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Autore: Aivy    02/09/2016    0 recensioni
Jason Jane non ha mai avuto bisogno di nulla più di quel che ha: Taylor Green, la cugina-mamma-sorella-amica che si stente in dovere di proteggerlo dal suo passato; Dominic Mason, il coinquilino ermafrodito con la tendenza a distruggergli casa nei suoi accessi d'ira... e tanto variegato calore umano a tenere al largo i suoi incubi.
Ma quando una misteriosa stalker punta gli occhi su di lui, Jason non è pronto a fare la preda. Lei chi è? Lei cosa vuole, solo sesso?
E se niente fosse come sembra?
Elys non è la persona giusta per lui, non è giusta per nessuno: troppi demoni e segreti la tormentano... starle vicino è pericoloso. Innamorarsi di lei è profondamente sbagliato, ma ad amare non si sbaglia mai.
"Allora fammene e non farti scrupoli, se davvero credi di poter arrivare a tanto, feriscimi più a fondo che puoi. Sappi che mi rialzerò perché sei stata tu stessa a dirmi che amare non è uno sbaglio, come non è mai semplice... e proprio per questo non puoi avere il coraggio di dirmi ora che non mi credi. Vuoi renderlo difficile Elys? Fallo: lo semplificherò io. Sempre: facile o difficile che sia."
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Mi svegliai di soprassalto.
Non il migliore dei risvegli, ma non era colpa né della mezza sbronza dalle sera prima, né della serata piacevolmente insonne che ne era seguita la cui causa dormiva come un sasso al mio fianco, ne del cerchio stretto che mi sentivo all'altezza delle tempie.
Era qualcosa che veniva dal salotto.
Allora sentii di nuovo quel rumore: qualcosa che si fracassa in mille pezzettini.
Sgusciai fuori dalle coperte e mi precipitai in sala per cercare di capire che cosa stesse succedendo in casa mia. Se non ero io a fare baccano allora tutto quel fracasso poteva essere opera solamente di un'altra persona. Dominic.
Ed eccolo lì.
Provai un brivido quando lo vidi.
Nella sua morbida tuta grigia reggeva una mazza da baseball tra le mani e la stava maneggiando con energia contro il nostro televisore... o perlomeno su quello che restava del nostro televisore: un cumulo di circuiti e tante schegge disseminate ovunque.
Tremava di rabbia.
"Che cazzo succede, Dom?!"
Lui non diede segno di avermi sentito.
Il suo messaggio era chiaro: non aveva ancora finito. Per la mia sicurezza era il caso che gli stessi al largo ancora per qualche minuto o due e comunque di salvabile, del televisore, non c'era più niente quindi perché intervenire a mio rischio e pericolo? Lui sollevò di nuovo le braccia e lasciò cadere con tutta la forza di cui disponeva la mazza sull'ultimo pezzo intatto della nostra tv. Ripeté la manovra un altro paio di volte finché del televisore non rimase più nulla. Solo un lontano ricordo. Allora si rilassò e lasciò cadere a terra la mazza.
"Meglio? Ora mi spieghi che cazzo succede?" sbottai incrociando le braccia sul petto e appoggiandomi alla parte mentre lui si voltava a mezzo a guardarmi da sotto in su.
Fumava ancora di rabbia.
"Niente." Tagliò corto.
"Vuoi dirmi che hai distrutto il televisore solo per sport?" lo punzecchiai.
"Te lo ricomprerò." Sibilò stringendosi nelle spalle: oh, era ben lungi dal calmarsi questa volta.
"Sai che non me ne frega niente del televisore!" sbottai staccandomi dalla parete per andare ad intercettare la mazza da baseball che aveva appena abbandonato prima che decidesse di farle fare conoscenza con qualche altro affezionato componente del mio appartamento. Bagno, divano e cucina l'avevano conosciuta solamente l'anno prima e la loro era stata una relazione rapida e devastante. E non erano stati i soli. Ero stato costretto a riarredare l'appartamento praticamente da cima a fondo da quando Dominic era diventato il mio coinquilino.
Quindi cinque anni prima di oggi.
E in quei cinque anni avevo imparato a capire che c'era solamente una persona in grado di mandarlo in bestia a quel modo. E no, non era la sua ragazza. Era sua madre.
Katherine.
La madre di Dominic aveva la grande fortuna di non avermi conosciuto ancora, almeno fino ad ora, e la sua incolumità dipendeva essenzialmente dal piccolo particolare che io di lei, aldilà del nome e del carattere discutibile, non conoscessi altro. Dominic non teneva foto della sua famiglia da nessuna parte, nemmeno nel portafoglio. Sapevo che aveva un padre e una sorella. Il primo appoggiava la madre su tutta la linea, ma con più discrezione, la seconda adorava alla follia la sua altrettanto misteriosa fidanzata. Elys, era tatuata sulla sua spalla da quando ci eravamo conosciuti e in questi cinque anni nemmeno lei, come la madre, si era mai fatta vedere. Stavano insieme da molto tempo prima che io e Dom ci conoscessimo.
Avevo fatto notare a Dom più di una volta che era ingiusto verso il suo migliore amico non presentargli la sua ragazza e la sua risposta era sempre stata la stessa: non aveva la minima intenzione di farmi conoscere la sua amata (per quanto cornificata all'infinito almeno in quegli ultimi cinque anni) Elys. Sosteneva che il suo fosse puro e semplice spirito di conservazione: lei era la mia versione al femminile fatta e finita. Una mangiatrice di uomini, in parole povere. Lo faceva per la mia sicurezza.
Come surplus per avvalorare la sua tesi per il quale non era il caso che io la conoscessi sosteneva che la sua amata lavorava e viveva in Europa e, anche se non avevo capito che cosa facesse per mantenersi, era molto impegnata. Sospettavo fosse una diplomatica o giù di lì. Guadagnava bene, molto bene visto che ad ogni occasione possibile lei gli pagava biglietti ed alloggio perché la raggiungesse nel vecchio continente.
Era appena tornato dall'Europa quando ci eravamo conosciuti, cinque anni prima.
Io ero in cerca di un coinquilino perché, beh… per le mie ragioni, sono sempre stato alla ricerca di calore umano fresco. Il pesciolino dormiente nel mio letto ne era una testimonianza non occasionale. Non avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a coprire le spese del mio appartamento. Era mio e non ci passavo dentro abbastanza tempo da sperperare un patrimonio in acqua, luce e gas. Vivevo di rendita e non me ne vantavo.
Lo avevo incrociato alla bacheca del convitto maschile e, mi dispiace per lui, con quelle bermuda cachi e la maglietta bianca, visto di schiena, aveva tutto fuorché del ragazzo. Era magro e minuto, castano dorato di capelli, un culetto interessante e con due stecchini al posto delle gambe che mai avrei attribuito al nuovo playmaker della nostra squadra di basket. Cercava una camera e io gliel'avevo offerta più che volentieri sicuro che mi stesse prendendo in giro quando sosteneva di non potermi dare quello che volevo stando al modo in cui, a suo avviso, lo stavo mangiando con gli occhi.
Beh, aveva ragione lui.
Madre natura era stata molto indecisa con Dominic.
Ne avevo avuto la prova in un paio di occasioni solamente il giorno dopo il suo trasferimento in casa mia. La prima era stata vederlo gironzolare svogliatamente per casa in pantaloni della tuta troppo grandi per lui, a petto nudo e… di tette nemmeno l'ombra. Anzi, ero rimasto sconvolto da quel sentiero di riccioli caramellati che gli scendevano dall'ombelico fin sotto i pantaloni della tuta.
Aveva ghignato di me, quando mi aveva beccato a guardarlo sconvolto.
Ma aveva riso di tutta la squadra il giorno dopo sotto la doccia dello spogliatoio, non contento di averci asfaltati con l'agilità che il suo figurino minuto gli consentiva di adoperare contro gli armadi che erano il resto della squadra. Beh, almeno sotto l'elastico della tuta madre natura non era stata tanto indecisa con lui.
Avvantaggiato dal fatto di sapere perfettamente che non c'era una donna sotto tutta quella poca carne dorata, tra noi si era innescato quel genere di legame che si crea naturalmente tra creature affini.
Dominic amava la sua ragazza, ma non si faceva il minimo problema a consolare qualche pesciolino solitario di tanto in tanto. Sosteneva che lui e la sua dolce metà erano una coppia aperta, ma lo avevo sentito molte volte urlarle al telefono in una pura e semplice scenata di gelosia.
Dopo i primi sfottò aveva imparato a moderare la voce in mia presenza.
E poco dopo io e la sua camera avevamo imparato gli effetti che le telefonate di sua madre avevano su di lui: io, tutto sommato, me l'ero cavata con un cazzotto imprendibile sul mento, la sua camera era finita direttamente in discarica con il letto e la scrivania sfondati a suon di calci. Avevo capito un paio di mesi dopo che la combinazione Katherine-Elys nella stessa conversazione era in grado di scatenare la furia di un uragano impazzito e senza freni, dentro di lui. Mi era servito solamente un altro cazzotto per guardarmi bene dall'avvicinarmi a lui finché non era sbollito del tutto. Tendenzialmente cinque minuti di furia omicida bastavano a calmarlo, poi tornava ragionevole.
Questo non era il classico caso.
Significava che questa volta Katherine aveva decisamente calcato la mano nelle sue richieste.
"Vuole sempre che tu la lasci?"
Dominic rise nervoso, era quel genere di sorriso che non raggiunge mai gli occhi. "Credo che tu non possa capire."
"Dici bene: credi." Rimbrottai piccato: non mi piaceva il modo in cui Dom si divertiva a ferire la mia intelligenza. Ero uno stronzo e sapevo perfettamente di comportarmi come tale, ma la mia era una scelta, non una deficienza dal punto di vista emotivo. "Ma ti sbagli."
Lo avevo visto star male molte volte e avevo imparato, malauguratamente, che il modo migliore per distendere i suoi nervi era fare quello che sua madre voleva da lui: solitamente lo obbligavo ad uscire a pesca nel mio vivaio a cercare qualche bocconcino succulento per lui. Nella stragrande maggioranza delle occasioni funzionava bene.
Aveva il suo fascino, per essere un po' troppo donna a prima vista, quindi tendenzialmente non aveva bisogno del mio aiuto per trovare compagnia.
"E sulla base di cosa dovrei sbagliarmi?" sbottò Dominic inacidito, "Le tue durature relazioni da una botta e via? La più lunga che ricordo è iniziata sabato sera ed è durata fino all'ora di pranzo della domenica mattina. Un record non da poco…"
Mi innervosii: se c'era un bottone che Dominic aveva imparato a non premere in mia presenza era proprio quello. Quando lo faceva era solamente perché era ancora troppo incazzato per restare ragionevole. In sostanza, cercava rogne.
In sostanza? Io ero di rogna facile.
Buttai alle spalle la mazza da baseball prima di essere tentato di farne un uso improprio contro il mio migliore amico. Quando provava a tirare fuori il bastardo che stava dentro di me era meglio non avere nulla di pericoloso tra le mani, che non fossero semplicemente i miei pugni. L'ultima scazzottata era finita con qualche costola reciprocamente incrinata solo l'anno prima.
Il coach Brodlyn si era incazzato parecchio in quell'occasione.
Avevamo promesso di trattenerci, ma Dominic non perdeva occasione per arrivare alle mani con il sottoscritto e sapeva bene quali fili muovere per arrivare dove voleva lui.
"Non stiamo parlando della mia vita sentimentale, ma della tua, stronzo!" sbottai faticando a tenere a freno la lingua, "Lo sai perfettamente che quello che faccio ha le sue ragioni e non ho intenzione di cambiare le cose. A me vanno più che bene così, se per te non è così non è un problema mio! Il punto non sono io, il punto sei tu! Hai appena fatto a pezzi la tv, se non te lo ricordassi!"
"Te la ripago!"
Prese a pulsarmi una tempia e il cerchio attorno alla fronte si strinse dolorosamente.
"Vedi di non provarci nemmeno a trincerarti dietro a tutto questo menefreghismo del cazzo! Dominic: non puoi permettere a tua madre di distruggerti quella che tu stesso definisci la cosa più bella che ti sia mai capitata. Ammesso e non concesso che tu non lo abbia già fatto. Non riesco a capacitarmi di come tu possa dare a quella stronza un potere così grande su di te! E ringraziamo Dio che abita in Alaska e non qui o sovvertirebbe le leggi della natura!"
Ero riuscito a scalfirlo: era trasalito e ora mi guardava stralunato come non credesse alle mie parole. Aveva una strana luce negli occhi grigi e un fremito in tutto il corpo. Ma non era quel segnale d'allarme che avevo imparato a leggere nei suoi modi: era qualcosa di nuovo. L'importante era riuscire ad impedirgli di trincerarsi nel suo menefreghismo o avrei passato le settimane successive a sperticarmi a casa e a scuola perché non facesse a pezzi qualcosa o, peggio ancora, non ammazzasse qualcuno.
"Fanculo, Jason!" sbottò ridestandosi e girando su se stesso mentre puntava la porta.
"Dove vai?!" lo bloccai per un braccio.
Lui restituì il mio sguardo, stranamente tranquillo.
"A correre."
Adorava prendermi per il culo, eh?
"A correre? Il medico ti ha dato il nulla osta?" mi accigliai.
Dominic aveva avuto un incidente in macchina durante le vacanze pasquali. Non aveva voluto spiegarmi cosa fosse successo precisamente: sapevo solamente che un tir aveva mancato una precedenza perché smaniava dalla voglia di dare un bacio alla sua macchina. Il risultato era stata la lesione di entrambe le sue ginocchia e qualche ecchimosi qua e là. Era stato operato un mese dopo ad entrambe e ora era in riabilitazione. Esonerato dalla squadra, per sommo dispiacere del coach Brodlyn che aveva ben pensato di sobbarcare il sottoscritto di tutte le responsabilità che ci eravamo tolti a vicenda in tutti quegli anni. Morale? Io sgobbavo in campo e lui se ne stava bello comodo ad urlare stronzate dalla panchina.
Non urlava più di tanto da dopo l'operazione quindi non ero sicuro che fosse filato tutto liscio come l'olio, nonostante lui sostenesse di essere ok.
Mi mostrò i denti in un sorriso strafottente: quello che detestavo di più.
"Non vado a correre una maratona, tatina."
Indugiai sforzandomi di non appoggiare delicatamente il pugno al suo mento: non giocava dopotutto, potevo saccagnarlo di botte se mi istigava. Il coach non avrebbe avuto nulla da ridire. "Non ammazzerai nessuno sulla strada?"
Si strinse nelle spalle con l'aria di uno che prende seriamente la domanda che gli hanno appena posto. "Potrei riuscire a non fare danni."
"Vuoi che venga con te?"
Rise, velato di una certa ironia che di nuovo non capii nella sua voce. "No, tatina, sono in grado di cavarmela da solo." Ghignò, "E credo che la tua quasi più duratura relazione ti stia chiamando dalla camera da letto…"
Non resistetti: gli assestai uno sberlotto sulla nuca e lui rise accusando il colpo.
"La tua è tutta invidia: se madre natura non fosse stata tanto indecisa con te, sono sicuro che con un tipino come te la mia relazione più duratura sarebbe durata almeno fino alle mattina di lunedì."
"Grazie a Dio, madre natura mi ha reso di poco interesse per te!" sbuffò lui divincolandosi dalla mia morsa.
Risi mentre mi voltavo per tornare in camera dal pesciolino. Era ora dei saluti.
"A proposito!" mi fermò Dominic sulla porta, "Hai intenzione di metterti in fila anche tu?"
Mi accigliai studiandolo da sopra una spalla.
Ghignava con la porta di casa già aperta ma poca intenzione di uscire al più presto. Scampato pericolo! Inventario dei danni: come al solito Dom non faceva prigionieri… la televisione era morta, il resto sembrava ancora tutto illeso.
"Partendo dal presupposto che io non ho mai bisogno di fare la fila, a cosa ti riferisci?" indagai appoggiandomi al muro con una spalla.
Ghignò. "Allora non ti è ancora arrivata la voce…"
"Quale voce?"
Cominciavo ad innervosirmi.
"Se vuoi chiamarla voce c'è una nuova voce nel campus. Pare che sia una deliziosa voce calda e dorata, molto alta a vellutata… credo sia al terzo anno. Matricola della Teta Beta."
Mi rannuvolai.
"Cos'è questa fissa che avete tutti per le confraternite?!"
Dominic rise di nuovo. "Cerchiamo calore umano a lungo termine, Jason, hai la vaga idea di che cosa io stia parlando?"
"Fanculo!"
"Come immaginavo…" chiosò scuotendo la testa, "Allora, la nuova Teta Beta ti interessa?" e mosse allusivamente le sopraciglia, come ce ne fosse bisogno.
"Sai che sono di poche pretese, io: basta che respiri…" sbottai. "Respira?"
"Respira! Respira!" confermò Dominic trattenendo a stento un'altra risata, "Ma fossi in te starei attento… fa molto di più che limitarsi a muovere aria dentro e fuori dai polmoni."
Il messaggio era chiaro.
Lo fulminai.
"Prenderò in considerazione l'idea di innamorarmi in un'altra vita!" sibilai scattando sulla difensiva, "E comunque sono troppo altruista per non dividere il mio amore con tutto il genere femminile…io!"
Come prova a favore della mia tesi il pesciolino si fece nuovamente sentire dalla mia camera. Mi staccai dal muro e feci per raggiungerla: era decisamente ora che levasse le tende… o forse potevo aspettare a congedarla ancora un oretta o due.
"Adesso si chiama così…"
"Ma tu non dovevi andare a correre?!"
Dominic alzò le mani in segno di resa e con un'altra sonora risata in bocca si dileguò. Quel ragazzo sapeva essere oltremodo molesto quando voleva… forse era proprio per il suo essere molesto con me che lo apprezzavo ancora di più.
Tornai in camera deciso a concedere a quel pesciolino ancora un po' di compagnia, prima di rigettarlo nel mio vivaio.
Avevo uno scatafascio da ripulire in salotto e una televisione nuova da comprare.
   
 
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