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Autore: Carme93    03/09/2016    0 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo diciassettesimo

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«Arrenditi, Paciock».
Frank si fermò di scatto di fronte alla prima porta che vide. Sbuffò. Un bagno delle ragazza! Non poteva avere più sfortuna! Vedendo vicinissimi Calliance ed compagni, entrò di corsa. Si rivelò subito una pessima idea: il pavimento era completamente allagato e cadde a gambe all’aria prima di poter fermare più dignitosamente la sua corsa. Il fatto che quello non fosse un qualsiasi bagno delle ragazze, ma il bagno del secondo piano gli fu perfettamente chiaro solo poco dopo.
«E tu chi sei?» strillò una voce acuta. «Questo è il bagno delle ragazze! Vattene subito!».
Frank si considerò spacciato mentre Calliance, Granbell ed Hans lo circondavano e Mirtilla Malcontenta lo fissava in modo spaventoso.
«Ehi Paciock, sei caduto! Non sai nemmeno stare in piedi!» lo prese in giro il primo.
«Ora ci vendicheremo per la sospensione. E vedi di non andare a piangere da papino» aggiunse Hans afferrandolo per il colletto della divisa.
«Io non piango!» ribatté Frank sentendosi terribilmente ridicolo. I tre bulletti risero.
«Sta zitto, quattrocchi!» disse Granbell colpendo con la mano gli occhiali e facendoli volare sul pavimento allagato.
«Questo non dovevi dirlo!» strillò Mirtilla Malcontenta e sotto gli occhi esterrefatti di Frank passò attraverso Granbell, facendolo rabbrividire. Non si prova mai una bella sensazione quando un fantasma ti passa attraverso, sembrava quasi una doccia fredda. «Andatevene!» aggiunse andando addosso anche a Calliance. «Via!».
I tre ragazzi presi dal panico corsero via senza farselo ripetere ancora. Frank deglutì quando Mirtilla si voltò verso di lui e poi, spaventato dalla sola idea che si arrabbiasse anche con lui, disse con voce incerta: «Grazie».
«Non mi piacciono i prepotenti» commentò ella, andando a porsi sopra il sifone. «Sai quando sono morta, mi ero nascosta qui perché Olive Hornby mi aveva preso in giro proprio per gli occhiali».
Frank continuò a fissarla: conosceva la storia di Mirtilla, sapeva perché e come era morta e non era stata certa colpa di una presa in giro; nonostante ciò un brivido freddo gli percorse la schiena. Sperò che fosse solo per via delle vesti bagnate, ma dopotutto le parole di Mirtilla l’avevano colpito: non voleva certo trascorrere il suo tempo chiuso in un bagno a compiangersi. Forse doveva davvero darsi una mossa come gli dicevano tutti.
«Mi sembri simpatico» disse tristemente Mirtilla. «Non mi viene mai a trovare nessuno. Conosci Harry Potter? Lui una volta veniva a trovarmi! E poi ho avuto un altro amico. Era biondo, mi pare che si chiamasse Draco. Non sono più venuti a trovarmi dopo che Harry ha quasi ucciso Draco. Perché non vieni a trovarmi tu?».
Il ragazzino boccheggiò. La tristezza del fantasma lo colpì: doveva essere bruttissimo vivere in un bagno nella completa solitudine. Insomma era un fantasma, ma la vita di Nick-Quasi-Senza-Testa era senz’altro più ricca e soprattutto tutti i Grifondoro gli volevano bene. Ma che era quella storia che lo zio Harry avesse quasi ucciso un suo compagno? «Harry è molto impegnato per questo non è più venuto» disse tentando di raggruppare le idee. «Ed anche Draco. Hanno lavori importati».
Frank sobbalzò quando il fantasma volò ad un centimetro dalla sua faccia. «Tu li conosci?».
«Sì» mormorò spaventato. In fondo non era una bugia: Draco Malfoy era una persona abbastanza nota, anche se lui non ci aveva mai parlato.
«Li puoi ricordare di venirmi a trovare ogni tanto?».
Il viso del fantasma esprimeva un così profondo desiderio misto a tristezza che Frank non fu capace di negare: «Sì… ehm… glielo dirò… se avranno tempo… sono molto impegnati…». Zio Harry l’avrebbe ucciso. Certo morire per mano del Salvatore del Mondo Magico sarebbe stato dignitoso dopotutto. E Draco Malfoy? Mai e poi mai avrebbe avuto il coraggio di dirglielo. Insomma non poteva certo fermarlo per il corridoio e dirgli Scusi, signor Malfoy, ma Mirtilla Malcontenta sente la vostra mancanza. Sarebbe carino che andasse a trovarla! Oh, Merlino l’avrebbero ucciso veramente!
«E tu verrai ogni tanto?».
Frank boccheggiò per un attimo, poi annuì convinto: «Verrò, promesso. Non spesso però. Qui non posso entrare, però ti prometto che verrò a trovarti ogni tanto». Quando una decina di minuti dopo uscì dal bagno non si era minimamente pentito: aveva promesso al padre che avrebbe rispettato le regole, dopotutto bastava Alice a portarlo all’esasperazione, ma d’altra parte Mirtilla l’aveva aiutato con i suoi aguzzini e sentiva il dovere morale di ricambiare. In fondo anche questo gli era stato insegnato dal padre.

*

«Professore, le posso fare una domanda?».
L’intera classe fissò il ragazzino esterrefatta: Louis Weasley che aveva bisogno di chiarimenti a Pozioni?
«Sì, naturalmente» replicò il professor Mcmillan senza scomporsi minimamente.
«Perché a lezione non lavoriamo mai con ingredienti come il mercurio e lo zolfo?».
Un mormorio incuriosito si levò, ma fu ignorato dall’insegnante che perplesso rispose: «Quel tipo di ingredienti viene utilizzato in Alchimia, Weasley».
«E perché noi non la studiamo? Una volta si studiava!» disse subito Louis non volendo far cadere il discorso così velocemente. Annika lo fissava a bocca spalancata chiedendosi che cavolo di fine avesse fatto tutta la sua timidezza; Drew spostava lo sguardo dal professore a Louis, palesemente spaventato; Brian decise di fissare il suo calderone ed il liquido che vi ribolliva all’interno. Non aveva minimamente il colore previsto dal manuale.
«Sì, molti anni fa veniva concessa la possibilità di studiare Alchimia ai ragazzi del sesto e del settimo anno. Non si fa più perché comunque gli studenti non sono interessati ed è una disciplina molto complessa. Ora, ti pregherei ti riprendere il tuo lavoro. E questo vale per voi tutti!».
«Ma lei sarebbe in grado di insegnarla?» chiese maliziosa Pauline Rosier, che sedeva dietro di loro. Alcune risatine si alzarono dal gruppetto che circondava Mike Zender, il quale non aveva dimenticato l’umiliazione del primo giorno e non mancava occasione per far notare quanto poco valesse, a suo parere, l’insegnante di Pozioni. Naturalmente mai in presenza del diretto interessato. Gli occhi di tutti erano puntati sul professore, la cui mascella si era palesemente irrigidita.
«Non ho alcuna formazione alchemica» ammise dopo alcuni interminabili secondi di silenzio. I Serpeverde apparvero molto soddisfatti dalle sue parole, soprattutto Zender. Brian per conto suo ammirò la sincerità, che in fondo era propria dei Tassorosso, del professore: avrebbe potuto benissimo mentire e metterli a tacere, invece aveva detto la verità. Odiava pozioni con tutto il cuore, ma in quel momento decise che si sarebbe impegnato molto di più perché in fondo è l’approvazione delle persone oneste che vale qualcosa.
«Quindi anche se si raggiungesse il numero per aprire un corso di Alchimia lei non sarebbe capace!».
Brian fissò Louis come se fosse impazzito. Tutti i Corvonero lo guardarono allo stesso modo, temendo che si fosse spinto troppo oltre. I Serpeverde erano sempre più divertiti e la Rosier sembrava approvare le parole di Louis. «Mio padre mi parla sempre dei suoi professori, Piton e Lumacorno! Loro senz’altro sarebbero stati in grado di farlo» rincarò la stessa Pauline Rosier. La classe era in attesa di un scoppio da parte dell’insegnante, ma ciò non accadde.
Ernie Mcmillan dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte disse: «È così, mi dispiace di non essere all’altezza delle vostre aspettative. Non ho mai detto di essere bravo quanto i miei predecessori». Le parole di Louis e Pauline avevano probabilmente fatto breccia, ma l’insegnante riprese velocemente il suo consueto autocontrollo. «L’Alchimia comunque non è per dei ragazzini, quindi non consideratela nemmeno. Ed ora riprendete a lavorare, vi ricordo che il voto che prenderete in questa pozione farà media».
Tutti si affrettarono a tornare al loro lavoro, con la testa, però, ancora alla discussione cui avevano appena assistito. Louis sembrava molto contrariato e fissava l’insegnante in modo ostile. Brian sospirò inquieto; non approvava il comportamento dell’amico, ma in quel momento era più preoccupato per la sua media: la pozione che aveva realizzato non avrebbe procurato una provvisoria amnesia a chi l’avesse bevuta, probabilmente l’avrebbe avvelenata. Percepiva chiaramente che Louis non l’avrebbe aiutato in quel momento, mentre Annika e Drew erano fin troppo presi dal loro lavoro e non voleva disturbarli. Com’era possibile che il Corvonero più incapace fosse proprio lui! Alla fine si fece coraggio e chiamò il professore. Tutta la classe si fece attenta, forse nella speranza di una nuova discussione. Probabilmente anche il professore temette qualcosa di simile, infatti gli rivolse uno sguardo duro invitandolo tacitamente sia a parlare sia a stare ben attento a quello che stava per dire.
«Io… ehm… non capisco dove sto sbagliando…» disse accennando alla sua pozione, nella speranza che il professore non se la prendesse con lui. Lo sguardo di Mcmillan comunque si ammorbidì, si avvicinò ed osservò criticamente il suo lavoro.
«Quante gocce di Acqua del Fiume Lete hai messo?».
«Ah… ehm… me ne sono cadute quattro…».
«Ne sono necessarie solo due» replicò il professore scuotendo la testa. «Non hai studiato la teoria?».
«Sì, signore» replicò in fretta Brian, «ma me ne sono cadute di più. Pensavo che non avrebbe fatto differenza».
«Hai modificato anche la quantità degli altri ingredienti?».
«No, signore» mormorò Brian.
 «Allora è meglio che ricominci daccapo» disse e con un rapido gesto della bacchetta fece evanescere la pozione ed allo sguardo afflitto del ragazzino rispose affermando: «Hai tutto il tempo di rifarla correttamente. Quella avrei dovuto valutarla insufficiente. Mettiti a lavoro e fai attenzione. La precisione è fondamentale in questa materia».
«Sì, signore».
«Ha esagerato solo perché è arrabbiato, la tua pozione non era lontanamente sbagliata come quella di Andersen che emana fumo nero» commentò Louis, purtroppo lo disse a voce alta abbastanza perché lo sentisse anche il professore, che si voltò e lo fissò per qualche secondo dritto negli occhi.
«Weasley, essendo il primo della classe, confido nel fatto che tu sappia perfettamente che le gocce d’Acqua del fiume Lete sono l’ingrediente base della Pozione Obliviosa, per cui se ce n’è una quantità inferiore rispetto a quella necessaria, la pozione è inutile. Ed immagino, Carter, che saprai cosa potrebbe accadere nel caso contrario».
Brian sobbalzò nel sentirsi chiamare in causa e titubante rispose: «L’effetto della pozione potrebbe diventare irreversibile e causare una definitiva perdita di memoria».
«Esattamente. Per cui quando io dico che le quantità devono essere esatte lo faccio per un motivo ben preciso. E ti sarei grato signor Weasley che tu non mettessi mai più in dubbio le mie competenze in futuro. È chiaro?».
Louis era arrossito e sembrava mortificato per quella situazione. Rimase in silenzio.
«Sto aspettando una risposta, signor Weasley!» tuonò il professor Mcmillan.
«Sì, signore» mormorò Louis.
«Lo spero bene. Intanto Corvonero perde quindici punti per la tua sfacciataggine».
Il resto della lezione trascorse tranquillamente. Quando il professore disse loro di consegnare una fiala contenente la loro pozione, Brian si accorse che Louis ne passò a Pauline una piena di quella che evidentemente era la sua pozione. Il ragazzino chinò gli occhi sulla sua, che nonostante gli sforzi non aveva lo stesso colore di quella dell’amico. Sospirò: non poteva farci nulla ormai.
«Stavolta ho messo solo due gocce» borbottò consegnando la pozione. Il professore, che era perso nei suoi pensieri, si accigliò ponendo la sua attenzione su di lui.
«Verificherò dove sia l’errore. Non ti preoccupare» replicò atono.
Brian annuì e lo salutò. Prese le distanze dai suoi compagni che avevano iniziato a discutere animatamente di quello che era accaduto a lezione. In quel momento non ne aveva proprio voglia. Quando arrivarono nella Sala d’Ingresso si vide improvvisamente sbarrare la strada. In un primo istante fece un passo indietro, poi riconobbe la ragazzina. Niki.
«Ho bisogno del tuo aiuto» gli disse subito.

*

«Jamie! Jamie!».
James aprì gli occhi e ci mise qualche secondo a focalizzare il volto di Benedetta e molto di più a rendersi conto di essersi addormentato sul divano della Sala Comune, mentre studiava Storia della Magia. I medimaghi avrebbero dovuto brevettare quella materia come sonnifero naturale! Si passò una mano sul volto e si rese conto che Benedetta aveva un’espressione preoccupata.
«Che c’è?».
«Bentornato tra noi, bell’addormentato!» lo apostrofò Robert. Anche lui aveva un’espressione strana.
James si sedette e continuò a squadrarli. «Mi spiegate qual è il problema? Va bene, ok abbiamo la verifica con la Dawson domani ma non è la fine del mondo… Insomma siamo ancora a novembre un brutto voto non pregiudicherà i miei G.U.F.O.…».
«Bisogna vedere se ci arrivi ai G.U.F.O. Fred vuole la tua testa» disse Robert serio.
Il ragazzo rimase imbambolato per qualche altro secondo con la terribile sensazione di essersi dimenticato qualcosa, poi sgranò gli occhi e saltò dal divano con foga. «Oh, Merlino gli allenamenti! Che ore sono?».
«Quasi le otto ed un quarto, Jamie» mormorò Benedetta. «Mi dispiace, eravamo in biblioteca! Se avessi saputo che ti sarebbe preso il sonno, sarei venuta a svegliarti!».
«Non ti preoccupare… Oh, Merlino sono in ritardo con Williams» disse James passandosi un mano tra i capelli nervosamente.
«Beh pensa positivo: almeno lui non tenterà di ucciderti…» provò a scherzare Robert.
«Oh, che consolazione» borbottò James. «Ci vediamo dopo».
James corse per un paio di piani, facendo lo slalom tra gli studenti che ancora si attardavano nei corridoi.
«Non si corre nei corridoi! Come Prefetto dovresti dare il buon esempio» disse una voce gelida, che conosceva fin troppo bene.
Merda! imprecò mentalmente, per poi decidere di voltarsi ad affrontare subito la questione.
«Fred, ascolta. È stato un incidente, non accadrà mai più te lo giuro» disse velocemente.
Il cugino lo fissò duramente e poi fece qualcosa che James non aveva minimamente previsto: gli tirò un pugno sullo zigomo destro. Tra la sorpresa e l’impatto cadde a terra seduto. Incredulo alzò gli occhi su Fred, che ora lo soprastava.
«Non accadrà più. Ne sono sicuro» disse egli con voce ancora gelida. James fece per parlare ed assicurarlo che da quel momento sarebbe stato più concentrato, ma il cugino continuò e le sue parole lo gelarono. «Sei fuori. Ho già trovato il tuo sostituto».
James a bocca aperta scrutò la persona che affiancava il cugino e che aveva a malapena notato fino a quel momento: Christopher Belson. Si sollevò di scatto e li affrontò a testa alta. «Che cazzo stai dicendo? Belson non sa neanche come è fatto un boccino! E poi non mi puoi cacciare per un solo allenamento!».
«Sono giorni che sei distratto! Praticamente dormi sulla scopa!».
«PRATICAMENTE FAI TROPPI ALLENAMENTI! SEI DISUMANO! PENSI CHE VIVIAMO PER I TUOI ALLENAMENTI?» urlò James frustrato ed ormai al limite.
«NESSUNO TI HA DETTO DI ENTRARE IN SQUADRA SE NON SEI PRONTO A SACRIFICARTI! GRIFONDORO NON È LA TUA PRIORITÀ. QUINDI SEI FUORI!».
«NON NE HAI IL DIRITTO!».
«IO SONO IL CAPITANO, POTTER! METTITELO BENE IN TESTA!».
«E comunque so come è fatto il boccino! Sei entrato in squadra perché sei un raccomandato! Dai Baston ti ha preso in squadra solo perché sei il figlio di Harry Potter» sentenziò Belson e James fu sul punto di prenderlo a pugni.
«IO SONO BRAVO! SONO ENTRATO IN SQUADRA DOPO UN PROVINO! ED HO SUPERATO RAGAZZI MOLTO PIÙ GRANDI DI ME!».
«Sei fuori James, rassegnati. Questa è la mia decisione. Ho intenzione di vincere contro Corvonero e superare Tassorosso. Non è ammissibile che vincano la Coppa quei mollaccioni! E poi guarda che regalo ci ha fatto Chris».
James notò solo in quel momento il nuovo manico di scopa del cugino. Aggrottò la fronte e mormorò: «È la Freccia Rossa, la scopa italiana? Non è nemmeno arrivata qui in Inghilterra!».
«Mio padre ha molte conoscenze, Potter. Un suo amico all’ambasciata italiana gliele ha procurate».
«Bene, ora andiamo a farci una meritata doccia» disse Fred superandolo come se niente fosse.
«Eh, no!» sbottò James bloccandolo. «Non mi liquidi così facilmente!».
«Vuoi andare a piangere da papino?» chiese Belson. James lo fulminò: si sentiva forte per via dell’appoggio di Fred sennò non l’avrebbe mai sfidato in quel modo. Era solo uno schifoso fifone, dannatamente ricco e viziato.
«Andrò dal professor Paciock e gli dirò che ti sei fatto corrompere» sibilò James, fissando ora solo il cugino. Belson non meritava nemmeno la sua considerazione.
Fred, prendendolo di sorpresa di nuovo, gli tirò un altro pugno questa volta sulle labbra. «Fallo, ma così infrangerai il nostro Codice. Subirai la riprovazione di tutti i cugini e nessuno si fiderà più di te». Detto ciò se ne andò con Belson alle calcagna, lasciandolo solo nel corridoio.
James sentì le lacrime premerli sugli occhi e fece uno sforzo enorme a ricacciarle indietro e raddrizzarsi: era sempre andato orgoglioso del suo ruolo di Cercatore. Era qualcosa per cui nessuno l’aveva mai criticato. Almeno fino a quel momento.
«Sei in ritardo. Di mezz’ora. Che fine hai fatto?» gli chiese Williams appena entrò nell’aula di Difesa. Stava correggendo un blocco di temi, seduto alla cattedra e non aveva nemmeno sollevato gli occhi, sentendolo entrare. Non ricevendo risposta però lo guardò. «Che cavolo hai fatto alla faccia?».
James meccanicamente si portò una mano sulla guancia, che al momento pulsava terribilmente. «Mi scusi per il ritardo, signore» mormorò, ignorando l’ultima domanda.
Williams sbuffò. «James, con chi hai fatto a botte?».
«Con nessuno, signore. Glielo giuro».
Il professore inarcò eloquentemente il sopracciglio. «No, eh? E dimmi ho le allucinazioni? Il tuo labbro non sta sanguinando? Ed il tuo zigomo non sta gonfiando?».
James si era subito passato il dorso della mano sul labbro per bloccare il sangue, anche se ci aveva già provato prima a tamponarlo con il fazzoletto. Il professor Williams sembrò aver pietà del suo magro tentativo di dissimulare qualcosa che solo un cieco non avrebbe visto, così si alzò e lo raggiunse. «James, parliamoci chiaro. Sai benissimo che non sono uno stupido, quindi ti prego di non tentare nemmeno di prendermi in giro. Con chi hai litigato?».
«Sono solo scivolato ed ho sbattuto malamente contro un armatura».
L’uomo scosse la testa e tornò alla cattedra e dal cassetto tirò fuori una boccettina. «Bevi» gli ordinò.
James, palesemente sollevato, bevve la Pozione Cura Ferite tutta d’un fiato. «Grazie, signore».
«Non mi vuoi dire chi è stato? Eh, no non credo che sia stata un’armatura a meno che non fosse incantata».
«No, signore. La prego…» mormorò James.
«Come desiri. Finiremo più tardi questa sera, così recupereremo la mezz’ora persa. La prima prova si sta avvicinando. Hanno saputo che ti sto dando lezioni extra, quindi il comitato del Torneo ha ritenuto di dovermi tenere nascosti i dettagli delle prove. Credo che ciò sia giusto, ma più che farti esercitare su alcuni incantesimi base non so che fare».
«Benedetta pensa che dovremo affrontare qualche creatura. Mi sta facendo studiare il libro di Newt Scamander a memoria».
«Mi sembra saggio. E con le trasfigurazioni come te la cavi?».
«Mmm insomma…».
«Beh allora dovrai cavartela con l’ingegno probabilmente. Per fortuna che l’inventiva non ti manca. Certo, stasera sei stato parecchio banale. Ma dai… sono scivolato… ma sei serio?».
James si aprì in un lieve sorriso e, nonostante l’amarezza e la delusione che gli stringevano lo stomaco, disse: «La prossima volta che mi interrogherà, troverò una scusa molto originale glielo prometto».
Anche Williams sorrise. «La pozione sta facendo effetto se ti va di scherzare. Allora possiamo anche iniziare. Bacchetta alla mano e prova a disarmarmi».

*

«Buongiorno, professoressa» trillò una ragazzina di Grifondoro, probabilmente del primo anno.
«Buongiorno, Parker» replicò perplessa la professoressa Dawson. «Desideri qualcosa?».
«Sì, professoressa! Il professor Paciock mi ha chiesto di accompagnare James Potter al secondo piano. È una cosa che riguarda il Torneo. Mi ha detto anche che si scuserà personalmente con lei, perché si è dimenticato di avvertirla in anticipo».
«Capisco, ma ora stiamo facendo una verifica».
James, sentendo il suo nome, aveva alzato il capo. In realtà non conosceva la risposta a metà delle domande del questionario. Comunque non aveva molta voglia di seguire la ragazzina. Sapeva che cosa volevano da lui, suo padre gliel’aveva raccontato. Tanto meglio la tranquillità dell’aula di Storia della Magia.
«Ehm, non so… mi hanno detto che è importante…» disse incerta Parker.
«James, a che punto sei? Manca ancora un quarto d’ora, ma sei hai finito puoi andare» disse allora la professoressa.
Il ragazzo percepì su di sé lo sguardo degli amici. Benedetta era riuscita a suggerirli qualche risposta e Robert gli aveva promesso le altre appena concluso il suo compito. D’altronde a James sarebbe bastato prendere una A, ma in quel modo non ne avrebbe avuto il tempo… Comunque il suo istinto Grifondoro, o come preferiva chiamarlo Lucy stupidità, si alzò, e dopo aver recuperato lo zaino, raggiunse la cattedra e porse i fogli alla professoressa. Ella lo fissò accigliata, avendo notato che molte domande non avevano risposta. «Mi dispiace, non ho studiato» ammise, vergognandosi un po’.
«Dov’è che devo andare?» chiese a bruciapelo alla ragazzina, appena si furono allontanati dall’aula.
«Secondo piano… Quell’aula vuota, grande, in disuso…».
«Sì, ho capito».
«Ti posso accompagnare se vuoi».
«Non è necessario, grazie» replicò subito, poi vide la sua espressione delusa. «Se proprio vuoi, ma tanto dubito che ti faranno entrare».
«Oh, no non credo nemmeno io. Mi basta ritardare un po’. Sai non ho studiato la lezione per oggi di Erbologia e spero che il prof nel frattempo interroghi qualcun altro».
«Molto astuta».
Si separarono proprio di fronte all’entrata dell’aula. James prese un bel respiro ed entrò. Dentro già c’erano Apolline, Dumbcenka, i loro Presidi, la McGranitt, un uomo che non conosceva e Seamus Finnigan insieme a Dean Thomas.
Questi ultimi due lo salutarono subito allegramente e James ricambiò educatamente, mentre prendeva posto nella sedia accanto ad Apolline dopo aver colto il cenno della McGranitt.
«Certo, che un ritardo non è il miglior biglietto da visita» disse Vulchanova con nonchalance alla McGranitt, la quale rispose con un sorriso che sembrava più una smorfia di dolore mal celato.
«Mi dispiace» disse James, chiedendosi quante volte avesse ripetuto quelle due parole negli ultimi giorni. «Avevo una verifica».
«Bene, iniziamo? Vorrei fare una foto con tutti i Campioni» disse allegro Seamus e Dean obbedì immediatamente. «E poi i giudici con il nostro esperto!».
Una volta accontentato il direttore della Gazzetta del Profeta, la McGranitt prese la parola.
«Possiamo dare iniziò alla Pesa delle Bacchette. Sempre se per lei va bene, signor Wand».
«Certo! Penso che sappiate quale sia il mio compito, vero? Devo solo verificare che le vostre bacchette funzionino ancora correttamente. Signorina Flamel, vuole gentilmente porgermi la sua?» disse il signor Wand. Aveva una voce asciutta ed a differenza di Seamus e Dean non sembrava per nulla divertito. Il suo tono era cortese, ma la sua espressione particolarmente seria. Apolline fece come le era stato detto.
«Interessante» mormorò sorpreso, analizzando la bacchetta con attenzione. «Legno di ciliegio e… insomma il suo nucleo è davvero un capello?».
«Sì, il mio! Sa, io ho sangue di Veela nelle vene. Ed è stato opportunamente trattato, naturalmente. Mio nonno era un ottimo alchimista».
«Non mi era capitata mai una cosa del genere… è estremamente…».
«Geniale, vero?» disse Apolline sorridente.
«Veramente volevo dire stupido e vanesio, ma come preferisce signorina» disse il signor Wand con espressione palesemente disgustata. La ragazza si imbronciò, probabilmente offesa. «Avis». Uno stormo di uccellini fuoriuscì dalla bacchetta e l’uomo la restituì alla legittima proprietaria. «Quanto meno funziona» fu il suo ultimo commento, ignorando Apolinne che l’aveva incenerito con lo sguardo. «Signor Dumbcenka, prego».
Il ragazzo, che aveva osservato la scena con sufficienza e con una fastidiosissima aria di superiorità, consegnò la sua bacchetta all’esperto. «Olmo, corda di cuore di drago, quattordici pollici e tre quarti, rigida. Dico bene?». Il ragazzo annuì. «Lumos». La punta della bacchetta si illuminò e il signor Wand gliela riconsegnò.
«Tocca a lei, signor Potter».
James gli porse la sua bacchetta, chiedendosi se l’avesse mai lucidata: in quel momento sembrava strapiena di ditate come mai. Il fabbricante di bacchette, però, non fece alcun commento in proposito. «Oh, questa è una di quelle di Olivander, vero? Oh, sì riconosco la sua mano. Deve essere una delle ultime creazioni prima di abbandonare il mestiere. Sei stato fortunato, suo figlio ne fa di scadenti. Vite, crine di unicorno, tredici pollici, sufficientemente flessibile, giusto?».
«Sì, signore» replicò James con un sorriso. La bacchetta era una delle cose che lo inorgoglivano.
«Evanesco» disse facendo scomparire il vetro di una finestra, per poi farlo ricomparire con un movimento annoiato della bacchetta. «In ottime condizioni anche questa» sentenziò.
«Avrei qualche domanda da farvi» disse subito Seamus.

*

«Grazie per avermi accompagnata».
«Figurati, Niki» replicò Brian. «Scusami, se non sono voluto venire prima, ma non volevo saltare Erbologia».
«Tranquillo, sono d’accordo».
«Ecco che stanno uscendo… Oh, accidenti la Preside lo vorrà sicuramente accompagnare» sussurrò Brian, mentre i Presidi, Campioni, giornalisti ed il signor Wand uscivano dall’aula.
«È troppo importante per me. Non posso perdere l’occasione. Tu aspetta qui, se vuoi» disse lei facendo avanti verso il gruppetto che ora si stava separando.
«Ti ho promesso di farti compagnia» disse Brian affiancandola.
Niki era imbarazzata e già rossa in volto, ma dopotutto doveva pur esserci un motivo se il Cappello Parlante l’aveva smistata a Grifondoro.
«Buonasera» disse avvicinandosi abbastanza perché i Presidi ed il signor Wand la vedessero.
«Signorina Olivander, signor Carter non dovreste essere a cena?» chiese la McGranitt sospettosa.
«Sì, signora, ma vede, io desideravo conoscere il signor Wand».
«Desideravi conoscere me?» chiese sorpreso l’uomo. «E come mai?».
«È stato mio nonno a parlarmi di lei. Ha detto che quando sarei stata più grande avrei dovuto cercarla per chiederle di prendermi come sua apprendista».
Vulchanova ridacchiò, ma nessuno fece caso a lui. Il signor Wand la scrutava con i suoi occhi neri e severi. Niki non distolse lo sguardo, sperando di superare il suo silenzioso esame.
«Holmes Wand, lieto di conoscerla, signorina Olivander» disse infine l’uomo porgendole la mano. Niki la strinse immediatamente. «Io mi chiamo Nicole, ma preferisco Niki. Il piacere è tutto mio signor Wand».
L’uomo sorrise sinceramente. «Quando tuo nonno ti ha detto di cercarmi quando saresti stata abbastanza grande intendeva dopo aver conseguito i M.A.G.O. Solo allora deciderò se prenderti o meno come mia apprendista. Impegnati, se non avrai degli ottimi M.A.G.O. puoi anche non prenderti il disturbo di venire nella mia bottega». Il suo sorriso era sparito ed osservava severamente la bambina, lievemente intimorita.
«Sì, signore» rispose Niki comunque con voce ferma.
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo, nel prossimo James dovrà affrontare finalmente la prima prova.
A me dispiace sul serio per Mirtilla, anche se sa essere insopportabile, per questo ho voluto inserire questo incontro con Frank.
In questi ultimi capitoli James sta avendo molto spazio, ma ho ritenuto fondamentale mostrare la sua reazione e le conseguenze della selezione dei Campioni; e per quanto sappia fare benissimo lo sbruffone, James è un ragazzo sensibile (almeno io lo vedo così, naturalmente non quanto Al).
Infine ho inserito la figura di Holmes Wand perché ho immaginato che per il Torneo Tremaghi non ci si potesse affidare ad un uomo come il figlio di Olivander. Il signor Wand è stato allievo di Garrick Olivander molti anni prima ed ora è uno dei più importanti della Gran Bretagna, anche se non ha un negozio proprio. Niki sa molte cose sugli alberi da bacchette perché gliele ha insegnate il nonno ed immagino che prima di morire abbia consigliato alla nipotina di rivolgersi ad Holmes, consapevole che il figlio non l’avrebbe mai aiutata (Niki non ha un ruolo centrale in questa storia, per questo specifico queste cose qui. Probabilmente l’unico cui le confesserà mai sarà Brian e molto più avanti ad un’altra persona che diventerà un punto di riferimento per lei).
Il capitolo è comunque di passaggio, ma spero che la lettura sia ugualmente di vostro gradimento. Se vi va fatemi che cosa ne pensate del capitolo in sé o della storia in generale.
Buona serata,
Carme93
   
 
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