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Autore: JennaHerondale    05/09/2016    0 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VII


Gimme Danger---Iggy Pop & The Stooges  

 
Lo sgradevole trillo di un sveglia esplode nell’orecchio di Louis.
“Fanculo,” geme sul duro pavimento di legno. Sputacchia un secondo dopo – qualche pelucco ha deciso di infilarglisi in bocca durante la notte. Ew.
Con occhi annebbiati, secchi e doloranti, individua il suo telefono, silenzia quello stronzo e lo lancia di nuovo per terra, girandosi sull’altro lato e sotterrando il viso tra braccia. Non si preoccupa neanche di controllare l’ora, ma al momento non gliene frega proprio un cazzo di che ore siano.
La vita può aspettare. La sua testa sta esplodendo. C’è un vulcano là dentro.
E poi c’è una voce nella sua testa.
“Sei sveglio, Louis?” una mano gentile gli scuote la spalla.
Maledizione, Zayn.
“No. Vattene.”
“Vuoi del tè? Ho il Kava. Dicono che se ne bevi abbastanza, ti può dare effetti allucinogeni.”
“Oh, emozionante.”
“Ti posso fare una canna.”
“Zayn. Stai zitto.”
“Okay. Ti faccio una canna.” E Louis sente il leggero suono di piedi scalzi contro il legno, che si avviano silenziosamente verso la cucina, ed è già abbastanza per ora.
Pace e silenzio.
… interrotti bruscamente dal ding dell’ascensore e da un fragoroso saluto.
“Sono a casa!” arriva il suono del solo e unico Liam Payne, e Louis non può fare a meno di gemere, desiderando che i suoi timpani siano momentaneamente esplosi. Il che, ad essere onesti, potrebbe già essere successo. O almeno, sembra proprio sia così.
“Ti prego non mi trovare,” Louis biascica tra sé e sé, le labbra che si muovono contro il cotone della sua felpa. “Ti prego ti prego ti prego…”
“Louis è in camera mia. Per terra. Che dorme.” Dice la fottuta voce di Zayn, leggera e professionale come se niente fosse.
Maledizione.
“Tommo è qui?” Liam domanda, gongolante. Louis percepisce il suono di costose scarpe da ginnastica che colpiscono il pavimento a velocità allarmante e – boom. “Tommo!”
“Voglio morire.” Louis geme a nessuno in particolare.
Fanculo il mondo.
“Tommo, cosa ci fai lì per terra? Di certo non stai ancora dormendo?” Liam lo sbeffeggia, divertito e severo e fiero con il suo petto gonfio e i suoi capelli ingellati e in su. Come l’adolescente re leone che è. Stronzo.
“Che cazzo ti sembra, Payne?” La bocca di Louis è completamente impastata e sa di cesso. Che gioia.
“Non sei uscito dall’appartamento? Per niente?” Così incredulo. Così sprezzante.
Louis alza la testa. In qualche modo. (Intervento divino, probabilmente.) Gli lancia la prima occhiataccia che gli riesce. “Tu che cazzo ne pensi? Ora vattene. Sto una merda e tu non stai migliorando la situazione. Vattene.”
Ha solo bisogno di dormire. Forse anche di acqua. E di un bagno.
“Sono quasi le quattro, coglione.” E Liam sembra contrariato… e vagamente divertito. “Hai dormito tutto il giorno.” Percepisce una distinta risatina. Così. “Non mi stupisce che Styles fosse così triste quando me ne sono andato. Non ha ricevuto la sua visita quotidiana.” Le parole sono pronunciate con un sorriso diabolico. “Penso che si stia affezionando, Louis. Bravo ragazzo. Potrei quasi dire di essere orgoglioso.”
A quello, qualcosa di decisamente gelido comincia a scorrere nelle vene di Louis.
Alza di nuovo la testa, questa volta con più veemenza.
“Cosa? Hai visto Harry?”
Liam annuisce, ancora sorridente, appoggiandosi con noncuranza alla disordinata scrivania di Zayn. Il suo cappellino è appoggiato in cima alla testa, la visiera da un lato. L’espressione è salda e sicura mentre osserva Louis. Sembra ben riposato e tranquillo nei suoi jeans abbottonati e alla moda. Che stronzo.
“Gli sono passato accanto mentre stavo andando via. Sembrava proprio depresso.”
Altro gelo nelle vene. Probabilmente è il modo in cui il suo corpo lo sta avvisando dell’imminente vomito. “Era fuori? Dov’era?”
“Sì, fuori. Non so – tipo. Vicino al lago, o qualcosa del genere. Ha importanza?” domanda, divertito.
Sì che ha importanza.
Louis scatta senza pensarci due volte, tutto il corpo che grida per lo sforzo. Questo dev’essere l’inferno. Ma non ci pensa, agisce e basta.
“Merda, devo andare,” gracchia, ficcando velocemente i piedi nelle scarpe. Dov’è la sua giacca? Oh – già. Ce l’ha ancora addosso. Figo.
Il sorriso di Liam svanisce, l’espressione accigliata.
“Aspe… stai andando a scuola? Adesso?”
“Be’, sì.”
“Solo per Styles?”
“Ovvio.” Sta cercando di allacciare le scarpe più veloce che può, le mani intorpidite e tremanti e goffe. Fanculo i cazzo di postumi.
C’è una pausa mentre Liam guarda Louis, le labbra serrate. Ma poi Louis si alza, le scarpe allacciate, e Liam posa una mano ferrea sulla sua spalla, gli occhi scuri che osservano Louis.
“Non ce n’è bisogno. Non me ne frega un cazzo se salti un giorno – stai ovviamente facendo progressi. Tra l’altro, dubito che riuscirai a raggiungerlo. Sembrava che se ne stesse per andare.”
Cazzo. Non farà mai in tempo.
“Non importa,” è tutto quello che dice Louis, e si libera della stretta di Liam, avviandosi verso l’ascensore ad una velocità che rischia di dislocargli il cervello.
“E il tuo tè?” lo chiama Zayn, proprio mentre le porte dell’ascensore si stanno chiudendo.
“Torno tra un’ora!” Louis risponde, ma la sua pelle è pallida di sudore freddo e qualcosa simile alla paura si sta annidando nel suo petto. O forse è senso di colpa. O forse è disidratazione.
In ogni caso, lo sente pulsare con ogni battito irregolare nell’immaginarsi la faccia di Harry, solo, in attesa che arrivi Louis.
 
**
 
Il sudore sta letteralmente colando sulla schiena di Louis, i piedi doloranti ad ogni passo sul duro cemento, e il respiro sembra quasi intriso di spine nel momento in cui vede finalmente Harry in lontananza, arrancante lungo il marciapiede con la testa bassa, le cuffie nelle orecchie e la borsa appesa sulla spalla. I ricci selvaggi si agitano ad ogni passo e alcuni gli finiscono sugli occhi ma lui non li sposta, le mani strette sulla tracolla, lo sguardo rivolto a terra e apparentemente distante. Sembra confuso ma delicato, come una nuvola appena sopra l’atmosfera. È una giornata fredda, un po’ pungente. Indossa una felpa con la zip sulla sua polo chiara. Sembra calda e morbida e come se profumasse di fresco. Louis ha il desiderio random di avvolgersela addosso.
Ma ignora il pensiero, lo attribuisce piuttosto al suo colossale post-sbornia e l’instabile stato mentale mentre cammina accanto a orde di allegri studenti che stringono tra le mani frappuccini alla zucca di Starbucks e tè freddi. L’autunno sta arrivando. Che gioia.
Louis comincia a correre, cercando di non esalare l’ultimo respiro nel tragitto, fin quando non si trova proprio di fianco ad Harry – che si spaventa, da morire, nel momento in cui Louis gli si accosta.
“Santo cielo!” strilla, più forte di quanto Louis l’abbia mai sentito, portando rapidamente le mani al petto e rischiando di inciampare sui suoi stessi enormi piedi, prima di provare a calmarsi e togliersi le cuffiette, la pelle arrossata. E, sì, ha veramente strillato ‘Santo cielo.’
Che dolcezza.
Louis sogghigna, alzando le sopracciglia nella sua classica espressione, pregando affinché la sua faccia non sia completamente fradicia di sudore. Probabilmente puzza ancora di alcool dalla notte prima. Probabilmente sembra gonfio e pesto. Ugh. Ci avrebbe dovuto pensare prima.
“Ehilà,” saluta con determinazione nonostante il pulsare delle sue tempie (e, merda, ha bevuto almeno un bicchiere d’acqua oggi?) mentre si passa una mano tra i capelli, giusto per essere sicuro che non siano tutti per aria. Non lo sono. Ma non sembra che abbiano comunque una forma migliore. “Ti ho beccato mentre te la svignavi, eh?” allarga il sorriso, ignorando il dolore alla testa, colpendo il gomito di Harry con il proprio in un gesto che ormai è più che un’abitudine. Sta cercando di non ansimare, ancora senza fiato per la sua corsa perché è seriamente fuori forma e sta fottutamente per morire.
Ugh ugh ugh.
Ma Harry non sembra turbato dall’aspetto meno-che-raccolto di Louis, un sorriso che lentamente illumina il suo viso mentre lo osserva. È come guardare il sole che nasce dall’orizzonte; un lento, dorato splendore che emerge nel mondo, poco a poco. Louis potrebbe essere un poeta. È bravo a dire stronzate. “Non pensavo di vederti oggi,” Harry commenta a bassa voce, conservando le cuffiette senza esitazione. Ogni parola rafforza il sorriso. È veramente felice di vedere Louis. Davvero.
“Lo so. Mi dispiace,” Louis si scusa immediatamente e – be’. Questo è curioso. Perché si sta scusando? Non si scusa mai per cose irrilevanti come questa. Ma la sua bocca continua prima che possa farsi altre domande. “Non riesco a dormire bene ultimamente e quindi, dopo che ieri sera sono uscito con i miei amici e ho bevuto troppo… be’. Credo di averne pagato le conseguenze oggi. Mi sono appena svegliato.” Sorride, offrendo una mezza alzata di spalle. “Sono l’essere umano più inutile che tu abbia mai conosciuto,” ride. “Avrei dovuto scriverti.”
Harry rallenta il passo a una velocità da tartaruga, osservando Louis con quel perenne sorriso. Alza le spalle, ma c’è un momento in cui il verde dei suoi occhi si incupisce – sono comunque molto luminosi, oggi. Solari, se vogliamo. “Non sei inutile. Per niente. Specialmente perché non mi avresti potuto scrivere se avessi voluto – non hai il mio numero, scemo.”
Ah. Già.
Ma – un momento! Ding ding ding!
Opportunità!
“Hai ragione, lo sai,” Louis dice lentamente, i pezzi nella sua testa che vanno al loro posto come nel Tetris, mentre rallenta il passo fino a che non sono quasi fermi. Sente il suo stomaco sussultare, un rapido spasmo di soddisfazione. “Dici che potremmo risolvere questo problema? A meno che, ovviamente, questo non ti appaia come l’idea più sgradevole del mondo. In tal caso, posso cominciare a elencare i miei quattro cibi preferiti, classificati per stagione, in modo da fare un ingegnoso cambio di argomento per evitare che ti senta in imbarazzo.”
Ecco. Ha lanciato l’esca. Liam sarebbe fiero di lui.
Senza esitazione, Harry ride, il sorriso che si allarga, riempendo il cielo. Il sole è sorto. Sicuramente esiste una canzone al riguardo, ma Louis non può proprio pensarci in questo momento. Forse ‘Here Comes the Sun’ dei Beatles. Sì, può andare.
“Per quanto sia intenzionato a scoprire quali siano i tuoi cibi stagionali preferiti,” Harry comincia, gli occhi che risplendono in un modo che Louis trova totalmente soprannaturale, “Preferirei di gran lunga darti il mio numero.” Finisce la frase con un sorriso a bocca chiusa, i piedi piantati per terra mentre si gira verso Louis, una mano sulla tracolla della borsa, l’altra ficcata nella tasca dei jeans. Sembra imbarazzato e un po’ nervoso, ma principalmente… solo… sicuro. Come se ci avesse già riflettuto, o qualcosa di simile.
Ma questo potrebbe essere solo nella testa di Louis.
Ci sono un sacco di cose nella testa di Louis. Per esempio, una pulsazione. C’è un palpitante e pulsante battito nella testa di Louis in questo momento, e si tratta o del suo post-sbronza o di qualcos’altro e non è interessato ad analizzarlo oltre.
Ma Harry ha appena detto che vuole dare il suo numero a Louis e questo vale assolutamente qualcosa. Vuole darglielo. Questo… questo vale oro. Più dell’oro. Liam si cagherà sotto. (Forse cagherà oro.)
“Okay,” dice Louis sorpreso, il sorriso che muta in un’espressione più sbalordita, meno composta. Perché, sapete, porca puttana. Non era proprio la notte scorsa che ha avuto una crisi esistenziale sul come avrebbe potuto rigirare come un calzino il corpo di Horan in soli tre giorni e tuttavia in un mese che conosce Harry non è neanche riuscito a procurarsi il suo numero di telefono? E ora eccoli qui? Gli dei l’hanno ascoltato? Amano Louis? Porca puttana. “Ehm, va bene. Va bene!” balbetta. Ricomponiti, Tommo. “Sarebbe magnifico, Harry. Grande! Fighissimo, amico. Sì! Uhm.” Si sta decisamente impappinando. Sta balbettando. Cazzo. Sta arrossendo? Può farlo? È quello il calore che sente sulla pelle? È così terribilmente in post-sbronza. Ed è anche maledettamente disperato.
Deve farsi avanti. È così imbarazzante. Umorismo, Louis, senso dell’umorismo. Continua, riacquistando le redini del suo sorriso. “Chi avrebbe mai pensato che un piccolo ragazzo da chissà dove, con nient’altro a suo nome a parte i vestiti che ha addosso, sarebbe stato qui oggi, con nientepopodimeno che Harry Styles, in procinto di ricevere il suo numero di telefono. Riesco a malapena a crederci io stesso! Mi piacerebbe ringraziare chiunque ha votato per me, i miei fan, Dio…”
Fortunatamente, quell’insignificante e impanicato lampo di umorismo forzato sembra funzionare perché Harry sta ridendo di nuovo, con le guance dieci volte più in fiamme di quelle di Louis, e improvvisamente non si sente più in imbarazzo o a disagio. Solo normale.
“Sei così scemo,” Harry biascica ridacchiando con leggerezza, mentre scuote la testa. A Louis non sfugge il fatto che non si sta trattenendo, ma al contrario permette al calore del suo sguardo di posarsi su Louis – sulle borse sotto gli occhi, sulla sua sporca giacca in jeans, sui tatuaggi appena visibili. Migliorando tutte le imperfezioni. A Louis non sfugge neanche come Harry si muova per portare le mani dietro la schiena, forse imbarazzato, incrociando i piedi alle caviglie. È tutto aggrovigliato e con un faccino dolce, come Cenerentola o la Bella Addormentata o un bimbo piccolo ed è più femminile di come Louis l’abbia mai visto, ma gli sta a pennello ed è disarmante e sembra venirgli naturale. È adorabile, davvero. Sembra spontaneo e rilassato.
Non vuole portare sfiga. Ma.
Ma sembra quasi come se Louis stia avendo la possibilità di vedere quella parte di Harry. La parte che sembra sempre a bada, nascosta e protetta. La parte conservata solo per quelli che lo conoscono davvero, che sono più di semplici conoscenze. Cazzo. Gli dei devono amarlo davvero tanto. Deve avergli davvero fatto pena la notte scorsa.
Mh. Smielato. Ha bisogno di smetterla di pensare. Ha bisogno di cibo e acqua.
“Di solito non mi chiamano ‘scemo’,” Louis borbotta, divertito, mentre tira fuori il suo telefono. “Ma grazie per il pensiero.”
“Di solito non mi chiamano ‘insolente’ e tu sei riuscito ad etichettarmi come tale, tipo, tutti i giorni. Penso che siamo pari.” Inclina la testa, sorridendo serenamente. Sembra un intellettuale. Composto. Classico. Greco. Eppure così dolce.
“Ma guardaci,” Louis sogghigna. “Qui a tirare fuori il peggio l’uno dell’altro, eh?” Passa il telefono a Harry, senza distogliere lo sguardo la bocca si piega all’insù. Le loro dita si sfiorano e sente una scossa da qualche parte (qualsiasi contatto è un buon contatto nel libro di Louis – corrisponde sempre ad una vittoria) ma lo sguardo di Harry non vacilla mai e non lo dà a vedere, ma prende invece il telefono nella sua fluida e morbida presa.
“Non il peggio,” risponde a bassa voce, ma sta segnando il suo numero quindi Louis non risponde. “Ecco,” dice una volta che ha finito, e lo restituisce, il sorriso tornato al suo posto. “Ora puoi mandarmi un avvertimento ogni volta che decidi di abbandonarmi.”
Un’altra onda si abbatte sul flusso sanguigno di Louis. O è solo nausea?
“Abbandonarti?” domanda, alzando un sopracciglio. Forse sono arrivati più lontano di quanto abbia realizzato. “Scortese da parte tua. Mi sono dovuto raschiare via dal pavimento per te.”
“Per me?” Harry ride, sorpreso.
Louis annuisce, nonostante si senta un po’ a disagio. Probabilmente non dovrebbe essere così disinvolto con le informazioni. Probabilmente non dovrebbe essere così sincero. Deve fare maggiore attenzione. “Sì, be’, non solo per te. Anche il pavimento era scomodo. E dovevo fare pipì. E poi, ovviamente, Liam mi ha svegliato, quindi…”
Harry annuisce, il sorriso che si rilassa solo un pochino, stando lì con una mano in tasca, l’altra che ancora stringe la borsa, caricata con tutti quei libri. Sembra pesante e Louis si domanda se sia quello il motivo che lo porta a incurvare le spalle; qualcosa di piccolo preme sul suo petto per un attimo.
“Ma siamo onesti,” aggiunge immediatamente incapace di fermarsi, quasi contro la sua volontà. Le parole praticamente sgusciano fuori dalle sue labbra, come inondazioni d’acqua. “L’ho fatto davvero solo per te. Per quanto mi sforzi di far finta di niente.”
Merda.
Cosa aveva appena detto sul fare attenzione?
Sentendosi stranamente imbarazzato per la confessione (è una confessione?), gli volta le spalle, rifiutandosi di osservare la reazione di Harry. Il che è insolito, perché non è mai stato uno che si imbarazza nel dire le cose in faccia.
“Comunque,” dice, necessitando un cambio di argomento, per favore. “Non si tratta di abbandono quando hai così tanti altri amici.”
Un’altra risata scuote Harry, ma questa è breve e priva di umorismo. “Non ho poi così tanti amici, in realtà.”
Mh. Questo potrebbe essere vero. Louis non ha effettivamente mai visto Harry parlare con qualcuno per più di cinque o dieci minuti e non l’ha mai sentito parlare di altre persone ad eccezione della sua famiglia. Quando vede di sfuggita le sue interazioni con gli altri, è sempre Harry che conclude la conversazione, con imbarazzo e molto educatamente, lasciando la controparte a osservare malinconicamente la sua figura che si allontana. Sono sempre gli altri che iniziano le conversazioni ed è sempre Harry che le finisce. Il che è strano. Tutto riguardo Harry è strano. Tutto riguardo questo obiettivo è strano.
“Come mai?” Louis domanda, diretto. “Non frequenti molte persone. Sembra che piaci a tutti. Vogliono sempre stare con te. Però tu non scegli mai di stare con loro. Perché?”
Se Harry si sente a disagio per le sue parole, non lo dà a vedere. Invece comincia di nuovo a camminare, a passo lento, la spalla che ogni tanto sbatte contro quella di Louis. I capelli schermano il suo profilo. “Non so. Immagino di non aver niente da dire.”
Louis corruga le sopracciglia. Che mucchio di stronzate.
“Certo che ne hai,” protesta, e questa volta urta la spalla di Harry di proposito, cercando di catturare il suo sguardo. “A me dici un sacco di cose!”
“Sì, ma solo in risposta alle cose che tu mi dici per primo,” Harry gli fa notare.
È così? Louis non sa decidersi se è così. Non sembra così. Harry parla in continuazione. Dice un sacco di cose interessanti. È divertente. E Louis nel complesso odia praticamente chiunque, quindi se approva l’esistenza di Harry Styles, allora deve essere un essere umano di prima qualità.
Però non sa come dirglielo. E non sa se dovrebbe. O se vuole.
“Be’. Quali sono i tuoi interessi?” Louis domanda con tono disinvolto. “È più semplice parlare con le persone quando parli di qualcosa a cui tieni.”
“Ehm, non saprei,” Harry fa spallucce, mordicchiandosi le unghie. “Non ne ho tanti.”
Louis sospira.
“D’accordo. Allora, cosa vuoi fare nella tua vita? E non mi dire il medico,” lo avverte, il secondo in cui Harry apre la sua bocca. Allora la richiude, timidamente. Louis si costringe a sorridere. “Quali sono i tuoi obiettivi personali? Cosa vuole fare Harry per Harry?”
C’è una pausa, un momento in cui Harry sembra pensarci. Poi: “Non saprei?”
“Cavolo, Harry,” Louis allora ride, lanciando le mani in aria. Questo ragazzino è esasperante. “Se stai cercando di essere la persona più noiosa del pianeta, allora devo dirtelo, ci stai riuscendo.”
E Harry arrossisce di nuovo, la pelle che effettivamente brucia alle parole. Ma non è un rossore piacevole. Non è del tipo che viaggia attraverso la sua pelle sulle piume, gli occhi di Louis che cercano di tracciare la sua origine. Piuttosto… è brutale. Qualcosa di immediato e tagliente. E va di pari passo con l’allineamento delle sopracciglia, la testa che si piega nel rompere il contatto con gli occhi di Louis, portando il sorriso e il sole via con lui, e i suoi passi vacillano sempre di più, le scarpe che strisciano sul marciapiede. Harry, chiaramente, è offeso.
Questo colpisce Louis in maniera inaspettata.
Lo coglie di sorpresa. Lo coglie totalmente di sorpresa, lo spaventa, è come se lo schiaffeggiasse in pieno viso, lo porta a desiderare di poter immediatamente rimangiarsi le parole. È vergogna, questa? Forse, sì, può darsi. In ogni caso, è un pezzo di merda, no?
È stata una stronzata da dire. La sua pelle freme per scusarsi. È insolito e schietto e gli fa sfregare la giacca in jeans fastidiosamente sul collo.
Harry ha lo sguardo basso, le labbra strette in una smorfia, la pelle che ancora brucia.
È terribile, ad essere onesti.
“Mi dispiace,” Louis dice d’impulso, arrestandosi sui suoi passi. Però Harry non si ferma immediatamente, quindi Louis lo raggiunge, afferrandogli gentilmente il gomito. È abbastanza perché Harry si fermi, anche se non alza la testa, i ricci che gli oscurano il viso, i cordoncini della sua felpa che ondeggiano. L’orrenda sensazione nel petto di Louis non se ne va, ma anzi si ravviva. Quindi parla perché non sa cos’altro fare, non vuole lasciar andare Harry. “È stata una stronzata da dire. Perdonami. È stata – non avrei dovuto dirlo. Non intendevo quello.” Sta balbettando, farfugliando, impappinandosi, e tutte le altre cose che odia ma che sembra fare costantemente attorno ad Harry. Ma sta andando a fuoco per questo sentimento di ‘vergogna’ ed è irrequieto e vuole che Harry lo guardi di nuovo. È così dolce. È così dolce e Louis l’ha ferito e Louis odia un po’ sé stesso perché Harry non se lo merita, cazzo. Il pensiero brucia nella sua gola. “Sono un pezzo di merda,” dice a voce bassa, le parole veloci. “Sono proprio un coglione. La peggior specie di essere umano. Un mostro, in realtà. Mi dispiace, Harry. Davvero. Non pensavo quel che ho detto.”
Ma Harry sta scuotendo la testa. “No, tranquillo, Louis,” dice con voce piatta. Ma non vuole ancora guardarlo.
Ed è tutto ciò che importa per Louis. L’orribile sensazione persiste per tutto il tempo in cui Harry non lo vuole guardare.
È così strano; il modo in cui si sente ora è strano.
“No, davvero. Seriamente. Dico sul serio. Credimi.” Non sa cosa dire, non sa come esprimere sincerità. Non è qualcosa che fa abitualmente. Tuttavia, la bocca sembra pensarla diversamente, perché ancor prima che Louis possa creare una frase di senso compiuto nella sua testa, si ritrova a parlare. Rapidamente. Totalmente senza controllo. “Io – di solito le persone che tengono le cose per sé sono quelle più interessanti, lo sai? Lo credo davvero. Le persone che non mettono subito tutte le carte in tavola sono quelle che vale la pena conoscere. Mentre quegli irritanti stronzetti come me che rivelano tutto subito, ecco, quelli sono noiosi.” Non sa da dove gli siano uscite queste parole. Sta letteralmente solo blaterando. Da un luogo che non riesce a localizzare. “Perché non abbiamo molto, vedi, quindi diamo tutto subito nella speranza che qualcuno prenda le poche cose che abbiamo, capito? Come me, io non ho nulla. Niente di niente. Quindi mi mostro completamente, solo perché è il meglio che posso fare. Mentre tu – tu hai, tipo, questo scrigno del tesoro pieno di tutte le cose che dai solo alle persone fortunate abbastanza da riceverle. La tua intera esistenza è importante, Harry, quindi la riveli a chi è importante per te. Ed è meraviglioso, davvero. Sono come le stronzate che leggi nei classici e tu sei quello su cui la gente scrive le canzoni. Sei più interessante di quanto potrebbe mai esserlo uno come me.” Louis non sa che cazzo sta dicendo, ma si ritrova a guardare Harry negli occhi, il ragazzo che finalmente ha alzato la testa, la mano di Louis che ancora stringe delicatamente la curva del suo gomito. Ed è quello che importa davvero. “Sono proprio un coglione, ti chiedo scusa,” conclude debolmente, a disagio.
Ha parlato troppo. Ma non si pente di nulla. Sente solo caldo. Sente solo vergogna.
Sente. Ed è strano.
Ma Harry lo guarda di traverso, entrambe le mani ficcate nelle tasche dei jeans. Scuote la testa, osservando Louis attraverso gli occhi strizzati dal sole. Rimane momentaneamente in silenzio, le parole che si raggruppano dentro i suoi occhi verdi. Poi, alla fine, parla.
“Continui a dirmi chi sei, Louis,” dice lentamente, le parole che scivolano lungo la schiena di Louis, incollandosi alle vertebre. Le labbra sono tirate in una linea sottile, gli angoli che accennano verso il basso. “Vorrei che mi lasciassi decidere da solo.”
Un altro momento di silenzio.
Louis non sa cosa dire.
Ma sente comunque il suono della sua voce.
“Va bene, allora,” annuncia, e la sua postura si allenta mentre rimane accanto ad Harry, permettendo attivamente ad ogni parvenza di calma di fuoriuscire dal corpo. Non si è mai sentito così esposto da anni, nonostante non abbia fatto praticamente niente. Sta semplicemente lì in piedi. “Basandoti sui fatti precedenti, che tipo di persona pensi che io sia?” Fa un passo indietro, allargando le braccia in attesa di valutazione. “Cosa vedi quando mi guardi?”
C’è un breve istante, uno in cui Harry fa scivolare lo sguardo sull’intera figura di Louis, lento e calcolatore.
“Un coglione,” dice alla fine.
È il sorriso totalmente inaspettato che si forma sulle labbra rosa di Harry che causa lo strillo sorpreso di Louis. Il che, naturalmente, porta Harry a ridere o sogghignare o fare qualsiasi cazzo di cosa sia quel suono-di-margherite-che-si-muovono-nella-brezza. E in un attimo, l’intensa e sgradita pesantezza della situazione si alleggerisce notevolmente.
È proprio un ragazzino scemo e imbarazzante. Coglie sempre Louis di sorpresa.
“Non sei veramente un coglione, comunque,” Harry si corregge, dopo che le loro rispettive risate si sono affievolite e il sorriso di Harry si è trasformato in gentile contemplazione. “Puoi anche comportarti da coglione ogni tanto, ma non sei una cattiva persona, Louis. Per niente. Il fatto che ti sei scusato e hai capito che quello che hai detto fosse, non so, offensivo? – Già, non è comune come potresti pensare. Sei buono, Louis. Mi piaci così come sei. E apprezzo il fatto che ti sia impegnato per scusarti. Anche se non era poi chissà cosa.”
Louis lo fissa, qualcosa di leggero che gli solletica la pelle. È… be’. È stato bello. Non ha mai sentito nulla del genere prima, non si è mai visto in quel modo e… anche se il fondamento logico potrebbe essere sensato solo per alcuni, come Harry, è solo… be’. È stato bello da sentire.
“Non dicevo sul serio, comunque,” Dice Louis, non riuscendo a trovare le parole giuste. “Il tuo essere noioso? Per la cronaca, non lo penso. Tutto il contrario, in realtà. Giusto perché tu lo sappia.”
E fa sorridere Harry, dolce come i cubetti di zucchero e lo zenzero candito e, in qualche modo, questo placa la situazione.
Poi Harry guarda il suo orologio, rompendo la strana e irreale calma del momento, e Louis deve tossire per tornare alla realtà, per stare con i piedi per terra nel mondo attorno a lui. Si sente caldo e confuso e rattoppato. Questo dev’essere quello che si prova ad essere Zayn.
“Oddio, scusami, Louis,” Harry dice accigliato, guardando Louis con l’espressione mortificata. Il sole risplende sulla superficie dei suoi capelli, facendoli apparire bronzei e fiammeggianti allo stesso tempo. “Devo andare. Sono in ritardo per il lavoro.”
“Oh. Lavoro. Giusto,” Louis risponde con aria assente, sbattendo le palpebre perché è tutto così improvviso e non sa il perché. Ha bisogno di acqua, comunque, e ha probabilmente bisogno di dormire ancora, quindi davvero, questa dovrebbe essere un’occasione gradita. Però non si muove per andarsene. “Be’, divertiti. Lavora sodo e cose del genere. Fagli vedere chi sei!” Tira senza troppo entusiasmo un pugno in aria e il cipiglio di Harry si dissolve in un leggero divertimento. È un attimo.
“Grazie,” sorride, prima di cominciare a camminare all’indietro. È un miracolo che non inciampi. “Ti, ehm. Ci vediamo domani?”
“Sì. Ti scrivo,” Louis sorride e dà un colpetto alla sagoma del telefono dentro la tasca. “All’alba. Spero ti piacciano gli energici messaggi del ‘buongiorno’ e infiniti selfie che non hanno assolutamente nessuno scopo. Oh, e dovresti anche aspettarti di ricevere un resoconto fotografato e dettagliato di tutti i cibi che mangerò. Da almeno tre differenti prospettive, con tre differenti filtri, per gentile concessione di Instagram.” Solleva le guance nel sorriso più largo che riesce a mostrare.
Com’era prevedibile, Harry scoppia a ridere fragorosamente. In tutta onestà, è probabilmente la parola migliore per descrivere la risata di Harry. Fottutamente fragorosa.
Mostruosamente adorabile.
“Finché non ti dispiacciono video di Youtube su gattini e bambini, penso che avremo un bellissimo futuro di messaggi insieme. E foto di diversi formaggi – mi piace fotografare i formaggi.” L’affermazione normalmente porterebbe Louis a prendere per il culo il malcapitato (perché chi cazzo scatta foto ai formaggi come passatempo?) se non fosse per il fatto che Louis al momento sta cercando di capire come facciano gli occhi di Harry a risplendere così. Quello… strano, scintillante, effetto grafico che fanno. Ha detto che gli piacciono i glitter – si ficca per caso quella roba negli occhi? “Non vedo l’ora di ricevere i tuoi messaggi, Louis,” Harry conclude dopo che lui è rimasto goffamente in silenzio (maledizione) ma il suo tono è caldo abbastanza da dissolvere tutta la freddezza rimasta nell’aria da prima. È piacevole.
“Lo stesso vale per me. Ci sentiamo, cucciolo,” Louis saluta, indirizzandogli un ultimo sorriso prima di voltarsi, distogliendo lo sguardo prima di perdersi in altri pensieri. L’ultima cosa che vede è Harry che agita la mano, larga e morbida, come una molla – più vivace di quanto sia di solito.
Sembra una promessa.
Ma Louis ha bisogno di andare. Probabilmente dovrebbe tornare a casa di Zayn e Liam… stasera non lavora al pub, quindi forse può cavarsela dormendo lì tutto il giorno? Almeno fino a che i loro genitori non tornano a casa. A quel punto dovrà chiamare Anthony, vedere che sta combinando.
Sospira.
“Ehi, Lou?”
Louis si ferma immediatamente, girandosi un po’ goffamente prima di assumere una posa un po’ più naturale e sensuale. Non sorprende che non abbia ancora conquistato Harry – è un disastro ultimamente. Solo un rottame trasandato e trascurato. Terribile.
“Sì, cucciolo?” gli chiede e nota che Harry si è a malapena mosso da dove l’aveva lasciato.
Sembra un po’ insicuro, mentre si morde le labbra piene, gli occhi piegati in una curva di esitazione. Sbatte piano le palpebre. Una pausa.
L’ha chiamato ‘Lou’.
È come se rimanesse nell’aria, le molecole d’ossigeno a tenerlo stretto, non permettendogli di svanire.
“Sei impegnato? Adesso? Non fa nulla se lo sei.” È abbastanza lontano da dover urlare un po’ e le sue sopracciglia sono aggrottate. Si sta ancora mangiucchiando il labbro. La felpa gli copre le mani, e i piedi sono messi in un angolo strano, puntando in due direzioni diverse tanto da creare uno spazio che Louis potrebbe attraversare.
Louis quasi inciampa sui suoi piedi nella troppa fretta di percorrere quello spazio, riducendo la distanza tra loro.
Sembra promettente. Sembra importante. Ha una mezza idea di scrivere a Liam. O registrare la conversazione, o qualcosa del genere. Potrebbe esserci quasi. Potrebbe essere l’inizio della fine.
L’idea crea inaspettatamente un vuoto nello stomaco di Louis, ma lui non ci bada. Non ci vuole pensare.
È quel che è. Non c’è spazio per i sentimenti.
“No, non sono impegnato. No. Perché?” Prova a suonare indifferente ma la sua voce si spezza appena alla fine, causando un arrossamento sul collo. Porca puttana, Louis.
“Non so,” Harry fa spallucce, ma lentamente si sta formando un sorriso. È spuntato di nuovo il sole. “Penso di voler… Non sarebbe un problema se mi imbattessi in un cane randagio oggi. Mentre vado al lavoro.” Sorride come se le sue parole avessero un senso.
Un cane randagio? Che cazzo dice?
“Di che diamine stai parlando?” Louis domanda senza tanti giri di parole, alzando un sopracciglio.
Harry alza gli occhi al cielo in risposta, prima di avvicinarsi e prenderlo per mano, trascinandolo come se fosse un bambino. È sconvolgente e parecchio inaspettato, e Louis potrebbe essere rimasto a bocca aperta per l’imprevedibilità della cosa, pienamente consapevole del suo palmo premuto contro quello di Harry.
Decisamente un lato diverso di Harry. Solitamente non è così diretto.
“Andiamo, Ben,” Harry biascica con esasperazione, ma Louis vede perfettamente la fossetta sulla sua guancia, il sorriso presente.
E poi Louis realizza.
“Aspetta,” dice improvvisamente, l’elettricità che comincia a scorrere nelle sue vene. “Stai dicendo cosa penso che tu stia dicendo? Ti posso seguire al lavoro? Posso essere il tuo cane randagio?”
“Non dirlo così. Sembra inquietante,” Harry sorride, lasciando la mano di Louis (maledizione) e avviandosi, lo sguardo puntato sulla strada. “Però sì. Ti mostro dove lavoro.”
Attraversano la strada, Harry che guarda in entrambe le direzioni.
Louis si limita a osservare Harry a bocca spalancata, seguendolo senza esitazione.
“Il tuo numero e il tuo posto di lavoro in un giorno? Cavoli, cucciolo. Se continuiamo così siamo sulla buona strada per diventare migliori amici,” Louis sogghigna, prendendolo in giro, ma il suo entusiasmo è evidente, il che non gli dispiace troppo – non quando porta Harry ad inclinare la testa e illuminarsi e osservare Louis con immediata dolcezza.
Questo è un momento importante. Porca puttana.
“Posso chiederti cosa ti ha portato improvvisamente a fidarti?” continua, lanciando sguardi su sguardi al profilo di Harry, che ha un sorriso a danzargli sulle labbra. Ma non ce l’ha sempre, dopotutto? “Oserei dire che ti sono mancato oggi quando pensavi che non sarei venuto?” il ghigno si allarga ancora di più, ma le parole pulsano nelle vene e la gola è inusualmente secca.
Ma di nuovo, è ancora in post-sbronza. Un dettaglio importante.
Harry fa spallucce, il sorriso che si contrae appena. “Mi piace stare con te,” dice a titolo informativo, sincero, lanciando un’occhiata a Louis mentre camminano. Diretto. Ha semplicemente detto quel che pensa. Senza neanche un battito di ciglia.
Louis non riesce a immaginare di essere come lui. Non potrebbe mai essere come lui.
Ma in ogni caso. Questo momento è diventato ancor più importante.
“Come tutti,” Louis fa l’occhiolino con finta spavalderia, ma percepisce il proprio sorriso stranamente dolce. Sfiora il fianco di Harry con un dito, facendolo sussultare e scoppiare a ridere.
Quando ride butta fuori un sacco di aria. Tutte le sue risate sembrano dei palloncini.
“Bene allora, Harry Styles,” Louis dice piano, sorridendo nell’osservare il ragazzo accanto a sé, i cui passi sono molto più lunghi e molto più goffi di quelli di Louis. Le loro mani si scontrano e a Louis non sfugge come gli occhi di Harry si abbassino ad osservare il punto di contatto, solo per un attimo. Incredibilmente rapido. Ma Louis lo vede. “In tutti i sensi. Fammi entrare nel tuo mondo.”
E Harry ricambia il sorriso, scuotendo la testa, prima di lasciarsi andare ad una piccola risata che gli illumina il viso.










Sto imprecando in aramaico perché efp fa le bizze e non mi fa pubblicare il capitolo.
Ora è la terza volta che ci provo, spero vada a buon fine ç_ç
Scusate il ritardo, ma sono tornata alla routine universitaria e mi ritaglio il tempo per tradurre tra un impegno e l'altro. Spero comunque di continuare a pubblicare almeno una volta a settimana, perché amo questa storia e vorrei che voi la amaste almeno quanto me.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se ci sono errori, se vi è piaciuta, se vi ha fatto schifo, insomma... :P
Il prossimo capitolo sarà lunghissimo (e anche quello dopo...), quindi scusate davvero se ci metterò un po'. Ma ne varrà la pena. Promise. :)
Grazie a Giadina per il betaggio (e per i suoi commenti su cazzo di legno, aka Harry Styles).
All the love,

Giulia
  
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