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Autore: blackthornssnaps    03/09/2016    1 recensioni
Da troppo tempo andava avanti questa situazione. Era completamente in balia della gelosia, che lo logorava dentro, lenta e inesorabile.
Ora basta, però, non poteva più continuare così, iniziava a rendersene conto anche lui.
Doveva parlarle, doveva dirle tutto. Ma come puoi rivelare alla donna che ami i tuoi sentimenti, sapendo che lei è già di un altro?
E come puoi pensare di rendere qualcuno partecipe di quello che provi, quando il tuo amore è proibito dalla legge?
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ATTENZIONE: non tiene conto delle vicende narrate in Lady Midnight, è una mia versione scritta prima dell'uscita del libro, tuttavia ci saranno degli spunti presi dal romanzo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, Julian Blackthorn
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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UNGHIE


Julian Blackthorn era, probabilmente, lo Shadowhunter adolescente più incasinato di tutto il Conclave.
Fu la sera dell’Evento che capì che avrebbe rischiato un esaurimento nervoso se fosse andato avanti in quel modo.
Aveva tante, forse troppe, cose che gli ronzavano nella mente, ma uno dei problemi principali, quello che più gravava su di lui, era la gestione del tutto.
Aveva già seri problemi a organizzare la sua vita, come poteva organizzare anche quella di un intero Istituto?
Era davvero convinto di farcela all’inizio, forse per il senso di colpa di quello che era successo al padre, fatto sta che ci aveva creduto.
Solo anni dopo, quando il peso sulle sue spalle non fece altro che aumentare, si rese conto di quanto si fosse sbagliato.
Le responsabilità, per lui, erano iniziate prematuramente quando aveva solo 12 anni.
Aveva perso la madre poco dopo la nascita dell’ultimo dei suoi fratelli, Tavvy, per una subdola malattia che l’aveva privata di tutte le sue forze, uccidendola lentamente.
Pochi anni dopo, la guerra contro Sebastian Morgestern decimò ulteriormente la sua famiglia.
Gli vennero strappati il padre, Andrew Blackthorn, e il fratello maggiore, Mark, catturato dalle truppe oscure e consegnato al Popolo Fatato, che decise di abbandonarlo al suo destino arruolandolo per la Caccia Selvaggia.
Come se tutto questo non fosse bastato, il Conclave esiliò anche l’ultimo punto di riferimento rimasto, la sorella maggiore Helen, affidando la guida della famiglia allo zio londinese, Arthur Blackthorn.
 Tutto parve andare bene le prime settimane, durante le quali oltre a dover superare lo shock, i ragazzi dovettero anche imparare a convivere con lo zio, e Julian e Emma, nel frattempo, venivano preparati per la cerimonia che avrebbero poi dovuto affrontare.
Ben presto si rese conto di un ulteriore sbaglio, che gravò nuovamente su di lui.
Aveva dato per scontato che Arthur si sarebbe preoccupato per loro e che avrebbe pensato lui ai suoi fratelli.
Lo zio, però, usciva di rado dal vecchio ufficio del fratello, il padre di Julian e i ragazzi, e quelle poche volte che lo faceva, si comportava da perfetto estraneo, come se nemmeno conoscesse i suoi nipoti, sempre freddo e distaccato.
Quando alla fine, stanco di questo atteggiamento, Jules decise di affrontarlo una volta per tutte, si trovò faccia a faccia con il vero problema di tutta questa storia, un nuovo segreto e fardello da portare: Arthur Blackthorn era profondamente malato, affetto da una grave forma di shock e depressione post-traumatici che lo avevano reso completamente instabile. Quasi, addirittura, pazzo.
Il cacciatore si trovò dunque costretto ad assumersi la responsabilità della gestione di tutto l’Istituto, in quanto ufficialmente figura più grande nelle piene facoltà mentali, e a tenere questa situazione segreta al Conclave, che non avrebbe mai accettato un comportamento del genere.
Come già detto prima, però, all’epoca lo Shadowhunter era fermamente convinto di potercela fare.
Certo, era consapevole che prendersi cura dei suoi fratelli poteva essere tutto tranne che un’impresa facile, ma era determinato a rimettere in piedi la famiglia.
E poi, beh aveva ancora Emma, era ancora quella ragazza che non lo avrebbe mai lasciato indietro in quello che faceva.
A quel tempo, quando lui sembrava essere sul punto di perdere le speranze, quando tutto pareva solo andare male, lei era lì, pronta a sostenerlo e a infondergli la sua forza e rimetterlo in piedi.
Sarebbero stati in grado di affrontare qualunque cosa, perché l’importante era rimanere insieme.
Ora invece… La situazione diventava sempre più complicata ogni giorno che passava.
Arthur iniziava a non farsi vedere sempre più spesso, molte volte nemmeno a tavola. I momenti in cui si chiudeva in se stesso aumentavano e anche solo parlargli per poco diventava complicato.
I due parabatai ormai avevano quasi raggiunto la maggiore età e il Conclave, a riprova di questo, continuava a far loro pressioni e per lui tenere nascosta la condizione dello zio era sempre più difficile.
Naturalmente, i problemi non si limitavano a questi.
Erano passati anni e all’Istituto abitavano anche altri Shadowhunters ormai, cosa che aumentava le responsabilità per Julian, per non contare che la maggioranza di loro era entrata nella piena adolescenza portando drammi e litigate continui.
C’era anche da tener conto di Mark, rilasciato come merce di scambio dal Popolo Fatato, il che significava conti in sospeso.
Julian sentiva che tutto il suo mondo stava cambiando un’altra volta, ma quello che gli faceva più male era la perdita del suo punto di riferimento.
Emma si stava allontanando sempre di più, provocandogli un dolore atroce dentro, come una pugnalata al cuore continua, una morsa alla bocca dello stomaco che non se ne voleva andar via.
Lui però non poteva crollare, era quello su cui pesavano tutte le responsabilità, era costretto a fingere che tutto andasse bene, nonostante ogni cosa si stesse frantumando in pezzi.
Ecco perché odiava così tanto l’Evento.
Lo aveva odiato da quando lo aveva saputo.
Il Conclave aveva indetto questa riunione straordinaria, presentata come una sorta di cerimonia per qualcosa da festeggiare, alla quale ogni Shadowhunter era invitato.
Era stato decretato che ci fosse troppo poco dialogo tra gli Istituti e questo poteva portare a problemi interni parecchio gravi.
Volevano tutti evitare una nuova guerra civile, ecco il motivo di questa festa: doveva essere vista come un’occasione di fare nuove amicizie, di mantenere i contatti con cacciatori di altre parti del mondo e di condivisione di varie esperienze.
A Jules solo l’idea dava la nausea, era solo un modo del Conclave per controllare che tutto procedesse secondo le loro regole ed era solo un altro luogo dove Julian era costretto a fingere e a mentire sulla sua famiglia.
Non poteva tirarsi indietro, comunque, sarebbe stato peggio.
Avrebbero iniziato a far domande e avrebbero indagato, finendo per scoprire della malattia dello zio e lui non poteva permetterlo.
Quello che, invece, avrebbe potuto risparmiarsi era decidere di affrontare Emma e litigarci proprio la sera in cui avrebbe avuto bisogno di lei più che mai.
In un certo senso non avrebbe dovuto prenderla così male, era stata colpa sua alla fine, ma il gesto della ragazza in sé gli fece troppo male per pensare razionalmente.
È la conseguenza di indossare la maschera per troppo tempo, a reprimere sempre tutto alla fine una persona scoppia, trascinando con sé tutto quello che gli sta attorno.
Aveva dato per scontato che avrebbero partecipato insieme all’Evento, d’altro canto non c’era nulla di male in tutto questo.
Dove andrai tu andrò io così recitava il giuramento parabatai, nessuno avrebbe mai potuto fare storie.
In più nessuno più di Emma sapeva cosa volesse dire per Julian un evento del genere, sarebbe dovuta rimanere con lui per sostenerlo, ma a quanto pare aveva tratto male le conclusioni.
Dopo il discorso con Dru, i due furono praticamente costretti a passare del tempo insieme.
Entrambi erano convinti che l’altro fosse arrabbiato e quando capirono il malinteso scoppiarono a ridere, anche se fu comunque molto forzata quella risata.
In ogni caso per tutto il tempo da lì in poi promisero di tornare gli stessi di sempre, per quanto possibile.
La tensione si sciolse un po’, sapevano entrambi di aver bisogno l’uno dell’altra, e tutti smisero di preoccuparsi della situazione dei due parabatai quando Julian tornò a essere quello di sempre comportandosi di nuovo abitualmente con tutti.
Continuava a non sopportare quell’idiota del ragazzo della sua migliore amica, però era diventato bravo a fingere di tollerarlo, o per lo meno ignorarlo.
Motivo per cui aveva dato per scontato che sarebbero andati all’Evento insieme, lui ed Emma, non avreebbe mai potuto abbandonarlo in un’occasione come quella, no?
Lei aveva altri progetti, però, come Julian scoprì poi.
La mattina del tanto atteso (o odiato, a seconda dei punti di vista) giorno, i due ragazzi non si videro.
Julian era troppo occupato con la gestione dei fratelli e le ragazze erano uscite a fare shopping, per far contenta Livvy, che pregava per avere un nuovo vestito da mesi.
Riuscirono a incontrarsi solo nel tardo pomeriggio, quando una disperata Emma si mise a correre per tutto l’Istituto intenta a cercare il suo migliore amico che si era come volatilizzato nel nulla.
Alla fine lo trovò sul retro, da solo, intento a dipingere.
« Jules! Ma dove ti eri cacciato? » disse lei alla fine, crollando senza fiato accanto al ragazzo che per poco non rischiò un infarto.
Era troppo concentrato sulla sua opera per sentirla arrivare, nonostante Emma avesse fatto un bel po’ di rumore, però riuscì comunque a non darle a vedere di essersi spaventato.
Si voltò piano a guardarla: i capelli ormai le ricadevano disordinati ai lati del viso, sfuggendo dallo chignon che si era fatta la mattina, indossava la solita tenuta da combattimento, ma aveva il fiatone e le guance arrossate. Julian era sicuro che si stesse trattenendo dalla voglia di sdraiarsi sul pavimento per allontanare più velocemente la fatica.
Trattenne un sorriso, Emma lo avrebbe ucciso altrimenti, però non riuscì a trattenersi dal pensare che potesse essere bella comunque.
«Sono sempre stato qui. Tu piuttosto, che hai fatto? Sembri sfinita.»
«Certo, perché lo sono. Ti ho cercato ovunque. Io… devo dirti una cosa. Riguarda i miei genitori, ho delle novità.»
Al ragazzo non servì sapere altro per scattare in piedi.
Lasciò tutto lì dov’era, in cortile, per poi prendere per mano Emma e trascinarla, quasi correndo, in una stanzetta segreta che avevano scoperto quando erano bambini.
Era sempre stato il loro posto, quello.
Per la fretta e la scarica di adrenalina che aveva colpito Julian, rischiarono di cadere almeno una dozzina di volte, ma non parve importare a nessuno dei due.
Emma scoppiò a ridere mentre si lasciava portare nell’unico posto che avrebbe sempre custodito i loro segreti più grandi, senza mai lasciare la mano del migliore amico.
Si sedettero l’uno di fronte all’altra, dopo aver chiuso bene la porta, e la cacciatrice iniziò a spiegare.
«Ero in giro con le ragazze prima, e ho incontrato Cameron» Jules fece una smorfia, ma Emma parve non accorgersene.
«Avevamo finito di fare compere, quindi mi hanno lasciata con lui, e abbiamo deciso di tornare a casa facendo un giro più lungo, tanto per allungare il tempo e parlare un po’» aspettò che il ragazzo annuisse prima di continuare.
«Per caso, siamo finiti vicino gli uffici degli alti membri del Conclave, quelli che usano quando vengono qui per le questioni importanti, e li ho sentiti parlare della mia famiglia. Non ho ben capito cosa stavano dicendo, ma il mio cognome l’ho sentito bene. Stavano discutendo su qualche cosa e poi quando qualcuno ha chiesto a chi era riferita, hanno risposto “I coniugi Carstairs”. Ne sono sicura.»
Julian era rimasto in silenzio ad ascoltarla e, come al solito, il discorso mandava in agitazione la ragazza.
Sapeva bene che per lei era un argomento doloroso, ma sapeva altrettanto bene che era determinata a portare avanti le sue ricerche per scoprire la verità.
Le prese la mano e le scrisse sul dorso un semplice “stai tranquilla, Em. Si risolverà tutto” e la ragazza parve rilassarsi un po’.
Ripresero il discorso.
«Mi sono bloccata sul posto quando l’ho sentito, e avrei voluto rimanere di più per ascoltare che altro avevano da dire, ma Cameron mi ha trascinata via. Diceva fosse troppo pericoloso, ma non è questo il punto.» si affrettò ad aggiungere notando l’espressione del ragazzo cambiare, intento a dire qualcosa. Emma sbuffò quando una ciocca di capelli biondi le finì sul viso, non intenzionata ad andarsene.
Fece una faccia contrariata che risultò davvero buffa, tanto che Julian si mise a ridere mentre le spostava i capelli dietro l’orecchio con la mano libera, l’altra teneva ancora saldamente quella di Emma, prima che la migliore amica lo fulminasse con lo sguardo.
«Okay, e qual è il punto allora, Em? » chiese alla fine, ancora cercando di smettere di ridere.
La ragazza tentò di tenergli il broncio, ma alla fine si abbandonò a un sorriso a sua volta. Non poteva essere davvero arrabbiata, era tutto così naturale con Julian. Si sentiva a casa quando era con lui, ed era uno dei motivi per cui cercava disperatamente di allontanarsi, pur sapendo di fallire.
Prese un respiro.
«Il punto è che il Conclave ci ha sempre mentito, capisci? E questa ne è la prova! Ci hanno ripetuto tante volte di non saperne niente, di smetterla di preoccuparci perché è stato solo un incidente e che ci avrebbero avvertito se avessero scoperto qualcosa. E adesso è evidente che sanno qualcosa, ma ci tengono all’oscuro, e questo non è giusto! »
Si stava agitando di nuovo.
Lo Shadowhunter le prese entrambe le mani e piantò i suoi occhi verde-azzurri in quelli nocciola dell’amica.
«Calma, hai ragione, va bene. Il Conclave mente. Lo sapevamo già questo, però. Non agitarti o peggiori solo le cose. Faremo come abbiamo sempre fatto, Em. Ce la caveremo da soli. Okay? »
Si aspettava una risposta, ma Emma stette in silenzio per un po’, fissandolo.
«È questo quello che adoro di te, sai? Tra le altre cose, intendo. Non te lo dico mai, ma è così. Mi supporti anche quando sai bene che quello che ho in mente è folle. Anche quando sei contrario e pensi che sia un’idea stupida, alla fine mi aiuti. Tutti gli altri non lo fanno.»
Il cuore di Jules perse un battito.
Lei lo adorava.
Il suo cervello ebbe un attimo di blackout.
Avrebbe dovuto saperlo in realtà, glielo ripeteva da sempre quelle poche volte che riusciva davvero a tirarle fuori i suoi sentimenti, però, date le circostanze, sentirselo dire ora era diverso.
Raziel. Doveva davvero smetterla.
«Sono il tuo migliore amico, è il mio dovere. No?» riuscì a dire, mordendosi l’interno della guancia pronunciando quelle parole che aveva ripetuto così tante volte durante gli anni.
Migliore amico.
Due semplici parole che non erano mai suonate così strane e dolorose in tutta la sua vita.
Emma sorrise.
«Certo, ma è così sbagliato volere un po’ di sostegno anche dal proprio fidanzato? Cameron mi ha risposto che sicuramente mi stavo preoccupando troppo e senza motivo. È convinto parlassero di Jem e Tessa e non dei miei genitori. Alla fine potrebbe aver ragione lui, però.. non so spiegarlo Jules, ma sono sicura non fossero loro. Lo sento, è strano, ma è così. Solo che nessuno lo capisce.»
Julian rimase in  silenzio, stringendole le mani e accarezzandogliele piano.
Non c’era bisogno di dire nulla, lei avrebbe capito comunque, era sempre così per loro.
Le mani di Emma erano fredde e ruvide, segno che aveva passato molto tempo molto tempo fuori a contatto con l’aria autunnale, quelle di Julian invece erano ricoperte di colori, come sempre del resto.
Non si rese conto di quanto passò prima che si decise a parlare di nuovo.
«Okay, non pensarci ora. Non serve a niente. Stasera andremo a quello stupido evento, per quanto continuo a pensare sia una perdita di tempo, e cercheremo di indagare. È l’unico modo per scoprire se davvero il Conclave nasconde qualcosa»
«E cosa dico a Cameron? Non posso dirgli che voglio investigare su questa cosa, ma nemmeno mentirgli.»
Un senso di nervosismo gli si diffuse per tutto il corpo. Possibile che quel tipo fosse sempre in mezzo?
«Digli che devi assolutamente risolvere una questione con me, senza dirgli esattamente cosa. Sono il tuo parabatai, non può discutere su questo» praticamente la stava pregando, ma non gli importava.
«No, certo. Non si opporrebbe, ma non è carino nei suoi confronti. Insomma, vado all’Evento con lui e nel mezzo della serata lo pianto lì per risolvere “una questione” con un altro. Potrebbe anche capire, perché alla fine sei tu, ma pensa a come si sentirebbe abbandonato.»
A Julian crollò il mondo addosso.
Certo, ma a me non pensi? Io non mi sentirei abbandonato così?
Avrebbe tanto voluto urlarlo, ma sapeva di non poterlo fare.
Probabilmente la sua reazione fu comunque troppo esagerata per il contesto, più tardi se ne rese conto, ma in quel momento non fu in grado di trattenersi.
Lo aveva fatto per troppo tempo, i mesi passati a star male emersero in superficie senza controllo, assalendolo.
«E da quand’è che Emma Carstairs si fa condizionare da quello che qualcuno pensa per fare una cosa che lei sa di dover fare? Questo riguarda te, non lui. Te e me, anche se a quanto pare la cosa non ti interessa più. Perché naturalmente, per non ferire quell’idiota ti fermi a pensare a ogni conseguenza delle tue azioni, ma a me non pensi più? Negli ultimi mesi non ti sei mai fatta problemi per non fare del male a me.» avrebbe dovuto fermarsi, lo sapeva, ma non ci riusciva.
Doveva sfogarsi, era ora di affrontarla.
«Non ti sei nemmeno degnata di dirmi che saresti andata con Cameron a quella stupida festa, non mi devi niente, è vero. Però sai cosa significa per me, sai la posta in palio, Emma. Per l’Angelo, sai quanto ho bisogno di te. Ma andava bene, l’ho appena scoperto e non ti ho detto niente, e sai perché? Perche sei la mia migliore amica e ho sempre voluto tu fossi felice, anche se significava farmi del male. Ma questo? Questo no. Non lo accetto, mi spiace. Sembra quasi che ti dia fastidio farti vedere con me. Non hai idea di quanto sia difficile, avere segreti con tutti, segreti che potrebbero distruggere quel minuscolo equilibrio che si è creato. L’ho sempre sopportato perché tu eri con me. Perché mi stavi vicina, perché sapevo di poter sempre contare su di te, però scusa se ho pensato che fosse l’amicizia a tenerti con me e non solo quello stupido giuramento. Scusami, dunque. Non sia mai che io possa rovinare la tua serata romantica.»
 Aveva il fiatone, si era quasi dimenticato di respirare per tutto il monologo.
L’aveva ferita, lo sapeva.
Non era sua intenzione, ma era stufo della situazione paradossale che si era creata. Tutti sapevano, ma nessuno diceva nulla, era il momento di farla finita.
Emma, dal canto suo, lo guardava come se fosse un alieno.
Si era scostata da lui quasi subito, dopo poche parole iniziali, come se si fosse scottata.
Julian non riusciva a interpretare la sua espressione.
Era delusa? Sconvolta? Non avrebbe saputo dirlo.
Però una cosa la sapeva per certo, la scintilla nei suoi occhi era inconfondibile.
Emma Carstairs era assolutamente e completamente furiosa.
Tanto da non riuscire quasi a formulare una frase.
«Tu.. tu mi stai davvero.. okay, dimmi che mi sono immaginata tutto. Mi stai davvero accusando di essere una pessima amica? È davvero questo quello che stai facendo? Tutto questo perché non ti ho detto che mi aveva chiesto di accompagnarlo? Ti rendi conto che questa cosa non ha senso?» stava urlando, ora. Non poteva trattenersi.
«Sono cresciuta con te e, a differenza di quello che pensi, so perfettamente cosa significhi un evento del genere per te, ci sono stata gli ultimi 5 anni, ma non puoi permetterti di dirmi che io non penso a te solo perché ci vado con un altro. NON PUOI. È il mio ragazzo, Jules, e se tu sei geloso e frustrato, beh trova un altro modo per sfogarti perché non puoi prendertela con me! Tra l’altro non azzardarti a dire di nuovo che voglio mettermi in mostra presentandomi con un fidanzato, come fosse un appuntamento, e non con te perché sai quanto odio queste cose. Come puoi uscirtene con una cosa del genere?» Aveva gli occhi lucidi e le mani strette a pugni, ma Julian sapeva non si sarebbe mai messa a piangere. Non poteva mostrarsi debole.
«È una questione di principio, sei stato tu il primo a dire che non avevi niente. Sei stato il primo a mentire e nascondermi come stavi in questi mesi, ho cercato di capirti milioni di volte e tu ti sei sempre tirato indietro! Non puoi certo pretendere che ora io ti legga nella mente! Se davvero mi avessi voluta al tuo fianco avresti dovuto prendere coraggio e invitarmi! Avrei lasciato tutto per te, Jules. SAI CHE LO AVREI FATTO. Se solo tu ti fossi degnato di farmi capire, io ci sarei stata al tuo fianco!»
Era davvero arrabbiatissima, ma questa volta Julian non aveva intenzione di calmarla.
Non l’avrebbe presa fra le braccia e stretta finché non le fosse passata, no. L’avrebbe lasciata sfogare in silenzio.
Questa volta anche lui era ferito. Le parole della ragazza lo laceravano come coltelli infilati sotto pelle.
Ma niente poteva essere più doloroso di vedere le lacrime scendere sul viso di Emma mentre si sforzava di cacciarle indietro e allo stesso tempo parlare.
«Hai iniziato a comportarti come se potessi fare tutto da solo, come se tutto fosse sotto controllo. Come potevo immaginarmi che avessi bisogno di me? Come, se non ti sei più aperto con me!»
«Quindi ora è colpa mia?» le disse lui.
«Voler risparmiare alla propria migliore amica preoccupazioni inutili e lasciarla essere felice adesso è una colpa?»
«No, ma voler gestire tutto da solo e poi lamentarti sì. Sei stato così concentrato a fare il capo famiglia che ti sei dimenticato di chi sei. Però non te la puoi prendere con gli altri quando è stata una tua scelta!»
«Che cosa stai dicendo? Emma, ma ti senti? Mi occupo di tutto da anni per tenere in piedi la mia famiglia che è stata distrutta alla guerra. È questione di responsabilità, non certo manie del controllo! Ero l’unico che avrebbe potuto farlo! Non venire a farmi questi discorsi, perché non stanno in piedi.»
«Oh bene, perfetto. Ma tu allora non arrabbiarti se tutti gli altri andranno avanti con le loro vite mentre tu te ne stai qui a rimpiangere il passato!» disse quella frase con un disprezzo nella voce che non aveva mai rivolto a Julian.
Uscì di fretta dalla stanza, con i capelli ormai svolazzanti e senza degnare il ragazzo di uno sguardo.
Solo quando fu completamente sicuro di essere solo lo Shadowhunter si lasciò andare allo sconforto e davvero si rese conto di cosa era appena successo.
L’aveva persa del tutto stavolta, ne era più che certo.
Si erano urlati addosso cose di cui non avrebbero dovuto discutere, si erano arrampicati su questioni che sapevano avrebbero fatto arrabbiare l’altro, ma che non erano il vero motivo per cui stavano litigando.
Si sono procurati solo rabbia e dolore, inutilmente per giunta.
Era stato un codardo e l’aveva lasciata andare nuovamente.
Il resto del pomeriggio lo passò il più lontano possibile da Emma, aveva altre mille cose da fare, non poteva perdere tempo a star male ancora.
E poi era chiaro che nemmeno lei aveva intenzione di vederlo.
Non sarebbe mai dovuto succedere, sono stato un idiota e ho rovinato tutto.
La sera arrivò presto, troppo presto, e le cose si fecero ancora più difficili.
L’Istituto era un caos, si respirava agitazione. I più piccoli erano in fibrillazione, mentre i grandi cercavano di gestire il tutto.
Emma, dal canto suo, non si fece vedere, ma se per sua fortuna o no, Julian non seppe dirlo.
Combatteva una guerra interna che sapeva di non poter vincere, e questo lo distruggeva.
Fece quello che poté per calmare le acque in casa, poi tornò in camera sua con la scusa di doversi preparare anche lui per l’Evento.
Una volta solo, si buttò sul letto e affondò la faccia contro il cuscino, ripetendosi mentalmente di respirare e star calmo perché avrebbe superato anche questo.
La voglia di andare a quella stupida festa era inesistente e per un po’ meditò anche sull’opzione di fingersi malato e non presentarsi.
Però questo lo avrebbe solo reso ancora più codardo, l’avrebbe data vinta a Emma e a quell’idiota del suo ragazzo e l’orgoglio non glielo avrebbe mai permesso.
Dopo un tempo lunghissimo che Jules non seppe determinare, perciò, si riscosse dallo stato catatonico in cui era piombato e si vestì anche piuttosto velocemente.
Cercò di compilare un piano d’azione per la serata, tanto per tenersi occupato, ma ci rinunciò presto, crollando su una delle sedie della scrivania, mentre aspettava l’ora x.
Tutto questo attendere gli faceva salire l’ansia e immaginare tutte le cose più terribili a cui avrebbe dovuto assistere. Doveva assolutamente spegnere il cervello, ma come?
Cercò di concentrarsi sui rumori provenienti da fuori, ma quest’idea si rivelò anche peggio della precedente.
A quanto pare i suoi fratelli e Cristina stavano discutendo per qualcosa che il ragazzo non riusciva a cogliere tra le urla generali, almeno finchè non si sentì una voce più adulta, forte e autoritaria che riuscì a farli smettere di gridare.
Si sentirono borbottii sommessi, che poi si dispersero, e di nuovo la stessa voce, più dolce ora, che spiegava pazientemente a Tavvy di smetterla di giocare con le stringhe delle scarpe degli altri, prima che Mark facesse la sua comparsa nella stanza.
Jules fu costretto ad ammettere a sé stesso che il fratello maggiore e la sua autorità, che un tempo avrebbe trovato irritante e che forse dunque non aveva perso del tutto dopo il tempo passato con le fate, in realtà gli erano mancati molto più di quel che credeva.
Le linee eleganti del suo abito sembravano sollevarlo, dando a Mark un’aria più alta, più elegante. Per la prima volta dal giorno del suo ritorno, ogni frammento della selvaggia fata dentro di lui pareva essere stato spazzato via come una ragnatela. Sembrava umano. Qualcuno che era sempre stato umano.
«Perché ti mangi le unghie?» chiese.
Julian, che non aveva realizzato di starsi rosicchiando un lato del pollice - il dolore soddisfacente della pelle tra i suoi denti, il sapore metallico del sangue nella sua bocca -, si lasciò cadere le mani in grembo.
«È una cattiva abitudine.»
«Le persone lo fanno quando sono stressate» osservò Mark. «Lo so persino io.»
Le sue dita tastarono inutilmente la cravatta. La osservò accigliato.
Julian si alzò in piedi e andò dal fratello, prendendo i lembi della cravatta tra le mani. Non riusciva a ricordare chi gli avesse insegnato a fare il nodo.
«Quale ragione avresti per essere stressato, fratellino?»  domandò Mark. «non sei stato portato  via da Sebastian Morgestern, hai passato la tua vita qui. Non che l’esistenza di uno Shadowhunter non sia stressante, ma perché sei tu quello con le mani insanguinate?»
Le dita di Julian esitarono per un istante.
«Non sai tutto di me, Mark. Così come io sono pronto a scommettere di non sapere tutto di te.»*
Il minore finì di allacciare la cravatta e si allontanò leggermente dal fratello, fermandosi a guardarlo.
Gli occhi bicolore di Mark ricambiarono il suo sguardo.
«Hai ragione. Il tempo passato nella Caccia Selvaggia ci ha allontanati tutti e ha portato segreti in entrambi, ma questo non cambia il fatto che non dovresti essere tu a portare questo enorme fardello. Per lo meno non da solo.»
Esitò per un attimo, indeciso sul da farsi, poi gli scompigliò i capelli incerto, un moto di familiarità e umanità che non si mostrava quasi mai, prima di incamminarsi verso la porta.
All’ultimo, però, si voltò.
«Grazie per..» indicò la cravatta, un po’ in imbarazzo «cerca di divertirti stasera, per quanto possibile. Provaci almeno. E non pensare a lei, è inutile. Se la caverà e anche tu. E poi comunque tornerà da te alla fine, vedrai. Lo fate sempre.»
E con queste parole, uscì dalla stanza, silenzioso come quando era entrato.
Julian non riusciva a spiegarsi come facesse a sapere, ma a quanto pareva ne erano a conoscenza tutti.
L’ultima cosa a cui pensò prima di avventurarsi verso l’Evento, fu quanto desiderasse che Mark avesse ragione, ma aveva la strana sensazione che così non sarebbe stato.
 









 
 
 
 
 




 

HELLO SWEETIES <3

Sono in ritardo clamoroso, come sempre, e vi chiedo scusa.
Volevo aggiornare stamattina, ma alla fine si è fatto tardi e sono dovuta uscire con mamma quindi niente.
Onestamente non mi piace molto questo capitolo, tranne forse la fine, perché.. non lo so, mi dà l’idea che i personaggi siano un po’ OOC, specialmente Julian, il che è strano.
Rimetto la parola a voi, io chiudo qui perchè altrimenti mi dilungo troppo come al solito, e poi non so davvero cosa dire
Fatemi sapere e chiedetemi pure quello che volete in una recensione!
Love, Rebs <3

NdA: * questa parte è stata tratta dallo snippet rilasciato un anno fa dalla stessa Cassie, a sua volta, dunque, inserito nel romanzo Lady Midnight.

 
   
 
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