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Autore: ailene    02/09/2016    3 recensioni
Sono passati due anni da quando Hannah se ne è andata da Londra, lasciandosi alle spalle una situazione familiare critica e un mare di problemi. Ora però è costretta a tornare in città, ma non sa che tutti gli scheletri che ha nascosto nell'armadio torneranno a perseguitarla.
Le cose si complicano ulteriormente quando nella sua vita irrompe il bassista Jamie Bellamy. Fin dal loro primo incontro non andranno esattamente d'amore e d'accordo, ma mentre il resto della sua vita continuerà a sgretolarsi sotto ai suoi piedi, Hannah scoprirà che non tutti i musicisti squinternati arrivano per nuocere.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo I
 

Ero appena atterrata all’aeroporto eppure sentivo già la mancanza di Milano, dove avevo passato gli ultimi due anni. Era strano sentire tutte quelle persone intorno a me parlare la mia lingua madre e non quella buffa lingua che avevo imparato ad amare in Italia. Intanto che attendevo l’arrivo della mia valigia, mi preparavo mentalmente a quello che il mio ritorno in patria avrebbe comportato. Avrei dovuto affrontare delle persone che per due anni avevo cercato senza troppa fatica di dimenticare, avrei dovuto vivere delle situazioni da cui sarei voluta volentieri scappare di nuovo, ma soprattutto mi sarei dovuta riadattare al clima piovoso di Londra e ad avere perennemente i capelli disastrosi a causa dell’umidità. Sì, forse quell’ultima questione era la meno angosciante. Cercavo in ogni modo di non pensare al vero motivo che mi aveva costretta a tornare in città e una gomitata improvvisa mi aiutò per un attimo a dimenticare tutti i pensieri.
 “Idiota, perchè non guardi dove vai?” gracchiai subito, rivolgendomi al tizio che mi aveva lasciata completamente senza fiato. Tanto per essere chiari, non mi mancava l’aria per il suo look da rockstar trasandata e i suoi magnifici capelli scompigliati, ma per la gomitata che mi aveva appena rifilato a tradimento.
“Non è colpa mia se ti sei messa sulla mia traiettoria, bella brunettina” mi disse facendomi un occhiolino “Però, ora che ti ho notata, mi domando se non sia stato il destino a farci incontrare”
“Ma te le scrivi di notte certe scemenze o le improvvisi sul momento?”
“Lascia che ti offra un drink e potrai scoprirlo da sola”
“Contaci” e gli voltai le spalle, sentendo il rumore delle prime valigie che finivano sul nastro trasportatore.
“E mi lasci così a bocca asciutta?” domandò facendomi voltare di nuovo verso di lui.
“Cosa vorresti di preciso?” chiesi con acidità.
“Mi potrei accontentare di sapere il tuo nome e di avere il tuo numero” si doveva essere accorto della mia aria sconcertata e stranita allo stesso tempo, perchè aggiunse: “O forse no. Però berrei volentieri quel drink insieme a te”
“Alle quattro del pomeriggio?”
“E’ sempre il momento di un drink, soprattutto se si è in bella compagnia. Su, non puoi dirmi di no.”
“Sei uno che non si dà facilmente per vinto, vero?”
“Be’ mi hai visto? Chi potrebbe resistere ad uno come me?” e ammiccò, confermando l’idea che mi ero fatta subito di lui. Quello che avevo di fronte era il tipico bel ragazzo che sapeva di essere irresistibile e che quindi credeva di potersi permettere tutto, persino di fare l’arrogante pallone gonfiato con il primo esemplare di sesso femminile che gli capitava a tiro. Esattamente il tipo di ragazzo che detestavo. Avevo già avuto a che fare con uno come lui che, come c’era ben da prevedere, mi aveva spezzato il cuore ma da allora mi ero ripromessa di non cascarci di nuovo. E nemmeno quel biondino dagli occhi meravigliosi e dal sorriso ammaliante sarebbe riuscito a farmi cambiare idea.
“A quanto pare non è il tuo giorno fortunato…” cercai di congedarmi.
“Mai dire mai…” e si allungò per prendere la custodia di una chitarra che proprio in quell’istante stava passando sul rullo accanto a noi. “Ora che ho questa piccolina tra le mani non mi potrai più scappare, bella morettina. Nessuno riesce a resistere ad una serenata di Jamie Bellamy” posò la custodia a terra, la aprì e ne estrasse la chitarra più bella che avessi mai visto, ma mi guardai bene dal dirglielo. Cominciò ad accordarla mentre la sottoscritta iniziava ad avere un gran brutto presentimento.
“Cosa stai facendo?” chiesi nervosamente.
“Mi accordo per la serenata”
“Ma non hai nient’altro da fare? Lasciami in pace!” e mi allontanai, cercando un varco tra la gente per poter recuperare il mio bagaglio.
“Ehi bella morettina, dove pensi di scappare?” cominciò a gridare attirando l’attenzione del resto dei presenti su di noi.
“Via da te, stalker”
“Dai, se fai così rischio di innamorarmi di te. E pensare che non conosco nemmeno il tuo nome.” Aveva mollato la custodia della chitarra in mezzo alla corsia e mi stava seguendo.
“Cosa devo fare per liberarmi di te?”
“Dammi il tuo numero” rispose semplicemente.
“Va bene!” sbottai esasperata, cogliendolo di sorpresa.
“Davvero? Visto, che ti dicevo? E’ la mia giornata fortunata” prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e si mise in attesa. Cercai di temporeggiare, nella speranza che l’arrivo della mia valigia mi salvasse da quella situazione imbarazzante, ma invano. “Su, non fare tanto la riottosa, lo so che ti piaccio” e mi abbagliò di nuovo con il suo sorriso.
“Mi hai scoperta” mentii spudoratamente adocchiando in quell’esatto istante la mia valigia. “Ehi, quelle guardie ti stanno portando via la custodia della chitarra” dissi per distrarlo. Lui si voltò ed io approfittai dell’occasione per prendere al volo la mia valigia e sgattaiolare via, prima che quel ragazzo mi mettesse di nuovo in imbarazzo o cercasse ancora di estorcermi il numero.
Più in fretta che potei, raggiunsi i taxi fuori dal terminal e saltai sul primo che trovai, ignorando la fila di persone che aspettavano il loro turno. 
Pian piano che ci lasciavamo l’aeroporto alle spalle, cominciavo a rilassarmi. L’incontro con quello strano ragazzo mi aveva decisamente scombussolata, ma via via che le strade diventavano sempre più familiari, sentivo i vecchi problemi tornare a gravare su di me e il ricordo di quel tizio sparire.
Quando ci fermammo davanti al portone in ferro battuto di cui avevo dato l’indirizzo al tassista, ero di nuovo me stessa ed ero pronta a riabbracciare l’unico viso amico che mi aspettava a braccia aperte in quella città piovosa.
Pagai il taxi ed entrai nel palazzo, fortunatamente aperto. Aspettai l’ascensore e una volta entrata fui accolta dal mio riflesso scarmigliato che mi guardava dallo specchio. Mi sistemai alla bell’e meglio i capelli anche se sapevo di non dover impressionare nessuno e appena arrivata al piano giusto, mi trovai per la prima volta in quel pomeriggio a sorridere. 
Suonai e non dovetti aspettare a lungo. Venne ad aprirmi Jane, la mia migliore amica, ricoperta di macchie di pittura da capo a piedi. 
“E tu cosa ci fai già qui? Ti aspettavo stasera!”
“Sono riuscita a prendere il volo prima” risposi semplicemente prima di abbracciarla con calore.
“Se mi avessi avvisata ti sarei venuta a prendere!”
“Non ce n’era bisogno. In fin dei conti sono già di gran disturbo: piombo qua senza preavviso dopo due anni, ti chiedo di ospitarmi e…”
“… e sicuramente devi essere affamata. Perchè non metti il bagaglio nella tua solita stanza mentre ti preparo qualcosa?”
“Jane, non immagini quanto mi sei mancata” dissi abbracciandola di nuovo, prima di andare nella camera in cui avevo smaltito molte sbronze quando ancora ero a Londra. 
Suonò il campanello ma non ci feci molto caso, talmente ero distratta dalla vista della finestra della mia stanza. Guardavo il viavai delle macchine che sfrecciavano e delle persone che camminavano in fretta e mi sorprendevo di essere di nuovo “a casa”.
“Non indovinerai mai che mi è successo in aeroporto” sentii una voce maschile nel corridoio che mi parve leggermente familiare.
“Cosa è successo?” chiese Jane mentre la sentii passare davanti alla mia porta, subito seguita dal ragazzo che stava parlando (e che non era il suo fidanzato). Incuriosita di scoprire chi fosse il misterioso nuovo arrivato, mi voltai a sbirciare fuori dalla porta e per un attimo temetti di avere le allucinazioni.
“Tu?” strabuzzai gli occhi appena lo riconobbi. Era quello sciroccato dell’aeroporto. Avrei dovuto aspettarmelo, in fin dei conti la mia sfortuna è risaputa. Lui si fermò sulla soglia  della porta e si appoggiò sensualmente allo stipite. “E’ bello rivederti, bella morettina. Sei scappata così in fretta che pensavo che la polizia ti fosse alle calcagna.” Mi squadrò da capo a piedi, poi il suo sguardo cadde sul mio bagaglio. “Ehi, quella dev’essere la mia valigia!”

 

   
 
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