Non ci
è voluto
molto per passare da una giornata come tante alla giornata
più triste della mia
inutile vita.
È
tardi, ma
ricordo ancora con le lacrime che tracciano il mio viso e che mi
appannano la vista le ore precedenti…
Mi sono girata
sullo sgabello, lasciandomi alle spalle il pc, e non mi sono nemmeno
dovuta
spostare per cadere a peso morto con la faccia spiaccicata sul
materasso. Non
volevo altro che stare da sola e affogare miseramente nel mio dolore e
nelle
mie stesse lacrime… Chiedevo troppo? Probabilmente
sì.
Ho spento in
fretta tutte le luci di quel buco di sei metri quadrati chiamato
comunemente
“Camera mia”, ho preso l’mp3, mi sono
messa sotto le coperte e con la faccia
tra i cuscini, pronti ad essere bagnati per più di due ore
buone, ho messo il
volume al massimo.
Manco a farlo
apposta, capitò una canzone che mi uccise. Tutto sembra
andare contro di te quando
stai MALE. Pure quando stai MALE non ti degnano di un briciolo di
pietà.
Il cuscino era
troppo bagnato, volevo cambiarlo, ma non ce la facevo, ebbi appena la
forza di
alzare la testa e di guardarmi intorno. Ovunque mi giravo vedevo i
poster dei
Tokio Hotel. Mi veniva voglia di odiarli… “Sono
loro che hanno causato tutto”,
pensavo, ma pensandoci ancora meglio loro non centravano niente. Poteva
capitare con qualsiasi argomento alla fine se doveva andare
così, no?
I miei occhi
mi guardano
stanco e non trovano conforto
non posso
più guardarmi, non
sono me stesso
Tutto quello
che prima era
dentro di me ora non lo posso trovare
tutto
è scomparso come in un
sogno
Vedo me stesso
mentre
scompaio…
Canta Bill, e
la
sua voce mi sembra tagliente, rabbiosa e dolorosa. La chitarra di Tom
mi
squarcia il cuore, quel cuore che, in mille pezzi, continua a battere
seguendo
il ritmo della batteria di Gustav, che mi rimbomba nelle orecchie, lo
stesso
vale per il suono grave del basso di Georg.
“Vi
prego,
basta!”, vorrei urlare, ma non ci riesco. Al posto delle
parole, mi escono solo
singhiozzi e mi immagino Sarah mentre dice che sembro un cagnolino da
come
piango. La odiai, ma passò subito perché non
centrava niente. Come Sharon, che
pochi minuti prima mi aveva detto di stare tranquilla. In quel momento
l’avrei
mandata a fanculo, ma me ne sarei pentita, infatti non l’ho
fatto. Lei si
preoccupava per me, non voleva farmi nulla di male. Ma io stavo MALE.
Forse
sarebbe riuscita a capire una minima parte di ciò che
sentivo dentro.
Non sono me
stesso quando tu
non ci sei, sono solo
E tutto quello
che è rimasto
in me
non voglio
essere così
Fuori il cielo
storto e
sulla parete la tua lettera d’addio
Non sono me
stesso quando tu
non ci sei, sono solo!
Mamma
è venuta a
cercare di consolarmi, ma non sentivo e non vedevo niente,
c’erano solo le
parole e la musica di quella canzone struggente e la SUA figura davanti
ai miei
occhi. Non le ho risposto. E così per tre volte. Alla quarta
volta ha iniziato
a scuotermi e quasi a gridare. “Ma non capisce che se fa
così ottiene l’effetto
contrario?”, penso in silenzio, poi grido, mi libero e dai
miei occhi solo
lacrime.
«Lasciami
in
pace!!!»
Se ne va, ma
non
l’ho guardata in faccia, non sapevo com’era, ma me
la immaginai delusa.
Mi odiai,
perché
volevo stare sola e facevo preoccupare chi voleva darmi una mano. Io la
rifiutavo. Ma d’altronde, LEI non c’era, e LEI era
l’UNICA che volevo veramente
al mio fianco.
Non so
più chi sono e ciò
che è importante
tutto quello
è là proprio
dove sei tu
Senza di te
attraverso la
notte, non riesco a trovare niente di me
Che cosa mi
hai fatto?
Vedo me stesso
mentre
scompaio…
Mi odiai anche
perché erano sì o no due ore che mi crogiolavo
nel mio dolore senza muovermi,
immobile e in silenzio, con la mente piena di miliardi di pensieri, ma
tutti
ruotavano intorno ad una
sola persona,
ma tutti non avevano un filo logico tra di loro.
Quando stai
così
MALE, non riesci nemmeno ad incazzarti: ti addossi tutte le colpe,
anche se a
volte non ne hai nessuna.
Mi odiai
perché
dovevo andare in bagno. La testa mi faceva un male assurdo e barcollavo
in
corridoio, inciampai nei miei stessi piedi e mi morsi la lingua per non
sparare
una bestemmia che mi avrebbe fatta scoprire da mamma
nell’altra stanza.
La luce forte
del
bagno mi accecò e mi dovetti appoggiare alle piastrelle
fredde accanto alla
doccia con la schiena, ad occhi semichiusi, per abituarmici. Riuscii
comunque a
vedermi nello specchio, o meglio a vedere il mio corpo: gli occhi rossi
velati
da uno strato ancora sottile di lacrime, pronte a scivolare in
qualsiasi mio
momento di debolezza, il trucco nero sbavato, il viso altrettanto rosso
e accaldato,
i capelli arruffati e i jeans che avevo addosso da più o
meno tutta la
giornata. La mia anima era sparita, quello era solo il suo
ex-contenitore
insignificante e malridotto. Lei mi aveva strappato via
l’anima, il cuore…
TUTTO.
Aprii
l’acqua del
rubinetto e mi ci immersi sotto con la faccia, acqua e lacrime si
mescolarono e
anche quel contenitore stava soffrendo per LEI, forse inutilmente,
forse
giustamente.
Mi tolsi la
cintura che mi dava fastidio prima di ritornare al cuscino bagnato e
all’mp3.
Strinsi forte Winnie Pooh che mi aveva regalato Sarah a Natale. Volevo
stare
sola, quindi se stavo stretta a un pupazzo – essere inanimato
– valeva. E
piansi ancora tutte le mie lacrime per LEI. Quella sera sembravano
infinite.
Il dolore che
sentivo dentro, i pezzi del mio cuore che strisciavano sanguinando sul
fondo
scuro, era troppo.
ASSURDO.
ASSURDO
CHE UNA PERSONA MI FACCIA STARE COSI’!!! Invece no, non era
assurdo. FORSE,
quella persona, NON SI ERA RESA CONTO DEL RUOLO FONDAMENTALE CHE AVEVA
NELLA
MIA insignificante VITA.
Io ero IL
PIANETA
E LEI IL SOLE.
Io ero IL
PESCE E
LEI L’ACQUA.
Io ero
L’INSIGNIFICANTE RAGAZZA E LEI L’OSSIGENO.
Pian piano
scompaio, non mi
sopporto
Non riesco a
toglierti da me
non importa
dove sei, vieni
e salvami
Non sono me
stesso quando tu
non ci sei… vicino a me.
Sono solo e
tutto quello che
è rimasto di me
Non voglio
essere così
Fuori il cielo
storto e
sulla parete la tua lettera d’addio
Non sono me
stesso quando tu
non ci sei, non voglio più vivere
Non importa
dove sei, vieni
e salvami
Non sono me
stesso quando tu
non ci sei…
Arrivò
mio padre
da lavoro e io non lo sentii nemmeno, nonostante avessi la porta di
casa di
fronte alla porta del mio angolo di solitudine, isolato dal mondo. Mi
ha
lasciata stare per un po’, mi ha chiamata per la cena, ma io
non ho risposto,
ho mormorato solo un “no” che non ha sentito.
Poi mi ha
spostata le gambe, si è sdraiato accanto a me, mi ha levato
una cuffia e mi ha
sussurrato: «MI FAI SOFFRIRE.» E l’anima
del mio cuore, pian piano, ha chiamato
a sé i suoi pezzi disparsi.
È
già un inizio. Solo il tempo guarirà
questa ferita, intanto…
GRAZIE PAPA’… TI VOGLIO BENE.
Nota:
Dedicata al mio papà, che c'è sempre per me,
anche quando non me lo aspetterei mai__I Love You So Much <3