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Autore: LunaLena    01/09/2016    2 recensioni
Può un sistema fondato sul terrore costringere gli uomini a piegarsi? Può la paura soffocare la libertà? Possono migliaia di persone lasciarsi sopraffare da un pugno di uomini ricolmi di cattiveria e malvagità?
A pensarci bene, verrebbe da dire di no, perché il numero e l'unione fanno la forza.
Eppure la Storia ci ha insegnato che può succedere... Che la cattiveria e la paura possono vincere le persone. Ma ci ha insegnato anche che ci sarà sempre qualcuno pronto a combattere, che non tutti si arrenderanno; che le cose non restano immutate e che il terrore si può sconfiggere.
Grazie alla speranza e alla fede.
Ed è di questo che la storia parla.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In quel momento dentro di me si ruppe un argine.
Mi avevano tolto tutto… Tutto ciò per cui avevo lavorato. Mi avevano preso con la forza i vestiti e li avevano bruciati; mi avevano preso la casa e i beni di famiglia tramandati di generazione in generazione e li avevano fatti loro. La collana di mia madre che con tanta nostalgia conservavo…
Mi avevano preso l’onore e la dignità e li avevano dati in pasto ai cani.
Mi avevano portato via la mia famiglia, la famiglia che amavo e che avrei dovuto proteggere. I miei figli… come strillavano quel giorno… mentre mi venivano strappati dalle braccia. “Non lasciarmi, papà” aveva detto il più piccolo. Non volevo lasciarlo, ma non sono riuscito ad impedire che le sue mani scivolassero via dalle mie. E il modo in cui mi guardava il più grande… Lui che era sempre pronto a combattere. Non dimenticherò mai il terrore che ho visto nei suoi occhi quel giorno. Un terrore che non vedevo in lui da quando era bambino. Tormenta ancora le mie notti. Ero il loro eroe, come ogni padre lo è per i propri figli…
E mia moglie… Dio, quante ne avevamo passate insieme. Come la prima volta che era rimasta incinta e i medici ci avevano detto che probabilmente non sarebbe riuscita a portare a termine la gravidanza. “Io ho fiducia” aveva risposto al medico. E aveva ragione a non smettere di sperare. La sua fiducia fu ripagata dalla nascita di un bellissimo bambino, audace e generoso. Chissà dov’era ora… Chissà se aveva ancora fiducia in un domani migliore o se la fede l’aveva abbandonata, come aveva abbandonato la maggior parte delle persone. Chissà se nei suoi occhi ardeva ancora quella scintilla di speranza. Chissà se aveva ancora la forza di sorridere come aveva sempre fatto anche di fronte alle difficoltà. Chissà se l'avrei più rivista. Chissà…
Chissà se era ancora viva.
Cosa mi rimaneva, dunque? La vita? Ma questa vita era degna di essere vissuta?
Eravamo in tanti in quella situazione. In troppi.
Così presi una decisione.
Era ora di finirla. Qualcuno doveva ribellarsi. E se nessuno aveva il coraggio di cominciare la ribellione, l’avrei fatto io. L’intero stormo segue la decisione di un singolo uccello.
Presi tutto il coraggio che avevo in corpo, respirai profondamente e agii.
Non ci pensai.
Mi scagliai contro il mostro che mi aveva tolto tutto: gli averi, l’onore, la dignità, la famiglia… Gli diedi anche la vita, non mi importava. Poteva prendere anche quella.
Lo presi per il collo e lo gettai a terra, cominciando a tempestarlo di pugni.
Uno sparo.
Due.
Sentii un dolore lancinante non so dove. Forse sulla schiena ma non ne ero certo.
Caddi di lato e cercai di urlare di dolore, ma il respiro mi si incastrò in gola.
Non riuscivo a capire dov’ero, vedevo fosco.
Presi un altro profondo respiro e gridai, ma questa volta non per il dolore.
«Libertà!» sentii dire a una voce che neanche riconoscevo. Eppure doveva essere la mia, perché ero stato io a formulare quel pensiero.
Chissà se il mio sacrificio sarebbe servito a qualcosa, se avrebbe mosso le acque, come un sassolino lanciato in mezzo a un lago. Avevo deciso di immolarmi per tutti coloro che si trovavano invischiati nel mio stesso fango. E speravo che questo li avrebbe motivati a non arrendersi, a non smettere di sperare. A lottare. Perché io non mi ero arreso. No. Io avevo deciso di morire perché morendo avrei sfidato il sistema. Perché morendo avrei dato coraggio. Perché morendo in quel modo avrei mandato un messaggio a tutti, amici e nemici. L’avevo fatto per loro. L’avevo fatto per mia moglie e i miei figli.
Chissà se avevo fatto la scelta giusta. Chissà se la mia famiglia sarebbe stata fiera di me. Chissà se il mio gesto avrebbe scatenato una rivolta che avrebbe ridato loro la libertà.
Ma ormai non importava più nulla.
Esalai il mio ultimo respiro.
Mi sembrò di sentire qualcuno muoversi vicino a me… Dei passi.
Poi non sentii più nulla.
   
 
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