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Autore: eyes_in_the_fire    04/09/2016    6 recensioni
||STORIA INTERATTIVA|| Iscrizioni CHIUSE||
Un regno magico e misterioso, un nemico celato nell'ombra, delle Bestie sotto il suo controllo, e dei ragazzi -degli eroi,- che cercano nuovi alleati, nuovi compagni.
“Non potremmo resistere ad un secondo attacco in certe condizioni.
Se tornano siamo fottuti.”
Loro sono Cacciatori di Bestie.
E hanno bisogno di aiuto.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
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La mattina dopo erano tutti riuniti nell'arena.
La sera del giorno precedente quasi ogni gruppo era arrivato al villaggio sano e salvo, perciò i ragazzi nuovi e - definizione di Heather appoggiata da Duncan con un “In effetti”, - "anormali" erano stati perlomeno visti e avevano potuto dare almeno un'occhiata alla cittadina.
Perché ho scritto quasi? Perché Dawn e Noah, con rispettiva compagnia, avevano raggiunto gli altri di notte. Noah aveva detto “Prendetevela con Elijah” e Dawn aveva farfugliato parole su un urlo e una lotta familiare, crollando poi per il sonno.
In ogni caso, ora si trovavano tutti nel campo di terra battuta, pronti alle dovute presentazioni.
«Allora, Duncan Nelson, diciannove anni, Cacciatore... cose così, il minimo essenziale. Dai, chi inizia?».
«Io dire gli ospiti» Heather stava a braccia conserte, con la schiena dritta, e scrutava i nuovi arrivati con un'espressione fredda e indecifrabile.
«Non ci vuole tanto» fece allegramente Neko; «Mi chiamo Neko Feltron, ho venti anni e sono un Cacciatore».
«Avrei giurato fossi un gatto» commentò Matisse; «Matisse Wright, diciannove anni, Cacciatore».
«Lola Kishimoto, diciotto anni, Cacciatrice» a parlare era stata la ragazza col piccolo neo sotto l'occhio sinistro. Era sorridente, anche se si poteva notare fosse un po' a disagio.
A disagio come Elijah, non abituato a stare in mezzo a tanta gente. Si sistemò il morbido ciuffo corvino-bluastro che gli ricadeva sulla fronte con una mano, guardandosi intorno.
Quasi tutti gli altri lo fissavano: volevano parlasse lui. Non abituato a tanti sguardi indagatori preferì esitare, desiderando di essere altrove, quando sentì una stretta delicata alla spalla. Girò lo sguardo, incontrando quello ametista di Romano, che gli sorrideva leggermente.
Sentì un improvviso calore partire dal petto e salire fino alle guance. Le sue gote erano un po' più arrossate, cosa strana in mezzo a tutto quel gelo, se lo disse anche lui. Ed era un sensazione strana... nuova. Quel contatto lo stava mettendo in imbarazzo, ma, anche se non capì particolarmente perché, ebbe la forza di incoraggiarlo.
«Elijah Mercury, diciannove anni. Sono un Mago e controllo l'acqua» era di nuovo tranquillo, come suo solito. E pensare che poco prima era in soggezione.
«Romano Maximov...».
«Abbinamento strano» Ciel gli rivolse un sorriso sghembo, incurvando le labbra rosso fuoco.
«Già. Comunque ho venti anni e sono un Mago anch'io» concluse l'albino, mentre i fiocchi di neve gli cadevano sulle guance coperte di lentiggini grigie come piccoli cristalli.
«Se stiamo parlando di Maghi mi unisco: sono Altair Mizar, ho diciassette anni e possiedo l'elemento del fuoco!» era la ragazza col cappuccio del mantello scuro calato sul volto, che non aveva smesso un secondo di essere allegra e sorridente.
«Perché non ti togli quel cappuccio e ci mostri il tuo bel visino?» intervenne Kurai, a braccia conserte, rimediando un ringhio da parte di Anser. Il ragazzo, però, lo ignorò - a fatica, - e continuò a parlare; «Magari sei rossa, e se devo essere sincero le rosse sono le mie preferite» ghignò in direzione di Scarlett, che arrossì appena, rompendo il contatto visivo girandosi.
«Beh, se devo essere io sincera i corvini a me non piacciono. Escluso mio fratello» fece Altair, incrociando le braccia e imbronciandosi leggermente, facendo sporgere il labbro inferiore.
Il moro sbuffò, corrucciandosi, ma si limitò a dire schiettamente: «Kurai Shikage, diciannove, Cacciatore».
«Scarlett Verlac, diciassette anni. Sono una Curatrice» intervenne una ragazza gracile, dagli zigomi accentuati. Il tono era basso, e timido come il sorriso che aveva sul volto. Osservandola bene, si poteva addirittura definire il suo aspetto "adorabile".
Talmente adorabile che riuscì ad attirare l'attenzione del ragazzo abbronzato e alto, il cui sguardo poco prima era rivolto al bel viso di Lola.
Richard sorrise debolmente a Scarlett, che ricambiò, e a lui sembrò che quel sorriso emanasse una fioca luce fra i respiri opachi e condensati dal freddo.
Per un momento si diede dell'idiota: cos'era quello, un pensiero quasi-romantico?
No, doveva girarsi, a lui non piacevano le cose adorabili. O, almeno, non l'avrebbe mai ammesso.
«Richard Perez, ho vent'anni. Cacciatore» non riuscì comunque a distogliere gli occhi castani da Scarlett, anche se lei aveva iniziato a parlare con Charlotte.
«Amalia Perez. Ho diciassette anni e sono una Curatrice» sua sorella prese parola, con un'espressione talmente sorridente che pareva illuminarla.
Fece girare lo sguardo limpido e azzurro su tutti i presenti, ma esitò mezzo secondo in più sul volto del ragazzo pallido e imponente dalle iridi del medesimo colore, solo molto più chiare.
Lui se ne accorse e si girò subito verso sinistra. Odiava i propri occhi. Erano così tristi, spenti... a volte, quando si guardava allo specchio, gli sembrava di caderci dentro. Ma non come puoi cadere nell'oceano blu di quelli di Elijah, o in quello d'inchiostro di Clarissa, o ancora nel cielo tempestoso che sembrava stare in quelli di Arthur. Cadevi in un oblio scuro e quasi senza fine, che ti faceva sentire freddo, insensibile. Ti faceva sentire vuoto. E non voleva che un'allegria angelica come Amalia ci precipitasse, gli ricordava tanto sua sorella...
«Io sono Ciel Climel, Cacciatrice diciannovenne» disse la bruna, mantenendo quell'espressione che diceva solo: “Fidatevi di me, so quello che faccio”, con gli occhi furbi che vagavano alla ricerca di un volto specifico. Di certo, nessuno poco prima aveva notato lo sguardo di fuoco che aveva lanciato ad Elijah.
«Arthur Kirkland... ho diciotto anni e sono un Mago» a parlare questa volta era stato il ragazzo pallido e basso. Si sistemò il lucido ciuffo corvino piegandolo leggermente verso il cielo per apparire più alto.
«Sei maggiorenne?!» sgranò gli occhi Matisse; «Pensavo avessi quindici anni... ehi, senza offesa» alzò poi le mani, come a difendersi. Guardò nuovamente la statura gracile del moro, poi le leggere occhiaie sotto agli occhi e infine le orecchie un poco appuntite.
Sì, forse l'ultimo dettaglio non era necessario, ma gli sembrava decisamente un ragazzino che studiava ogni notte per la verifica a sorpresa del professore sadico e insensibile di turno.
Accanto a lui fu la ragazza alta e fin troppo magra a prendere parola, attorcigliando sull'indice una ciocca castana che le incorniciava il viso: «Novella Spike, diciannove, Curatrice»
Sembrava pensierosa, con la fronte leggermente aggrottata e lo sguardo dritto di fronte a sé. Matisse continuò a fissarla, non capiva dove la sua mente risiedesse in quel momento. Eppure voleva saperlo. Ma perché diamine a lui avrebbe dovuto importare? Forse perché detestava veder soffrire gli altri. Era, in fondo, preoccupato, temeva che lei si stesse sentendo male. Ma bocciò l'idea, si disse che non sembrava dolorante.
Quando d'improvviso lei girò il volto e le loro iridi s'incrociarono, lui fece scattare il viso verso la parte opposta, indossando un'espressione forzatamente imbronciata.
Troppo tardi. Novella sorrise, chiudendo gli occhi e inclinando poco la testa.
«Milah Darkice. Diciotto anni, Cacciatrice» fulminò con lo sguardo Seamus, che aveva fatto un verso ironico roteando gli occhi al cielo quando lei aveva pronunciato l'ultima parola.
«Seamus Silver. Cacciatore. Ventuno anni».
Molti si domandarono come riuscisse a mantenere lo sguardi fisso, piatto, quando la cosa più naturale era osservare i nuovi compagni. In buona parte lo fissavano incerti, e questo non sfuggì al Cacciatore dai capelli argentei, che dentro di sé si sentì soddisfatto.
Nascose un piccolo sorriso dietro la maschera di metallo che portava. Aveva imparato a riconoscersi anche con addosso quella copertura, quel freddo ferro dietro cui celava increspature di labbra o qualunque altro spiraglio emotivo. Anche se, talvolta, si ricordava cos'era, com'era in realtà e la maschera scivolava a terra, e lui doveva ricucirsela addosso.
Gli angoli della linea retta che erano le sue labbra s'incurvarono appena verso il basso.
Tornò ad ascoltare le presentazioni, che continuavano.
«Jeremy Lovan, Curatore. Diciannove» la voce era un poco storpiata per via del labbro spaccato, la frase si concluse con un gemito di dolore. Grandioso, gli faceva male anche solo parlando.
Il suo gemello ghignò soddisfatto, prima di dire: «Kennedy Lovan, diciannove, sono Curatore».
Era felice, aveva ferito suo fratello al labbro e gli aveva lasciato graffi e lividi qua e là. Certo, lui non era preso molto meglio, con una macchia violacea sulla spalla, lo stomaco dolorante e l'occhio sinistro gonfio e nero, ma almeno riusciva a parlare e il male era quasi passato.
Per un momento si chiese perché si sentisse tanto bene sapendo che suo fratello stava provando dolore fisico, ma accartocciò in fretta il pensiero ricacciandolo nell'angolo buio della sua mente e riprendendo ad ascoltare gli altri.
Era una ragazza bassa e il fisico gracile a parlare, con le mani unite in grembo e l'attenzione rivolta al suolo per dimostrare l'imbarazzo e la timidezza che avevano, probabilmente, impegnato la sua testa.
Parlava con voce flebile, ma si potevano sentire le parole che esalava se si tendeva l'orecchio.
«... Charlotte Rosengate, diciassette... Curatrice» l'ultimo pezzo venne pronunciato mentre il suo dito indice indicava la borsa di pelle che portava. Sembrava pesante, rigonfia com'era, ma lei non appariva in difficoltà e, anzi, strinse forte la bretella, come spaventata all'idea che qualcuno gliela potesse togliere.
Sentendosi addosso più che qualche paio di occhi, decise infine di accennare un piccolo sorriso e rivolgere lo sguardo alla propria destra - sperando di trovare quello della dark, -, ma incontrando quello duro di Seamus il buon proposito evaporò in un attimo, cosa che la fece riportare le iridi dorate e con sfumature verdi a terra. Sentì una mano sulla spalla: era Milah.

La donna scoppiò in una risata senza controllo. Guardò un'ultima volta la sfera che S. le aveva passato tramite uno dei suoi Buitteri. Dentro, sfumato come in un sogno, c'era ancora il volto della Curatrice dai capelli a boccoli. Era così debole... sarebbe stata così facile... così semplice da manipolare...
Sentì passi dietro di sé.
«Signora...» Rodney chinò il capo; «B. è qui per vederla»
La bionda sgranò appena gli occhi. Era andata lì?
L'aveva raggiunta!
Perché mai?
Mentalmente si disse che le possibilità erano due: o passava da quelle parti e intendeva trovarla (dopotutto, quando aveva cercato di contattarla con una lettera, la donna non aveva riposto: non era presente in casa), o...
«TU! Mi devi delle spiegazioni!».
... o la lettera l'aveva ricevuta e l'aveva letta, e ciò che vi era scritto l'aveva fatta imbestialire.
“A 'sto punto, direi la seconda”.
Assottigliò lo sguardo: «Ammetto che sì, te ne devo, ma chiudi quella bocca rifatta che ti ritrovi e non gridare con quella vocetta stridula, è insopportabile!» le puntò un dito contro.
«Come ti permet-».
«Riguardo alle dovute e richieste spiegazioni» urlò per sovrastare la voce dell'altra, lanciandole una stilettata, che quella ricambiò volentieri; «Se ti ho contattata è perché...».
«Lo so perché! Ora quel che devi spiegarmi è perché il tuo potere ha fatto cilecca di punto in bianco, tanto da obbligarti a richiedere il mio aiuto!».
«Non ha fatto cilecca» sibilò fra i denti l'accusata; «Semplicemente inizia a perdere potenza. E ci credo, se quella scema continua a contrastare il mio incantesimo di controllo, io o mi devo preoccupare di rafforzarlo per farlo resistere ad altre magie o devo continuare ad esercitarlo. Se pratico entrambe le cose insieme, come sto facendo si recente, il cervello delle Bestie riprende a ragionare, anche se solo in parte, da sé, iniziando a respingere i comandi della sottoscritta dalla mente».
«Per “quella scema” intendi la tua cara...».
«Non. Occorre. Precisare» scandì bene le parole, facendo attenzione a lasciare uno strato di gelo a ricoprirle. Quando però notò il sorrisetto sul volto della donna, capì che l'aveva fatto di proposito.

“Milah...” pensava Charlotte, socchiudendo le palpebre ricoperte di ombretto rosa.
La dark le stava rivolgendo un sorriso tranquillo, sperando che trasmettesse calma anche alla Curatrice. Sì, Milah le era sempre rimasta accanto.
Era stata quella Milah a diventare la sua prima nonché migliore amica, quella Milah a farla uscire - almeno in parte, - dalla sua timidezza. Quella Milah che ora le stava stringendo la spalla, con un'espressione che la fece ridere quando venne accompagnata da un sussurro percettibile solo a loro due: «Ignora Seamus. Avrà il ciclo».
Alcuni si chiesero perché la castana stesse ridacchiando, ma a lei non importava più di tanto.
Milah le era stata vicino anche quella volta.
Le due riportarono lo sguardo di fronte a sé, per continuare a seguire le presentazioni.
«Anser Mizar. Ventuno» si girò verso Altair, come per controllare che fosse ancora lì, per poi concludere con un'ultima, lapidaria parola; «Cacciatore».
Passarono circa dieci secondi, nei quali ognuno - eccetto un certo ventunenne dai capelli e barba argentei che si stava rigirando l'elsa della spada fra le mani e un ragazzo mezzo gatto che sembrava stesse parlando da solo, dato che gesticolava girato di spalle, - si guardò attorno controllando che tutti avessero fatto la presentazione.
«Beh... voi nuovi avete fatto todos, no?» esordì Alejandro, sorridendo caldamente. La frase fece notare un tono calmo e delicato, mentre il ragazzo abbronzato si passava una mano fra i capelli castani per pulirli dalla brina e dalla neve.
«No!» prima che un coro d'assenso si levasse dal gruppo, un miagolio ben sonoro interruppe i “Sì” sul nascere, per poi parlare velocemente; «No, manca lei!».
Neko spinse avanti Clarissa - non senza un po' di difficoltà, -, che ritornò velocemente al suo posto facendo passi indietro, ancora con le labbra serrate quasi il rossetto violaceo fosse stato colla. Era evidente la sua voluta silenziosità, dato che gli occhi scuri stavano fulminando Neko per averla fatta "scoprire". Il Cacciatore alzò le spalle innocentemente, scusandosi con un sorrisino.
La ragazza si morse il labbro - odiava essere al centro dell'attenzione, -, ma quasi subito decise che il danno era fatto. Distolse lo sguardo e intrecciò le dita dietro la schiena, spostando il peso sui talloni.
«Clarissa Makor... diciotto... Cacciatrice» quando finì di parlare Duncan si permise di fare un fischio, alludendo alla bellezza della mora, guadagnandosi un soffio felino da Neko. Il fidanzato le scattò davanti, continuando a ringhiare e emettere sibili, mentre lei arrossiva - lo faceva sempre, ad ogni complimento.
«Adesso che i novellini hanno fatto tutti, possiamo fare anche noi del villaggio così ci togliamo le presentazioni dalle scatole?» Heather e la sua finezza.
«Dopo di te, chica».
Heather fulminò Alejandro con gli occhi grigi, per poi presentarsi: «Heather Thompson, Cacciatrice, venti anni».
«Cacciatore Alejandro Burromuerto, ventuno anni, al vostro servizio» fece un piccolo occhiolino ad alcune ragazze, inchinandosi con enfasi.
«Courtney Barlow, Cacciatrice diciottenne».
E avanti così, fino all'ultima ragazza.
«Gwen Fahlenbock, Cacciatrice. Ho diciotto anni» si posò le mani sui fianchi, spostando il peso sul piede sinistro, per aggiungere con un sorriso divertito, forse anche leggermente provocatorio: «E adesso che sappiamo i nomi di tutti, una sorpresina: pronti a combattere?».
Jeremy si fece avanti.
«Ma siamo appena arrivati! E io non sono nelle condizioni più ottimali» si indicò il volto, chiaramente soffriva ancora per le botte ricevute.
«Hai accettato di venire qui, perciò ti conviene abituarti alle lotte, tesoro» intervenne Seamus, con sarcasmo marcato nell'ultima parola.
«Jeremy, tu e Kennedy siete pregati di andare a curarvi le ferite, in modo almeno superficiale» si aggiunse Courtney; «Ma, per testare le capacità dei Curatori... tu, coi boccoli castani e biondi, Charlotte giusto? Dovrai accompagnarli e utilizzare ciò che ti sei portata dietro per far provare loro meno dolore e lasciar cicatrizzare il più possibile i graffi» scelse attentamente una ragazza ma non espose i motivi, per poi indicarle con la mano le due ante per uscire dall'arena.
Charlotte sussultò, sorpresa di essere stata scelta tra tutte le possibilità. Annuì forse con troppa forza, dicendosi che era l'occasione buona per dimostrare a tutti che era abile, nonostante la timidezza. E poi, doveva aiutare una persona che sembrava così seria, e garbata, e gentile... e una che non dava la stessa idea, ma mai giudicare un libro dalla copertina, no?
«Dove... dove devo andare a curarli?» fu schietta e pratica, diretta, non utilizzò giri di parole perché non intendeva sembrare esitante. Se la si guardava bene, quasi si potevano notare la determinazione e la sicurezza che stavano prendendo posto dentro di lei, e delle piccole scintille che sembravano scaturire nei suoi occhi. La sua mente stava già lavorando, e analizzava le varie tecniche di cura che pensava sarebbero potute essere utili per aiutare i due gemelli.
«Esci di qui, seconda struttura alla tua sinistra. E' la biblioteca, in caso volessi ripassare gli effetti di una pianta prima di utilizzarla. Muoviti» Heather e la sua finezza parte seconda.
«Sissignora» si strinse nelle spalle, sistemando il colletto della sua maglia rosa scuro e srotolandone le maniche bianche, facendo notare che erano lunghe fino a tre quarti del braccio. Infine aggiustò la sua mantellina azzurra, facendo un timido cenno a Jeremy e Kennedy, che la seguirono in silenzio fuori dal portone.
Attesero che il legno si richiudesse dietro i fratelli, poi l'attenzione venne spostata nuovamente su Gwen.
«Allora... chi vuole fare un piccolo incontro amichevole? Possibilmente non ammazzatevi a vicenda. Se un Cacciatore o un Mago durante la lotta riporterà ferite particolarmente dolorose, verrà scelto a caso un Curatore, che dovrà rimediare. Tutto chiaro? ... bene. Iniziamo?».
«Mi offro volontaria».
«Voglio combattere io».
Rispettivamente Lola e Richard alzarono la mano e fecero un passo avanti.
Il ragazzo sentì una famigliare scossa di eccitazione scivolare lungo la spina dorsale. Era elettrizzato, anche se non lo dava a vedere, e in cuor suo sperava lo fosse anche Lola, allo stesso modo. Quel freddo gelido che aveva preso possesso del suo cuore da qualche anno venne spodestato da un calore che bolliva come lava, allagandogli lo stomaco e occupandogli il petto - rabbia.
In lui c'era poi quella parte dormiente, che si destava quando bisognava mettersi in gioco - ed era violenta. Si stiracchiava, stava sbadigliando, era pronta allo scontro - anche se, in fondo, Richard non la voleva. Sospirò, un respiro impercettibile, ma che per lui era così pesante e carico di frustrazione.
Al contrario, la ragazza stava ancora sorridendo e osservava le reazioni altrui. Riusciva a leggere nello sguardo di alcuni la loro sorpresa, forse perché lei sembrava insicura e timida, e forse perché Richard appariva riservato e tranquillo. Sì, si disse che era così.
In effetti, pochi si erano aspettati che i due si sarebbero fatti subito avanti. Esclusivamente quelli molto legati a uno di loro - come Amalia, - o le persone che avevano intuito una sfaccettatura combattiva nel carattere di lei o in quello di lui - tipo Romano, lui lo aveva capito, - avevano pensato che la castana e il biondo avrebbero fatto richiesta di combattere per primi.
«Perché non dovreste? Il campo è vostro!» sorrise Geoff, aggiustandosi il cappello posato sopra i capelli biondi.
Sierra si esibì in un urletto acuto, per poi dire, con quella sua vivacità brillante: «Il mio Codichino vi farà da arbitro! Vero? Vero? Vero?!» e si lanciò al capezzale di Cody, che un po' agitato - o spaventato? - annuì vigorosamente, non avendo il coraggio di contraddirla.
«Se possibile non uccidetelo sbagliando bersaglio» Noah non riuscì ovviamente a trattenere uno sprazzo di sarcasmo nella frase.
«Su, non serve essere dei geni per capire che gli spettatori si devono togliere di mezzo e che i due combattenti devono mettersi uno di fronte all'altra e iniziare al via dell'arbitro, datevi una mossa!» Heather e la sua finezza parte terza.
La ventenne aveva già raggiunto una delle pareti, e si era sistemata accanto ad una spada argentea appesa al legno.
«Potete usare le armi, se non le avete tolte con l'armatura quando siete entrati» fece Duncan, ignorando l'intervento alquanto sbrigativo della mora roteando gli occhi. Dopodiché raggiunse il lato destro dell'arena, appoggiandosi ad un muro privo di decorazioni.
Poco prima dell'inizio dell'incontro, Elijah approfittò del movimento massiccio di gente, e avvicinandosi a Romano gli tirò la manica per parlargli.
«Ascolta...» iniziò lentamente, mentre nella sua testa tentava di soppesare le parole; «Prima mi hai poggiato la mano sulla spalla... perché?».
Era dubbioso. Non lo stava incolpando, no. Solo, nutriva una certa curiosità per le persone, e per le azioni tanto "intime" che le caratterizzavano. Era consapevole di essere lui stesso una di quelle persone, ma c'era qualcosa che non percepiva, o che non capiva, quindi la risposta dell'albino poteva anche fargli presente qualcosa da questo punto di vista. Insomma, perché mai degli amici sentono il bisogno di cercare nell'altro - o nell'altra, - un contatto di qualsiasi tipo? Mani sulle spalle, abbracci, baci sulle guance, dita intrecciate le une con le altre. Non se lo spiegava, proprio no. E l'essere vissuto completamente solo per gran parte della sua vita non lo aiutava certo nel rispondere a certe domande.
L'altro alzò un sopracciglio continuando a camminare meccanicamente, come un automa - sì, leggermente inquietante, - e sembrò pensarci un secondo, ma dopo optò per la verità: «Beh, ho intuito che sei una persona riservata. Non mi pare tu sia abituato a stare in mezzo a molte persone, quindi ho voluto... incoraggiarti, diciamo. Ed è servito anche a me... vedi, ho una specie di fobia per il luoghi troppo affollati... per il resto, mi è venuto automatico. Ci si incoraggia tra amici, no?».
Elijah alzò le sopracciglia arcuate. Quindi loro erano amici? Normalmente avrebbe pensato che era troppo presto per utilizzare quella definizione, ma il pensiero non gli attraversò minimamente la mente e, anzi, di colpo gli sembrò tutto più chiaro.
Ecco il perché di tutti quei gesti d'affetto fra le persone: serviva a dimostrare l'amicizia che li legava, il filo sottile sottile che congiungeva i due cuori, serviva a rassicurare, a strappare un sorriso. Assunse un'espressione più rilassata, rallentando il passo e fermandosi poco dopo accanto a Romano, sul lato sinistro della struttura.
«Sai,» aveva subito parlato l'albino, attirando la sua attenzione, con gli occhi che sondavano però il centro del campo; «... a volte, un legame inizia proprio con un gesto del genere. E spesso, quel legame diventa qualcosa di molto importante».
Poi, quando il castano gli guardò il volto, vide le labbra del ragazzo incresparsi verso il cielo, e seguì il suo sguardo d'ametista. Notò che gli sfidanti erano in procinto di stringersi la mano, e quindi sorrise: anche quei due potevano diventare amici.
«Allora Lola, pronta a perdere?» provocò Richard, tendendo il braccio.
«Non ho mai perso un incontro prima d'ora, ragazzo avvisato, mezzo salvato» gli fece un occhiolino la castana, accettando poi, lievemente imbarazzata, la stretta.
«Okay ragazzi, potete usare armi ma niente colpi fatali. Non avete addosso nemmeno l'armatura, perciò occhio a quel che fate. E adesso, senza ulteriori indugi, potete iniziare!» Cody allargò le braccia, colpendo dritta in faccia Courtney, che lo fulminò con lo sguardo mentre lui si scusava piano.
E lo scontro ebbe inizio.
Richard era consapevole di non essere mai stato troppo veloce nel ragionare. Certo, preferiva di gran lunga essere razionale piuttosto che impulsivo, ma era senza armatura, la spada l'aveva tolta e lo scudo era dalla spada, di conseguenza non poteva permettersi errori o esitamenti. E poi, provare una nuova tattica non poteva nuocere... giusto? Decise quindi di combattere come veniva e si disse che ormai non poteva tirarsi indietro - non che volesse, sia chiaro, -, che ormai era in pista. E anche la rabbia che saliva, il sangue che sentiva bollire nelle vene ogni qualvolta lottava lo aiutarono a smuoversi. Fece la prima mossa lanciandosi contro l'avversaria, premettendo a sé stesso che non le avrebbe fatto del male.
Dal canto suo, Lola voleva essere silenziosa nella lotta. Stava già elaborando un piano quando Richard le corse incontro, veloce tanto che dovette bocciare l'idea preparandosi per un combattimento meno furtivo e più rapido.
Il biondo non aspettò tempo e attaccò con un calcio laterale, prontamente schivato dalla ragazza con un balzo indietro - e le era sembrato troppo facile.
«Non devi andarci piano con me solo perché sono una ragazza, non sono indifesa e so come funziona» Lola tentò con un pugno, ma Richard si abbassò in tempo.
«Come vuoi» provò con un montante.
L'altra mise le mani sotto al mento parando l'attacco, subito dopo si scostò in fretta per lasciar rialzare il ragazzo. Preferiva vederlo negli occhi - erano così freddi, ma quella tonalità, quel castano così chiaro da perdersi in un limpido color mandorla, la attirava come una calamita, -, non voleva fissarlo dall'alto. Con un movimento deciso mirò con un calcio il volto dell'altro, ma quello alzò l'avambraccio parando il colpo e respingendolo.
«Sei veloce» si concesse un commento.
«Anche tu» rispose Richard, prendendo un profondo respiro e calmando il battito accelerato del suo cuore.
Per qualche minuto il loro scontro divenne un ballo, di calci e parate e pugni e schivate, veloce e fluido, completamente naturale. Poi Lola si decise: era ora di smuovere l'atmosfera. Constatò che iniziavano entrambi a stancarsi troppo per andare avanti ancora a lungo. Prese dalla tasca dei jeans un coltello dal manico nero, con disegnata su quest'ultimo una K racchiusa in un cerchio, stringendolo sicura.
Voleva chiudere.
Scattò verso il biondo a testa bassa, come se cercasse di fendere l'aria e, brandendolo come una piccola spada, quando fu abbastanza vicino, mosse dall'alto verso il basso il pugnale, mirando alla fronte. Richard si sarebbe sicuramente spostato, e a quel punto lei l'avrebbe sorpreso con un calcio che avrebbe messo fine all'incontro.
Ciò che non si aspettava, era un movimento più rigido.
Il ragazzo, vedendo arrivare la lama dall'alto, non pensò nemmeno di scostarsi a lato - eppure, ciò che stava facendo avrebbe potuto essergli fatale: se lei avesse continuato l'affondo, cosa che non aveva fatto perché aveva previsto uno slittamento (sbagliando), il pugnale lo avrebbe probabilmente colpito. Impulsivamente si accucciò in fretta, tendendo una gamba verso l'esterno e tenendola ben ritta, poggiando a terra i polpastrelli.
Poi accadde tutto in un secondo.
Forse per istinto forse ragionando, Richard roteò su sé stesso, colpendo alle caviglie Lola con il piede, facendola cadere a terra inevitabilmente. Quando la castana rovinò sul terreno, si accorse con orrore che l'impatto le aveva fatto sbalzare via il pugnale.
Si girò, svelta, pronta ad alzarsi, ma era già troppo tardi: davanti a lei stava Richard, a differenza sua già in piedi, col coltello brandito nella sua direzione, la lama che le sfiorava la punta del naso.
«Allora, ti arrendi?» chiese, con un sorrisetto che la ragazza reputò vagamente fastidioso.
Lola riconobbe allora la sua sconfitta, abbassando lo sguardo e alzando le mani: era andata...
Il biondo le restituì l'arma, alzando poi un pugno al cielo e correndo ad abbracciare la sorella. Alcuni ragazzi e un paio di ragazze gli fecero anche dei complimenti.
La castana tenne le iridi chiare a terra, sentendo l'orgoglio scricchiolare sotto il peso dello scontro perso, quando una voce, vivace e frizzante ma ferma e decisa, le fece rialzare gli occhi.
«Allora, intendi rialzarti o vuoi restare qui fino alla fine dei tuoi giorni? Non dirmi che ti arrendi per così poco!» Ciel le porgeva una mano, con un sogghigno che scopriva i denti.
Lola accettò l'aiuto per rialzarsi, mentre la sua espressione mutava in una più determinata. Lei era forte, non debole, non si sarebbe certo arresa per una sconfitta sola. Anche se, doveva ammetterlo, bruciava. Bruciava da morire - e le raschiava la trachea, mandava in fiamme lo stomaco e faceva formicolare le mani. Deglutì con convinzione il groppo di rabbia che le si era annidato in gola, scacciando quel sentimento che non le si addiceva - né tantomeno le piaceva, - per nulla.
Solo una volta in piedi notò quanto la bruna fosse bassa e gracile. Perfino lei, che era di altezza media, la sovrastava di dieci centimetri circa, forse otto o nove, o forse undici.
«Beh, neanche un grazie? Ti ho appena tirato fuori dalla depressione» chiuse un occhio, allargando il sorriso. Per un momento l'altra pensò che avrebbe di lì a poco perfino tirati fuori la lingua.
Sorrise di rimando, lasciando che una risatina limpida scivolasse via dalle sue labbra, dove era rimasta impigliata poco prima.
Gli avrebbe chiesto la rivincita, ma non adesso. Ora l'importante era andare avanti.



Angolo Autrice:
Sì ragazzi, I'm back. E con una buona notizia.
Ieri sono andata a comprarmi un computer nuovo - perché l'altro si è rotto e mi hanno da qualche giorno riferito che era irrecuperabile (mi mancherai, Gianni ;w; [?]) - e di conseguenza gli aggiornamenti avverranno più frequentemente. Sì, autori e autrici, ho lo champagne e i festoni qui.
Ma parliamo del capitolo. Ho delle domande anche stavolta, ma prima analizziamo le cose più importanti: si iniziano a formare i primi legami, qualcuno si sente già attirato da qualcun altro (da qui il titolo del cap., magnetismo, nel senso che iniziano ad avvicinarsi e sentirsi, per l'appunto, magnetizzati verso un'altra persona) e Lola e Richard fanno un combattimento. Mi scuso con Regina, ma ti avevo avvertito XD
Nel prossimo chappy seguiamo Charlotte inizialmente, per poi tornare dal gruppo più numeroso :3
E ora, le domande!
1- Come caratterizzo il vostro OC? (sì, ve lo chiedo di nuovo)
2- Avete rivalutato qualcuno?
3- Vi è già partita qualche ship? x3
4- Ho fatto errori? Se sì ditemelo che correggo immediatamente.
D'accordo, ho concluso gente ^^
Arrileggerci!
•Eyes•
   
 
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