vero nome. Da giorni
tramutatisi in anni, il suo suono proibito non aveva più arrochito la voce
delle persone. Inutile dire che si trattava di una delicatezza che Pierre aveva
sempre cercato di maneggiare placando il timore di vedersela sgretolare fra le
mani, ma le reminescenze sopite, associate al volto che lo squadrò beffardo, si
fusero in una mistura che culminarono in un nuovo accesso di ira bollente.
- Chi
diavolo sei per conoscere il mio clan? -
- Ragazzino,
bada a come ti rivolgi al Sovrintendente -, gli intimò il giovane di fianco all’alto
ufficiale scattò.
- E’
tutto sotto controllo, Ispettore Link: l’irriverenza di questa bestiolina mi è
cosa già nota -, lo rassicurò pacato il superiore - Dalla costanza della sua
padrona nel non riconoscere un’autorità al dì fuori della propria non potevo
aspettarmi nulla di meno. -
- Lo
prenderò come un complimento. -
Dall’ala destra della sala mensa, fece la sua
entrata Amèlie Chevalier, una mano appoggiata al fianco, splendida e senza
alcun sorriso che mettesse in risalto l’immancabile sensualità soddisfatta che
la contraddistingueva.
- Di bene in meglio: adesso sono presenti
entrambi! -
Ora
più che mai la piega assunta dalla mattinata pareva essersi
arcuata in
un’angolatura irreversibile, ma soltanto nella testa di Lavi e di
chi era al
corrente della pericolosità manifestatasi, il pandemonio vero e
proprio
scalciava impazzito. La
famiglia Lvellie rivestiva una posizione di prestigiosa
ambiguità all’interno
della Chiesa, una costante nella storia di quel conflitto millenario
che, nel
suo dare e ricevere, aveva eretto attorno ai suoi membri veridiche
fortezze di
inoppugnabile mistero. Confrontarsi con l’immagine di facoltosa e
fredda
austerità, che ben simboleggiava la ferma intenzione della
Chiesa a vincere
quella guerra a tutti i costi, significava doversi confrontare con guai
intricati e le probabilità di uscirne indenni danzavano
pericolosamente vicine
allo zero. Ma come la fama dell’esponente maggiore del casato era
circoscritta
a pochi eletti che giusto sapevano pronunciarne il nome correttamente,
più
pubbliche si affermavano le controversie legate alla Maitresse della
Rosa Nera.
Frenetica era l’elettricità dei dissapori innescati per
mezzo di incontri
sporadici, nei quali ambedue le parti si erano fatte un’idea sul
perché fossero
indispensabili nei loro campi; tuttavia, l’origine da cui si
diramava
quell’attrito spaventoso pareva allacciarsi unicamente
all’incompatibilità di
due personalità abituate a imporre il proprio potere
anziché vederlo
costantemente ostacolato. Nell’attimo in cui il profilo marcato e
appuntito
dell’uomo si palesò nella sua mente, il raziocinio di
Amèlie scattò felino e nell'intrecciarsi dei loro sguardi
in un unico filo che sfrigolava
pericolosamente su una roccia appuntita, non nutrì altro che
l’assoluta
convinzione che la sua entrata in scena fosse tutto fuorché una
assurda
casualità.
- Madame
Chevalier, quale onore -, la salutò con garbo l’Ispettore - Mi erano giunte voci
sul fatto che si trovasse all’Ordine, ma considerata la poca vostra attinenza a
mostrarvi al comune pubblico, ammetto di essere stato piuttosto diffidente al
riguardo. -
- Un
atteggiamento più che giustificato, Sovrintendente -, annuì Amèlie - D’altro
canto, ero convinta di avere più tempo per prepararmi al nostro incontro. E’
una novità saperla incline a frequentare luoghi di bassa leva come le mense. -
- Potrei affermare lo stesso di voi. Lo zelo con il quale vi sbattete incessantemente per la causa vi rende davvero difficile da
reperire -, replicò sferzante l’uomo, calcando sul verbo con affilata malignità
celata - Ma non soffermiamoci su queste piccolezze: avremo tutto il tempo per
discutere del ruolo da lei ricoperto nella missione. Oh, e non dimentichiamoci
dell’increscioso screzio del suo animaletto selvatico. - Gli aghi neri
dell’ufficiale si addossarono sul bambino, che rispose con eguale gelido
ardore.
- Non
vedo cosa ci sia da chiarire: Pierre si è semplicemente difeso -, affermò soave
lei. La mano corse a vezzeggiare i boccoli del suo protetto - E’ la lingua
mordace dei vostri Corvi a peccare di educazione. -
- Silenzio. - Col piede destro, la Maitresse della Rosa Nero gli calpestò la cassa
toracica, smorzandone l’ossigeno sputacchiante in gola.
- Lurida…! - Le
labbra del giovane si bagnarono di saliva mista a sangue, sporcando la chiostra
di denti stretti in un ringhio che rivolse sia donna che alla creatura
amabilmente accoccolata al suo fianco; l'apatico disinteresse nel non concepire
l’oltraggio perpetrato ai danni del nome che portava lo schiaffeggiò
echeggiando divertito. Il moccioso sarebbe stato il primo a pagare per la
presunzione ostentata, anche se avesse dovuto rimetterci le braccia a furia di
scaricargli addosso tutti gli incantesimi in suo possesso.
- Edward,
rimani al tuo posto. - Le caviglie erano pronte a dargli il giusto slancio
quando il superiore, con un lieve cenno del capo appuntito, gli ordinò di
desistere.
- Ma,
signore! Perché?!? -
- Perché,
vedi… - La lingua di Amèlie soffiò dolce, languida come il suo chinarsi sul
volto del Corvo - All’ultima persona che si è permessa di mettere le mani addosso
a una mia proprietà, ho fatto scoprire che la morte è la gioia più grande dopo
la vita, se messa a confronto con l’umiliazione. -
Non
mentiva. Allen se ne accorse, con il gelo liquiefattosi ad attorcigliarsi
attorno le membra celate dall’epidermide emaciata. Non ebbe idea del perché si
afferrò il braccio infestato, accorgendosi nuovamente di quanto solida e scarna
fosse la corazza che ne proteggeva le falangi, ma stringerlo lo aiutò a
rimanere con i piedi per terra, dove doveva stare. Il sibilare lanciatogli
contro da voci indistinte ora era tutto riversato sulla Maitresse della Rosa
Nera, trasbordava copioso in un’unica direzione che, tuttavia, non dava
l’impressione di sortire il benché minimo condizionamento; l’ovale di bianca
porcellana della Chevalier era visibilmente più seccato dal dover perdere tempo
con quella persona proveniente dall’Ufficio Centrale che dalle opinioni
negative che la gente continuava ad aggiungere.
- E saresti
pronto ad anteporre ciò a tutte le vite che ha già stroncato e che sta per
stroncare mentre noi stiamo qui a perdere tempo? Commovente, se non fosse che
stiamo parlando di carne
morta. -
Il
cuore si perse in ansiti dolorosi al rievocare lo sprazzo subito in silenzio,
la rabbia covata per una considerazione della vita scevra di ogni importanza
che non la riguardava personalmente. Per il suo animo era inconcepibile trascurare
esistenze che si potevano salvare, ancor meno infierirvi pervaso da un qualche
sadismo indelicato; ora più che mai, fermentava in lui un amore abbastanza
cieco da essere quasi indecente, nel caricarsi tutti i pesi del mondo senza
preoccuparsi se un tale quantitativo alla fine lo avrebbe annientato. Ma
l’increspatura di quelle labbra di buio vermiglio avevano saputo afferrarlo
interamente sin dal primo momento e farlo sentire miseramente piccolo nelle sue
inossidabili convinzioni. Ad Amèlie l’umanità interessava quel tanto che le
permetteva da ricavarci un profitto, la dissimulazione era un’arte illusoria
che, aveva compreso, riservava alla sua clientela per addolcirne le mani quando
tentavano di serrarsi attorno al portafoglio, ma nel mondo reale epurava il
tergiversare con un’imposizione dei fatti che non dava voce a soluzioni
alternative.
Il
dare già per spacciato Suman Dark era stato un piccolo assaggio che non
abbisognava di nuove dimostrazioni, insensibile al destino dei propri compagni,
ma che fosse detentrice di una brutalità anche capace di osare…
No.
Se non fosse stato cosciente di trovarsi in un luogo con tante persone, si
sarebbe preso a pugni la testa pur di scacciare quell’orribile pensiero. A
pochi passi da lui c’era Lenalee e l’immagine che gli aveva calorosamente
confidato minacciava di essiccarsi ancor prima che la sua bocca esalasse un
qualunque pensiero incompatibile all’opinione della cinese. Poteva vederlo da sé,
trattenendo a stento la paura che ne pizzicava la curva delle spalle mentre il
frammento screziato di un tutto a lei forse non definito come credeva si
incastonava in un altro più appuntito, eppure Allen era inspiegabilmente certo
che Lenalee sapesse meglio di chiunque altro chi Amèlie veramente fosse. Soltanto,
gli sarebbe piaciuto comprendere la natura del fantasma che ne possedeva le
unghie affondate nel leggero tessuto dell’abito; una loro distrazione e
avrebbero ferito la pelle della ragazza.
- Lenalee? -
Cercò
un contatto e, accostandosi al fianco libero, intercettò la paura sortita dalla
presenza dell’ufficiale; scivolava indisturbata fra barriere inesistenti,
sbriciolando l’affabile sorriso che Allen aveva sempre trovato delizioso su
Lenalee, tanto da impedirgli di essere giù di corda. Evidentemente il circolare
di ferite ancora in via di guarigione bastava perché quel dipinto a cui si era
abituato, dolce e gentile, lasciasse il posto a qualcosa che conosceva
profondamente e nel cogliere la premura di Lavi, il piccolo albino non si sentì
in diritto di pretendere nulla: in fatto di reticenza non vi poteva essere
migliore esempio di lui. Mana viveva del suo affetto morboso e parlarne avrebbe
fatto riaffiorare l’orrore di cui si era macchiato.
Ingoiando
il groppo salitogli in gola, la sua mente tornò dall’angolo appartato dentro
cui si era rifugiato: le iridi nere della Maitresse della Rosa Nera governavano
imperiose la situazione, perfette, senza striature a smussarne il colore
spettrale. Se, fino ad ora, leggerle l’anima era stato impossibile, tutto ciò
che in quella frazione di secondo trapelò da quegli specchi d’acqua tetra, fu
la tentazione di mettere in chiaro quanto poco ci avrebbe messo a dare una
dimostrazione pratica delle sue intenzioni più raccapriccianti.
- Fai
il bravo cagnolino: resta al tuo posto -, la sentirono suggerire al Corvo,
sogghignando divertita - Non vorrai certo che il tuo sangue finisca per sporcarmi il vestito. -
Dalle
labbra di Bak Chang si levò un tremolio denso di sgomento che quasi rischiò di
fargli urlare il rauco gemito strozzato. Credere in un fatto rientrava a far
parte di un modo di vivere che necessitava di prove o azioni divenute memorie
sedimentate in una lista dove gli spazi liberi si trovavano quando qualcosa
valeva la pena di essere ricordata. Ironia della sorte, le spine più astiose da
sradicare si rivelavano essere quelle sospinte al margine, cattive e il cui
solo tocco sollecitava un frettoloso rientro al centro, dove l’alito vitale
vibrava di serenità. Non voleva dar peso a quanto accolto involontariamente, ma
dubitava che ripeterselo in continuazione avrebbe distorto la realtà e fattolo
svegliare nel suo letto con il sollievo di aver solo sognato.
- Ji-chan,
come la pensi al riguardo? - Domandò Lavi - C’è davvero la possibilità che Pierre
sia effettivamente una Chimera? -
- Se
non sai darti una risposta da solo è evidente che non hai studiato i fatti come
avresti dovuto. - La risposta fu modulata perché suonasse come un rimprovero
atono. Bookman non aveva tolto gli occhi di dosso dal bambino per tutta la
durata della conversazione e il non volgere il capo rugoso in direzione del
pupillo divenne una seconda stilettata che il rosso incassò abbassando il mento.
- Di
qualunque cosa si tratti nello specifico, sembra coinvolgere Amèlie e
l’Ispettore mandato dall’Ufficio Centrale -, dedusse Marie, la mano appoggiata
alle cuffie per sintonizzarsi su una frequenza sprovvista del brusio di
sottofondo.
- Scusate…Qualcuno
potrebbe spiegarmi cosa sono queste Chimere? - Domandò coraggiosamente Miranda.
- Si
tratta di Ibridi. -, le rispose Lavi - Esseri creati attraverso l’incrocio di due o più specie d’animale per mezzo di
un processo alchemico. Nei testi antichi sono descritti come bestie mitologiche
di cui temere l’ira, ma nel caso di Pierre si fa riferimento a qualcosa di
molto più...Blasfemo. -
- Che
intendi dire? -
Sgombrata
la mensa di tutti i personaggi che avevano contribuito a bloccare la digestione
delle colazioni abbondanti di Jerry, quanto rimaneva si giocava sulla voglia di
non ritornare sull’argomento e le schegge dell’ampia porta di legno ancora
accatastata ai piedi del muro. Lenalee aveva potuto finalmente rinsavire,
vezzeggiata da un buon tè portole per sciogliere gli ultimi residui di angoscia
che Lvellie le aveva scatenato ancor prima che potesse contrastarla con armi
adatte.
- Intende
dire che a quel nome ne è associato un altro che la Chiesa ha cancellato ad
appena pochi anni dalla nascita dell’Ordine Oscuro, dopo aver inutilmente
tentato di sfruttarne le potenzialità. Un autentico tabù -, proferì Bak, il volto velato da una sottile patina di
lucente sudore e le braccia fermamente incrociate. Dallo scattare nervoso della
bocca, l’oscillazione incontrollata continuava a esternare la sua profonda
inquietudine - Con Chimera, la Chiesa fa riferimento a un soggetto umano il cui
corpo è stato utilizzato come terreno di coltivazione per sigilli che ne
potenziassero le capacità fisiche e conferire loro poteri soprannaturali. -
- Non
capisco come ciò possa essere considerato come qualcosa di proibito… -, ammise Allen,
in difficoltà nel comprendere la rigidità che il Direttore dell’Asia faticava a
contenere, nonostante la postura tesa desse mostra dell’evidente ticchettare che
ne sfrigolava le giunture principali.
La
manciata di anni trascorsi con il Generale Cross gli avevano permesso
di affacciarsi
a materie di realtà fattibile solo nei libri, ma al tempo la sua
mente
vacillava fra il prendere confidenza con la propria croce e affinarla
affinchè il senso della sua esistenza fosse conforme ai suoi
desideri per dare corda ad altro; il lascito del primo
impatto aveva strappato le sue molli percezioni dalla fugace gioia di
una
prospettiva di vita accanto a Mana e fare dei propri passi una strada
sicura su
cui proseguire non lo aveva mai spaventato tanto. L’impegno di
Cross si era
concentrato sul spronarlo ad afferrare l’ineluttabilità
del mondo spoglio di
superficiali veli - e anche a salvare la sua vita di stupido discemolo emotivo buono solo a commettere errori -, ma fra gli alti e i bassi della loro convivenza, in quel poco che Allen
aveva carpito dell’uomo che chiamava Maestro rientrava l’utilità intricata
delle sue arti alchemiche; forse, proprio per il non essere mai stato in grado
di esplicarne la meccanica, non poteva minimamente immaginarne le molteplici
applicazioni.
- Non
è tanto quello che sono, ma la storia che c’è dietro, la famiglia progenitrice
a esserlo -, asserì l’asiatico - Proverò a spiegarmi meglio. -
Per
quel che gli concerneva, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Accidenti alla sua
smania di mettere il naso in affari più grandi di lui! Perché diavolo non era
rimasto nella sua sede, dove il nulla era assicurato ventiquattrore su
ventiquattro? Rimpianse
di non avere le braccia appiccicate alla sua adorata scrivania di misero
Direttore di filiale, sommersa di scartoffie, moduli da firmare e minacce da
parte dei subordinati che sicuramente gli stavano augurando di morire
soffocato. Perfino gli isterismi di Four l’avrebbero rincuorato più del doversi
calare nel ruolo di infausto cicerone.
- Di
base, il corpo umano è sostenuto da un delicato equilibrio fra forze fisiche,
psicologiche, chimiche e spirituali, tutte finalizzate al suo sostentamento, e i
sigilli racchiudono un potere in grado di destabilizzare questo bilanciamento.
Il limite massimo di sigilli che una persona può tatuarsi è di due, massimo
tre, e devono obbligatoriamente appartenere alla stessa classe, ma se si cerca
di mischiare due sigilli di ordine differente o di innestarne un numero elevato,
scatenano un rigetto come nell’incompatibilità dell’Innocence. Una delle
priorità della Chiesa, fin dai primi anni di vita dell’Ordine Oscuro, è stata
di avvalersi dei migliori alchimisti per infoltire le file del suo esercito; a
quell’epoca non c’era nulla di sicuro, l’Alchimia stessa era ancora un campo da
esplorare, ma le esigenze non permettevano tempi di sperimentazione a lunga
durata e le Alte Sfere, seppur restie, sono state costrette a scendere a dei
compromessi. -
Si
concesse un secondo per sorseggiare il suo caffè, freddo, mentre tutto attorno
si intonava un coro di stoviglie che venivano lavate e riordinate a seconda
dell’uso. La trepidazione spiccava negli occhi di chi lo ascoltava, ballando
sulle labbra dischiuse, in attesa che proseguisse.
- L’Ordine
Oscuro è stato fondato da famiglie specializzate in tutti i campi che potessero
offrire supporto bellico alla Guerra Santa e ricercando gli elementi migliori,
la Chiesa ebbe a che fare con i Gremory.
Non si sapeva quasi nulla su loro conto, tranne per la notorietà costruitasi
grazie alla protezione che offrivano ai monarchi di terre straniere in cambio
di prestigio, denaro e immunità. Tutti i suoi membri, a partire dal Capoclan,
erano individui dotati di abilità straordinarie, addirittura capaci di
sostituire un intero esercito. Considerate le scarse risorse a disposizione di
quell’epoca, per non parlare della totale assenza di materiale innovativo da
immettere in validi progetti, la Chiesa non ci avrebbe pensato due volte a
chiederne l’appoggio, ma quel che la spinse ad escluderla dal progetto fu il
tipo di Alchimia che quell’uomo e i suoi familiari praticavano: non c’era testo
o libro che ne trattasse, la magia in questione era, oltre che sconosciuta,
potente e pericolosa, il che spinse molti a supporre addirittura che ci fosse
una correlazione con il Conte del Millennio. In realtà si scoprì che non era
così, ma il potere dei Gremory affondava in radici troppo oscure e la Chiesa
aveva di che occuparsi per intraprendere un’altra guerra intestina. Da parte
sua, quell’alchimista non mostrò interesse a voler prendere parte alla
realizzazione dell’Ordine Oscuro, pertanto la faccenda si concluse con un nulla
di fatto. Ovviamente, la Chiesa fu costretta a rivedere la sua decisione. -
- Quindi
avanzò un’alleanza -, ne dedusse Marie.
- Non
aveva altra scelta. A prescindere dalla sua natura, la famiglia Gremory
ha contribuito
a ristrutturare totalmente la nostra attuale conoscenza alchemica, ma
mantenendo per sè quel sapere che ancora oggi non
sappiamo replicare -, sospirò il biondo - Vedete, i Corvi hanno
tatuati sulle braccia dei Sigilli di Agevolazione, che consentono
utilizzare le Carte Mistiche sopra cui è scritto il Kanji
dell’elemento di cui
vogliono servirsi: basta pronunciare la formula perché il
tatuaggio reagisca alla
scritta sulla carta e si può usufruire dell’incantesimo,
ma il numero di
sigilli e di elementi rimangono comunque limitati per prevenire
eventuali
ritorsioni metaboliche. Le Chimere invece sfruttavano una tipologia di
sigilli
che aggira entrambi gli ostacoli e il fatto che l’Alchimia alla
base di questi
marchi rispondesse esclusivamente alla struttura fisica dei membri
della famiglia,
al loro sangue, rendeva impossibile la sua replicazione. In
sé, una Chimera non era che un armamentario alchemico e questo
bastava per andare
contro a qualsiasi legge alchemica scritta. Centinaia di scienziati,
gli stessi
padri fondatori della Home, hanno speso la loro vita cercando di
trovare una
scappatoia ai vincoli corporei e alla meccanica classica dei sigilli;
il Capostipite
dei Gremory è riuscito dove ancora oggi noi falliamo, il suo
è un lavoro che
parte dalle basi dell’Alchimia e fiorisce in un parto
assolutamente innovativo. Nessuno al dì fuori della sua famiglia
si è mai beato di quelle
abilità. La Chiesa ha più volte tentato di carpire il
segreto di quei corpi, ma
una volta realizzato che l’Alchimia dei Gremory era stata
concepita per
rispondere unicamente al sangue del clan, stipulò con la
famiglia un accordo di
reciproco profitto per dare vita a una generazione nata fra Chimere
purosangue e
membri scelti dalla essa stessa."
- Con
dei bei matrimoni combinati -, si infilò Lavi, ironicamente gioviale.
Bak
annuì - La cosa parve funzionare; i nuovi nati furono denominati Chimere Incrociate
e potevano sopportare
il peso dei sigilli, seppur in numero minore, ma la prestanze
rimanevano
comunque superiori a quelle di un Corvo qualunque. I problemi nacquero
dopo. -
L’incarnato cereo si abbandonò a un colore terreo, gli
occhi bagnati di una
raccapricciante gravità che raggrumò la nausea
accartocciatasi nello stomaco - Nei
primi anni di vita, le Chimere Incrociate erano pressoché
perfette, operanti al 100%, ma con l’adolescenza alcune
cominciarono a mostrare
forti segni di squilibrio mentale e malformazioni fisiche in seguito ad
un uso
spropositato dei sigilli. Fu…Un autentico orrore: ragazzini che,
di punto in
bianco, perdevano la ragione per le continue alterazioni, consumati
lentamente
dal rigetto e se non morivano per mano della loro natura finivano per
suicidarsi in preda alla pazzia. Considerato il grande successo
iniziale,
nessuno aveva immaginato che le trasformazioni metaboliche innescate
dal passaggio da un corpo bambino a uno adulto potessero rivelarsi
tanto
distruttive per le nuove generazioni. Ovviamente, chi aveva consentito
a questo
progetto, non aveva tenuto conto che forgiare delle Chimere con del
sangue
misto potesse rivelarsi tanto fatale. -
- S-Stai
dicendo che il Capofamiglia non aveva ipotizzato quest’eventualità? - Stavolta
fu Miranda a parlare.
- E
chi l’ha nominato? - Un amalgamato di nervosismo e ilarità allargò la bocca di
Bak - No, quell’uomo ebbe l’accortezza di tenersi lontano da una simile atrocità
perché era conscio che la Chiesa avrebbe avanzato l’idea delle unioni con
esterni. Sfortunatamente, la famiglia era molto grande, con clan minori, e fu
un membro di questi, insieme a un piccolo gruppo ristretto di Chimere, a
offrire la propria collaborazione in merito a tale sperimentazione. Inoltre,
per assicurarsi un ulteriore appoggio, quella stessa persona consegnò alla
Chiesa la formula per il Sigillo di Sottomissione. -
- Cosa sarebbe? - domandò Allen. Il numero di vocaboli complicati stava superando
la sua soglia di comprensione.
- Un
incantesimo di vincolo eterno, scioglibile soltanto con la morte. Veniva
applicato all’altezza del cuore delle Chimere dalla persona che doveva proteggere
e servire. Una volta tatuato, la Chimera è totalmente vincolata al suo padrone;
pur con la volontà capace di esprimere la propria opinione, rimaneva schiava del
sigillo, che la obbligava a obbedire ciecamente a qualsiasi ordine impostogli
dalla persona designata. Comunque, una volta che tutte le sperimentazioni
vennero alla luce, I Gremory si mossero per sciogliere l’accordo stipulato con
la Chiesa, ma senza immaginare che questa avesse già pianificato la sua strategia:
sicché la maggior parte delle Chimere Incrociate era stata impiegata a Roma e
ai danni procurati nei vari incidenti si associò l’impossibilità di replicare
la loro Alchimia, la Chiesa giudicò il potere delle Chimere troppo pericoloso
per sussistere al dì fuori della sua influenza e ne ordinò l’immediata
cancellazione. -
Che
ci fosse un’irrisoria possibilità che quell’ultima parte si discostasse dall'esteriorità,
orientava la sua percentuale attorno a un nulla più acuto dell’apice
insopportabile raggiunto da chi era costretto semplicemente a stanziare nella
bolla forgiata dalle pareti ad arco della mensa. Ciascun presente si ritrovò a
esprimere la propria incredulità fra cromie di svariata intensità, chi più
scioccato – come i giovani Allen, Lenalee e Miranda, atoni nel loro smunto
pallore - e chi meno stupito da una scelta tanto radicale. Dalla sua, Bak aveva
letto soltanto fascicoli inzaccherati di inchiostro rosso, ma come allora, la
smorfia di frustrazione che ne fece affondare i denti nel labbro arrivò
vicinissima a spaccarglielo. I potenti non amavano chi minacciava la loro tediosa
quotidianità, tremavano d’innanzi a quella prospettiva e reagivano con
un’aggressività gonfia d’adamantina intolleranza. Il segreto delle Chimere non
era altro che un’arte alchemica forgiata dal sangue dei Gremory e per i
Gremory; l’incapacità di averle per sé aveva mosso l’assurda accusa che queste,
per il trattamento ricevuto, potessero offrire i loro servigi al Conte del
Millennio, un’eventualità che la paura della Chiesa aveva sventato alla radice
in una sola notte, con la convinzione che nessuno dovesse permettersi larghi
atti di presunzione nei suoi confronti. I dettagli sullo sterminio non erano
mai stati resi noti, Bak Chang ci tenne a sottolinearlo bene; importava
soltanto l’estinzione d’ogni effimero alito associato al suo nome, impronunciabile.
Eppure, da anni, nell’ombra di vicoli sudici e grandi città in via di
modernizzazione, inconsueti sibili trasportati dagli echi del vento
vociferavano l’esistenza di un piccolo gruppo discendente dai pochi membri
salvatisi durante la notte dello sterminio, fuggiti all’estero per trovare
nell’aristocrazia non assoggettata all’influenza della Chiesa uno spiraglio di
pace.
Il
Direttore della Sede Asiatica deglutì madido di sudore prima di
riprendere il
discorso - Circa sei anni fa si è verificato uno scandalo
dove è stato scoperto il coinvolgimento del Direttore
dell'Ufficio Centrale in un traffico di esseri umani. Pubblicamente non
è mai stato noto, ma sembra che il suo arresto sia coinciso con
un'incidente che avrebbe coinvolto per l'appunto una Chimera su cui era
riuscito a mettere le mani. Nessuno ha mai seriamente preso in
considerazione l’idea che tutto il
clan fosse scomparso in un’unica notte, anche con le centinaia di
fonti
attendibili che confermano il contrario: avevano le conoscenze e i
mezzi per
garantirsi una vita nell’anonimato, lontano dal mandato di morte
sul campo
approvato dalla Chiesa, però... - L’onda di
caoticità tornò a indurirne il tono - Come
diavolo è possibile che la Chevalier ne abbia addirittura una in
custodia?!? Il
mandato è ancora attivo e non esiste che la Chiesa abbia fatto
un’eccezione! -
- Può
darsi, però…Bak-san, lei ha detto che questa famiglia era vasta, con casate
minori. E’ possibile che Pierre appartenga a una di queste e quindi che non
disponga dei poteri ricercati dalla Chiesa -, ipotizzò Lenalee.
- La
faccenda non cambia -, insistette il suddetto, con la pelle del pollice
incastrata fra i denti - La linea di sangue principale era indiscutibilmente la
più potente, ma anche la più difficile da contrastare, mentre la minore vantava
un potere più ridimensionato e pertanto maggiormente malleabile. Non c’era
maniera che disponessero degli stessi privilegi del ramo dominante. Ciò nonostante,
si trattava ugualmente di creature uniche e la Chiesa avrebbe fatto il possibile
per ricavarci qualcosa. -
- Ma
il fatto che stia con Amèlie-san significa che forse non è pericoloso come si
dice -, titubò Miranda - M-Marie, tu non ne sapevi nulla? -
- No,
è una novità anche per me. - Il mancese non mentiva. La decina di anni d’amicizia
con la francese si palesarono in un’esigua manciata di briciole d’innanzi alla
lontananza solidificatasi in routine.
- Lo
abbiamo pensato anche noi, fino a quando non abbiamo visto i sigilli -, subentrò
a quel punto Lavi, incrociando dietro la testa scarlatta le braccia - Sono
comparsi per una manciata scarsa di secondi, ma ho visto con chiarezza la rete
di marchi che gli ha tappezzato il corpo: il piccoletto ha più di 85 sigilli sul suo corpo. -
- E
a come Amèlie-san e il Sovrintendente Lvellie si sono parlati, è
probabile che la Chimera coinvolta nello scandalo sia proprio Pierre -,
terminò Bookman.
- Non
mi aspettavo tanta volubilità da parte tua. -
Eccolo,
il rimprovero che cala vellutato e preciso sul suo cuore, tagliandolo
in due
metà identiche. Nel corso degli anni si era palesato in forme
accomunate dallo
scopo di aiutarlo a migliorarsi, consumando passi e stringendo le mani
graffiate in pugni che diventavano sempre più orgogliosi; ma
avrebbe dovuto
prevedere che, fuori dalle mura rassicuranti della Rosa Nera, le
demotivanti
verità addossatesi ancor prima dei suoi vagiti sarebbero tornate
per lui. Pierre
tacque ancora, fisso nel tempo e nello spazio che lo ferivano con il
loro pigro
intrecciarsi sull’onda del fresco profumo di ginseng e guarana
che gli
solleticava scherzoso il naso. Percepiva la presenza di Amèlie
stanziarsi
vicinissima a lui, convergere nella superba forma dei lineamenti
impreziositi dalla chioma d’acqua nera che più di una
volta aveva avuto
l’ardire di carezzare con manine tremolanti. La bianca vestaglia
di raso
trasparente sfiorava le cosce lattee aprendosi impudente sulle spalle
nude e
sul seno. Inspirò lentamente, mentre le lunga ciglia calavano in
un attimo di
raccoglimento. Aveva sbagliato, sì, intestardirsi sul contrario
non sarebbe
servito a nulla, perché si era lasciato influenzare dalle
malelingue senza
riflettere lucidamente. E ora doveva pagare il prezzo delle sue azioni
sconsiderate.
- Sono
mortificato. - Non osò sollevare il mento, sebbene conoscesse l’opinione della
francese sul tenere alta la testa in qualsiasi situazione.
Pensò
automaticamente al cipiglio che ne induriva la fronte non appena si accorgeva
che qualcosa non era stato predisposto come da lei ordinato, ci condiva
l’intero ambiente con quell'impercettibile gestualità; eppure non aveva mai
trovato nessuno – lui compreso – che fosse stato capace di ignorarla. Le
pulsazioni inciampavano lungo i nervi e sulla scia del sentimento che ne
annegava l’esistenza, Pierre si ritrovò intossicato dal caldo e soffice profumo
che soffiò dai petali tumidi e rossi della Maitresse della Rosa Nera.
- Le
parole possono scindere l’infinito soltanto quando restano
parole. E’ dandogli loro un corpo che le vincoli alla
mortalità, ma che siano fatte di aria o
di roccia non restano che parole, dopotutto. E le parole si possono
ignorare,
giusto? -
- Sì. -
Udì
il fruscio di una pagina che veniva voltata e l’essere consapevole, con
acredine certezza, che l’attenzione della padrona, rivolta nei suoi riguardi, consisteva
in una qualunque briciola dispersa nella sabbia, affondò la lama rigirandola
più e più volte. La natura manipolatrice dell’Esorcista giostrava i sentimenti
altrui per i personali obiettivi e privarlo del suo sguardo altro non era che
una chiara dimostrazione di quanto plagiato fosse il suo animo nel desiderare
che lei gli regalasse una qualunque occhiata. Forse, però, era meglio che
quella passività si protrasse un altro po’, perché scarse erano le chance di
competere con il potere penetrante degli occhi d’onice della francese, ma già
l’ombra del suo indice gli aveva fatto cenno di avvicinarsi e prima di
rammentare che la mente della Maitresse della Rosa Nera viveva intessuta in una
ragnatela di illusioni partorite per il solo piacere di adempiere ai suoi
obiettivi – quali che fossero -, si ritrovò adagiato sulle sue gambe.
- Ho
bisogno di sapere che farai tutto quello che ti ordinerò, mon bien-aimè*. Compreso rimanere al tuo posto, senza fare domande;
le persone con cui abbiamo a che fare sono pronte a qualsiasi cosa per
sostenere la loro causa. Se ti ho voluto in prima linea con me è perché sei il
solo che possa garantirmi maggiore mobilità. Lo capisci, vero? -
- Certamente,
Amèlie-sama. -
E
Pierre lo comprendeva per davvero, al dì fuori dei riflessi meccanici che
tendevano a non avere un senso dietro il loro attuarsi, soprassedendo anche
sull’essere escluso dai contenuti di materia oscura sopra cui la donna non
faceva che spendere ogni energia libera. Da qualche parte nel corridoio, l’eco
del pendolo scoccò l’una e il tempo trascorso in ginocchio, in mezzo a una stanza
che il crepuscolo aveva incendiato di fiamme soffuse, si annichilì a un nulla
di fatto, inesistente.
- C’è
da dire, comunque…Che a una donna come me fa sempre piacere che il suo cucciolo
preferito sia sempre pronto a difenderne l’onore -, proseguì melliflua. Pierre
arrossì non appena avvertì le dita nivee della maestra attrarlo a sé e
tracciare affettuosamente linee invisibili sul suo viso - E su questo fronte posso
reputarmi più che soddisfatta. -
Non
esistette maniera di concepire l’influenza del sorriso
compiaciuto che ne
increspò le labbra vermiglie. Qualsiasi attenzione da parte di
Amèlie Chevalier
lo spogliava d’ogni maschera di gelida indifferenza rivolta al
mondo intero,
riducendolo a un esserino vulnerabile all’imbarazzo che avrebbe
anche
detestato, ma sostenere l’Esorcista che si stava divertendo a
inanellargli i
capelli rifletteva la scelta di voler vedere fino a che punto potesse
arrivare
da sé. Sì, avventarsi sui Corvi era stata un’azione
deplorevole per l’immagine
di entrambi, un colpo doloroso all’orgoglio che tanto dipendeva
dalla
considerazione che la donna nutriva nei suoi confronti, ma ciò
non toglieva che
quella feccia immonda avesse avuto l’ardire di sparlare della
persona a cui doveva tutto. La
signorina Amèlie, la sua salvatrice, l’unica che fosse
riuscita a conquistarsi
la sua fiducia dopo averlo tirato fuori da un oceano di ferrose tenebre
che ne
aveva carpito il cuore con la paura e la disperazione, la prima e sola
con il potere di placarlo e farlo rinsavire dalla bestia con cui
condivideva il corpo.
- Mi
aspetto maggiore autocontrollo da parte tua. - Alzatogli il mento con l’indice,
lo costrinse a un confronto pressoché spietato - Ho totale fiducia nelle tue
doti e so che non mi deluderai, perché tu non vuoi che io sia arrabbiata con
te. Non ho forse ragione, Rasiel? -
Il
castano annuì energicamente, troppo in fretta per quel bambino calcolatore e
riflessivo che in fondo era.
- Excellent, mon petit* - E non mancò di
premiarlo con un bacio a fior di labbra - Allora, descrivimi la situazione. -
Pierre
annuì, ma prima ancora di parlare, scese dalle gambe della corvina per
riempirle un calice scintillante di vino, confidando che da lì a qualche minuto
sarebbe occorso. Dopodiché si portò alle sue spalle e con la mano munita di un
pettine, cominciò a far scorrere fra i denti appuntiti fili di ciocche
luminose. A ogni premura, la cascata di capelli scivolava morbida sulla schiena
“E’ come sospettava lei: i Corvi hanno messo sotto sorveglianza tutti i canali
di comunicazione con l’esterno e la Sezione Scientifica per le analisi che
riguardano l’Arca Bianca e L’Uovo. Niente può entrare o uscire senza un
controllo approfondito. -
L’appena
corrugarsi della fronte denotò un fastidio già tenuto da conto. In fondo, da Malcom
C Lvellie non ci si poteva aspettare che un efferato senso per il dovere. Riunire
il Consiglio composto dai Leader di tutte le sedi minori dell’Ordine Oscuro non
era stata altro che una ridicola pantomima inscenata giusto per dare la
parvenza che i protocolli burocratici sortissero ancora una qualche importanza;
era giunto al loro cospetto con decisioni prese, posizioni irremovibili e
intenzioni altrettanto chiare. Sfruttare l’Arca Bianca e le potenzialità della
matrice per i corpi magici degli Akuma a loro vantaggio aveva vinto su
qualsiasi tentativo di posticipare i progetti già autorizzati dal Santo Padre,
ma erano state le vicende susseguitesi per il loro recupero ad aver visto Komui
impiegare ogni strategia possibile per porre alternative meno inflessibili: Allen
Walker si era guadagnato l’attenzione di occhi critici per la propria Innocence
somigliante alla spada del Conte del Millennio e lo stretto coinvolgimento
nel successo di una missione tanto pericolosa aveva contribuito solamente a
inspessire l’alone di fulgido sospetto che ne minimizzava l’indole caritatevole. Era
nella delicatezza di simili momenti che le crepature si arcuavano, concedendo
al panico di capovolgere sentimenti candidi per colorarli di tonalità anguste;
il Supervisore aveva troppo a cuore l’incolumità degli Esorcisti perché
venissero trattati alla stregua di oggetti da adoperare oltre i loro
limiti, tuttavia, la sorpresa più infausta era stata riservata a Marian Cross e
alla sua sfrontatezza di spiegare all’aria discorsi utili a non delineare
alcunché. In una misura sibillina al
cui calare sprezzante nella sala aveva scosso l’intero Universo, Lvellie aveva scoperchiato
la faccenda del Quattordicesimo piantando paletti solidi in tutta una serie di
accuse inattaccabili. Se
l’Ufficio Centrale era al corrente delle macchinazioni passate del Noah
traditore, lo era anche la Chiesa. Amèlie dovette digerire la constatazione con
una tonificante boccata di tabacco bruciato concessasi prima di riprendere in mano le
proprie elucubrazioni; nella sua misera posizione di complice
– così era stata valutata dalla riunione generale –
la sua
libertà di movimento si poneva limitata per ragioni trapunte
dalla
presunzione di Lvellie nel conoscerne l’indole affine ai
sotterfugi e benchè ciò determinasse un
prolungamento dei suoi piani originari, questi erano già entrati
in azione.
- Amèlie-sama? -
Pierre si schiarì la voce, sporgendosi appena per cogliere il tipo d’espressione
che faceva capolino da dietro i filamenti di tabacco evaporato in arricciature
spumose.
La
donna pestò la sigaretta nel posacenere, sciacquandosi la lingua impastata con
il vino versato nel calice posato appena pochi millimetri più in là - Attieniti
a quanto abbiamo stabilito, mon petit*.
Quale che sia la circostanza. -
Nel
sollevarsi in piedi, un luccichio metallico destò l’interesse della Chimera; dalla
tasca sinistra della vestaglia si intravvedeva quella che identificò come la
catenella argentata di un rosario. Le perle di luna grigia e scarlatte vibravano
di un intenso riverbero e con la premura adoperata da Amèlie nel sfilarlo per
così adornarsi il collo, concedendosi un attimo per
stringerne la croce d’argento, Pierre non lasciò spazio ad alcuna perplessità
che offuscasse la certezza che quel gioiello fosse per davvero il prezioso
rosario donato al Generale Marian Cross in un tempo non concessogli di
conoscere nei dettagli. Perché ne era ritornata in possesso?
Anche
quel giorno, nella stanza di Komui trionfava il disordine. Come non ci si
potesse perdersi rimaneva un mistero legato alla remotissima ipotesi
che, ogni tanto, il Supervisore si degnava di sedersi alla scrivania a lavorare come gli altri poveri reietti
ormai rassegnati alla prospettiva di dover morire senza aver mai goduto di una vacanza degna di tale nome estranei. Gli
piaceva prendere le cose alla larga, girarci intorno, buttarle allegramente sul
piatto spiazzando chi poi doveva mangiarci, sapendo di non avere altra scelta;
non che durante quei giorni frenetici non fosse stato tentato di bigiare, ma
era stato proprio per amore dei suoi adorati sottoposti – che lo avrebbero preso
a scudisciate vivo, qualora avesse osato mollarli al loro vile destino -, e
per la complicanza del periodo in sé, che aveva reputato saggio prendere in
mano la situazione e ridimensionare i cumuli cartacei che minacciavano di cadergli
in testa. Tutto per racimolare abbastanza concentrazione e dunque pensare a
come re-impostare un clima respirabile, impresa tutt’altro che facile senza il
buon caffè di Lenalee a dargli la spinta. Invano si crogiolava nel sapore dei
ricordi felici, guardando il segno circolare lasciato dalla tazza sul legno
della scrivania, ma ancora una volta lo depose delicatamente da parte per
focalizzarsi sull’attuale impiccio che occupava il suo divano. Rapportarsi
con quel tizio metteva in gioco lo
stesso impegno adottato nell’estrapolare il senso da un quadro astratto.
Un’impresa da rimetterci il senno per le troppe testate.
- Romanee
Conti invecchiato di trent’anni. - La voce roca e beffarda del suo ospite
sogghignò alla vista dell’etichetta segnata da scritte rosse e svolazzanti - Quei
fessi dell’Ufficio Centrale non hanno idea del guaio in cui si sono cacciati.
Peccato solo di non poterlo bere in compagnia… -
- Non
penso sia tanto grave, se confrontato a quello dentro cui è invischiato
lei -, sospirò il Supervisore, fisso nel completare formule chimiche già andate
oltre la metà pagina.
- Questo
perché non sai cosa significhi dovere un favore a una bella donna. -
Marian
Cross era comodamente sdraiato sul divanetto del suo studio, una gamba alzata e
l’altra distesa, il collo della bottiglia di vino a ondeggiare fra dita.
Sortiva un certo effetto ritrovarselo fra i piedi dopo tanto tempo passato a
cercarlo in ogni angolo remoto della terra e nessuno nutriva dubbi sul fatto
che la sua permanenza si sarebbe esaurita nell’istante in cui i suoi interessi
avrebbero ripreso a girare, distruggendo la strada che bruciava sotto i suoi
passi, ma benché la forte propensione a levare le tende turbinava minacciosa,
Komui non aveva dato, ne dava tuttora, mostra di alcuna preoccupazione: almeno
su quel fronte, confidava ciecamente sulla prontezza di Amèlie nel raccattarlo
con la giusta dose di calci volanti. Quella donna era l’unico essere che se ne
fregava delle ripercussioni diaboliche di cui era capace il Generale e per il
bene di chi le stava attorno, era consigliabile non mettere naso nelle
questioni che coinvolgevano l’uomo dai capelli carmini. Ma per il Supervisore
l’osservare col cuore equivaleva a fomentare legami umani di cui aveva bisogno
per protrarre il desiderio di proteggere i suoi ragazzi, e Amèlie non faceva
testo. Inforcando gli occhiali con l’indice, sospirò nuovamente, non volendo
neppure figurare l’orribile umore con cui era stato impresso il livido che
tanto evidenziava la guancia del rosso.
- Avanti,
che le ha detto per farla arrabbiare tanto? - Lo sollecitò bonario il cinese,
posando la piuma d’oca.
- Sai
perché mi piacciono le donne, Komui? - Gli domandò invece quello, dopo aver
deglutito l’ennesimo sorso tracannato sdegnosamente - Perché sanno amare. Non
nel senso di affezionarsi o provare simpatia, no: parlo di amare come se da ciò
dipendesse la loro stessa vita. Qualche idiota è convinto che siano le creature
più insaziabili di questo mondo, ma è solo perché non vogliono avere a che fare
con la semplicità. L’amore…E’ complicato. Diavolo, se lo è! - Sbottò, protraendo
il lungo fissare il poco liquore rimasto, con le iridi scarlatte tinte della
vana speranza di vederlo magicamente riempire la bottiglia - E loro vogliono che
sia così perché altrimenti non rifletterebbe la passione che le anima. Se si
rifiutassero di averci a che fare, probabilmente si abbruttirebbero e credimi
se ti dico che al loro cuore non piace mostrarsi sconfitto. -
- Questo
vale anche per Amèlie? -
Un
leggero martellio di sottofondo, proveniente dai piani bassi, si levò flebile
insieme ad altri suoni elettrici di eco vibrante. C’era fermento, nei laboratori,
ma niente di lontanamente capace di smorzare la placidità di cui Cross si
avvalse per cincischiare con le labbra corrucciate, le iridi vermiglie fisse
sul vetro scuro della bottiglia. Un sospiro si elevò sovrano, uno sbuffo
rassegnato che accompagnò un sorriso indeciso fra l’ilarità o l’arresa
dell’uomo che condivideva con lui quelle mura. Certe persone non le capiva,
Komui: o forse le capiva e preferiva che le loro motivazioni non fosse
deturpate da punzecchianti suggerimenti. A volte bisognava lasciar correre,
permettere agli altri di proteggersi con difese in realtà buone solo ad
arrecare maggiori sofferenze, l’importante era che sapessero a chi rivolgersi
qualora la strada fosse diventata troppo buia per distinguere una direzione
dall’altra. Sfortunatamente per lui, l’illeggibilità di Cross armava di scempio
il suo essere ancor più criptico e il dare Allen in pasto alle sentinelle
dell’Ufficio Centrale non aiutava la buona volontà di Komui a coglierne l’intento
segreto – ammesso e concesso che ne serbasse anche soltanto l’ombra -.
Per
quanto concerneva Amèlie…
Di
lei non avrebbe voluto preoccuparsi al punto da darsi l’impressione che la
fiducia riposta nella sua forza fosse di misera evanescenza, solo non poté fare
a meno di annaspare al pensiero che quella
cosa – preferì non attribuirle alcun nome al solo scopo di evitare un suo
catastrofico concretizzarsi – aveva tutte le credenziali per degenerare in
qualsiasi direzione decidesse di indirizzarsi. Si trattava pur sempre di Amèlie.
Amèlie e Cross insieme! E, buon Dio, qualcosa
doveva essere capitato perché non esisteva nessun'altra mano, oltre a quella
della francese, in grado di lasciare segni tanto devastanti su una sola parte
del corpo.
La
mancanza del prezioso rosario che il Generale soleva accompagnare al soprabito
nero gli era caduta sotto gli occhi assonnati non appena quello aveva fatto
sfoggio della propria guancia livida di un viola appariscente, subito prima di
territorializzare il suo divano senza avanzare domande di cortesia al riguardo.
- Non
è per qualcosa che ho detto o fatto quello, ma per come lascio intendere le
cose. - Lo sentì pronunciare e al Supervisore non mancò di cogliere l’ombra
cosparsasi sul volto del suo ospite - Facciamo delle nostre fantasie una realtà
a tutti gli effetti, ma quando siedi allo stesso tavolo per tanto tempo, e con
le stesse persone, ti accorgi che non puoi più smettere di chiederti cosa sia
reale e cosa falso. -
E
da lì in poi, il suono della sua voce fu coperto dall’allarme generale.
1*: Mio adorato (Francese).
2*: Eccellente, piccolo mio (Francese).
3* Piccolo mio (Francese).
E vidi la luce in fondo al tunnel! Non sapevo più come
sistemare questo capitolo - lungo e intricato per i motivi che si
possono trarre benissimo dal contenuto - e ho dovuto togliere un evento
cruciale per non
incasinarmi più di quanto già lo sia. Il suddetto evento
verrà svelato più
avanti e darà prova di quanto Amèlie abbia scoperto e le
sue intenzioni sulla
faccenda del Quattordicesimo. Qui ho voluto dare rilievo a Pierre,
creando il
tanto sospirato aggancio con il suo speciale spin-off. Grazie anche a
“Perle di
un filo ingarbugliato”, spero di farvelo conoscere ancora meglio,
fra momenti
seri e comici giusto per smorzare l’atmosfera cupa tipica di
questo manga. Mando a tutti quanti un bacione! A presto!