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Autore: ester1991    05/09/2016    0 recensioni
La vita di Emily Mann era perfetta fino al suo sedicesimo compleanno.
Quando la sua esistenza venne travolta da un paio di occhi grigi azzurri e un segreto di famiglia dimenticato.
"Ti cerco ogni giorno per versare nel tuo cuore i palpiti del mio".
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Driiiiiiiiiiiiiiinnnnnnnnnnnnn...
Erano le 6.30 di un lunedì qualsiasi sotto gli occhi di molti, ma per me non era così. Stavo per iniziare una nuova vita in una nuova scuola.
Feci una doccia lunga e coccolata dal calore dell'acqua calda ripassai a mente di come sarebbe andata la mia giornata.
"Prendo l'autobus con Marina. Non lo perderemo perché non lo permetterò, non cadrò ... niente figure di merda!".

Il vestito a fiori per il quale avevo optato la sera prima, sembrava cosi sciocco e infantile.
"Non posso andare con quell'abito sembrerò una bimbetta. Che cavolo mi metto adesso..mpfff".
Alla fine scelsi, un paio di jeans e un maglioncino bianco in cotone con il collo alto, grazie al quale non si sarebbe vista la mia voglia che avevo sulla schiena proprio sotto la nuca.
La odiavo tantissimo. Negli ultimi anni con mia madre avevo girato mille e uno studio di dermatologi in cerca di capire cosa fosse quell' odiosa macchia rossa. Non mi faceva male, non era nemmeno grande. L'unico difetto era che una volta al mese il colore s'intensificava in maniera quasi mostruosa.

Prima di uscire dalla stanza mi contemplai allo specchio.
Mi venne da sorridere.
Ormai non ero più la piccola della casa Mann. Avevo degli occhi profondi e verdi, i capelli ormai erano abbastanza lunghi da arrivarmi all'altezza del sedere, per non dimenticare il seno ormai sbocciato. Nell'insieme non ero male.

Misi un filo di eye-liner nero e un po' di mascara, ma cosa più importante il pendente di papà. Era stato il suo dono per il mio nono compleanno l'ultimo passato assieme. Il ciondolo non aveva un valore in sé, era di ferro battuto e raffigurava una luna piena e una mezza luna. Me l'aveva regalto dicendomi che ogni volta in cui avrei avuto bisogno di protezione o quando mi sarei sentita sola, mi avrebbe aiutato. So che sembra una sciocchezza, ma io ci credevo.

Presi la cartella e andai in cucina, dove c'era una colazione per un intero reggimento.
Naturalmente, non era stata mia madre a preparare tutto quel ben di Dio ma la mia tata: Amelia. Per me lei era più di una domestica. Giocava con me quando mia madre era occupata, mi ha tirato su il morale quando in quarta elementare Billy Chang mi aveva rotto gli occhiali per sbaglio, mi aiutava a fare i compiti. Era una presenza costante nella mia vita, seguendomi più lei che mia madre stessa. Da Amelia avevo ereditato anche l'amore per la cucina.
Adoravo vederla ai fornelli.

Quella mattina aveva tutti i fuochi occupati. La casa profumava di sugo e verdura, stava preparando il suo cavallo di battaglia: riso con crema di fagioli.

Mi dava le spalle, ma non era un problema perché anche se non mi guardava direttamente riusciva sempre a vedere quello che facevo. Ho sempre sospettato che avesse un occhio nascosto sotto la folta chioma di capelli neri e ricci.

Mi appollaiai su uno sgabello e addentai un bellissimo muffin alla cioccolata fondente ricoperta di granella.

"Amelia ti adoro. Sono ottimi questi muffin.."  farfugliai pulendomi il viso con la mano.
"Ci sono le salviette Emily per pulire la bocca sai cosa direbbe tua madre? Che le brave ragazze di buona famiglia..." cominciò Amelia.
"..seguono il bon ton!" finii "e che gli uomini non si sposano con delle donne che sembrano animali divoratori. Lo so, me lo dice sempre. La mamma ha paura che mi ritrovi a cinquanta anni a ingozzarmi con un intero tacchino per la festa del ringraziamento da sola!
Ecco il suo obbiettivo: farmi studiare per accalappiarmi un giovane facoltoso e magari intelligente uomo di qualche grande città...."

"Tua madre vuole solo il meglio per te " la giustificò la donna "Comunque, fuori c'è l'autista nuovo Louise che ti sta aspettando. Emily bambina mia dove sono gli occhiali?".
Amelia si era voltata e aveva visto la novità del giorno .
"Ho le lenti a contatto giornaliere non sono male. Comunque mi porto via due muffin per oggi. Grazie" presi i dolci li misi in un sacchettino e le diedi un bacio.

"A proposito, non vado a scuola con il nuovo autista, prendo il bus scolastico con Mary, non dirlo a mia madre. Grazie, ti voglio bene"  chiusi la porta secondaria della cucina, lasciandola a bocca aperta e con uno sguardo torvo.

Pace.
Ecco quello che provavo quando uscivo da quella casa. Accoglievo qualsiasi scusa per uscire da lì anche se dovevo buttare via solo la spazzatura.

Amavo il mio quartiere specialmente in autunno. Gli alberi avevano indossato le foglie multicolori. Sembravano dipinti fatti da un artista di strada a cui erano scivolate delle chiazze di pittura per sbaglio.

Alla fermata del bus trovai la mia migliore amica: Mary. L'avevo conosciuta al parco giochi del quartiere lo stesso anno in cui morì papà. Lei conosceva tutto di me. Era l'unica persona con cui mi confidavo, il mio diario segreto ed io ero il suo. Grazie a quest'amicizia avevo superato un brutto periodo della mia vita in cui non riuscivo a parlare con nessuno. Ne abbiamo combinate tante sia in classe e sia a casa. Che bei giorni spensierati!
Eravamo due piccole, prepotenti e ribelli pronte ad affrontare chiunque si mettesse in mezzo alla nostra strada.

D'altronde nemmeno la sua vita le aveva regalato un'esistenza spensierata. Abitava con sua nonna materna. Sua madre era morta partorendola e il padre si suicidò poco dopo, lasciandola da sola al mondo.

"Ciao bambola! Che figa che sei oggi!" disse Mary, abbracciandomi.
In effetti, per un attimo, mi ero sentita molto carina davanti allo specchio, ma ora che ero vicina a lei mi resi conto di non essere poi così bella.

"Grazie amore. Anche tu sei stupenda oggi, come sempre da altronde".
" Ecco sei sempre la solita negativa. Vedrai da oggi faremmo un salto di qualità. Abbiamo cambiato scuola per questo motivo."

"Non è vero! L' abbiamo cambiata perché eravamo stanche di frequentare una scuola per donne che sognano la conquista del mondo!".
" Si ok . Da accordo... ecco il bus . Aspetta ora faccio segno che si fermi" disse tirando fuori il braccio.

Il mezzo si arrestò con una frenata così rumorosa da svegliare tutto il quartiere.
" Ok ci siamo Emy.." dichiarò Mary appena le porte dell'autobus si aprirono.
" Sì.. prendiamo però i posti in fondo?" la pregai.
" Da accordo".

Sentii subito gli occhi addosso di tutti i ragazzi e ragazze, già seduti in quei sedili così vecchi e impolverati.
Ero abituata a tutta quell'attenzione. Io e la mia amica attiravamo abbastanza l'interesse di chi ci stava attorno.

Quando uscivamo insieme molte persone guardavano la modella rossa seduta accanto a me. I maschi fissavano intensamente le sue forme, la bocca, i capelli, gli occhi verdi e le movenze feline.
Le femmine, d'altro canto, la esaminavano come se fosse un'aliena, venuta sul pianeta terra per cibarsi dei loro uomini; praticamente la fulminavano con lo sguardo.

Altre persone, invece, fissavano me. Ricordavo molto mio padre. Tutti i personaggi illustri della città, appena si accorgevano che c'ero, non perdevano occasione a farmi complimenti e chiedermi consigli su quando chiamare mia madre  per proporle nuovi progetti da finanziare.

Ormai, eravamo talmente abituate a tutta quell'attenzione che non ci accorgemmo nemmeno del tipo con gli occhiali che sì alzò e venne a salutarci.

"Ciao io mi chiamo Mike. Siete nuove vero?" chiese il ragazzo occhialuto porgendo la mano.
"Ciao. Io sono Mary, molto piacere" disse la mia amica stringendogliela. "Questa è Emily".
"Ciao Mike, il piacere è tutto mio" lo salutai.
"Comunque sì siamo nuove!" dichiarò la mia amica "Prima andavamo alla Lincoln Superior School, abbiamo deciso però che la Halifax School vada meglio per i nostri standard e .."

"Quindi voi avete rinunciato alla migliore scuola privata della nostra città per venire a quella pubblica? Bhe' comunque in che classe andrete? All'undicesima? Dodicesima?" chiese tutto d'un fiato Mike.
"Veramente abbiamo deciso di partire dalla nona classe. Così partiamo praticamente dall'inizio".

"Ho capito, io sono alla dodicesima e quest'anno diventerò anche rappresentante dei studenti. Insomma, per me è l'ultimo anno e voglio dare il massimo così da poter entrare in un ottimo college" sorrise il ragazzo toccandosi la barba sul mento

"Comunque mi ha fatto piacere conoscervi. Se avete bisogno cercatemi pure. Solitamente sono in biblioteca a studiare. Spero di rivedervi!".
"Magari abbiamo qualche corso assieme" sbottò Mary "Possiamo anche vederci a pausa pranzo. Ci vediamo in mensa? Ti piace l'idea?"
" Certamente!" esclamò Mike "Ora è meglio che mi sieda prima che Kevin, l'autista mi metta giù. Credetemi sarebbe in grado di farlo. A dopo.".

"Che cavolo ti è preso?" sbottai, non appena il ragazzo si sedette davanti al suo posto.
"Bé scusa che male c'è? Poi è dell'ultimo anno conoscerà un mucchio di cose sulla scuola. Tipo cosa mangiare in mensa? Non credo che si mangi bene."
"Dio Mary,  è possibile che tu pensi sempre a mangiare? Ecco siamo arrivate".

Terrorizzata da quello che mi aspettava in quella scuola, dai nuovi compagni di classe ai professori, scesi giù dal mezzo, facendomi urtare da un paio di ragazze.

Ero piuttosto impaurita da tutto quello che cambiava la mia quotidianità. Non amavo le novità, anche se a volte miglioravano la mia vita facendomi sentire veramente viva, ma soprattutto
non avrei mai immaginato di trovare lì il mio destino, in quelle quattro mura.

Davanti ai nostri occhi, una marea di persone sfiumava in tutte le direzioni.

Amici che si ritrovavano dopo le vacanze estive che si abbracciavano e piangevano dalla felicità di vedersi; ragazzi e ragazze che correvano alle aule, per paura di fare tardi alla prima lezione.

Professori che sorridevano all'idea di cominciare un nuovo anno scolastico, guardavano i nuovi studenti con occhi speranzosi.

C'erano anche molti nuovi alunni, come me, non avevano la più pallida idea di dove andare. Erano pesci fuor d'acqua in quella scuola sconosciuta.

L'edificio bianco con delle colonne portanti che circondavano l'entrata in acero massiccio, dominava la collinetta in quell'angolo di Halifax. Il tutto, meravigliosamente circondato da un giardino enorme pieno di alberi, offriva molti spiazzi in cui si poteva leggere un buon libro.
C'erano anche delle bellissime aiuole su un recinto di mattoni innalzato.

Meravigliata, stavo gustando ogni minimo particolare della mia scuola. quando il mio sguardo si posò su una macchina parcheggiata davanti al marciapiede: una jeep rosso scuro.

A mio parere bellissima: ottimi cerchioni, rifiniture cromate e sedili in pelle nera. Adoravo le macchine. Avevo cominciato ad appassionarmi ai motori dopo aver visto Fast and Furios.

Ero talmente assorta dalla macchina che non mi accorsi che dentro c'era un ragazzo che mi fissava.
Immediatamente abbassai lo sguardo, ma poi lo riposai dov'era.

Mi ritrovai incantata ad osservare quello sconosciuto mentre scendeva dall' automobile.
Mary accanto a me continuava a parlare.

Ormai non l'ascoltavo più ero in un altro mondo. Il tipo che era sceso, aveva un portamento elegante e dei lineamenti delicati. Il ciuffo biondo ricadeva di lato del viso, rendendolo più affascinante che mai.

Come avrei voluto togliere gli occhiali da sole per poter vedere il colore dei suoi occhi.

"Bene ora dobbiamo andare in segreteria per chiedere la mappa della scuola e i lucchetti per i nostri armadietti. Ha già parlato mia nonna, non preoccuparti. E' tutto sistemato in teoria.. Hai capito Emy?" domandò Mary, riportandomi al mondo reale.
"Sì, sì.. certo. Lucchetto e armadietti."

"Emy non mi stai ascoltando. Mi sono accorta che stai guardando qualcos'altro! Ecco non mi dai retta!Ma cosa mai avrai trovato di così interessante?Quello sicuramente fa il modello!" osservò con voce stridula la mia amica.
"Dici?"
" Certo! E' troppo bello per essere un semplice compagno di classe. Oh mio Dio!Ci ha puntate! Fai finta di nulla sta venendo da questa parte" esclamò Mary con aria preoccupata.
"Siamo davanti alla porta d'entrata, praticamente stiamo bloccando l'unica via d'accesso della scuola; è ovvio che sta venendo da questa parte se vuole entrare!" osservai con tono secco; mi sembrava alquanto impossibile che un ragazzo di quella bellezza ci stesse "puntando".
" Giusto, giusto! Fai finta di niente, ma tra poco ci passerà accanto".

Al suono di quelle parole, strinsi più forte a me i libri che avevo in mano, mentre la mia compagna con aria innocente, faceva finta di cercare nella sua cartella un qualcosa.

Quando ci passò accanto non potei che alzare lo sguardo.

Me lo ritrovai faccia a faccia. Era davvero molto carino.
Aveva un ombra di pizzetto, pelle chiara e una bocca carnosa. Era più alto di me e aveva delle spalle larghe e possenti.

Appena mi passò accanto sentii un brivido lungo la schiena e mi ritrovai a seguirlo con lo sguardo finché scomparve in mezzo alla folla.

"Terra chiama Emy! Terra chiama Emy!".
" Sì ci sono Mary! Sono qui."
"Bene andiamo in cerca della segreteria e della nostra classe!"  m' incoraggio' la mia partner di avventura.

Dopo esserci perse un paio di volte per la scuola, trovammo l'aula di letteratura inglese. La porta era aperta e seduto sulla cattedra vi era un signore di mezz'età che appena ci vide fece segno di entrare.

"Prego, prego entrate e prendete posto. Dopo ci racconterete tutto di voi. Prima però il signor Simpson ci deve descrivere il libro che ho dato per le vacanze estive "La fattoria degli animali" di George Orwell" disse il professore, facendoci cenno di sedere.
Trovammo posto sulla seconda fila vicino alla porta d'entrata.

Fu allora che vidi un paio di occhi azzurri grigi che mi fissavano.

   
 
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