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Autore: zaynseyes_    30/08/2016    2 recensioni
Neo Bartosz aveva spezzato il cuore ad Alexander Sullivan solo per ottenere la sua vendetta. Alexander cerca disperatamente di andare avanti con la sua vita sebbene sia ancora innamorato di Neo, iniziando perciò una nuova relazione. Quando dopo qualche mese Neo ritorna nella sua vita, entrambi i ragazzi si rendono conto di quante cose siano cambiate. Le uniche cose che erano rimaste inalterate erano i loro sentimenti l'uno per l'altro, e il dolore che essi avevano causato.
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[La storia NON è mia e non mi appartiene, tutti i crediti vanno a @SkeneKidz e alla sua fervida immaginazione. Questa è solo una traduzione. Il primo libro appartenente a questa serie, The Show Must Go On che potete trovare qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3046758&i=1. La storia è disponibile anche su wattpad. Grazie per l'attenzione e buona lettura!]
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Mi lavai il viso con dell'acqua fredda. Mio padre ero uscito dal bagno quando gli dissi che avevo bisogno di un minuto per riprendermi del tutto.

Mi asciugai il viso con un asciugamano e osservai il mio riflesso nello specchio. Gli occhi erano ancora rossi ma al momento non potevo fare niente a riguardo.

Lasciai il bagno ed aprì la porta della mia camera. Neo era seduto sul letto, accarezzando Vesper sulle sue gambe.

Mi guardò attentamente mentre mi avvicinavo "Neo, dobbiamo parlare"

"Continui a dirlo" affermò lui.

"Lo so, ma questo volta non parleremo di noi. Parleremo di te"

"Non fraintendermi, amo parlare di me, ma tu lo dici nel modo in cui farebbe un terapeuta" rispose cautamente.

"I tuoi genitori" affermai.

"Cosa?"

"Devi parlare con loro. Devi farlo, Neo. Non accettano la tua sessualità. Tu e tuo padre non andate per niente d'accordo. Parli mai con tua madre?"

Lui serrò la mascella e si costrinse a fare spallucce "Non mi importa. Non sono mai andato d'accordo con i miei genitori. Sono sempre stato io a preoccuparmi di me stesso"

"Neo," cercai di farlo ragionare "Devi parlargli, sono i tuoi genitori"

"Non siamo tutti come te e la zucca vuota, Alexander. Io e i miei genitori non parleremo, realizzando all'improvviso la gioia dell'amore di una famiglia per poi abbracciarci allegramente e cantare delle canzoni sdolcinate" potei vedere l'amarezza che si rifletteva nei suoi occhi.

"Per favore, parla con loro. Almeno saprai come andrà"

Si alzò, poggiando Vesper sul letto "Parlerò con i miei e mi occuperò della questione papino e mammina solo se tu affronterai il tuo problema con Jake"

"Avevo già intenzione di farlo" risposi, anche se non sapevo come.

"Bene. Andrò a casa, mostrerò le mie ferite di guerra, li farò sedere e farò loro una chiacchierata sui schifosi metodi educativi genitoriali e di figli omosessuali" disse, superandomi e fermandosi improvvisamente, esitando. Sollevò la mano e gentilmente fece correre le sue dita tra i miei capelli. Mi fece un cenno con la testa prima di uscire definitivamente dalla mia camera.

Mi sedetti accanto a Vesper, sollevandolo e affondando il viso nel suo pelo. Lui miagolò e mi toccò delicatamente la spalla con la zampa.

"Pensavo fossi io la tua spalla su cui piangere?"

Alzai lo sguardo su Toby, il quale mi regalò un debole sorriso "Come stai?"

"Sto...bene." Poggiai Vesper sul letto "Chiudi la porta. Vieni qui"

Lui fece quello che gli dissi "La nostra assenza dalla cena è giustificata. Gli adulti hanno intenzione di uscire all'aria aperta per bere un pò di vino e chiacchierare." Sospirò "I tuoi genitori pensavo che avessi bisogno di un pò di spazio. Posso andarmene se vuoi. Volevo vedere prima come stavi"

"Non andartene" lo presi per la mano e lo trascinai sopra le mie gambe. Lui mi guardò sorpreso. Gli baciai il collo, preferendo la porzione di pelle sotto la mascella, che sapevo fosse la sua parte sensibile.

Il suo corpo tremò leggermente "Alexander..." disse sbalordito "Pensavo che tu...che noi..."

Toby faticò a trovare le parole, per la sua sorpresa. Preso proprio alla sprovvista.

Gli baciai l'angolo della bocca. Poi pressai le mie labbra sulle sue e lui ricambiò il bacio. Lo aiutai a spostarsi su di me, le sue gambe mi avvolsero la vita, le mie mani scivolarono dietro la sua schiena, afferrando la maglietta e gettandola sul pavimento.

La bocca di Toby si spostò su una porzione sensibile di pelle sul collo, gentili e sensuali come come sempre. Le sue labbra erano morbide e familiari, notevolmente differenti da quelle di Neo, ma allo stesso tempo confortevoli contro la mia pelle.

Alzai il capo e unì le nostre labbra. Le mani di Toby si aggrovigliarono tra i miei capelli, una presa molto leggera, quasi impercettibile.

"Non essere gentile" mormorai contro la sua bocca. Forse era così. Forse era così il modo in cui si poteva superare tutto.

Lui mi lanciò un'occhiata confusa. Comprensione passò nei suoi occhi e lentamente lasciò la presa sui miei capelli.

"Volevi che ti tirassi i capelli" disse.

"Sì" mi avvicinai per baciarlo.

Poggiò un dito contro le mie labbra, costringendo la mia testa a tornare indietro "Volevi che ti tirassi i capelli mentre facevamo sesso" affermò lentamente. Il suo corpo era teso e i suoi occhi non contenevano la suo usuale affascinante vivacità. Questo era Tobias Reed. Il Tobias Reed che non volevi fare incazzare.

"Toby" dissi, improvvisamente insicuro.

Scosse la testa, si alzò e afferrò la maglietta sul pavimento, rimettendosela addosso e facendo correre una mano tra i capelli.

"No," esclamò, il suo corpo era così teso che fui sorpreso che non si spezzò "Non sono qui per lasciarti usare il mio corpo"

Capì perchè era così teso, perchè se non si fosse costretto a mostrarsi in quel modo: sarebbe apparso ferito. Orribilmente ferito. In frantumi, addirittura.

"Toby" mi alzai.

Lui indietreggiò "Continui a confondermi con il tuo passato, Alexander. Non sono qui per interpretare Jake. O Neo. Non sono un rimpiazzo"

"No! Non penso tu sia un rimpiazzo!"

"Non vuoi uscire con me? D'accordo, posso accettarlo, posso capire. Vuoi che siamo solo amici? Va bene, sono felice. Adoro esserti amico." I suoi occhi poi brillarono di rabbia e dolore "Ma non sarò un oggetto. Non sono un rimpiazzo di due coglioni che ti hanno fatto del male. Non puoi chiudere gli occhi, baciarmi e fingere che io sia Neo. Non puoi chiudere gli occhi, sentire le mie dita tra i capelli e fingere che sia Jake"

"Sei arrabbiato. Mi dispiace, non volevo usarti in quel modo, Toby" risposi gentilmente.

Scosse la testa "Intendevi usarmi in quel modo, e lo sai." Non capì con chi fosse più arrabbiato: me o se stesso. Toby odiava essere sorpreso o colto alla sprovvista in quel modo, ed io lo avevo fatto due volte in neanche pochi minuti.

"Toby, mi importa di te." Dissi sinceramente "Davvero. Scusa. Ho incasinato tutto di nuovo, e mi dispiace. Non succederà di nuovo! Lo prometto!"

"è un bene che non ci siamo messi insieme. Non avrei mai voluto farti del male, e se ci fossimo frequentati sul serio ti avrei ferito ogni giorno perchè non sono chi tu vuoi che sia." Rispose "Rimani single, Alexander. Hai ancora delle cose da sistemare"

"E anche tu." Dissi "Toby, per te tutti sono un gioco"

"Non non sei mai stato un gioco per me!" Sbottò. Prese poi un profondo respiro, sforzandosi visibilmente di ricomporsi "Nessuno è un gioco per me. Avrei potuto manipolare tutti quelli che volevo come dei dannati pezzi di scacchi ma quella sarebbe stata una mossa da idiota ed io non lo sono. E se tu lo pensi che io lo sia, allora questa è un'altra buona ragione per cui non metterci insieme è stato un bene. Avrei potuto essere una persona davvero, davvero cattiva. Ma non voglio esserlo. Ci sto provando"

"Non sei una persona cattiva" dissi, implorando a me stesso di pensare prima di parlare e non aggravare ancora di più la situazione.

Toby stava tremando per la forza che impiegava per rimanere teso. Riuscivo a vedere quanto volesse crollare. Quanto fosse ferito.

"Non puoi farlo," Disse, mantenendo basso il tono di voce "Non puoi cambiare idea e passare da me a Neo. Non è giusto nei miei confronti. Non è giusto nei suoi. Dannazione, non è giusto neanche nei tuoi. Peggiora solo le cose. Lo devi capire"

"Lo capisco. E sono molto dispiaciuto Toby, davvero" dissi, allungando una mano con l'intenzione di toccarlo.

Lui trasalì, la tensione del suo corpo finalmente si spezzò "Me ne vado. Mi dispiace. Non posso..." si fermò e scosse la testa, correndo via dalla mia stanza.

Lo seguì, odiandomi per averlo fatto arrabbiare in quel modo. Perchè ferivo sempre le persone a cui tenevo?

Toby entrò in cucina e vidi gli occhi di Henry scattare subito su quelli del figlio. La preoccupazione che spuntò dal suo viso mi fece rimpicciolire sul posto.

"Tobias, stai bene?" chiese il padre, alzandosi.

"Non mi sento bene, papà. Sarà stato qualcosa che ho mangiato." Borbottò lui "Ti dispiace se andiamo a casa?"

"Certamente." Rispose lui, avvicinandogli e dandogli delle leggere pacchi sulla schiena "Andiamo a casa, così potrai riposare e prendere qualche medicina"

"Grazie" rispose lui.

I miei genitori si alzarono, accompagnando i due alla porta. Mi poggiai contro il muro e aspettai fino a quando sentì chiudersi la porta di casa.

Afferrai le chiavi e uscì di casa, il tutto mentre i miei mi guardavano preoccupati. Ma non mi fermarono o mi fecero domande. Ne fui grato per quello.

Entrai in macchina e alzai il volume della musica fino a quando mi fecero male le orecchie. Questo mi rendeva difficile pensare, ed era quello di cui avevo più bisogno adesso.

Guidai fino a casa di Scott, uscendo dalla macchina e giungendo alla porta principiale. Suonai il campanello e aspettai fino a quando la signora Anderson mi fece entrare.

Raggiunsi la stanza di Scott ed entrai. Come immaginavo, Scott e Bennett erano lì. Il primo stava giocando ad Assasin's Creed e l'altro stava guardando.

"Scott, quella guardia ti sta rincorrendo fino a sopra la torre" stava dicendo Bennett.

"Bene. Quando saremo arrivati sin lassù, potrò farlo cadere a forza di calci. Devo stabilire la dominanza tra i due"

"Perchè vuoi buttarlo da lassù a calci? Hai una spada"

"Sto stabilendo la dominanza, sporco plebeo" rispose lui mentre calciava la guardia giù dalla torre.

Bennett mi lanciò uno sguardo con occhi taglienti "Cos'è successo?"

"Ho...ho mandato tutto all'aria." Mi inumidì nervosamente le labbra "Con Tobias"

Mi sedetti sul bordo del letto di Scott e raccontai tutto. I miei amici mi ascoltarono, Scott addirittura mise in pausa il gioco.

"Ti avevo avvertito di non correre dietro Neo" disse Bennett quando finì di parlare.

"Chiudi il becco, l'ho capito" sbottai.

Le labbra di Bennett si contrassero ma obbedì e rimase in silenzio. Quasi sobbalzai quando delle fredde dita entrarono a contatto con il mio polso ma poi mi rilassai, lasciando che Scott mi confortasse a modo suo.

"è perchè lo hai colto con la guardia abbassata," continuò Bennett "Lo sai che lo odia"

E forse era quello il demone di Toby. Anche quando era bambino non gli piaceva essere colto di sorpresa, ma la cosa peggiorò quando crebbe e tutti sospettavano il perchè. Prima che Toby facesse coming out aveva un migliore amico che praticamente considerava come un fratello, tuttavia quando disse a tutti di essere gay, i due non si videro più insieme. Non ci voleva un genio per capire cosa fosse successo.

D'altra parte, Toby era bravo a mantenere segreti e per quanto ne sapevo, era consapevole del fatto che facendo coming out avrebbe perso il suo migliore amico. Forse Toby non aveva veramente nessuno scheletro nell'armadio da affrontare.

Non importava ormai. Il mio piano era fallito miseramente ed avevo il brutto presentimento di averlo perso per sempre.

Tirai fuori il telefono e inviai un messaggio a Toby. Lanciai però un'occhiataccia a Scott quando mi tolse il cellulare dalle mani.

"Devo parlare con lui." Dissi, alzandomi e assumendo un tono autoritario "Dammi il telefono, Prescott"

Non ebbe però nessun effetto su di lui che "No, ti stai solo dimostrando patetico. Alexander Sullivan patetico è decisamente un qualcosa di antiestetico" disse. Mise poi il telefono silenzioso e lo gettò dentro uno dei suoi armadi, chiudendolo e guardandomi con tranquillità negli occhi.

"Prescott" dissi.

"James" continuò lui, afferrando il controllore e avviando il gioco.

"Scott ha ragione." Lo difese Bennett "Ti stai dimostrando patetico. E peggiorerai solo la situazione. Dà a Toby un pò di spazio"

Ma volevo disperatamente parlargli. Abbassai lo sguardo su Scott quando premette delicatamente due dita sul mio polso, continuando a guardare lo schermo del televisore mentre giocava con una mano.

Lanciai un'occhiata a Bennett che semplicemente si rilassò contro la sedia in cui era seduto "Per una volta, dammi ascolto. Te lo dirò io quando tornare a parlare con Toby, e se proverai a messaggiargli quando non siamo nei paraggi...beh, come ho detto, peggiorerai solo le cose"

Rimasi in silenzio, guardando Scott giocare al suo videogioco. Le sue dita restarono sul mio braccio come conforto. Cercai di non farmi inghiottire vivo dai miei pensieri ma fallì miseramente, sperando solo che Toby e Neo stessero bene.

 

***Neo's POV***

"Alexander ha ragione, e io sono un'idiota, e questa andrà sulla mia lista di rimpianti" informai Milton.

Il mio cane continuò a ignorarmi, preferendo piuttosto leccare il pavimento. Lo toccai con il piede e lui alzò lo sguardo su di me con fare irritato.

"Smettila," dissi "Il pavimento non è fatto per essere leccato, mostro puzzolente"

Pope era stesa sul mio letto, con la coda che si agitava mentre mi guardava. Quei dannati cani venivano sempre nella mia stanza nonostante condividessimo un reciproco odio l'uno verso l'altro.

"D'accordo, quando i miei genitori mi uccideranno vi lascerò la stanza. Ma Milton non è autorizzato a salire sul letto se prima non si fa il bagno"  dissi e lasciai la stanza.

I miei erano seduti al tavolo della cucina. Mio padre stava leggendo un libro che sembrava così noioso che mi fece quasi addormentare solo a guardarlo mentre mia madre stava dando una sbirciata al giornale.

"Nucleo genitoriale," Iniziai "Dobbiamo parlare"

Mamma alzò lo sguardo "Cosa c'è? Ti sei messo nei guai a scuola?"

"Grazie per la fiducia," dissi, anche se le mie recenti ferite probabilmente non erano di gran aiuto al mio caso. Mio padre quando mi aveva visto mi aveva sgridato per aver fatto a botte "Ma no, non mi sono messo nei guai a scuola. La grazia di Dio è tra noi." Lancia un'occhiata a mio padre "Il che è buono, dato che papà non è tra noi. Papà, metti giù il libro. Devo parlare ad entrambi"

"Neo, non puoi aspettare?" chiese lui, ancora irritato per il fatto che fossi stato coinvolto in una rissa.

Pensai al rapporto intimo tra Alexander e i suoi genitori. Loro avrebbero smesso di fare qualsiasi cosa stessero facendo se lui gli avesse detto che doveva parlargli.

"No, padre. Tuo figlio non può aspettare." Dissi "Se non vuoi dedicare tempo ad un figlio, non ne avresti dovuto avere uno. Per una volta nella tua vita smettila di essere un genitore di merda e ascoltami"

"Neo!" rispose con un'occhiataccia "Sta attento a quello che dici!"

Considerai l'opzione di sedermi, ma non volevo mettermi al loro stesso livello. Volevo che loro alzassero lo sguardo per guardarmi. Volevo essere al controllo della situazione, almeno fino a quando avrei saputo in che direzione avrebbe portato tutto questo.

Insicuro su come iniziare, immaginai di dover semplicemente strappare via il cerotto al più presto.

"Abbiamo un rapporto di merda, odio che non riconosciate e accettiate la mia sessualità. Mi dispiace non essere quello che voi avreste sperato in un figlio ma è questo ciò che avete, e perfino Alexander sa che siamo degli sconosciuti che viviamo sotto lo stesso tetto"

"Smettila Neo, non abbiamo un rapporto di merda" le labbra di mia madre si arricciarono alla profanità delle mie parole.

"Davvero? Mamma, dove sono quando dopo la scuola torno tardi a casa?" Silenzio "Dimmi il nome di tre dei miei amici della mia nuova scuola." Silenzio "Lo sapevi che io e Donnie abbiamo ripreso a parlarci?" Silenzio "Lo sapevi che non sono mai stato più felice nella mia vita quando mi sono messo insieme ad Alexander Sullivan?" Silenzio "Lo sai qual'e il mio colore preferito?" Silenzio "Sai qualcos'altro di me oltre il mio nome?"

Mi guardarono e potei dire che mio padre avrebbe voluto urlarmi addosso, ma capì anche che sapeva che questo avrebbe reso la situazione peggiore. Quindi rimase a fissarmi in un arrabbiato e disperato silenzio.

"Ogni volta mi rimproveri per fare a botte, ma ti sei mai fermato a pensare chi iniziasse quelle risse?" Dissi "Hai mai pensato di dire 'Ehi figliolo, stai bene? Quelle ferite sembrano piuttosto dolorose!'?

Incrociai le braccia "E sì, mi piacciono i ragazzi. Non capisco perchè siete contrari. Odiate i razzisti, giusto? E cosa sono loro se non delle persone dalla mente ristretta che odiano qualcuno solo per un qualcosa che non possono controllare? Oh, aspetta, questo suona molto come la descrizione di omofobia. Imbarazzante"

Continuarono a fissarmi ma fui contento che stessi riuscendo a fare breccia, almeno un pò. Decisi di continuare a scavare attraverso quello spiraglio nelle loro armature, non importava quanto sanguinassero le mie dita.

"Quando è stata l'ultima volta che uno di voi mi abbia detto 'ti voglio bene'? Quand'è stata l'ultima volta che ve lo detto io, a voi? Questa è una relazione figlio-genitore abbastanza schifosa. Mi sento più l'irritante coinquilino che il figlio prediletto." Affermai "Sì, sono sarcastico, gay, maleducato e mi piace fare a botte. Ci sono figli peggiori al mondo con genitori che continuano ad amarli. Mi dispiace che voi non abbiate la famiglia perfetta"

Aspettai che mi dicessero qualcosa, qualsiasi cosa. Ma loro rimasero in silenzio. Si rifiutavano di guardarmi negli occhi.

"E per la cronaca papà," alzò lo sguardo su di me, distogliendolo quando i suoi occhi incontrarono i miei. Inghiottì i miei sentimenti "Quando eri a lavoro ero solito leggere la tua copia di Of Mice And Men perchè sapevo che fosse il tuo libro preferito"

Mi voltai e lasciai la cucina, dirigendomi nella mia stanza e chiudendo la porta. Mi sdraiai sul letto, ignorando Pope che mi leccava le dita dei piedi.

Tirai fuori il cellulare e inviai un messaggio ad Alexander per fargli sapere che l'atto era stato compiuto e che avevo portato a termine il compito. Bene, adesso avrei dovuto vivere in modo imbarazzante con i miei genitori. Che fortuna.

Alexander non mi rispose e ciò mi fece sperare che non ci stesse dando dentro con la zucca vuota. Cavolo, entrambi avevamo dei seri problemi da risolvere.

Dopo un paio di minuti continuai a non ricevere nessuna notizia da Alexander e sospirai. Mettendomi i pantaloni da ragazzo adulto, messaggiai Donnie, chiedendogli di incontrarci domani. Dovevo parlargli della nostra situazione.

E volevo sapere cosa ne pensasse di un'altra relazione tra me e Alexander.

 

 



 

__________________

Un applauso a Neo per il suo discorso.

Mi dispiace che purtroppo, al giorno d'oggi, il rapporto instabile tra un figlio e un genitore non sia poi così raro, causato da problemi interfamiliari, incomprensioni e in cima di queste spicca proprio l'omofobia. Può sembrare stupido, perchè questa in fondo è solo una storia scritta su un social qualunque, ma il discorso di Neo dovrebbe servire da incentivo a tutti coloro che vogliono far aprire gli occhi ai propri familiari o amici perchè nessuno merita essere trattato come se non avesse valore, come se fosse uno sconosciuto in casa propria, specialmente se si tratta di persone vicine a noi con cui ci si relaziona ogni giorno.

Chiusa questa parentesi che mi sentivo di condividere con voi, torniamo ai Nexander. 

Sembrerebbe proprio che Neo sia proprio intenzionato a tornare con Alex (spero che non mi uccida per il nomignolo, ma in fondo l'ha fatto Toby e lo faccio anch'io lol), arrivando addirittura ad affrontare uno dei suoi più grandi demoni: i suoi genitori. Che ne pensate, non credete sia già un buon passo verso la redenzione?

  
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