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Autore: SterekLover1121    06/09/2016    2 recensioni
《Hai mai sentito parlare delle Fate del destino?》le domandò lui. Kaya scosse la testa, così il giovane continuò:《Sono delle dee che
vivono sull'Olimpo e che decidono in merito al destino dell'uomo. Vengono altrimenti chiamate Moire o Parche, ma ogni leggenda che narra la loro storia non si avvicina nemmeno lontanamente alla verità»
«E quale sarebbe la verità?»
Corey sorrise: «Lo scoprirai.»
~~~
Una Maledizione. Una giovane ragazza con una vita perfettamente normale. E un commerciante misterioso.
Sembra la classica storia che tutti noi abbiamo letto e riletto.
Ma... Le apparenze possono ingannare.
Per scoprirne di più, vi invito ad entrare in un mondo in cui nulla è come sembra.
Sarete in grado di resistere fino alla fine?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kaya osservava con sguardo spento il paesaggio che si intravedeva fuori dal finestrino della sua auto; guardò attentamente gli alberi che se ne restavano lì fermi, le chiome scosse dal leggero venticello che caratterizzava da sempre le giornate d'autunno, quasi come se stessero studiando a loro volta quello strano marchingegno a quattro ruote che sfrecciava sulla strada, lasciandosi tutto alle spalle, proprio come stava facendo Kaya in quel momento. 
La sua casa, i suoi amici, la sua scuola... aveva abbandonato tutto solo perché la madre aveva ricevuto il tanto agognato trasferimento ad Aicher, una delle città più belle e famose del mondo, nonché meta preferita dall'inverno e dal gelo, senza tralasciare i rumori assordanti, il traffico e la vita frenetica che ben presto avrebbero dovuto condurre Kaya e sua madre. 
Quella prospettiva non le piaceva per niente; era sempre stata una ragazza di poche parole, timida ed introversa, amante della pace e del silenzio. Insomma, una di quelle tipe che non vedi girare per strada il sabato sera e, ovviamente, la madre la rimproverava sempre per questo aspetto del suo carattere. 
«Non puoi restare segregata in casa per sempre!» diceva «c'è un mondo là fuori!» 
La verità però era che a Kaya, quel mondo, non piaceva per niente. Le persone sembravano così false, così piatte, pronte a pugnalarsi le spalle a vicenda, senza alcun pudore.
Gli unici che non l'avevano mai tradita, che erano stati al suo fianco sempre, anche nei periodi più bui, erano i suoi migliori amici, Kevin e Kristine. 
Lasciarli era stata una tortura ed era pronta a scommettere che avrebbe rivisto i loro visi disperati e tristi ogni sera, nei suoi incubi. Non avrebbe dovuto abbandonarli, anche perché nel paesino sperduto in cui loro vivevano c'era poco da fare e pochi ragazzi della loro età con cui socializzare, non che Kaya ci tenesse particolarmente, a fare nuove amicizie. La verità era che a lei bastavano Kaytlin e Kevin, non aveva mai avuto bisogno di nessun altro amico per essere felice. 
Eppure, quel breve periodo di felicità non sembrò durare molto, considerato che il destino sembrava aver deciso per lei un altro percorso. Quindi eccola lì, diretta verso una città in cui il caos regnava sovrano, lontana dal suo piccolo paesino che aveva imparato ad amare dopo così tanto tempo e la verità era che non riusciva a smettere di pensare al tempo che ci sarebbe voluto per abituarsi a quella nuova, frenetica vita di città. 
《Allora...》 quasi non si accorse che la madre aveva iniziato a parlare, riportando la giovane bruscamente alla realtà. 《Non sei emozionata? È la prima volta che andiamo in città! Non sei curiosa di scoprire come sarà?》 
《Affatto》 rispose, fredda e coincisa. Le dispiaceva rispondere in modo brusco a sua madre, ma in quel momento era troppo arrabbiata e frustrata per preoccuparsi del tono usato con lei. 
Intanto, il sorriso che aveva precedentemente occupato il volto di sua madre svanì in un lampo, lasciando posto ad un'espressione afflitta. La donna sospirò, stringendo impercettibilmente le dita sul volante e non staccando gli occhi dalla strada. 
《Sai che dovevo farlo, Kaya. Ho aspettato anni per ottenere questo dannato trasferimento! Finalmente potremo condurre una vita dignitosa. Eichen offre tantissime possibilità in campo lavorativo, soprattutto per i giovani come te.》 
《Mamma, ho sedici anni, non credi che sia un po' presto per pensare al lavoro?》 Obiettò la giovane, sospirando stancamente ed appoggiando il mento sul palmo della mano destra. 
La donna ridacchiò, scuotendo piano la testa. 《Okay, sai che ti dico? Prenditi tutto il tempo che ti serve. Non ti farò mancare nulla, te lo prometto. E poi... potrai sempre mantenere i contatti con i tuoi amici, via Internet》 
A quella risposta, Kaya alzò gli occhi al cielo. 《Mamma, dovresti sapere meglio di me che da loro la connessione fa letteralmente schifo》
La donna sembrò leggermente allarmata da quella risposta, ma si riprese in fretta: il sorriso ritornò ad occupare il suo volto come se fosse sempre 
stato lì, non lasciando spazio a nessun'altra emozione negativa. 《Bè, allora vorrà dire che li andremo a trovare!》 
A quelle parole Kaya non poté trattenere un gemito, lasciandosi cadere placidamente sullo schienale del sedile ed osservando gli alberi che apparivano e scomparivano velocemente dalla sua visuale. 
Sarebbe stato un lunghissimo viaggio. 


La casa non era come se l'aspettava, in poche parole: se nel suo paesino era abituata a delle grandissime ville, diverse le une dalle altre e ognuna dotata di un giardino personale, quello che aveva davanti in quel momento era un semplice palazzo a cinque piani, identico a tutti gli altri; le pareti erano in marmo grigio ed il portone principale sembrava essere lì da anni. 
Aggrottando le sopracciglia, la giovane impugnò più saldamente il manico della sua valigia e seguì la madre all'interno del triste edificio, guardandosi intorno. Nemmeno l'entrata principale era questa gran cosa: il colore che un tempo doveva essere di un verde brillante si era schiarito, lasciando il posto ad una sorta di grigio chiaro che donava al luogo un'aria squallida, spoglia e così diversa dalla sua bellissima villa colorata. 
Man mano che procedevano su per le scale di quel triste edificio l'umore di Kaya non faceva altro che peggiorare: si aspettava almeno che il palazzo fosse decente, ma non voleva giungere a conclusioni affrettate. Infondo, doveva ancora vedere la casa. 
Dopo quelli che per Kaya sembrarono secoli, le due giunsero davanti alla porta della loro nuova abitazione. Tirando fuori un grande mazzo di chiavi e producendo un fastidioso tintinnio metallico, la madre della giovane aprì la porta, rivelando finalmente alla figlia il luogo in cui avrebbero risieduto da quel momento in poi. 
E i dubbi di Kaya furono confermati. 
Magari erano le sue aspettative troppo elevate, magari era abituata a standard diversi, oppure si era solamente suggestionata. Qualunque fosse il motivo, a Kaya, quella casa, non piaceva per niente: vi era un odore di muffa e polvere insopportabile che le entrava nelle narici, facendola tossire; i mobili sembravano essere vecchi di cent'anni ed un piccolo lampadario pendeva dal soffitto, mentre un divano a tre posti occupava il centro della stanza, ricoperto da una sottile stoffa che lo proteggeva dalla polvere. Tra tutti quei mobili e oggetti vari, il pavimento in marmo pareva l'unica cosa nuova. 
《Bè, che te ne pare?》 La voce della madre riportò bruscamente la giovane alla realtà, facendole sbattere le palpebre per un momento.
Voleva dire che odiava quell'abitazione e che voleva tornare a casa, ma sapeva bene che in questo modo non avrebbe ottenuto nulla. Ed inoltre non le 
sembrava giusto nei confronti di sua madre. 
《Mi aspettavo di meglio》 si limitò a dire, prima di fare qualche passo in avanti ed osservare la casa, passando di tanto in tanto le dita sui mobili impolverati. 
Il salotto sembrava l'unica stanza di grandezza decente. Una piccola TV che non aveva notato prima si trovava di fronte al divano, su un tavolino. Entrambi i mobili erano ricoperti da una stoffa sottile. 
Poi passò a quella che doveva essere la cucina: era abbastanza grande perché ci potessero entrare lei e sua madre, ma sembrava comunque strettissima. 
Sternutendo per via della polvere che sembrava essere presente in quantità maggiore all'interno della cucina, Kaya uscì dalla stanza e giunse alla fine del corridoio, dove si trovava una porta. Senza esitare la spalancò, rivelando quella che suppose essere la sua stanza. Fortunatamente, questa volta ne rimase piacevolmente colpita: un letto a baldacchino color porpora occupava il centro della camera, affiancato da un comodino in quello che doveva essere mogano; una scrivania in legno si trovava sul lato estremo della stanza, accanto ad una finestra dalla quale si poteva ammirare il bellissimo panorama che dava direttamente sulla città di Eichen, lasciando Kaya a bocca aperta. 
《Questa è la tua stanza, l'ho fatta fare apposta per te. So che ti piace questo tipo di arredamento》 
Sua madre comparve apparentemente dal nulla, facendo sussultare la giovane, che annuì. 
《Già, riguardo a questo hai indovinato alla grande》 commentò, lasciando che un mezzo sorriso le occupasse il volto. 
La donna le poggiò una mano sulla spalla in risposta, guardandola negli occhi. 《Che ne dici di andare a fare un giro, mh? Ci penso io alle tue valigie》 
《No, mamma, davvero, non c'è bisogno che tu- 》la ragazza cercò di protestare, ma la madre la zittì, poggiandole un dito sulle labbra. 《lascia fare a me, tu vai a divertirti, qui ci penso io》 disse con voce autoritaria e al contempo dolce, costringendo Kaya ad annuire. 
Si recò quindi fuori dalla camera e percorse il piccolo corridoio, accorgendosi di sfuggita di una stanza che non aveva mai notato prima. Con le sopracciglia aggrottate tornò sui propri passi, ritrovandosi ad osservare un... fuso ricoperto da un filo rosso. 
Un senso di disagio parve stringerle lo stomaco in una morsa, impedendole di respirare. Tuttavia, quella strana sensazione svanì dopo un secondo, lasciandola alquanto intontita. 
Scuotendo la testa, la ragazza si promise di chiedere spiegazioni a sua madre una volta tornata, prima di camminare spedita verso l'ingresso e chiudendosi la porta alla spalle, ignara di quello che stava per accadere. 


Una volta fuori, una moltitudine di voci e rumori le invasero le orecchie, stordendola. Davanti a lei uomini, donne e bambini di tutte le età creavano un gran via vai, camminando lungo i marciapiedi, entrando ed uscendo dai vari negozi che Kaya si rese conto di non aver avuto il tempo di notare prima, curiosa com'era di visitare la sua nuova casa. 
Tuttavia, quel che vide le bastò per farle rimpiangere, ancora una volta, la calma e la tranquillità del suo piccolo paesino. 
Deglutendo, la giovane si confuse tra la folla, cercando di osservare tutti i negozi e le abitazioni che la circondavano : c'erano bancarelle, mercatini, negozi di vestiti, di tecnologia... nulla di tutto ciò tuttavia sembrava attirare la sua attenzione. 
O almeno fino a quando i suoi occhi non incontrarono la sagoma di un piccolo negozietto che sembrava essere stato costruito interamente in legno; pareva quasi una di quelle case di montagna con i tetti spioventi. 
Però, mentre gli altri negozi erano gremiti di persone, quello che aveva suscitato in lei tanto interesse era apparentemente deserto. "Un motivo in più per visitarlo" pensò, incamminandosi con passo spedito verso il piccolo edificio.
Alla fine arrivò di fronte alla porta in vetro - così diversa dal resto del negozio – sulla quale c'era un cartellino con su scritto "open". 
Soddisfatta, la giovane entrò, udendo il familiare tintinnio che preannunciava l'arrivo di un nuovo cliente. Si guardò intorno ed immediatamente il profumo di libri e di buono le invase le narici, facendola sentire leggera. 
《Posso aiutarla?》
Una voce maschile fece sobbalzare la ragazza all'improvviso; si voltò, incontrando immediatamente due occhi color del ghiaccio che la fissavano 
incuriositi. 
《Oh ehm... io... volevo, ehm, visitare questo negozio... 》balbettò la giovane, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Certo, la cosa più intelligente che avrebbe mai potuto dire ad un negoziante. 
Quest'ultimo, d'altra parte, non sembrò affatto infastidito, anzi. Con un sorriso che gli occupava il volto glabro, il giovane – doveva avere sì e no diciotto anni - le si avvicinò, prendendolo la mano. 
《Io sono Corey, benvenuta nella Caverna del Mistero, signorina...? 》
《Kaya》 rispose prontamente la ragazza, un po' incuriosita dall'atteggiamento del ragazzo. Di solito i negozianti non si comportavano in quel 
modo confidenziale con i clienti. 
《Posso darti del tu, vero? È raro ricevere visite da queste parti》 disse il giovane, oltrepassando la ragazza con un sorriso e sistemando una pila di libri su un vecchio scaffale, alzandosi in punta di piedi. 
《ehm... 》esordì Kaya, voltandosi verso la porta chiusa del negozio, attraverso cui era possibile ancora udire, seppur in modo abbastanza ovattato, il vociare e gli schiamazzi della folla. 《Come sarebbe a dire che è raro ricevere visite? Qui fuori ci saranno, che so, cento e passa persone?》 
Corey terminò di sistemare i libri, voltandosi verso Kaya e spostando quasi immediatamente lo sguardo sulla folla che si poteva scorgere attraverso il vetro sottile della porta. 
《Oh, intendi loro?》chiese, ritornando a quello che stava facendo, scrollando le spalle 《Non credo che con negozi così moderni a disposizione decidano di visitare questo vecchio negozietto d'antiquariato》 
《Bè, io l'ho fatto》ribattè la giovane, prendendo in mano uno dei libri dalla pila più vicina ed osservandolo con interesse: sembrava davvero molto antico. Le pagine erano ingiallite dal tempo ed Il titolo – le Tre Moire - era scritto a caratteri cubitali sulla copertina rigida e malconcia. 
《Bè, a quanto pare tu sei una delle poche persone ancora curiose su questo pianeta》la giovane si accorse a malapena della risposta che le aveva dato il giovane, impegnata com'era a sfogliare e ad ammirare il libro che aveva tra le mani. Corey le si avvicinò, leggendo il titolo da sopra la sua spalla. 
《Cosa sono le Tre Moire?》 Domandò la giovane, incuriosita. Corey ridacchiò, sussurrandole all'orecchio: 《Non cosa, Kaya, ma chi》 
Detto questo le strappò senza tanti complimenti il libro dalle mani. 《Ehi!》esclamò allora la giovane, cercando inutilmente di recuperarlo. 
《Se vuoi sapere la vera storia, mia cara, non dovrai prestare ascolto a questo mucchio di fandonie》 ribattè il giovane, riponendo con cura il libro su uno dei ripiani più alti della libreria. 
La ragazza sbuffò, le braccia conserte.《Quale sarebbe allora la vera storia? Sentiamo》 
Il giovane si lasciò sfuggire un ampio sorriso, sedendosi a gambe incrociate sul pavimento e facendo segno alla ragazza di imitarlo. Questa, decidendo che non aveva niente da perdere, seguì l'esempio di Corey, osservandolo con uno sguardo carico d'aspettativa: 《Allora?》 
《Hai mai sentito parlare delle Fate del destino?》le domandò lui. Kaya scosse la testa, così il giovane continuò:《Sono delle dee che 
vivono sull'Olimpo e che decidono in merito al destino dell'uomo. Vengono altrimenti chiamate Moire o Parche, ma ogni leggenda 
che narra la loro storia non si avvicina nemmeno lontanamente alla verità. Vedi, le tre Moire avevano ognuna il proprio 
compito: c'era Cloto, la Moira che si occupava di filare lo stame della vita, Lachesi, che invece avvolgeva il filo prodotto dalla sorella sul fuso, ed 
infine vi era Atropo che, con lucide cesoie, lo recidiva, inesorabile, ponendo fine alla vita dell'uomo. Tutto sembrava procedere per il meglio per le tre Moire che, felici, compivano il loro dovere sull'Olimpo. 
Tuttavia, la felicità per loro non era destinata a durare. Atropo, amante segreta di Norminus, dio della terra e fratello perduto di Era, fu privata del suo sposo in una notte d'inverno, per mano di un uomo. Non si conosce l'identità di costui, ma quel che è certo è che l'ira della terza Moira fu implacabile: in preda alla rabbia e al dolore, ella tagliò centinaia e centinaia dei fili prodotti dalle sue sorelle, uccidendo in tutto più di millecinquecento uomini. E avrebbe fatto fuori l'intera umanità, se solo non fosse stato per Zeus, il quale la condannò a vivere per sempre sulla Terra sotto forma di donna. 》 
《...la condannò a vivere sotto forma dell'essere che disprezzava》concluse in un sussurro Kaya, presa completamente dalla storia. 
Corey annuì. 《Esatto. Ma non è tutto: Zeus stabilì anche che Atropo avrebbe avuto una bambina, la quale, compiuti sedici anni, avrebbe sostituito la madre come Moira sull'Olimpo. Tuttavia, Atropo fu più astuta: poco prima della sua espulsione dall'Olimpo, infatti, ella rubò il fuso di Lachesi e lo portò qui, sulla Terra. Giurò vendetta a Zeus, promettendogli che sua figlia sarebbe tornata sull'Olimpo, finendo il lavoro che lei aveva iniziato》 
《Quindi voleva che sua figlia facesse estinguere la razza umana?》Domandò Kaya, soprappensiero. 《E come avrebbe fatto a convincerla? Insomma, non penso che sua figlia fosse tanto propensa a radere al suolo l'intero genere umano》 
《No, infatti》 concordò Corey, stiracchiandosi 《Ma c'era un motivo per cui Atropo aveva rubato il fuso. Sempre prima dell'espulsione e con i pochi poteri rimastigli, ella lo maledisse, cosicché una volta che sua figlia l'avesse toccato, all'età di sedici anni, avrebbe avuto la consapevolezza del suo ruolo sull'Olimpo》 
《Ovvero porre fine alla vita dell'uomo, per vendicare suo padre》 concluse ancora una volta Kaya.
I due restarono in silenzio per qualche minuto finché Kaya non sussultò, alzandosi in piedi di scatto.
《Oh mio Dio, è tardissimo!》esclamò, fissando il suo orologio da polso. 《Scusami, devo andare, mia madre sarà preoccupatissima.》 Corey si alzò, annuendo comprensivo《Certo, capisco. Torna a trovarmi, se vuoi sentire altre storie!》
《Senz'altro》rispose Kaya quasi senza accorgersene, infilandosi con furia il giubbotto ed aprendo la porta 《promesso.》 

I giorni seguenti, Kaya mantenne la sua promessa: si recava nel silenzioso e deserto negozietto d'antiquariato, parlava del più e del meno con Corey, il quale finiva sempre per raccontarle qualche strampalata storia sugli dei dell'Olimpo e, in particolar modo, sulle Moire. 
Man mano che i giorni si tramutavano in settimane e le settimane in mesi, il rapporto tra i due ragazzi non faceva che farsi sempre più stretto. Se, inizialmente, Kaya era stata un tantino diffidente nei confronti del ragazzo, dopo pochi mesi gli aveva raccontato quasi ogni particolare della sua vita, a partire dagli amici al suo rendimento scolastico. Corey, dal canto suo, le raccontava che il negozio che conduceva gli era stato affidato dal padre, morto a causa di un cancro quando lui era molto piccolo. Era stata una brutta botta, certo, ma alla fine era andato avanti, si era ripreso. 
In tutto questo, tuttavia, Kaya non aveva mai rivelato a sua madre dove si recasse ogni pomeriggio, per evitare che la donna le ponesse domande indesiderate. 
Ma, come dice un vecchio detto, le bugie hanno le gambe corte e, inevitabilmente, un giorno d'estate, la madre della giovane, appena uscita dal supermercato, aveva udito l'inconfondibile risata di sua figlia proveniente da un negozio d'antiquariato. Quindi vi era entrata, trovando la ragazza insieme ad un giovane alto e di bell'aspetto e con dei graziosi riccioli biondi ad incorniciargli il viso. 
Fu a partire da quel momento che le cose per Kaya divennero difficili. 
Non appena la madre aveva messo piede nel negozio, infatti, sia la giovane che Corey si erano ammutoliti ed un imbarazzante silenzio era caduto su di loro, intrappolandoli nella sua gelida morsa. 
Kaya spostava lo sguardo dal viso di Corey a sua madre e viceversa. Tuttavia, non c'era sul volto della donna quell'espressione di rimprovero che Kaya si sarebbe aspettata di trovare. 
Sembrava leggermente preoccupata, di cosa, non lo sapeva. 
Per qualche motivo però la donna non oltrepassava la soglia del negozio, limitandosi a guardare negli occhi il povero Corey, il quale sembrava fissarla con qualcosa simile a stupore e, forse, anche un po' di timore. C'era però un'altra emozione che Kaya non era riuscita ad identificare. 
Dopo quelle che sembrarono per la ragazza ore e ore di silenzio interminabile, la donna parlò: 《E così, Kaya... ti sei trovata un amico. 》 
《Già, ehm... lui è Corey.》rispose Kaya, alzandosi in piedi e cercando di assumere un'aria baldanzosa 《Corey, lei è mia madre》 《Piacere di conoscerla, signora》Fece il giovane, il tono freddo e le mani che avevano iniziato a tremargli. 
La donna, intanto, ancora ferma sulla soglia del negozio, lo guardò con aria falsamente preoccupata, domandandogli poi: 《Oh, caro, cosa succede? Non sembri avere una bella cera》 
《Sto bene, magari è il raffreddore》 ribattè il ragazzo, gli occhi ridotti a fessure. 
Kaya intanto osservava la scena ad occhi sbarrati: non riusciva a capire lo strano comportamento di entrambi, ma, prima che potesse spiccicare parola, la madre le strinse il polso e la tirò fuori dal negozio, non lasciandole la possibilità di protestare. 
《Tesoro, andiamo a casa, il tuo amico sembra essere esausto. Io e te faremo i conti una volta arrivate》
E, prima che se ne rendesse conto, sua madre l'aveva trascinata a forza a casa, nonostante lei cercasse in tutti i modi di ribellarsi. 
《ma si può sapere che diavolo ti prende?!》 Le chiese la giovane, osservando la madre chiudere a chiave la porta dell'abitazione. Quando si voltò verso di lei, Kaya sussultò: non l'aveva mai vista così arrabbiata. 
La donna respirava affannosamente, i pugni stretti lungo i fianchi, i denti digrignati. Quasi non la riconosceva più. Inconsapevolmente la giovane indietreggiò, urtando la schiena contro la porta della sua stanza. Sua madre intanto aveva preso ad 
avanzare verso di lei, gridando furibonda: 《NON DOVRAI MAI PIÙ VEDERE QUEL RAGAZZO, MAI PIÙ, HAI CAPITO BENE?!》 Kaya si appiattì ancora di più sulla porta, le gambe che sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro. Cosa stava 
succedendo? 《Mamma, cosa-》 
《NON VOGLIO SENTIRE PIÙ LE TUE INUTILI BUGIE, VAI IN CAMERA TUA!》
E così, il cuore a pezzi, Kaya strinse i pugni e si voltò, entrando nella sua stanza e sbattendosi la porta alle spalle. 
Dopodiché scivolò sul pavimento, prendendosi la testa tra le mani e dando libero sfogo alle sue emozioni: pianse, confusa, non capendo il perché di quella reazione così violenta da parte della madre. Cosa le aveva fatto Corey? Si erano già incontrati prima? Come avrebbe fatto a risolvere la questione? Le domande erano troppe e per nessuna sapeva trovare una risposta. 
All'improvviso, il cellulare nella tasca posteriore dei suoi jeans vibrò, facendola sussultare. 
Asciugandosi le lacrime la giovane fissò il nome sul display per un tempo che le parve infinito. Era Corey. 
Alla fine, sospirando profondamente, si portò il telefono all'orecchio e rispose con voce tremante: 《P-Pronto?》 
《KAYA! Stai bene? Sei ferita? Ti ha fatto qualcosa?》La voce del ragazzo era agitatissima e, se da una parte era sorpresa del fatto che la causa della sua agitazione fosse lei, dall'altra non riusciva a capire a cosa si riferisse il giovane. 
《Sto bene, Corey》rispose, appoggiando la testa alla porta 《È andata su tutte le furie quando siamo arrivate qui, ma sto bene. Non riesco a capire cosa le sia preso》 
Dopo le sue parole, ci fu una pausa dall'altro lato della cornetta. 《Corey?》lo chiamò, le sopracciglia aggrottate. 
Udì un sospiro, poi il ragazzo parlò di nuovo, questa volta a voce talmente bassa che Kaya dovette sforzarsi di sentirlo: 《Kaya, ascoltami bene, so che potrà sembrarti assurdo e che probabilmente mi prenderai per pazzo, ma devi credermi, d'accordo? Prometti che mi crederai》 
《Corey, io-》 
《Promettilo》 
《Va bene... lo prometto》rispose esasperata la giovane, alzandosi gli occhi al cielo e tirando su con il naso. 
Corey fece una pausa, prima di riprendere: 《Perfetto. Kaya, rispondi a questa domanda con sincerità. C'è un fuso con un filo rosso a casa tua?》 
La giovane aspettò prima di rispondere, riflettendo: certamente, aveva intravisto un fuso il primo giorno che era arrivata nella nuova casa e ricordava di essersi ripromessa di parlarne con sua madre. 
《Sì, e allora?》Fece, mentre una strana sensazione di disagio le attanagliava lo stomaco, facendole venire la nausea. L'ansia la stava uccidendo. 
《È come temevo. Ricordi che tua madre si è rifiutata di entrare nel negozio, questo pomeriggio? Il segreto è che non si è rifiutata. Qualcosa glielo ha impedito. 》 
《Che intendi dire? 》Kaya sentiva di essere vicina a... qualcosa, ma non riusciva a capire che cosa.
《Kaya... le pareti del mio negozio sono intrise di Strozzalupo, una sostanza che impedisce ai Licantropi e ad altre creature 
sovrannaturali di entrarvi. È efficace soprattutto con le... Moire.》 
Fu un attimo: Kaya sentì qualcosa dentro il suo cuore sgretolarsi. Lasciò andare il telefono che, con un tonfo, colpì il pavimento, producendo un rumore sordo. Era tutto chiaro! Il fuso, il cambio di residenza esattamente due giorni dopo il suo sedicesimo compleanno, la sua furia verso Corey che sembrava essere a conoscenza del mondo sovrannaturale meglio di chiunque altro. Tutto aveva un senso ed al contempo rappresentava uno scenario terrificante. Sua madre era Atropo, la Moira Maledetta. 

La ragazza fece per recuperare il telefono e per chiedere aiuto a Corey, quando la porta si spalancò con una forza tale da sbalzarla all'indietro, facendole colpire con un tonfo la scrivania. Con un gemito di dolore, la ragazza guardò sconvolta davanti a sé, incontrando la figura di quella che da sempre aveva considerato sua madre. 
Questa, dal canto suo, la fissava con un ghigno crudele in volto, gli occhi colmi di malvagità:《Certo che quel ragazzo è proprio sveglio, vero? Chissà dove le ha imparate tutte quelle cose... ad ogni modo, non è che mi interessi saperlo, al momento. Quello che voglio ora è che Zeus paghi per quello che mi ha fatto. 》 
Detto questo si avvicinò a Kaya, prendendole il mento tra le mani e fissandola negli occhi. La giovane, intanto, ricambiava lo sguardo con gli occhi colmi di lacrime. 《C-Cosa vuoi da me?》 
《Voglio che tu mi vendichi, tesoro. Non posso tornare sull'Olimpo, questo è vero, ma tu sì. Sono passati esattamente sei mesi dal tuo sedicesimo compleanno e la profezia è finalmente sul punto di compiersi. Io farò in modo che si compia》sogghignò Atropo, allontanandosi da lei quel tanto che bastava per permetterle di osservare il fuso che, maestoso, occupava il centro della stanza. 
《Non toccherò quell'affare》ringhiò Kaya, le lacrime che ormai scendevano copiose lungo il suo viso, ma con una nuova consapevolezza a darle forza: non si sarebbe arresa senza combattere. 
Atropo intanto aveva preso a ridere sguaiatamente. 《Come se potessi opporti! Tu, una ragazzina mortale, sola, che cerca di sfuggire alla perfida Moira. Che storia patetica. 》 
《E chi ti dice che è sola?》 
Entrambe le donne si votarono udendo una voce provenire dal corridoio. Con la rapidità di una pantera Corey balzò all'interno della stanza, stringendo tra le mani una lancia che splendeva alla luce della luna. Kaya sentì il cuore battere più forte a quella vista ed un sorriso le occupò il volto. 
Atropo, d'altra parte, non sembrava affatto contenta. Con un ringhio si lanciò sul ragazzo, cercando di afferrarlo, ma Corey era più veloce: schivò il colpo abbassandosi agilmente e puntando alle gambe della creatura. Atropo, tuttavia, non era meno preparata: con una mossa fulminea colpì il braccio del ragazzo, facendolo urlare dal dolore e facendogli allentare la presa sulla lancia, che cadde a terra con un tonfo. Kaya a quel punto agì d'istinto: gattonò verso l'arma e la impugnò, alzandosi poi in piedi e puntandola verso Atropo la quale, rapida, cercò di disarmarla, fallendo. 
I prossimi minuti per Kaya furono l'inferno: schivava e parava i colpi della creatura, la quale sembrava avere più resistenza di un normale essere umano. Corey giaceva privo di sensi sul pavimento, il braccio piegato in una posizione innaturale. Kaya voleva proteggerlo, assicurarsi che stesse bene, ma Atropo non sembrava essersi indebolita per niente. 
All'improvviso, le unghie della creatura si conficcarono nella sua spalla, strappandole un grido di dolore. Cadde sul fuso, stringendo la lancia con la mano sinistra e tenendosi la spalla insanguinata con quella destra. Faceva male, troppo male. Vide distintamente Atropo ghignare nella vittoria e, quando si rese conto del perché, Kaya impallidì dal terrore: era caduta sul fuso, la maledizione di Atropo stava già facendo effetto, lo sentiva. 
Così, facendo appello a tutte le sue forze, la ragazza si lanciò contro Atropo con un grido. Ciò che accade in seguito fu un insieme di immagini e suoni che non era riuscita a distinguere. Aveva sentito la lancia conficcarsi nell'addome di colei che l'aveva cresciuta, che aveva finto di amarla per sedici anni. Le passarono per la mente i momenti passati insieme a lei, gli abbracci, i baci, e le lacrime scesero nuovamente copiose lungo il viso. 
Non smise di piangere nemmeno quando sentì la vita della Moira Maledetta scivolare via. E con essa se ne andò anche un pezzo del cuore di Kaya. 
Non smise di piangere neanche quando rimosse la lancia sporca di sangue dal corpo di Atropo. Le lacrime continuavano a scendere, scendere senza sosta, anche quando sentì L'ultima briciola di umanità andare via dalla sua anima, riducendola a nient'altro che una macchina. 
Perché era questo quello che era diventata. Una macchina per uccidere. Alla fine, Atropo aveva avuto quello che desiderava. Vendetta. 
Kaya aveva infatti toccato il fuso maledetto e la sua aura malvagia si era impossessata del gracile corpo della giovane Moira che, una volta risvegliatasi sull'Olimpo come era stato stabilito tempi addietro, aveva aperto gli occhi ed un ghigno malvagio si era fatto strada sul suo volto, seguito da una frase, terrificante, che però nessuno degli dei presenti riuscì ad udire: 




«Porterò a termine il tuo lavoro madre. È una promessa. 》




Angolo Autrice: 
E WOLLA gente! Ecco a voi la storia del concorso che volevate tanto leggere! Mi fa molto piacere condividerla con voi, ci tengo tanto, davvero. 
In realtà, mi sono talmente affezionata a questa """"breve""" fanfiction che ho deciso di continuarla, magari usandola per creare qualcosa di "più grande", voi che ne dite? 
Fatemi sapere nei commenti! 
GRAZIE DI TUTTO!
   
 
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