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Autore: _Cthylla_    07/09/2016    3 recensioni
| Golden Age | Young Kozmotis Pitchiner (soprattutto nel primo capitolo) | AU | OCs
L'epoca in cui era la Casa Lunanoff a governare si è distinta per la prosperità presente in ogni parte del regno. La Golden Age è stata un florilegio di grandi eroi dorati e di Case nobiliari, note come "Costellazioni", i cui componenti erano nobili di sangue quanto di cuore.
Ciò è quanto è passato alla storia, quel che la maggioranza dei pochi superstiti è in grado di ricordare. Ma se quei ricordi riguardassero soltanto la parte conosciuta della storia in questione? Se ci fosse stata una parte oscura che quasi nessuno ha potuto o voluto vedere?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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Questa volta tengo particolarmente a ringraziare KausBorealis per tutte le recensioni che ha lasciato a questa storia, e alla sua pazienza nel ripostarle tutte quante!

I server di EFP purtroppo ci sono contro, ma questo non cambia nulla, e prima o poi i tuoi commenti, e anche quelli più recenti degli altri, torneranno sicuramente visibili J

 

Detto questo, buona lettura.

 

 

 

= Una promessa spezzata =







«…quindi non vedo quale alternativa sia possibile rispetto a ciò che penso io sulla questione, ma ho voluto comunque chiederti spiegazioni, caporale. Ti sei sempre rivelata affidabile in battaglia, sei nella mia armata da anni. Preferirei che non fossi la traditrice che sembri essere, e di aver frainteso i tuoi atteggiamenti».

Kozmotis Pitchiner era tornato a casa propria da neppure una settimana, ed ecco che gli era giunta la notizia di un attacco in massa dei Dream Pirates proprio ai confini del territorio degli Orion.

La piccola luna dove aveva nascosto la propria dimora era piuttosto lontana da quel punto specifico, ma non aveva potuto esimersi dal salutare moglie e figlia e ripartire, facendo il proprio dovere di High General of the Galaxies, come sempre.

Peccato che la notizia dell’attacco in massa fosse fasulla: i nemici erano soltanto un gruppo non troppo numeroso di cui lui e la sua armata si erano occupati in meno di un quarto d’ora ma, contrariamente ai suoi commilitoni, Pitchiner aveva notato un dettaglio che agli altri era sfuggito: una conversazione per nulla ostile, seppur non troppo lunga, tra il caporale Silk ed il capo di quel gruppetto, appena prima che questi riuscisse a scappare. Gli era parso di vedere Silk consegnargli qualcosa, ma non era sicurissimo, e non sapeva cosa fosse di preciso.

Non se l’era sentita di far diventare quel fatto un caso di Stato, almeno non immediatamente: il tradimento del caporale sarebbe stato uno scotto principalmente per lui stesso -nessuno nella sua Armata Dorata aveva mai anche solo pensato di tradire, per quanto ne sapeva- perché avrebbe fatto crollare miseramente la sua ferma convinzione di saper valutare bene le persone.

Quindi aveva deciso di fare due chiacchiere con Silk, prima di prendere provvedimenti.

«traditrice, dite? No, Lord Pitch, a diventare traditrice della patria non sarò io. Ma magari voi! Sapete, se ci fossero più malpensanti in circolazione, la vostra ferma volontà a prendere vivo ogni Nightmare Man, Dream Pirate e Fearling possibile e metterli tutti nello stesso luogo potrebbe essere scambiata col voler, man mano, radunare un esercito con cui dare l’assalto al reame».

Lord Pitch era indignato per quel che Silk aveva appena insinuato -“insinuato”…tanto per utilizzare un eufemismo- ma era anche allibito: non solo l’atteggiamento della donna aveva improvvisamente subìto un mutamento radicale da rigidissimo e serio a rilassato e quasi sfacciato, ma la nota fredda che di solito era udibile nella sua voce era scomparsa, sostituita da una divertita e, incredibilmente, sorrideva. L’espressione era quella di un cacciatore che, catturata la sua preda, si apprestava a decidere cosa farne di preciso…e Pitchiner avrebbe mentito, se avesse asserito di capirne la ragione. «tu vaneggi, caporale, tutto questo tempo al fronte deve averti resa pazza».

«sono ben lungi dall’essere folle: estremamente ambiziosa magari, ma folle proprio no. Mi avete chiesto spiegazioni, Lord Pitch» Silk poggiò i gomiti sul tavolo, intrecciando le dita delle mani «e io intendo darvene, o almeno, darvi alcune di esse. La prima: sapevo benissimo che mi stavate osservando, quando ho consegnato il gemello di questo» da una tasca tirò fuori un minuscolo comunicatore ad alta tecnologia «al mostriciattolo. La seconda: volevo che mi vedeste. La terza: avete agito come avevo previsto, e state parlando con me da solo, probabilmente sperando di aver frainteso quello che avete visto e di non aver sbagliato a pensare che fossi una brava persona».

Pitchiner, perplesso ma altrettanto inquieto per quell’analisi accurata, la osservò con sguardo penetrante. «non capisco dove vuoi andare a parare, e la mia teoria sulla tua pazzia resta valida. Perché hai messo in piedi questo teatrino, caporale Silk?»

«perché ci sono due modi in cui questa conversazione può finire, e ci sono delle strade che devo spianare nel caso mi costringiate a seguire il piano originale».

Conosceva la pericolosità del caporale, per cui, istintivamente, Lord Pitch si preparò a rispondere all’eventuale assalto, apprestandosi ad impugnare una qualsiasi delle armi che aveva con sé. «spiegati» le ordinò, gelido «evita di parlare per enigmi. Quali sarebbero questi due modi?»

Silk si stiracchiò. «uno è che voi, al termine della nostra chiacchierata, usciate di qui senza colpo ferire, vi autodenunciate per alto tradimento alla corona ammettendo…beh, quel che vi ho detto prima, che in realtà siete in combutta con i nemici del regno e quella di catturarli vivi è una strana scusa per radunare un esercito. Ma la vostra coscienza non ce la fa più a sostenere un simile peso, siete pentito, per cui avete deciso di confessare, e rinunciare al vostro titolo, comprendendo di non esserne minimamente degno. La vostra reputazione ne uscirebbe distrutta, è vero, ma siete un eroe del regno, e la pena capitale ormai è in disuso: ve la cavereste con diverso tempo in una prigione, presumo».

«che cosa?» Pitchiner, incredulo, fece una breve risata senza allegria «asserisci di non esserlo, ma sei folle veramente! Perché mai dovrei fare una cosa del genere? Non ci penso nean-ma che accidenti…?!»

Era osceno a vedersi, ma pareva che Silk avesse infilato le falangi di pollice e indice sotto la pelle della guancia destra, all’altezza di quella cicatrice che le deturpava il volto in modo a dir poco orribile. «dovreste farlo sia perché vi conviene, che perché ve lo ordino io. Il mio nome non è Silk. Non sono un caporale, e non provengo dal pianeta di donne guerriere nel territorio degli Scorpio».

Davanti agli occhi attoniti del generale, Silk sollevò buona parte di quello che si stava rivelando null’altro che un innesto di pelle finta, mostrandogli una voglia color vinaccia la cui forma ricordava moltissimo quella di una stretta e sottile stella a otto punte.

Un segno che Lord Pitch già conosceva, che chiunque fosse minimamente pratico delle nobili famiglie della Golden Age, le Costellazioni, conosceva, e che lui aveva visto molto bene sul volto dell’ex colonnello Nihil Aladohar della Casa Aldebaran, sia in gioventù -un pessimo incontro, in cui lui era un tredicenne e Aladohar un novenne- sia qualche anno prima, quando l’armata di quest’ultimo aveva supportato la sua.

La donna che gli stava davanti non sembrava più giovane dell’arciduca, se mai il contrario, per cui, escludendo a priori le varie sorelle minori, restava un’unica possibilità.
L'undicenne che aveva incontrato diciotto anni prima era decisamente cresciuta, e non era diminuita in pericolosità, se mai il contrario. «non so cos’abbiate in mente, arciduchessa Nihil Nahema, ma sappiate che non intendo assolutamente obbedirvi, anzi, sapendo che siete in combutta con i nostri nemici farò di tutto per fermarvi! A cosa puntate? Al regno, forse?!»

Nahema sospirò, risistemando l’innesto di pelle finta. «forse. Sicuro di non voler prendere in considerazione l’idea di obbedire, generale?» diede un’occhiata all’orologio in dotazione, mentre la lancetta dei secondi avanzava veloce «siete proprio convinto al cento per cento?»

«assolutamente! Non avreste dovuto neppure osare chiedermelo!»

Qualche secondo dopo Nahema sbuffò una breve risata e ruppe il comunicatore, disintegrandolo nel pugno sinistro. «allora questo non serve più. Niente ordini contrari, ma quando al dunque è meglio così, dopotutto avevo un debito da saldare. Molto bene, Lord Pitch» si alzò tranquillamente in piedi «vostra la decisione, vostra la responsabilità per le conseguenze. Tenetelo a mente».

Inspiegabilmente il generale avvertì un’improvvisa morsa gelida all’altezza dello stomaco. Aveva un brutto presentimento, anzi orribile, e un’inquietudine serpeggiante stava inesorabilmente montando dentro di lui. «cosa…» si schiarì la voce, ignorando i battiti del cuore, che aveva iniziato ad accelerare «cosa volete dire? Quali ordini contrari e debiti intendete?! Parlate!» fece per afferrarla, ma Nahema gli sfuggì facilmente dalle mani.

«lo scoprirete tra qualche istante».

La porta si spalancò all’improvviso, ed un maggiore dell’Armata Dorata entrò trafelato; un segno che doveva esserci una reale emergenza, o non si sarebbe mai permesso di agire in quella maniera! «sign-caporale Silk, guarda dove vai!» sbraitò quando Nahema, nel correre via dalla stanza, lo urtò accidentalmente «generale, abbiamo ricevuto altre notizie-»

«non è il momento, adesso! Bisogna catturare il caporale Si…Nahema!» si corresse, inseguendo quest’ultima.

«i Dream Pirates stanno attaccando in massa per davvero!!!» esclamò il maggiore, confuso su quel che Lord Pitch aveva appena detto, ma concentrato sul resto «stanno oltrepassando una cintura di asteroidi, convergono tutti alle coordinate OR-W-17-35C-4528, e non si capisce per-»

Sentendo quelle coordinate, il generale interruppe la propria corsa, impietrito. 

Guardava davanti a sé con gli occhi sbarrati, ma non vedeva nulla. Per qualche attimo dimenticò persino di respirare, mentre nella sua testa martellavano sia quelle coordinate, quelle di casa sua, che le penultime frasi di Nahema: “vostra la decisione, vostra la responsabilità per le conseguenze”…le conseguenze…”tenetelo a mente”.

Ma Silk/Nahema non contava più per lui, ormai, non contava più catturarla, non contava più fermarla.

Fu solo vagamente consapevole di stare impartendo l’ordine di dirigersi tutti sul posto immediatamente, si rese conto solo a stento di come le sue gambe si mossero facendolo correre nella sala comandi della nave ammiraglia, di stare urlando a tutti quelli che capitavano di sbrigarsi, che non c’era tempo da perdere, e poco gli importava se quel modo di agire poteva sembrare ineducato, o non da lui: aveva in testa solo i volti di moglie e figlia, la voce di Emily Jane che gli aveva fatto promettere di tornare a casa… .-


“tornerò presto”.


Sentì nel pugno sinistro il gelo del medaglione argentato donatogli da sua figlia, quello con dentro il ritratto di quest’ultima.


“lo prometti?”


Sì, lui l’aveva promesso, l’aveva promesso sulla sua stessa anima. Ma erano loro due la sua anima, Aleha e la sua adorata Emily Jane, meravigliosa, cara Emily, che aveva i suoi stessi occhi, e ora…

E ora…


“vostra la decisione”.


Ora avrebbe potuto perderle entrambe, poteva averle già perse, per quanto ne sapeva.


“vostra la responsabilità per le conseguenze”.


Le conseguenze per non aver obbedito, per aver detto di “no” ad una nobile di sangue che non lo era altrettanto d’animo -alla faccia del proverbio!- per aver rifiutato di perdere la propria rettitudine agli occhi di tutti, di farsi devastare la reputazione.


“tenetelo a mente”.


Ma a cosa serviva avere una reputazione integra, se il prezzo da pagare per mantenerla era la distruzione dell’unica cosa che contasse davvero?!

“non le perderò. Non le perderò. Io le salverò. Io sono Kozmotis Pitchiner, Lord High General of the Galaxies. Mi batto tutti i giorni per proteggere un intero regno, e lo faccio bene. Salverò la mia famiglia. Non fallirò. Non devo fallire. Non posso fallire”.

Per gli Dei, perché quel maledetto viaggio sembrava durare così tanto, perché era tutto così dannatamente lento, proprio adesso?!...

***






Fuggire dalla nave ammiraglia di Pitchiner era stato semplice come previsto: per il generale, sapendo che la sua famiglia era in pericolo, catturare lei era passato in secondo piano.

Nihil Nahema si era appropriata con tranquillità assoluta di una navicella d’emergenza, e aveva impostato le coordinate per un piccolo satellite disabitato appena al di fuori del territorio Orion -non distante dal luogo del finto attacco di massa- in cui, come da piani, suo fratello Nuro l’avrebbe recuperata. 

Non poteva dire di conoscere bene tutti i propri fratelli: era entrata presto nell’ambiente militare, per sua stessa volontà, giusto pochi anni prima di suo fratello Aladohar, e impegni su impegni le avevano portato via moltissimo tempo.

Altri suoi fratelli avevano fatto la stessa cosa, e/o si erano sposati molto presto, e poi c’erano quegli ultimi sette anni d’assenza…
Conosceva il ventunenne Nihil Nuro un po’di più, ma sua sorella Nihil Kehazilia e suo fratello Nihil Iruhu -rispettivamente quindici e quattordici anni- le erano soltanto vagamente presenti, mentre aveva visto solo due volte i piccoli di casa, Nihil Taha e Nihil Texu, entrambi di otto anni.

Lei e i suoi fratelli erano molto uniti nell’intento di raggiungere i propri obiettivi, e alla fine era quel che contava davvero, ma non c’era la sensazione di calore che invece, da quel che ricordava, trasmettevano Tsar Lunar Lunanoff e i suoi genitori, pur essendo tutte persone adulte. 

Un tempo c’era stato qualcosa di simile solo tra lei, Nihil Aladohar e anche con Nihil Rerazara -seppur un po’meno- ma il tempo trascorso si era portato via anche questo, in special modo da quando la loro madre aveva perso la ragione sei anni prima, ed Aladohar aveva rinunciato al suo ruolo di colonnello per occuparsi delle “faccende da Lord della Casa Aldebaran”. 
Certo, forse per un uomo sposato -e innamorato della moglie, con la quale stava da quattro anni- era meglio così, ma Nahema sapeva che per lui era stata dura rinunciare a tutto.

Aveva notato l’amarezza nella voce di Aladohar ogni volta che l’argomento veniva sfiorato: lui a casa, lei al fronte, e poi a puntare al titolo di Lady High General of the Galaxies, il massimo grado militare.

Stava vivendo il sogno di suo fratello, e poco importava che fosse anche parte del suo. Quella di Lady High General, per lei, sarebbe stata solo una tappa prima di sottrarre il trono ai Lunanoff, mentre per suo fratello sarebbe stato il punto d’arrivo.

A volte pensava che, in nome dell’ambizione, la sua famiglia avesse perso, stesse perdendo, ed avrebbe continuato a perdere tante cose.

«qui Gold Star. Missione compiuta. Mi dirigo alle coordinate stabilite. Mi aspetto che tu sia già sul posto. Passo».

Staccò dal volto i vari innesti di pelle finta, e passò una mano tra i capelli, con un leggero sospiro. Non vedeva l’ora che tornassero lunghi, e del solito blu scuro. A volte era una fortuna avere un padre alchimista, i cui preparati potevano risolvere facilmente certe cosucce…

– qui Red Star. Ti aspetto. Passo e chiudo.

Quella voce la fece trasalire. Non era di Nuro, non era quella che si aspettava. A dirla tutta la possibilità di poterla sentire in quel frangente non le era passata neppure per l’anticamera del cervello.

Una sensazione di perplessità con una punta d’agitazione che non avrebbe mai ammesso né mostrato l’accompagnò per quel che restava del viaggio. Raggiunse il satellite, atterrò alle coordinate stabilite…e lui non solo era già sul posto come aveva detto, ma era anche sceso dalla sua navicella.

“non cambia nulla” si disse Nahema, aprendo il portello per poi scendere a sua volta “avrei dovuto comunque parlargli di persona una volta tornata su Aldebaran I”. «Aladohar. Vederti qui è…inaspettato».

Capelli blu scuro, occhi verdi brillanti, un po’ di barba, alto almeno un metro e novanta, come lei. Da ventenne a ventisettenne non era cambiato quasi per nulla, forse perché sette anni prima sembrava già più “adulto” di quanto fosse.

«ho le cariche esplosive» disse lui, mostrandole una valigetta «mettiamole a posto».

Nahema non ribatté, limitandosi a procedere come da piano. Aperta la valigetta, lei e Aladohar posizionarono le cariche sulla navicella d’emergenza che aveva utilizzato per fuggire, senza dire una parola. L’atmosfera non era piacevolissima, ma d’altra parte Nahema se l’era aspettato.

«fatto» disse Aladohar, un paio di minuti dopo.

«bene» disse l’arciduchessa, e si avviò verso la navicella del fratello, impassibile.

«sette anni…»

Nahema si voltò a guardarlo. Aladohar stava venendo verso di lei a passo lento, guardandola dritta in volto.

«sette maledetti anni che non ci vediamo, in cui non ci siamo mai parlati faccia a faccia, e tu hai davvero creduto che avrei lasciato che fosse Nuro a venirti a prendere?» le chiese Aladohar, con voce quasi incrinata «dopo tutto questo tempo?»

Nahema non era tipo da abbracci, così come non lo era Aladohar, eppure eccoli lì, abbracciati stretti come se avessero avuto l’intenzione di non staccarsi più.

«cos’è tutto questo sentimentalismo?» gli chiese Nahema, sollevando un sopracciglio «hai preso qualche strano preparato alchemico?» 

«pfff. Macché» borbottò l’arciduca «è che ci sono delle cose che mi hanno fatto riflettere» disse, entrando nella navicella assieme a Nahema «e ho pensato che non si sa mai quel che può accadere, per cui meglio abbracciare una volta in più quando si può, che pentirsi in seguito di non averlo fatto abbastanza. Sai che il generale Pitchiner non mi è in simpatia, ma…diciamo che in questo momento non lo invidio affatto».

Presero entrambi posto, chiusero il portello e si prepararono al decollo.

«io gli ho dato la chance di limitare i danni, ma non è stato in grado di coglierla. Renin Altair, Kitah e Lord Vega sono stati avvisati?»

«sono pronti a testimoniare che hai passato questi sette anni di “esilio” a combattere ai confini più estremi dei loro territori, con bei risultati e qualche momento particolarmente epico. Nessuno crederà a Kozmotis Pitchiner quando griderà al complotto. Sarà un pover’uomo sotto shock e dalla psiche in pessime condizioni che lancia accuse impossibili contro degli arciduchi notoriamente nemici dei mostriciattoli, va’ a capire come mai» disse Aladohar, decollando.

«accusare me solo perché ho un fisico simile a quello delle donne di un lontano pianeta nel territorio degli Scorpio è da pazzi» annuì Nahema, premendo un pulsante. Sentirono vagamente il rumore della navicella d’emergenza che esplodeva.

«non è molto sicuro lasciare la massima carica militare ad uno così» asserì Aladohar «dovrebbero darla a qualcuno di più assennato. Come te, per esempio».

Passò qualche secondo. «Aladohar, voglio essere diretta» esordì Nahema «la massima carica militare è parte del mio sogno, ma era anche il tuo obiettivo finale, e-»

«lo era. Ma nostra madre non è più in grado di intendere e volere da sei anni, nostro padre è sempre rinchiuso nel suo laboratorio, e tra poco avrò un figlio. Rinunciare a quel sogno inizialmente mi è costato, e ammetto di aver provato un po’ d’acredine nei tuoi confronti, Nahema…ma le responsabilità che ho sono quelle che sono, e tutto sommato essere “solo” un arciduca straricco con una moglie che ama moltissimo, e che lo ama altrettanto, non è poi così male. Se qualcuno deve avere quella carica, voglio che sia tu» affermò, con estrema sincerità.

«ottimo» inspiegabilmente, Nahema si sentì come se qualcuno le avesse tolto di dosso un peso che non si era neppure resa conto di portare. 

 

«oltre a questo mi sono resto conto che, tutto sommato, nostra madre non aveva previsto che fossi veramente tu ad occuparti a tempo pieno dell’amministrazione delle nostre terre» disse Aladohar «se anche ti fossi sposata con il re avresti dovuto pensare al regno, non alle nostre faccende. Doveva per forza toccare a me o a qualcuno degli altri».

 

«non avevo mai considerato questo punto di vista» ammise Nahema «ma penso proprio che tu abbia ragione, Aladohar…e ora, finalmente, possiamo dare inizio alla nostra vera missione».

 

“Finalmente”, davvero: Nahema era in grado di portare pazienza come un ragno in attesa delle sue prede, ma era normale che fosse felice di poter andare avanti dopo aver passato sette anni senza aver concluso molto.

Anche se questo significava la morte di una donna che in quei giochi di potere non c’entrava proprio nulla, e strappare una bambina di sei anni alla sua famiglia per utilizzarla in qualche modo in seguito, cose che non la rendevano altrettanto contenta.

Non andava fiera di quel che aveva fatto, distruggere la famiglia di un uomo perché questi avrebbe potuto rappresentare un problema era atroce, e Nahema lo sapeva benissimo; tuttavia la piena consapevolezza di quel che stava facendo non aveva fermato la sua mano, perché non aveva trovato un altro modo per raggiungere lo stesso risultato.

 

 

“cosa credi che voglia in cambio? Fai sì che i Dream Pirates tuoi alleati sterminino la sua famiglia. Spezza quell’uomo. Fa’ in modo che provi un dolore tale da impazzire. Ci guadagneremo tutti quanti”.

 

 

Ma pensandoci bene, dopo la conversazione con Tanith -essere che si era dimostrata altamente pericolosa- Nahema aveva veramente mantenuto la possibilità di scegliere?

Forse era meglio non arrovellarsi troppo su quella questione: a quel punto i giochi erano fatti, il suo debito era stato pagato, e ci avevano guadagnato per davvero.


«è una bella fortuna che papà abbia trovato quel manufatto, come l’ha chiamato?» tornò a parlare Aladohar.

«Barra del Comando, per comodità» rispose pronta Nahema «detta altresì “Schiavizza Mostriciattoli”».

Era accaduto sei anni fa, il giorno in cui era tornata a casa in segreto proprio su richiesta di Kerasaas. Oltre a mostrarle quel che Iyra gli aveva chiesto di mostrarle, le aveva fatto vedere anche un oggetto decisamente interessante, arrivato da poco nel suo laboratorio: un manufatto costruito da una razza ancestrale - “dalla quale credo discendesse quel Kraken Divoratore che avevi portato qui in casa anni fa*, nientemeno!” aveva detto- che, da quel che era riuscito a capire, dava al possessore il dominio sugli antenati di quelli che oggi erano nemici del regno: Dream Pirates, Nightmare Men e compagnia bella.

Era una specie di cilindro di uno sconosciuto metallo scuro striato di rosso, senza decorazioni e abbastanza piccolo da poterlo portare sempre con sé senza che impicciasse. Da com’era fatto sembrava che fosse possibile aprirlo, o comunque dividerlo, ma nonostante i tentativi di Kerasaas le due estremità della verga non avevano voluto saperne di staccarsi.

Poi Nahema lo aveva preso in mano, ed era successa una cosa imprevista: il cilindro si era diviso, e tra le due estremità di era formata una sfera di luce piccola, ma tanto luminosa che li aveva quasi accecati.

Appena lei lo aveva lasciato cadere sul tavolo si era richiuso, e non c’erano state conseguenze, ma quella reazione era stata a dir poco curiosa; per questo suo padre, dicendo di non avere ulteriore tempo da dedicare allo studio di quell’artefatto, glielo aveva affibbiato con un’alzata di spalle.

 

«peccato che non sappiamo come si usa! Hai detto che si accende quando lo tocchi, ma non sai neppure perché».

«poco importa, finché i mostriciattoli non sanno che non lo sappiamo. Faranno quel che diciamo loro di fare, ed è l’unica cosa che conti».


Quel cilindro era stato il mezzo per ottenere l’ “alleanza” con i Nightmare Men -e tutti i loro sottoposti di conseguenza.

Ne aveva attirato di proposito un gruppo in un luogo in cui non potesse essere vista dai suoi commilitoni, e aveva provato a tirare fuori la Barra per vedere cosa sarebbe accaduto.

Ricordava bene la paura nei loro occhi giallastri privi di pupille quando avevano visto quell’artefatto, e si erano spaventati ancor di più vedendolo attivarsi.

Lì Nahema aveva giocato un po’ d’azzardo, facendo credere loro di saper usare quello strumento e di poterli ridurre in stupidi esseri privi di volontà; poi aveva aggiunto che in nome del rispetto verso di loro in quanto essersi intelligenti -rispetto che in realtà non provava affatto- preferiva cercare un’alleanza piuttosto che schiavizzarli, e che dunque la scelta stava soltanto a loro.

La fortuna aiuta gli audaci, e infatti Nahema aveva ottenuto quel che voleva: sufficiente obbedienza da parte di quei mostri.

 
«solo una cosa: devi spiegarmi come hai fatto a trovare casa di Pitchiner!» esclamò Aladohar, guardandola incuriosito «all’improvviso, dopo sette anni, te ne esci con le coordinate precise…non è che per caso tu e lui?…»

«ah no, non è proprio il mio tipo! Meglio un’orgia con quindici mostriciattoli, davvero».

Aladohar rise. «e allora come hai fatto?»

«una donna serpente lunga più di dieci metri mi ha fatto una soffiata perché voleva mangiare».

«va bene, va bene, ho capito, non vuoi dirmelo! Proprio come da piccoli» borbottò Aladohar «quando ti rifiutavi di dirmi come facessi a rubare le cose dal laboratorio di nostro padre».

«io ti ho detto quel che dovevo, poi se non mi credi è affar tuo».

***






«mia moglie e mia figlia. Dove sono?»

Lo sguardo era spiritato, le mani gli tremavano leggermente, e il volto pallido era costretto in un’espressione che avrebbe voluto essere dura e impassibile ma che in realtà tradiva solo la speranza disperata di non essere arrivato veramente troppo tardi, l’angoscia di non sapere che fine avesse fatto la sua vita -perché questo erano moglie e figlia per lui, la sua vita- e la terribile paura che forse…forse…NO!

Non doveva pensare al peggio. Non doveva.

Le avrebbe recuperate. Le avrebbe salvate.

Sarebbe finito tutto bene…

«beh, non qui, Pitchiner. Tu le vedi?» disse il capo di quel folto gruppo di Dream Pirates, con fare tranquillo e arrogante, come se fosse convinto di non andare incontro alla morte per quel che lui e gli altri avevano fatto o, piuttosto, come se non gli fosse importato.

I soldati dell’Armata Dorata osservavano la scena con una certa preoccupazione. Non avevano mai visto il loro comandante ridotto in quel modo, con quell’aria tanto scioccata da sembrare quasi folle, e la maggior parte di loro aveva un gran brutto presentimento a riguardo, oltre ad essere terribilmente dispiaciuti per quel che era successo. Amavano e rispettavano Kozmotis Pitchiner, e mai gli avrebbero augurato del male.
Poi c’era anche la faccenda della sparizione del caporale Silk. Pareva che in tutto il bailamme che si era creato avesse disertato con una navicella d’emergenza, chissà come mai! …ma non era quel che contava, al momento. 

«è perché sono state catturate? Le avete catturate?!»

Si sentiva come se dentro di lui ci fosse stato un mostro ad artigliargli e dilaniargli lo stomaco con un’intensità spietata che aumentava secondo dopo secondo. Sentiva il battito del proprio cuore risuonargli nelle orecchie con forza, come fosse stato un tamburo di guerra…o quello che in altre civiltà precedeva una condanna a morte. 

«catturarle? A che pro?» 

Al generale Pitchiner iniziò a mancare il fiato. Sentiva la propria mente…strana. Come se iniziasse a distaccarsi da lui, dalla realtà che lo circondava. 
Il mostro nel suo corpo affondò di nuovo gli artigli nel suo povero cuore già straziato da un’angoscia sempre più insopportabile. «avete…» a stento riusciva a pensarlo, figurarsi a dirlo, ma doveva farlo per forza «avete fatto loro del male?» 

Il Dream Pirate scoprì i denti neri appuntiti in un orribile sogghigno. «no, generale! Le abbiamo soltanto uccise».

Per un attimo, Kozmotis Pitchiner si “disconnesse” completamente dalla realtà. Riuscì a vedere solo gli occhi fiammeggianti del Dream Pirate, mentre l’eco delle due parole gli rimbombava in testa di continuo, sempre più forte, sempre più intensamente. 


“le abbiamo soltanto uccise”.

“soltanto uccise”.




Aleha, la sua adorata moglie, la donna della sua vita, la sua metà…la sua bambina, la sua Emily Jane, la sua piccola, dolce, innocente Emily Jane…
La sua bambina di soli sei anni…




“tornerò presto”.

“lo prometti?”




Lo prometti?

Sì, lo aveva promesso, ed era tornato presto.
Ma non abbastanza.

«è la verità?» si sentì chiedere. La sua lingua ormai andava da sola.

«assolutamente sì. Trovi il cadavere di tua moglie fuori dalla finestra della vostra camera da letto, in fondo allo strapiombo: si è uccisa, quella sciocca! Ma lascia perdere quello della bambina. Ho provveduto personalmente a far sì che non ne restasse nulla».

Qualcosa dentro Kozmotis Pitchiner si ruppe irrimediabilmente. L’uomo tutto d’un pezzo che era sempre stato non esisteva più, si era appena disintegrato in mille frammenti, come la convinzione che le sue donne fossero al sicuro e che lo sarebbero sempre state, come la speranza di poterle accarezzare, baciare, abbracciare di nuovo. 
Non avrebbe potuto farlo più…mai più…

Il mostro che aveva in corpo ruggì, bramando solo di essere liberato. Il volto del generale divenne freddo come ghiaccio, con l’eccezione degli occhi, animati da uno scintillio pericoloso. «metteteli in fila» ordinò seccamente ai suoi uomini, senza distogliere lo sguardo da quello del Dream Pirate.

«generale…» azzardò timidamente un maggiore, ma si zittì immediatamente dopo avergli dato una seconda occhiata. Sia lui sia gli altri, sempre più allarmati, obbedirono senza esitare ulteriormente, finendo meno di un minuto dopo.

Pitchiner si avvicinò ulteriormente al capo di quel gruppo di mostri, di assassini spietati. «se è così, se le avete uccise, allora guardami. I miei occhi saranno l’ultima cosa che tutti voi vedrete».

Il Dream Pirate sogghignò un’ultima volta.

Nello shock di tutti, la spada del generale Pitchiner calò velocemente a mozzargli il capo.

Così come al Dream Pirate dopo di lui, e quello dopo ancora, e ancora.

Nessuno dei soldati riuscì a proferire parola, completamente allibiti per quel che stavano vedendo. Il generale Pitchiner che conoscevano non avrebbe mai agito così…ma quello non era l’uomo che conoscevano, non più: era evidente in ogni suo gesto, in quell’espressione di pietra, in quei suoi occhi da pazzo, anche solo da modo in cui calava la spada, come se farlo gli fosse vitale, come se così facendo avesse potuto riportare indietro le sue donne.

Fendente dopo fendente, nella testa di Lord Pitch le parole del Dream Pirate iniziarono a sovrapporsi a quelle del caporale Sil…no: di Nahema, l’arciduchessa Nihil Nahema Aldebaran, che voleva il regno, che aveva ordinato quell’attacco, che voleva distruggerlo perché non le aveva obbedito, e c’era riuscita, eccome se c’era riuscita…ma lui, lui l’avrebbe distrutta a sua volta! 

Non l’avrebbe passata liscia, sangue nobile o meno, non avrebbe lasciato che facesse quel che voleva, non avrebbe lasciato che lei e la sua maledetta famiglia si prendessero il regno, se quello era il loro scopo: li avrebbe accusati, avrebbe lottato contro di loro con tutte le forze che gli rimanevano, e li avrebbe fermati, sia loro sia i Dream Pirates loro alleati.
L’avrebbero pagata cara, giurò a se stesso, cara come non avrebbero mai potuto neppure immaginare, e non si sarebbe mai arreso finché sua moglie e sua figlia non avessero ottenuto la giusta vendetta.

Non si sarebbe mai arreso, mai!

Improvvisamente non trovò più teste da mozzare. Erano finite.

Peccato.

«Lord Pitch…»

«cercherò il cadavere di mia moglie» disse, con voce quasi meccanica «in seguito vi annuncio che accuserò formalmente davanti al re l’arciduchessa Nihil Nahema della Casa Aldebaran per questo assassinio». 

«eh?!» un luogotenente lo guardò allibito «ma generale, cosa c’entra l’arciduchessa Aldebaran?! Non se ne hanno notizie da anni, piuttosto il caporale Silk-»

«Silk è Nahema!!!» sbraitò Pitchiner «sono la stessa maledetta persona!»

«ma…il caporale Silk viene dal pianeta di donne guerriere nel lontano territorio degli Scorpio…» disse timidamente il luogotenente. 

«menzogne! Gli Aldebaran vogliono il regno, e quella era Nahema, io lo so!»

«signore, a me è capitato di vedere l’arciduchessa qualche anno or sono, e vi assicuro che non ha proprio nulla a che vedere con il caporal-» 

«non osare contraddirmi, maggiore. Non osare» sibilò Pitchiner «so quello che dico! Non mi credi, forse? Non credete al vostro comandante?!» urlò, nello sconcerto di tutti «hanno fatto uccidere la mia famiglia!»

«generale-»

Kozmotis si allontanò bruscamente, in direzione del cadavere dello strapiombo. Guardò in basso. Il cadavere di Aleha, da quell’altezza, non si vedeva, ma non importava. Sarebbe sceso immediatamente giù a cercarla, e da solo. 
Come solo, d’altra parte, era rimasto.

“hai dato più importanza alla tua integrità che alla tua famiglia, ed ora non ti è rimasto niente. Ma è colpa tua. Tua e tua soltanto. Ricordalo sempre, povero generale Pitchiner, sciocco uomo che non ha voluto chinare la testa”. 

Solo col sussurro del suo profondo rimorso, e con quella promessa spezzata, com’era spezzato lui.

E con una soddisfatta e sorridente Ephemeride di dodici metri di nome Tanith avvolta attorno al corpo, che lui non poteva vedere.


 


Ecco il patatracchete! Per la gioia di Tanith, alla quale vogliamo tutti tanto bene (?)

Voglio precisare una cosa: il dialogo da “mia moglie e mia figlia dove sono” al punto in cui Pitch taglia la testa ai Dream Pirates è quello originale (almeno le parti di Kozmotis, quelle dei mostriciattoli le ho dovute inventare andando a intuito) tradotto dalla sottoscritta e dal mio inglese livello “the dog cataplum in the water” , così come “lo prometti?, Sulla mia anima” è stato detto veramente. Esiste veramente anche il medaglione che Emily Jane ha dato a suo padre.

A voi i commenti, sempre che ce ne siano: EFP non si mangerà anche questi nuovi. 
Alla prossima,

 

_Dracarys_

   
 
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