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Autore: Pupulewahine    04/09/2016    0 recensioni
Mark Banks è quanto di più misterioso ed intrigante possa esistere al mondo. O almeno lo è per Johanne Summers. Alto, slanciato, occhi color cioccolato e capelli corvini. L'amore segreto della giovane Johanne, che fa di tutto per non far capire i suoi sentimenti. O almeno, fino a quella sera. Una sera all'insegna della passione e dell'alcool. Un segreto rivelato, e un oggetto perso.
Tre ragazzi.
Un segreto.
Una ragazza innamorata.
Un ragazzo confuso.
Una collana.
Una cugina come alleata.
E un segreto innocente, ostinato a rimanere tale.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 2:
~Intuizioni e pericoli scampati~


 
«Joh…»
Un colpo.
«Joh…»
Un altro colpo.
«Johanne!»
Il terzo colpo venne attutito dalla mano di Jenna. «Si può sapere perché stai sbattendo la testa contro l’anta dell’armadietto?» le chiese, guardandola stranita.
«Perché voglio un trauma cranico…» rispose, con un tono afflitto.
«Cosa?» Jenna non ci stava capendo niente. Perché mai avrebbe dovuto avere una reazione del genere, solo perché si era dimenticata la collana-portafortuna? Qualcosa non quadrava, e lei era ostinata a scoprire cosa.
«Jen, se ti dico una cosa, prometti di non avere una reazione esagerata?» chiese, sottovoce.
L’amica la prese per il polso, portandola verso un posto più appartato. «Dimmi tutto Joh. Sai che ti puoi fidare di me»
Johanne prese un respiro profondo, e confessò. «Ieri, io e Mark… siamo andati a letto insieme»
«Oh…» fu l’unico commento della rossa.
«Tutto qua? Solo “oh”?!»
«Oddio, scusami Joh. È che sono… sorpresa. Mi sarei aspettata una confessione più… non lo so. Ho sempre pensato che avresti urlato come una pazza. Sei da sempre innamorato di lui…»
«Lo so, Jen. Solo che eravamo ubriachi, e sono scappata via. Mi sento… sporca. Lo so, è una cazzata, ma ho sempre sognato che avremo fatto l’amore e non del semplice sesso.» Ammise Joh, più a sé stessa che all’amica. Ed era la verità. Quante notti aveva passato sognando nei minimi particolari, quel momento importante? Dopo che aveva fatto sesso per la prima volta, con il suo ex, Philp, si era ripromessa che la sua prima volta con Mark sarebbe stata… indimenticabile. E lo era stato, solo non nel senso in cui lei aveva desiderato. Ricordava perfettamente il tocco delicato ma allo stesso tempo deciso. Ricordava il bacio, da prima inesperto, che aveva posato lei stessa su quelle labbra che aveva da sempre sognato. Ricordava il momento in cui era entrato dentro di lei, guardandola preoccupato, quasi fosse una bambola di porcellana. Ricordava tutti i particolari futili di quell’amplesso, nonostante fosse anche lei annebbiata dall’alcool, che non solo l’aveva resa intraprendente, ma l’aveva anche tolta l’occasione di confessare tutto ciò che provava. Ma ricordava anche gli occhi vitrei ed indifferenti con cui la guardava. Quasi come se fosse una ragazza come un'altra. E ricordava le lacrime che le erano uscite senza permesso, ma che aveva prontamente nascosto baciandolo con trasporto. Si era sentita sporca in quell’esatto momento. Si era sentita una delle tante. E sapeva di essere una delle tante. E se ne vergognava. Si sentiva peggio di come si era sentita quando era andata a letto con Philip per ripicca.
«Joh, so che hai sempre sognato la tua prima volta con Mark in modo speciale, ma forse doveva andare così, non trovi?» era la sua amica dalle elementari, e sapeva perfettamente cosa significasse questa cosa per lei. Forse anche più di Liz.
«Tu… tu cosa hai provato quando l’hai fatto per la prima volta con Andrew?» Andrew era il fratello maggiore di Mark, nonché grande amore di Jenna.
«La prima volta è stata… tragica. Per me era una cosa da niente, mentre lui era così nervoso da avere le mani sudate. E ti assicuro, che dopo quella volta non avrei mai più voluto fare sesso con lui. Però…»
«Però poi ti ha chiamato e avete passato una notte di fuoco. Lo so, ricordo quando ce l’hai detto, ma io ti ho chiesto come ti sei sentita» era inutile sentire –di nuovo- la storia dei suoi orgasmi multipli dovuti alla maestria di Andrew. Sentiva quel discorso ogni volta che lo incontravano. Sempre su richiesta di Liz, ovvio.
«Mi sentivo… strana. Non dirò la cazzata del “mi sentivo completa, solo perché c’era lui” lo sai benissimo. Io mi sentivo solo… strana. Non avevo mai provato una sensazione simile.» gli occhi di Jen erano velati di lacrime, come se quello fosse il ricordo del suo matrimonio.
«Esatto, Jen. Io voglio questo. O almeno, lo volevo. Ora non so più cosa fare…»
«Joh, stai tranquilla. I tuoi sentimenti per lui non sono cambiati, lo sai. È vero, la vostra prima volta non è stata indimenticabile, ma ciò non implica che non ti sia piaciuto, no?» chiese, con un sopracciglio inarcato.
«Oh, tutt’altro. Ricordo ogni momento di passione, ma non è questo il punto. Per me è stato indimenticabile, ma so perfettamente che per lui ero una delle tante, l’ho visto nel suo sguardo…»
*
«Troy, lei non era una delle tante. Tutt’altro. Non ricordo niente della serata, ma ricordo i suoi occhi. Il suo sguardo leggermente spaventato. Il suo sorriso dopo il nostro primo bacio, solo…» iniziò Mark, con sguardo trasognante.
«Non ricordi chi fosse» concluse l’amico, guardandolo comprensivo. «Devo sapere chi è» affermò, sicuro di sé.
«E dopo, dopo che farai?» chiese Matt, comparendo alle loro spalle. «Le confesserai il tuo amore?» continuò, sorridendo beffardo.
«Beh, prima di tutto le chiederei perché è scappata…»
«Magari l’avessi trovata io… una così me la sposerei» esclamò Matt. «Mmh… sì, ma ora la cosa più importante è capire chi è. Siamo alla ricerca della “donna perfetta”.» e con questa frase Troy concluse la conversazione.
*


«Ragazze, io non ce la faccio. Non posso fare il compito senza la mia collana… sapete che sono superstiziosa!» esclamò Johanne, con gli occhi spalancati per il terrore. Era sicura, avrebbe preso un insufficienza. «Cosa vorresti fare? Andare da Mark e dire “ehi, ciao, ieri abbiamo scopato, ma ho lasciato da te una collana, puoi darmela”» chiese ironicamente Liz, guardandola scettica.
«No, mi sembra ovvio, ma sono depressa. E, in più, devo capire come andare a casa sua per riprendere la mia preziosa collana.» E con ancora la testa conficcata nell’armadietto, ricominciò a dare a testate il ferro freddo. «Oddio, ora ricomincia!» si lamentò Jenna, sotto lo sguardo stupito di Liz. «Da quand’è che disidera di avere un trauma cranico?» chiese, sottovoce, Liz a Jenna, che rispose con una semplice scrollata di spalle. «Da quando ho scoperto che andare a letto con la persona di cui sono innamorata è stata la più grande cazzata della mia vita.» rispose Johanne, con la voce attutita.
«Oh…» fu l’unica risposta delle due. «Dai, entriamo, altrimenti ci segnano assenti. Forza!» le due ragazze la staccarono dall’armadietto, portandola verso la tanto temuta aula. «Che Dio me la mandi buona!» sussurrò, fissando il pavimento.
«Finalmente! Vi ringrazio per averci degnato della vostra presenza.» ironizzò il professor Brown. Che, ironia della sorte, assomigliava sorprendentemente al famoso scienziato –o almeno per quanto riguardava l’aspetto-. «Scusi…» dissero le tre ragazze, dirigendosi velocemente al loro posto. Joh salutò l’elettrica Betty con un cenno della mano, rifugiandosi nella sua coltre di depressione e pessimismo. Era consapevole che, per i suoi genitori, avere un brutto voto non era poi tanto catastrofico. Era una ragazza intelligente e diligente, e di conseguenza si fidavano di lei. Ed era anche sicura che avrebbe recuperato sicuramente, ma sapere che la sua “avventura” si era ripercossa su di lei, la gettava nello sconforto. Odiava dare al sesso tanto potere. Si sentiva annichilita dalla passione che l’aveva scossa la sera precedente. Guardò il foglio che il professore aveva adagiato sul banco, che la guardava quasi con sfida. E in quel esatto momento, il cervello si spense. Sentì l’ormai conosciuta scossa di panico attraversarla il corpo e intrappolarla nella sua morsa. Il senso di impotenza l’invase, facendola sudare freddo. La cosa peggiore, era sapere che quel blocco era solo causato dalla sua mente. Dalla sua piccola –si fa per dire- fobia di sbagliare, che però sortiva un effetto ancora peggiore. La distruggeva, impedendole di prendere la matita tra le mani, e rispondere a quelle domante tanto semplici, alle quali
-normalmente- avrebbe risposto ad occhi chiusi. Sapeva già cosa fare a fine lezione. Sapeva bene che il professor Brown avrebbe capito, dopo un po’ di insistenza, le ragioni per cui aveva consegnato in bianco, promettendo di recuperare appena si sarebbe proposta l’occasione. O almeno, così pensava.
«Ehm… ragazzi, scusate l’interruzione, ma dovrei farvi presente di una cosa…» una volta ricevuto il silenzio come conferma, riprese a parlare. «Per motivo familiari, sarò costretto ad assentarmi per un paio di mesi…» un coro di esulti si alzò nell’aula, facendo sbuffare il professore.
«E, di conseguenza, ho pensato che fosse giusto affidarvi un nuovo insegnate, che si tratterrà a tempo indeterminato…»
A questo punto, i cori d’esultanza vennero sostituiti da altri di diniego. Se c’era una cosa peggiore dei professori, quella erano i supplenti. Nel migliore dei casi, erano ragazzino inesperti, intimoriti dalla loro voglia – anzi, non voglia- di studiare, finendo per non spiegare, facendo così innervosire i professori alla fine della loro “vacanza”.
Nel peggiore dei casi, erano vecchi e bavosi professori, amanti della vecchia scuola, che pretendeva il riassunto di tutte le pagine presenti in un capitolo, con mappa concettuale e schema annesso. Quindi, la loro risposta fu molto giustificata. «Ragazzi, so benissimo che la cosa non vi entusiasma, anche perché quest’anno avrete l’esame finale, ma mi sono preoccupato io stesso di trovarvi una persona qualificata. Anzi, a dirla tutta, oggi dovrebbe essere il suo primo giorno di supplenza, ma ho preferito di rimanere io, per comunicarvi la cosa, ed evitare di fare un compito del genere con una persona a voi sconosciuta…»
La classe rimase in silenzio, poiché troppo presi dai propri pensieri. Johanne, non seppe cosa pensare. Era dispiaciuta per la partenza improvvisa del professore, ma ancor di più perché non aveva idea di come avrebbe reagito il nuovo professore, al suo compito in bianco. Non poteva di certo dirgli che era andata nel pallone, perché aveva dimenticato la sua collana-portafortuna a casa del ragazzo di cui era innamorata. E con cui aveva fatto sesso. Con la mano tremolante, afferrò la penna che aveva adagiato sul banco, respirando profondamente, cercando di calmare l’attacco di panico. Poteva farcela. Doveva farcela. Ne avrebbe risentito la sua media, e non poteva permetterselo. Quell’anno avevano l’esame di maturità, e che cazzo! Riuscì, neanche lei sapeva come, a compilare il test che aveva di fronte, rispondendo –almeno metà delle domande- correttamente. Avrebbe preso almeno la sufficienza, non poteva arrendersi.
Uscì dall’aula con la fronte imperlata di sudare, nonostante l’aria frizzante di Febbraio. Aveva paura. Una paura esagerata. Ma era anche fiera. In un modo o nell’altro, era riuscita a non consegnare in bianco. «Allora Joh, come è andata?» chiese Jen, cingendole le spalle con un braccio esile. «Eh, diciamo che non ho consegnato in bianco. Soprattutto perché ci sarà il nuovo insegnante a breve.» rispose, rassegnata. «Eh già, però mi hanno detto che è bravo… e sexy…» s’intromise Liz, sorridendo maliziosa, guadagnandosi due occhiate stranite. «Che c’è, io sono una persona informata!» si giustificò, scrollando le spalle. Le altre due si guardarono, per poi scoppiare a ridere, coinvolgendo anche Liz. «Oh, lo sappiamo Liz. Tu sei sempre informata…» commentò Jenna, continuando a sorride. «Però, chissà perché, sempre su ragazzi carini…» disse Johanne, sorridendo ironica. «Oh, sta zitta.» sbuffò la bionda, mantenendo comunque il sorriso.
«Ehi, Joh…» la chiamò Jenna, facendole distogliere lo sguardo dalla macchinette. Voltò la testa, verso la stessa direzione  in cui guardava l’amica, scorgendo il protagonista dei suoi sogni, con al segno i due suoi amici. Fece, inconsapevolmente una smorfia, che catturò l’attenzione di Matt. Quando gli furono vicini, proprio questi parlò. «Cos’hai Johanne, sembra che ti sia mangiato un limone…» la beffeggiò, guardandola divertito. «Oh, no. Ho solo visto la tua faccia» rispose alla frecciatina, con una dose non indifferente di acidità. «Ahia, qui qualcuno ha bisogno di una bella dose di sesso… sei un po’ acidina, Johannina»
«Grazie per l’interessamento, ma sono a posto. Ho già la mia dose di sesso…» confessò, prima di rendersene conto. All’improvviso, cinque paia di occhi si posarono su di lei, facendola inevitabilmente arrossire. Aveva parlato troppo. Il primo che si riscosse dalla sua confessione sconvolgente, fu Troy. «Quindi tu non sei…?» chiese, interrompendosi alla fine, imbarazzato. Johanne era consapevole che tutti i ragazzi della scuola la ritenessero ancora una verginella acida, quindi era comprensibile la reazione. «Non sei più una verginella acida?» chiese, infine, Matt, ritornando a sorridere maliziosamente. «Esatto. Non sono più vergine, da un bel po’ a dire il vero.» disse, infine. Ormai aveva gettato l’amo, tanto valeva dire tutto. O quasi. L’essere andata a letto con il ragazzo moro alla sua destra, l’avrebbe tenuto per sé stessa. E le sue amiche. «Capisco… allora la tua acidità è un caso clinico.» concluse, Matt, deridendola.
«Matt, non eravamo venuti qui per sapere della vita sessuale di Johanne.» disse, duro, Mark. Il diretto interessato abbandonò la sua maschera di strafottenza, diventando –quasi- serio. «Oh, giusto. Ehm, ragazze, avremmo bisogno di un favore…» iniziò Troy, capendo che era il momento di agire. Avrebbe aiutato l’amico. A tutti i costi. «Diteci.» concesse, Elizabeth, guardandoli curiosa. «Ecco, vedete, ieri sera ero un po’ brillo e…» iniziò titubante Mark, evitando accuratamente lo sguardo di Johanne.
«E ha scopato con una brunetta tutto pepe, ma non ricorda chi fosse. Voi lo avete visto andare via con qualcuna?» chiese, sbrigativo Matt, impaziente di andarsene.
«Joh…» urlò Liz, indicandola, mettendola così al centro dell’attenzione. «Sì?» chiese, con un filo di voce. Più che una domanda sembrava un rantolo. Stava iniziando a sudare freddo, temendo in un colpo mancino da parte della sua migliore amica. Liz la guardava, sorridendo malignamente, consapevole del colpo al cuore che le aveva causato. «Ieri sei andata via presto, magari hai visto questa ragazza…» disse, infine, facendo sospirare di sollievo la ragazza dai capelli corvini. Pericolo scampato. «Oh, no. M-mi dispiace…» disse infine, sudando freddo. Temeva che avesse in fronte un insegna al neon su cui lampeggiava la scritta “BUGIARDA” scritto a caratteri cubitali. «Ah, fa niente. Stai tranquilla.» la rassicurò Mark, sorridendole cordiale. Poteva sciogliersi a quel sorriso? Johanne era certa di sì. «Io forse so chi era, e che la nostra piccola Johannina non ce lo voglia dire…» l’accusò Matt, facendole venire un altro colpo al cuore. «Ah sì?» domandò, fingendosi spavalda. «Sì.» rispose, tranquillo, avvicinandosi velocemente. Johanne rimane in attesa, attraversata da una paura allucinante, e un senso di colpevolezza attanagliante. «La tua cara cuginetta, Alexis.»
 A quelle parole, Joh, non solo lasciò andare il fiato trattenuto, ma ringraziò anche sua cugina, Alexis, non solo per essere andata alla festa con lei, ma soprattutto per essere famosa per la sua… leggerezza. Grazie per essere un po’ troia, Alex. 
   
 
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