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Autore: ResurrectionMoon    01/09/2016    2 recensioni
"Quando una persona ha qualcuno da proteggere, può diventare davvero molto forte"
E' una massima che non si può comprendere finchè non la si prova, finchè la propria esistenza non diviene totalmente compromessa dal rischio di perdere una persona importante, dal terrore di non poterle stare accanto, dalla malinconia per non essere abbastanza.
Cosa arriverebbe a fare Sasuke per salvare la vita dell'unico ragazzo che abbia mai amato?
La vita insegnerà a Sakura che l'amore non è una via a senso unico, ma spesso l'incrocio di due esistenze compromesse e a Hinata che sono i piccoli dettagli a costruire qualcosa di prezioso.
Quattro vite difficili i cui dadi del destino convoglieranno in un'unica missione: crescere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Leggeri raggi di luce penetravano dalle fessure della veneziana appesa alla finestra della parete contro la quale era appiccicato il letto. Era una sistemazione di cui Sasuke si era sempre lamentato eppure, non aveva mai tentato di trovarne una diversa. Si era giustificato dicendo che quel mono locale era davvero troppo poco spazioso per aggiungere anche solo una brandina e aveva continuato a dormire schiacciato fra Naruto e il muro, ogni notte, con una spalla dolorante e l’altro braccio attorno all’addome ben modellato del biondo.
“Fatti più in là, Dobe che non sei altro” mugugnava in piena notte, dandogli piccoli colpi col ginocchio.
“Non c’è spazio, Teme” gli rispondeva il biondino prima di stringerlo di più a sé.
La povera luminosità investiva appieno la figura di Sasuke e Naruto spense prontamente la sveglia per fermarsi a osservare quella pelle nivea in contrasto con i capelli neri dai ciuffi liscissimi che cadevano sui lineamenti fini e mascolini, conferendogli un’aria innocente. In quei momenti, quando le battute taglienti dell’Uchiha non lo costringevano ad un finto battibecco, Sasuke assomigliava molto al bambino che tanti anni prima Naruto aveva incontrato al parco e che aveva invitato a giocare a guardie e ladri, porgendogli un bastoncino raccolto chissà dove. Dapprima il ragazzino era stato restio a rispondere a quella richiesta, squadrandolo in un modo che a Naruto era parso davvero insopportabile ma poi, dopo essersi guardato intorno come per assicurarsi che nessuno lo vedesse, aveva afferrato il legnetto e così si erano messi a giocare insieme, infangando i loro vestiti nel prato, Naruto i suoi indumenti da poco prezzo presi al mercato, Sasuke una delle camicette di marca quotidiane.
Era incominciata così la loro conoscenza, con bastonate sulle mani e spintoni sull’asfalto, ginocchia sbucciate e giornate intere passate a sfidarsi con lo sguardo finchè uno dei due, generalmente l’Uzumaki, non tornava proponendo all’altro una qualche gara di corsa per pareggiare i conti e tornare amici. Lui non lo sapeva, ma rendeva Sasuke un po’ più vicino alla spensieratezza infantile, trasformando il broncio di quel bimbo taciturno, chiuso nel conflitto di amore e odio che provava per una famiglia dalle aspettative troppo alte ed oscurato dall’ombra di un fratello maggiore geniale, in un sorriso abbozzato e sincero.
E quel sorriso, Naruto lo adorava. Gli aveva fatto battere il cuore in maniera strana verso i dodici anni e di lì non aveva più smesso di farlo. Naruto lo adorava perché sapeva che Sasuke non lo riservava praticamente a nessuno oltre lui ed ogni volta le quelle labbra sottili ma ben delineate si piegavano di lato in quella che molti avrebbero definito una smorfia, l’Uzumaki sentiva di avere un legame col mondo. Sasuke era semplicemente entrato a far parte del suo mondo di bambino e c’era rimasto fino all’età adulta seppur nel mentre non fossero mancati i problemi, le incomprensioni e i litigi che da stampo infantile erano diventati mano a mano più maturi e profondi, fino a svelare i sentimenti reali che nel tempo li avevano uniti.
Sasuke si mosse, serrò le palpebre e poi le aprì lentamente, rivelando i suoi enormi occhi scuri e mandorlati alla faccia mezza assonnata e serena del suo unico compagno, dell’unica persona che lo avesse fatto sentire davvero speciale da quando era nato, oltre ovviamente a suo fratello maggiore.
Il moro abbozzò al famoso sorriso poi, tornò serio e con aria malandrina, spinse Naruto giù dal letto, svegliandolo dallo stato di trans in cui cadeva ogni volta che lo fissava.
-Ahi, Teme! Ma che fai?!-protestò l’Uzumaki, riemergendo oltre il bordo del materasso ad una piazza e mezza.
-Se non ci diamo una mossa faremo tardi, dobe-sibilò, mostrandogli il famoso sorriso e i bollenti spiriti del suo ragazzo si calmarono, anche se una cuscinata in piena faccia, di sorpresa, mentre Sasuke si accingeva ad uscire dalla doccia, sembrò lecita ad entrambi.
-Piantala, Dobe, o io ti…-gli disse, afferrandolo per i polsi per poi sbatterlo contro le mattonelle chiare del minuscolo bagno.
-Ma sta zitto-lo anticipò Naruto, dandogli uno dei suoi baci inconfondibili al gusto di ramen. Ricordò, quando si staccò dal viso gocciolante dell’Uchiha, quanto il loro primo bacio fosse stato tragicomico e per quanto tempo Sasuke si fosse lamentato per l’orribile sapore che avevano le sue labbra a causa di quella sbobba preconfezionata di cui il frigo della casa dei suoi genitori prima, e le mensole della loro poi, erano colmi.
-Perché almeno non mangi qualche mentina?!-gli aveva urlato una sera, provocando uno dei soliti litigi.
In parte Naruto capiva il suo uomo. Sasuke non era abituato al cibo da discount. Probabilmente non lo aveva neppure mai assaggiato prima dell’inizio della loro convivenza. Allora aveva dovuto adattarsi alle ristrettezze e ad abbandonare gli agi e i lussi della sua enorme villa nella zona collinare di Tokyo, di poco distante dalla ricca azienda di proprietà dei suoi genitori. Nonostante l’evidente disagio dei primi tempi, dovuto alla consapevolezza che il piccolo appartamento poco illuminato e l’utilitaria dai freni un po’ ammaccati sarebbero stati il suo futuro, qualcosa l’aveva spinto a resistere. L’affetto per Naruto, per il ragazzo biondo dal sorriso smagliante e gli occhi sinceri color azzurro cielo, avevano portato così tanta luce in quel suo oscuro carattere, aprendo nel corso degli anni tante brecce nel muro che si era costruito, da valere l’abbandono del suo vecchio mondo e il nascondersi in uno nuovo e più modesto.
Le dita lunghe e screpolate del biondo percorsero la pelle umida di Sasuke dalle labbra ancora schiuse sino allo sterno.
-Ti va se questa sera andassimo a cena dai miei? E’ un po’ che non passiamo.
Sasuke annuì ed un lampo di qualcosa molto simile alla gioia gli attraversò lo sguardo. I genitori di Naruto erano persone semplici ed abitavano in un appartamento dall’altra punta di Tokyo, verso il mare. Non erano affatto ricchi ma avevano entrambi un grande cuore, oltre ad amare senza riserve loro figlio. Per questo quando Naruto gli aveva fatto capire di essere effettivamente gay, loro lo avevano accettato senza porsi problemi e con Sasuke si erano sempre comportati al pari di una seconda famiglia. Lui che non sapeva cosa volesse dire sentirsi a proprio agio con la sua, aveva trovato nel sorriso largo di Minato, così simile a quello del figlio, e i grandi occhi grigi e dolci di Kushina, una certa comprensione e rispetto reciproco che col tempo era sfociato in affetto.
Nonostante fosse una persona chiusa, non particolarmente amante della compagnia e soprattutto dei parenti in genere, convinto che i legami di quel tipo fossero una sorta di obbligo imposto dal sangue, a casa degli Uzumaki si sentiva quasi bene. Addirittura la sua mania di rispondere a monosillabi era andata scemando in compagnia dei genitori di Naruto ed anche se non era possibile definire l’Uchiha un chiaccherone o una persona socievole, non mancava mai di fare brevi discorsi. A volte, quando era particolarmente di cattivo umore, aiutava Kushina a preparare la cena. Era accaduto per la prima volta la sera in cui i suoi genitori lo avevano cacciato di casa. All’epoca era appena un ragazzo di 19 anni, uscito da poco dalle scuole superiori.
Fugaku aveva trovato delle foto che ritraevano suo figlio assieme ad un ragazzo, peraltro anche della bassa società, in dolce compagnia. Infuriato, aveva aspettato che tornasse dalla serata passata in un ricco locale del centro e dopo avergli mostrato quelle foto, chiedendogli ripetutamente che cosa significassero, lo aveva allontanato con freddezza dalla propria abitazione.
“Non sei mio figlio” erano state le ultime parole che Sasuke aveva sentito prima di chiudere la porta scorrevole del salone e correre lontano da quel padre chiuso e tradizionalista, affiancato da una moglie silenziosa, fin troppo mite per potersi opporre al marito.
Naruto lo avrebbe trovato il giorno seguente, seduto nel bar in cui erano soliti andare di nascosto, ubriaco di birra, prima di portarlo nella casa in cui viveva ancora con i suoi.
Minato e Kushina erano stati estremamente discreti nei suoi confronti e per ringraziarli a modo suo, Sasuke si era affiancato alla rossa, la sera del giorno seguente, e l’aveva aiutata a tagliare le carote e il sedano per l’insalata. Di lì il rito aveva continuato a ripetersi e a svolgersi sempre allo stesso modo: da un lato padre e figlio intenti ad apparecchiare il tavolo, dall’altro Kushina e Sasuke impegnati a preparare cena, lanciandosi sguardi complici e silenziosi che il moro apprezzava più di tutto. Nessuno dei due coniugi aveva mai fatto domande riguardo la sua famiglia ed anche se Sasuke era consapevole del fatto che chiedessero a Naruto, si sentiva comunque a proprio agio per non dover giustificare il suo essere lì, l’amare il loro ragazzo, l’essere così taciturno e chiuso. Gli piaceva semplicemente il clima che si creava, spontaneo e disinteressato, mosso dalla semplice voglia di essere sereni.
Naruto lo strinse a sé senza preoccuparsi del fatto che fosse fradicio e gli infuse quel calore che riusciva a scaldarlo fin nelle membra. Solo lui era in grado di abbracciarlo in quel modo e seppur fosse raro che Sasuke rispondesse col medesimo trasporto, non mancava mai di socchiudere gli occhi e rilassare il respiro.
 
Il resto della giornata proseguì in modo monotono. Sasuke era solito avviarsi in macchina verso le otto di mattina, diretto al call center nel quale aveva trovato un impiego al fine di contribuire a pagare le spese della vita di coppia. Naruto invece, si muoveva a bordo di un buffo motorino rosso e passava le sue giornate all’osteria di Ikaru, svolgendo tutti i lavori nel retrobottega.
Era una vita a cui il biondo, dopo il sessanta magistrale all’uscita delle superiori, si immaginava mentre per l’Uchiha certe mansioni si erano presentate come un temporale estivo in un giorno sereno. Era cresciuto con la convinzione di diventare un vice amministratore d’azienda ed affiancare suo fratello Itachi nella gestione di una delle industrie familiari più importanti del Giappone. Aveva frequentato le migliori scuole sin dal lasilo e conosceva perfettamente diverse lingue, visti i numerosi viaggi che aveva fatto con la sua famiglia. La sua era una stirpe aristocratica da sempre e da sempre portata a pretendere e guadagnarsi il meglio in ogni ambito della vita. Anche per questo non era apparso tollerabile avere un secondo genito dalle tendenze sessuali che avrebbero fatto scalpore nell’alta società, per non contare l’enorme differenza di talento che il suddetto figlio aveva nei confronti del geniale fratello maggiore. Itachi era stato l’unico ad opporsi alla decisione del padre di cacciare Sasuke, aveva provato a convincerlo che i tempi fossero ormai cambiati e che quello non era più uno scandalo, senza ottenere risultati soddisfacenti. Suo padre si era chiuso in un mutismo molto simile a quello dello stesso Sasuke e come lui non voleva saperne di considerare anche solo l’ipotesi di tornare a vivere sotto lo stesso tetto.
Così l’Uchiha maggiore si era trovato schiacciato come sempre fra due fuochi, fra le responsabilità di vice direttore d’azienda e studioso, di figlio devoto, responsabile e geniale e quelle del fratello maggiore folle d’amore per quel suo taciturno e malinconico fratellino che solo lui aveva saputo capire ed accettare. Itachi sopportava il peso non solo di una situazione familiare ostile ma anche dell’obbligo impostogli dalla sua stessa condizione e cercava di conciliare i vari aspetti della sua vita in modo da non deludere nessuno di coloro che amava, spesso dimenticandosi di se stesso. Forse per questa trascuratezza e per lo stress accumulato, per le serate gelide passate ad aspettare Sasuke sotto l’appartamento degli Uzumaki al fine di parlargli e fargli capire, sebbene sapesse che suo fratello non aveva mai smesso di crederci, quanto continuasse ad amarlo ed esserci per lui, che si era ammalato di una strana patologia che lo portava a sputare sangue ed imbottirsi di pillole e pasticche per calmare i dolori al petto.
Adesso le sue condizioni erano migliorate ma gli echi della malattia si facevano sentire di tanto in tanto, soprattutto in periodi difficili come quello che stava attraversando l’azienda, in bilico fra differenti difficoltà finanziarie.
Nessuno dei più di mille dipendenti aveva idea che da un momento all’altro il loro stipendio sarebbe potuto sparire a fronte di una liquidazione mensile ma i grafici e le statistiche parlavano chiaro: la crisi stava contaminando anche l’enorme casata degli Uchiha e nei salotti lussuosi dei grandi imprenditori già si parlava di vendere le azioni e puntare a nuovi mercati.
Di tutto ciò Sasuke era al corrente grazie agli incontri quasi segreti con suo fratello che si era anche offerto di aiutarli a livello finanziario, azione gentilmente respinta da Naruto e brutalmente rifiutata da Sasuke.
“Non toccherò mai più neanche solo con un dito i soldi di Fugaku” gli aveva detto freddamente una sera d’inverno quando Itachi aveva discretamente fatto notare quanto facesse freddo in casa e Naruto gli aveva risposto che dovevano limitare le spese del riscaldamento dato che proprio in quel periodo Sasuke era stato allontanato dall’ennesimo luogo di lavoro da un direttore intimorito dall’ombra di Uchiha Senior con cui collaborava e che di certo gli avrebbe levato i favori se avesse saputo che dava da vivere a quell’indecente di suo figlio.
 
Fortunatamente quel periodo era ormai passato da diversi mesi e in quel periodo le cose andavano relativamente bene per gli innamorati. Stava filando tutto per il meglio e presto i due giovani, speravano di potersi permettere una casa propria in un quartiere più centrale, un appartamento magari più grande nel quale in futuro formare una famiglia tutta loro. Certo avevano appena 22 anni, eppure nessuno dei due si sarebbe potuto immaginare senza l’altro al proprio fianco. Sasuke e Naruto erano due esatti complementari, avevano un alchimia davvero molto rara da trovare in un qualsiasi tipo di coppia e la fiducia che riponevano l’uno nell’altro era incredibile. Erano l’uno il salvatore dell’altro, l’uno l’alter ego dell’altro e sebbene non sempre andassero d’accordo ed avessero gusti praticamente opposti, straordinariamente le loro vite assieme erano in armonia e col tempo avevano raggiunto un equilibrio che era mancato ad entrambi per tutti gli anni precedenti.
Grazie a Sasuke Naruto aveva imparato ad apprezzare anche i silenzi, il mutismo e a capire il sarcasmo ma soprattutto si era sentito meno differente, quella sensazione amara che lo aveva afferrato durante l’infanzia e l’adolescenza, quella confusione che lo portava continuamente a ricercare se stesso, si era esaurita nella sensazione di essere amato. Sasuke, invece, riusciva a sorridere spontaneamente. Bastava un’occhiata affinchè si capissero e anche se spesso avevano idee divergenti e modi di fare altrettanto differenti, riuscivano poi a fare un ottimo lavoro di squadra, consacrandosi come rispettive metà giorno dopo giorno.
Quella sera, dopo una doccia e una svelta preparazione, presero l’auto per recarsi da Minato e Kushina.
La rossa li accolse al terzo piano del palazzo in cui abitavano e Naruto la abbracciò calorosamente, facendola ridere di gusto.
-E tuo padre non lo saluti?-il sorriso largo di Minato sbucò oltre la spalla della moglie e Naruto lo strinse in un breve abbraccio.
In quei momenti Sasuke si sentiva malinconico e ripensava a quanto gli sarebbe segretamente piaciuto vedere la propria famiglia comportarsi allo stesso modo. Ma gli Uchiha erano gente composta, un po’ fredda e distante anche fra parenti e nessuno di loro si sarebbe mai sognato di fare tanto chiasso per una semplice cena in compagnia.
Tuttavia Sasuke apprezzò come al solito il bacio di Kushina e la stretta di mano di Minato. La cena si svolse in modo divertente fra le imprecazioni di Minato per la partita di rugby che la sua squadra del cuore stava perdendo e le espressioni demoniache di Kushina la quale, sempre scherzosamente, lo rimproverava che non era il modo di comportarsi davanti a loro figlio e il suo fidanzato. Sentirsi appellato in quel modo provocava in sasuke una piacevole sensazione di appartenenza e aveva l’effetto di scaldarlo dall’interno e fargli rilassare le spalle.
-Sasuke è abituato a ben di peggio mamma! Vero Teme?!-gli gridò nell’orecchio, buttandogli goffamente un braccio dietro alle spalle.
-Puoi dirlo forte, con un Dobe come te accanto tutti i giorni!-protestò in un mix di irritazione per quel comportamento esuberante e divertimento.
Il quartetto scoppiò a ridere prima di ammutolirsi gradualmente nel momento in cui il viso del biondo, così vicino a quello pallido dell’Uchiha, non si protese a sufficienza per unire le loro labbra. Fu un bacio breve, dettato dalla gioia del momento e da quella passione che non si spegneva mai fra loro.
Sasuke lo apprezzò e non divenne rigido come spesso accadeva in mezzo ad un pubblico di sconosciuti davanti ai quali si sentiva osservato e malignamente giudicato.
-Allora ragazzi-esclamò Minato per rompere un po’ l’atmosfera, che programmi ci sono per il Sabato?
-In realtà io domani lavoro, papà.
-Già e io devo portare la macchina a dare una sistemata ai freni dell’auto, intanto. Ultimamente sono peggiori del solito-intervenne Sasuke mentre ripensava preoccupato a tutte le volte in cui aveva dovuto premere a fondo il pedale per ottenere una frenata vera e propria rispetto al noioso slittamento che per troppo tempo aveva accatastato come un qualcosa di controllabile.
La serata terminò con i soliti saluti e raccomandazioni. Kushina diede un bacio sulla fronte a naruto che la respinse con finto fare infantile mentre Minato si premur di scompigliargli appena i capelli.
-Sicuri che non volete un ombrello?-domandò la rossa, estrendone uno dal cesto accanto alla porta-ha iniziato a diluviare.
-Dannati temporali estivi-borbottò Naruto.
-Grazie Kushina, ce la caveremo-Affermò Sasuke mentre ne approfittava per afferrare il suo ragazzo e premerselo contro al fianco.
Il sorriso che nacque spontaneo sul volto di Minato rimase intatto anche quando, osservando dalla finestrella oltre il lavello, vide le due figure dei suoi ospiti rincorrersi amichevolmente sotto la pioggia. Ridacchiò alla vista di Naruto che saltava in una pozzanghera per inondare d’acqua sporca i jeans neri di sasuke e poi quest’ultimo rispondere con uno spintone e un bacio frettoloso e umido d’acqua piovana.
-Si amano molto, Minato. Questa è la cosa più importante. Naruto ha patito troppo durante la sua infanzia… e quel ragazzo lo rende felice come nessuno.
Le braccia sottili di Kushina gli circondarono il petto e fecero in modo che la schiena ampia del marito aderissero al proprio petto. Nessuno di loro poteva scordare quante volte alle elementari le maestre, durante le riunioni con i genitori, avevano suscitato le altre madri a invogliare i loro figlio a giocare col piccolo chiassoso Naruto, di quanto spesso lo psicologo delle scuole medie aveva chiamato preoccupato a casa Uzumaki per parlare del comportamento ribelle e sfuggente del loro ragazzo, di come gli altri lo evitavano al liceo e nessuno ci teneva particolarmente a invitarlo ai party. Le sere che lo avevano visto chiudersi in camera dopo un misero pasto per poi sentirlo dare per ore i pugni al sacchetto da box a penzoloni dal soffitto erano state interminabili così come il cattivo rendimento nelle materie scolastiche.
Gli unici veri momenti di serenità per lui erano quelli in cui si trovava con loro oppure con il suo padrino Jiraya che puntualmente lo portava a pesca e lo faceva ridere o ancora le chiaccherate con Iruka. E poi, verso i dodici anni, i genitori avevano notato un cambiamento nel suo sguardo come se una stella cadente avesse sparso le sue polveri in quegli occhi infuocati che aveva e fosse riuscita a farli tornare realmente luminosi. Quella stella era stata Sasuke e loro si erano resi conto di ciò sin da quando, raggiunta l’adolescenza, le merende che loro figlio gli offriva a casa erano diventate una scusa per guardarlo di soppiatto in modo particolare, da quando le ripetizioni che Sasuke aveva acconsentito a dargli, un modo per sfiorargli la mano mentre gli passava una tazza di the caldo o il giubbotto prima che andasse via. Fu una sera di quelle, poco dopo la partenza di Sasuke, che Kushina, guardandolo, ebbe la conferma di tutti i suoi sospetti e di quelle cose che una madre percepisce da sempre.
Dopo che gli avesse chiesto se stesse bene e lo avesse guardato negli occhi colmi di lacrime, lui le era corso incontro e l’aveva abbracciata forte, cacciando il viso fra le pieghe del maglioncino.
-Sasuke… mamma, io…
-Lo so tesoro. Capita quando si è innamorati-era stata la sua risposta accompagnata da un dolce bacio sulla testa, segno di quanto fosse felice che il suo unico figlio stesse vivendo un tale ben sentimento, gioiosa di una gioia che superava lo sgomento al pensiero di un mondo ben meno accondiscendente nei confronti di certe naturalezze.
 
Il mattino seguente Naruto si alzò stranamente per primo e preparò la colazione a base di ramen per sé e latte per Sasuke. Mentre montava la caffettiera si stava giusto chiedendo per quale motivo il suo ragazzo non fosse ancora alzato, vista la maniacalità con cui teneva ad essere puntuale. Gli risposero alcuni colpi di tosse provenienti nella stanzetta adiacente e quando vi entrò, deciso a buttare Sasuke giù dal letto e fargliela pagare per la mattina prima, lo trovò raggomitolato sotto le coperte.
-Hei Teme che hai?-borbottò a carponi sul materasso.
Sasuke sollevò piano la testa e esibì un’espressione sfinita e malata, più pallida del solito.
-Che brutta faccia…-ridacchiò l’Uzumaki-Ti devi essere preso una bel febbrone dopo la sfida sotto la pioggia di ieri notte.
Sasuke spiò la faccia ghignante del suo ragazzo e non riuscì a trattenere una battuta tagliente.
-Se non mi avessi chiesto la giacca in macchina per il troppo freddo, non mi sarei ammalato lasciandotela.
-Che stai insinuando?!-esclamò un po’ offeso.
-Insinuo che è colpa della tua checcaggine.
-La mia checcaggine?!-esclamò un po’ offeso.
-Ovvio. Ti sei comportato da signorina-tossicchiò il moro, ricevendo una cuscinata in pieno volto.
-Stattene a casa oggi. Porto io l’auto dal meccanico, tu non sei in condizione-lo sentì dire dalla cucina con un tono un po’ troppo freddo per essere normale. Sul momento Sasuke non vi badò molto, sapeva che nonostante lo avesse punto nel vivo, dato che era proprio quello il nomignolo affibbiatogli in passato dagli altri ragazzi per coinvolgerlo nelle risse nelle quali puntualmente un tipo come Naruto cascava. Tuttavia capitava spesso che si stuzzicassero in quel modo a vicenda così pensò di socchiudere le palpebre, ormai pesanti come bilanceri, e abbandonarsi a un sonno febbricitante.
Lo sentì ancora, durante la fase di dormiveglia, vestirsi accanto al letto, far scorrere l’acqua del lavandino per sciacquarsi il viso e il rumore metallico delle chiavi nella porta di casa che si richiuse con un tonfo. Sorrise rilassato al pensiero di avere un giorno di ferie, nonostante lo avrebbe passato sotto le coperte con un costante mal di testa e d’instinto abbracciò il cuscino dalla parte di Naruto, quello che aveva l’odore della sua pelle olivastra.
 
Il telefono prese a vibrare insopportabilmente sul comodino finchè non lo svegliò col suo suono rugoso.
Brrrr brrrr. Sasuke imprecò sottovoce e si mise a sedere mentre con una mano si strofinava gli occhi e l’altra si portava il cellulare all’orecchio.
-Pronto?-mormorò ancora mezzo addormentato al nimero di Naruto.
-Polizia stradale, parlo con Sasuke Uchiha?-una voce forte, maschile, quasi metallica gli rispose dall’altro lato.
-Questo è il numero di Naruto…-borbottò perplesso con un nodo alla gola.
-Suppongo che Naruto Uzumaki sia suo amico
-Si lui è…
Non ebbe il tempo di finire.
-Mi dispiace, ma il suo amico ha appena avuto un grave incidente sulla tangenziale verso la periferia est. L’ambulanza lo ha trasportato immediatamente all’ospedale più vicino…
Sasuke sentì come un tuono nel cervello. La gola si fece secca mentre i muscoli s’irrigidirono. In pochi secondi il dolore della febbre era scomparso restavano solo quelle poche parole “Incidente”, “Ambulanza”, “Ospedale”. Parole che non avevano mai avuto un significato più forte di allora.
-Noi della stradale abbiamo recuperato il telefonino e i suoi effetti personali dalle lamiere e abbiamo contattato il primo numero disponibile… deve avvertire i parenti del ragazzo.
Le frasi dell’agente gli passarono nella mente come un velo trasparente, trasportato dal vento in una dimensione lontana anni luce dai reali pensieri dell’Uchiha. La stanza apparve all’improvviso piccola e soffocante ed una cintura immaginaria iniziò a stringergli lo stomaco.
-Può passare in centrale a recuperare gli oggetti del suo amico ma… prima le consiglio l’ospedale.
Sasuke riattaccò senza nemmeno pensarci e in un impeto di adrenalina buttò le coperte su un lato per poi scendere e inciampare, colto da un improvviso capogiro.
Si rese conto che stava respirando velocemente a bocca aperta e il dolore alla caviglia gli diede una scusa per perdere qualche lacrima. Si sollevò a fatica e per poi infilarsi i primi abiti che trovò, senza la solita ricercatezza di stile e abbinamenti, osservò la sua immagine allo specchio e lo vide: vide un se stesso spettinato, bianco come non mai, con gli occhi arrossati mentre cercava di abbottonare una camicia ostinata. E poi quel letto, sfatto, dove fino a poche ore prima Naruto lo aveva tenuto contro il proprio petto nudo dopo aver fatto l’amore ancora bagnati di pioggia e infreddoliti. La visione del materasso vuoto gli provocò un tuffo al cuore e per poco le gambe non cedettero. 
Quelle coperte stropicciate erano il loro mondo, il piccolo spazio condiviso il loro nido che ora, ora lasciava posto alla tetra luce del giorno e ai puntini di polvere che, lenti, continuarono a danzare in controluce verso i cuscini storti anche quando Sasuke si richiuse la porta dietro in preda a una paura che non aveva mai provato.
 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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