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Autore: GeorgiaRose_    02/09/2016    1 recensioni
Martina Stoessel è convinta che per lei la felicità non arriverà mai. Adottata a due mesi, a undici anni è dovuta tornare in orfanotrofio per via di un evento che le ha totalmente cambiato la vita. Non si fida più di nessuno. Non parla più ai ragazzi. Non ha più degli amici. Non ha più una famiglia. È sola. Ma l’incontro, dopo cinque anni, con il suo amico di infanzia Jorge Blanco le cambierà nuovamente la vita. Nonostante l’età, verrà adottata nuovamente, proprio dalla famiglia Blanco. Jorge, da sempre innamorato di lei, le starà vicino e diventerà, in poco tempo, più di un amico. Ciò che non sa, però, è che anche Jorge ha un brutto passato alle spalle. Riusciranno, insieme, ad affrontare e a risolvere i loro problemi?
“E adesso guardami, io non so più chi sono. Scaldami, quando resto da solo. Calmami, se mi sfogo con loro. Salvami.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jorge Blanco, Un po' tutti, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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È strano dirlo, ma non mi sentivo a disagio mentre Jorge mi stringeva con le sue forti braccia stanotte. Non mi sentivo a disagio quando mi ha svegliato con un bacio sulla guancia. Non mi sentivo a disagio quando mi guardava da dietro la porta mentre mi sistemavo davanti allo specchio, e nemmeno quando mi ha chiesto gentilmente se poteva essere lui ad accompagnarmi al cimitero oggi.  Inizialmente ero confusa per questa domanda, ma poi mi sono sentita stupida. Era abbastanza ovvio che i suoi genitori glielo avessero detto, a lui come a Cande. Jorge mi ha rassicurato dicendomi che sua madre gli aveva detto il minimo indispensabile e che non sapeva quasi niente riguardo alla faccenda. Gli ho sorriso quando ha affermato che non avrebbe fatto domande né ricerche, ma avrebbe aspettato che fossi io a parlargliene. Ho apprezzato molto questo suo pensiero. A dirla tutta, non mi sento a disagio nemmeno ora, nella macchina di suo padre, con lui che mi sta stringendo il ginocchio sinistro con la sua mano destra, mentre guida. Ricordo perfettamente ciò che è successo ieri sera. Il nostro ballo, la musica ad alto volume, l'alcool, i movimenti, i baci. Nemmeno pensando a quello che mi sento a disagio. Ma, sinceramente, vorrei non averlo fatto. Sapevo che me ne sarei pentita, eppure sentivo che ne sarebbe valsa la pena. Avevo ragione.
«Siamo arrivati.» Dice, accostando la macchina.
Slaccio la cintura e scendo velocemente dalla macchina. Saluto Peter per poi avviarmi verso la tomba di mia madre. Ogni domenica la stessa storia.
Mi siedo allo sgabello, mentre Jorge decide di aspettare sotto al gazebo come ha fatto sua madre la settimana scorsa. Sulla tomba noto dei fiori, delle margherite bianche. Strano: non le ho messe io. Decido di non prestarci troppa attenzione, molte persone conoscevano mia madre, ed era cara a molti. Probabilmente una delle sue amiche sarà venuta qui a portare delle margherite che tra l’altro erano i suoi fiori preferiti. La mia mente va altrove, come al solito, d’altronde. Da anni vengo qui ed ormai è diventata un’abitudine, mi piace far sapere a mia madre che la penso sempre, anche se, sinceramente, non vorrei fosse così. Vorrei lasciarmi il passato alle spalle, sentirmi più libera, senza tutti quei timori, quelle paure, e quegli incubi. Perché è così difficile?
«Martina,…» ero talmente immersa nei miei pensieri che non ho sentito Jorge arrivare. Mi volto verso di lui. «se non ti dà fastidio, io vorrei dire qualche parola.» Faccio un cenno col capo, dandogli il mio consenso. «Bene.» Mi accenna un sorriso, per poi guardare la foto di mia madre in cima alla lapide con uno sguardo più serio, quasi malinconico. «Ciao, Mary. È passato tanto tempo, eh? Mi sento quasi in imbarazzo per essere qui ora. Ti chiedo scusa per non essere venuto prima ma i miei genitori hanno preferito non dirmi niente per non, diciamo, “traumatizzarmi”.» Sto per dirgli che non c’è bisogno che si scusi, ma poi mi blocco, preferendo che continui il suo discorso e sentire cosa ha da dire. «Sai, quando ero bambino, ti vedevo sempre come un angelo, ma non solo da un punto di vista fisico,…» Mia madre aveva i capelli quasi sul biondo e gli occhi chiari. Anche io le dicevo sempre che sembrava un angelo. «Eri sempre buona con tutti, sapevi sempre cosa dire, e avevi sempre i miei biscotti preferiti.» Sorrido per questa sua ultima affermazione. «Sappiamo tutti che ero un capriccioso, piangevo per ogni cosa, ma nonostante ciò, tu non hai mai perso la pazienza con me. Eri sempre gentile, rispettosa, sorridente. Eri tu, un angelo. Adesso, invece, sei un angelo nel vero senso della parola, non solo da un punto di vista fisico o caratteriale. Ho sempre pensato che gli angeli abbiano il compito di proteggere chi è sulla Terra, perché molte volte capita che loro perdino la strada giusta da seguire. Sì, credo negli angeli custodi. È un po’ stupido, vero? Be’, non fa niente, non mi importa.» Si blocca per qualche secondo, come se stesse riflettendo, per poi proseguire. «Sai, anche a me piacerebbe essere un angelo custode, anche se ammetto che non sono la persona più appropriata per questo ruolo. Ho commesso degli errori in passato, e anche oggi continua a capitare che sbagli. Be’, perché no, io non sono ancora un angelo custode. Anche se, oggi, voglio prometterti una cosa: non importa quanto io sia stupido, stronzo, scansafatiche e chi più ne ha più ne metta, ti prometto che, qualunque cosa succeda, mi prenderò sempre cura di chi hai dovuto lasciare anni fa.» Non riesco a seguire il discorso. Sta parlando di molte cose che aveva in privato con mia madre. Non sapevo avessero un rapporto di questo genere. E, in più, non capisco chi voglia proteggere. «Un po’ perché te lo devo, per tutto ciò che hai fatto per me, un po’ perché mi importa davvero di chi hai dovuto lasciare.» Dice, guardandomi. Gli importa davvero così tanto di me? «Quindi, Mary,…» riprende a guardare la lapide.  «…grazie per tutto ciò che hai fatto e scusa se non sono diventato il ragazzo che speravi diventassi. Metterò la testa a posto. Ci proverò, almeno. Ti voglio bene.» Bacia la sua mano destra, per poi accarezzare delicatamente la foto di mia madre. Mi ha sorpreso. E una consapevolezza mi colpisce improvvisamente: anche a me importa davvero di lui.
 
Mi strofino la testa con le mani, impazzendo quasi cercando di scegliere cosa mettere. Tra poco più di mezz’ora arriverà Alex per andare al mare e io sono ancora in accappatoio. A volte non mi capisco. Perché sono così dannatamente agitata? Certo, è un ragazzo e questo sarebbe un buon motivo. Eppure sento che non è per questo che ho lo stomaco in subbuglio. Saremo io e lui, da soli, al mare. Oddio, non sarà mica un appuntamento?
«Tini, ci sei?» Un bussare alla porta interrompe i miei pensieri e riconosco la voce di Cande da dietro la porta.
«Sì, entra» Alzo un po’ il tono di voce per farmi sentire. Entra e si guarda intorno confusa.
«Che è passato qui? Un uragano?» In effetti ha ragione, decine di vestiti sono sparsi per la camera. Non sapevo di averne così tanti.
«Devo uscire con Alex e non ho la più pallida idea di cosa mettere» Mi giustifico. Quasi si strozza con la sua stessa saliva.
«Uscire con Alex? Un appuntamento? Tu e lui?» Chiede ripetutamente, agitata.
«Cosa? No, non è un appuntamento! …credo»
«Credi?»
Sbuffo per poi spiegarmi «Per il progetto io e lui dobbiamo occuparci degli oceani, quindi andiamo al mare a fare qualche scatto.»
«E starete da soli.» Afferma, seria.
«Sì, Cande, non agitarmi più di quanto io non sia già»
«Ok, tra quanto arriva?»
«Tra… venti minuti.» rispondo dopo aver guardato l’orologio. Mi mordo il labbro inferiore per l’agitazione.
«Venti minuti?» Urla e le tappo la bocca con la mano per non farla continuare. Dopo essermi accertata che si sia calmata, tolgo la mano. «Okay, qui c’è bisogno dell’aiuto di Candelaria Blanco perché tu, mia cara, sei in alto mare!» Dice, per poi scoppiare a ridere. «L’hai capita? Alto… mare… Tu devi andare a mare…» Spiega, ridendo.
«Cande.» La guardo seria. «no»
Sbuffa per poi iniziare a cercare tra i miei vestiti.
«Ti presterei qualcosa di mio, ma, purtroppo per me, tu hai qualcosa che io non ho. Ti andrebbero piccolissimi!» Si lamenta.
«Che intendi dire con “qualcosa che non hai”?»
«Ma non è ovvio? Poi mi spieghi come fai ad avere una 38 e una terza abbondante di reggiseno, eh.»
«Ma cosa..?» oddio, parlava delle mie tette. «Cande!» La riprendo, sentendo la faccia andarmi a fuoco.
«Cosa? Martina, è normale parlare di certe cose con le amiche. Devi abituarti a certi discorsi, non sei più una bambina!» Ugh, ha ragione. «Tieni, questo dovrebbe andar bene.» Mi passa un maglioncino abbastanza pesante a lunghe maniche marroncina e un paio di pantaloni beige. Siamo in pieno inverno e io vado al mare. «Dobbiamo rinnovare il tuo guardaroba, comunque.»
«Non ti basta tutta la spesa che abbiamo già fatto?»
«Lo shopping non basta mai!» Dice, facendomi ridere, per poi uscire dalla camera.
Sento il campanello. Dannazione, è in anticipo!
Dopo circa un quarto d’ora, sono pronta. Non ho esagerato col trucco e ho legato i capelli in una coda alta.
Scendo le scale e, mentre prendo il cappotto, vedo Alex e Jorge nel soggiorno. Il primo è seduto sul divano e pare essere parecchio a disagio. Be’, mi sentirei anch’io così se Jorge mi guardasse in quel modo. Pare sia inorridito. Sembra quasi arrabbiato. Ma che gli prende? Uff, dovrei smetterla di farmi tutte queste domande.
«Eccomi, andiamo?» Chiedo ad Alex che subito si alza.
«Certo.»
«Divertitevi.» Sento dire da Jorge in modo ironico mentre alza gli occhi al cielo, ma non gli presto molta attenzione.
Entriamo in macchina e subito l’aria si fa pesante. Non so che dire né che fare.
«Non ci dovremmo mettere molto ad arrivare, il mare è vicino, per fortuna.» Rompe il ghiaccio dopo qualche minuto di silenzio.
«Bene.» mi limito a dire.
«Sei silenziosa.» Mi fa notare. Non sei d’aiuto.
«Non sono il tipo che parla molto.» Spiego.
«D’accordo, allora mettiamo un po’ di musica, okay?» Annuisco.
Accende lo stereo e subito riconosco la mia canzone preferita, la colonna sonora della mia vita.
«Ti piacciono i Simple Plan?» Chiedo, mentre le note di Welcome to my life si sentono in sottofondo.
«Li amo. Anche tu?»
«Sì! Posso alzare il volume?»
«Certo!»
Alzo il volume quasi al massimo e inizio a cantare, sapendo alla perfezione le parole. Nessun imbarazzo. È bello lasciarsi andare. Anche Alex inizia a cantare, e il tragitto continua così. Con me, lui, e i Simple Plan.
Dopo non molto arriviamo al mare.
«Già arrivati?»
«Sì, te l’avevo detto»
«Peccato, mi stavo divertendo.» Ammetto, scendendo dall’auto.
«Be’, possiamo benissimo continuare a farlo.» Prende una borsa dal sedile posteriore, probabilmente dove ha la fotocamera. Mentre ci incamminiamo sulla spiaggia, lo vedo attaccare al telefono una piccola cassa portatile e ancora una volta sento la mia band preferita suonare. «Ecco» sorride, facendomi ricambiare.
Inizia a camminare sulla sabbia, con il sorriso sul volto. Non sembra per niente il ragazzo che tutti descrivono.
«Allora, vieni?» Si gira a guardarmi, e lo raggiungo.
Stende un telo per terra, facendomi intendere che posso sedermi lì, mentre lui si occupa delle foto. Inizia a fare qualche scatto e lo osservo mentre fa la cosa che più gli piace.
Mi distraggo per qualche secondo, ma mi accorgo comunque che sta facendo una foto a me. È piegato sulle ginocchia alla mia destra.
«No, cosa fai?» Dico coprendomi con le mani.
«Scusa, ma un tal panorama non potevo non immortalarlo.» Dice, facendomi arrossire. «Sei talmente bella.» E lo vedo avvicinarsi. Sto fraintendo, non si sta avvicinando per quello. Dannazione.
«Alex.» Dico.
«Sì?» Dice, continuando ad avvicinarsi. Non capisco le sue intenzioni.
«L-Le foto.» Oh, no. Adesso torno a balbettare?
Scuote la testa come se si fosse appena svegliato da un sogno ad occhi aperti. Che imbarazzo. «Sì, certo, le foto. Ne vuoi fare qualcuna tu?» Mi chiede.
Annuisco, e mi raggiunge a terra. Si accuccia dietro di me, posizionandomi la fotocamera tra le mani, davanti al volto. Poggia la sua testa sulla mia spalla sinistra e inizia a spiegarmi le cose da fare per un buon funzionamento della macchinetta. Il suo fiato sul mio collo. Sono completamente avvolta dal suo corpo. I brividi. È così dannatamente vicino. «Non te la cavi male» Dice dopo avermi fatto fare una foto, ma sono troppo distratta. Adesso sì che mi sento a disagio.

*Angolo autrice*
Ehi ehi ehi!! Sono tornaaata? Non siete contenti? Sì, due mesi senza aggiornare. Vi chiedo scusa, ma ho avuto dei problemi che ancora ora ho e poi sono andata in vacanza, quindi il computer non l'ho proprio visto. Be', spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo. Ammetto che è il più corto fin'ora ma spero comunque che vi sia piaciuto. Alla prossima, tanti besoos :*

  
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