Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Fiore del deserto    07/09/2016    5 recensioni
“La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine.” Alice vive a Londra, confinata da tempo in un’esistenza grigia che non sembra essere nemmeno vita. Tutto questo fino a che non incontra un giovane uomo di origini scozzesi di nome Tarrant Hightopp, una persona dalle caratteristiche particolari che stuzzica la curiosità di Alice. Da quel momento tutto cambia: la presenza di Tarrant fa riaffiorare nella mente di Alice molti ricordi che parevano ormai perduti. L’esistenza di un mondo fatto di meraviglie, la spensieratezza e l’innocenza non più permessa agli adulti, la sete di fantasia e la convinzione di poter credere a sei cose impossibili prima di fare colazione. Grazie a Tarrant, Alice ritrova la voglia di vivere che il Sopramondo le aveva fatto quasi dimenticare. Ma dovrà difendersi dai soprusi di chi non sopporta, chi per indifferenza o chi per malevolenza, la sua felicità.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao!
Signorini e signorine, eccoci qua! Forse il capitolo sarà breve, non vi nascondo che ho dovuto fare MOLTI tagli: è stato il capitolo più complicato mai affrontato finora in questa storia.
Spero sia di vostro gradimento! VI ADORO!!!
Ma vi assicuro che le sorprese non sono finite!
Vi lascio qui :D
Un BACIONE e BUONA LETTURA!



Alice sapeva benissimo che chiedere il permesso alla madre per poter andare a casa del Cappellaio quella sera fosse una chimera.
Non le avrebbe nemmeno lasciato il tempo di darle delle spiegazioni, molto probabilmente.
Anzi, era più che probabile che avrebbe fatto la figura della snaturata.
Per questo motivo, Alice aveva preferito raggiungere la casa del Cappellaio in piena oscurità, mentre sua madre dormiva.
Aveva solcato mari tempestosi, affrontato sanguinari pirati, quindi per lei sgattaiolare fuori dalla finestra della propria camera doveva essere uno scherzetto.
Mentre si incamminava per le strade a ciottoli, ermeticamente illuminate dalle luci dei lampioni, un tarlo pizzicava Alice.
Cosa doveva dirle il Cappellaio? Perché le aveva detto di raggiungerlo in casa sua?
Si augurava solo che tutti quegli enigmi si sbrogliassero il prima possibile, ormai non ne poteva più.
Finalmente, era giunta all’abitazione di Tarrant. Il cuore iniziava a rimbombarle.
Per l’angoscia preliminare, non si era resa conto di avere bussato velocemente.
Ma la porta, per lo stupore di Alice, si aprì da sola.
- Cappellaio? – chiamò Alice, ma il silenzio era stata la risposta ottenuta – Sono io. Sono Alice. –
Nel non sentirlo rispondere, Alice entrò comunque in casa e cercò il Cappellaio.
Alice avanzava a passi incerti. Si domandò come mai non vi fossero nemmeno la lepre Thackery e il ghiro Mally.
Alice si guardò intorno. Tutto era al proprio posto, come lo aveva lasciato l’ultima volta.
Guardò il tavolo della cucina e ricordò la prima volta che il Cappellaio l’avesse ospitata, per proteggerla dalla pioggia che li aveva colti di sorpresa.
Era stato molto gentile e caloroso con lei, offrendole del tè e facendola divertire con dei giochi di prestigio.
La farfalla di carta blu, come ricordo, era rimasta adagiata sul comodino della propria camera da letto e ogni volta che le posava gli occhi, non poteva fare a meno di ricordare quel giorno così pieno di magie.
Improvvisamente, la luce si spense e Alice, insieme alla stanza, venne inghiottita dal buio totale.
Alice sussultò.
« Che cosa significa? » pensava.
Rimase ferma sul posto. Il buio era tremendo.
Proprio in quell’istante, Alice udì una voce che già conosceva bene.
- Non avere paura. – sussurrava la voce del Cappellaio – A volte, le tenebre sono luci. Dipende dal punto di vista. –
Alice si voltò, ma l’oscurità non le permetteva di vedere il Cappellaio.
- Cappellaio? –
- Hai paura? – domandò lui con voce rassicurante – E’ normale avere paura. Bisogna essere matti per non avere paura. – marcò giocosamente l’aggettivo.
Alice non rispose immediatamente. E anche se il Cappellaio non poteva vederla – forse – Alice sorrise.
- No. Non ho paura. –
Dopo pochi secondi, tutto intorno ad Alice iniziava ad illuminarsi e il buio si sbiadiva.
Ma, misteriosamente, magicamente, Alice si ritrovò catapultata in una stanza del tutto nuova.
Era tutto fatiscente, grigio e oscuro, una debolissima luce simile a quella di una lampada fiacca filtrava da una finestra.
Alice si guardava intorno sempre più confusa. Era come trovarsi dentro una stanza riaperta dopo tantissimi anni, intasata da spesse e fittissime ragnatele. Era sparito il tavolo da cucina e al suo posto vi erano una lunga fila di tavoli imbanditi, coperti da quelle che sembravano essere delle colorate tovaglie da tavola. Le loro condizioni non erano del tutto buone: il legno dei tavoli e delle sedie era un po’ rovinato, come se divorato dalle termiti; la polvere aveva ingrigito i colori delle tovaglie e dei merletti.
Teiere e tazze sparse ovunque, così come le piccole posate e tanti dolci. Le prime erano coperti di qualcosa di appiccicoso e unto che parevano essere residui di tè e di zucchero, i cucchiaini, coltelli e forchette avevano perso il loro luccichio a causa della polvere. Infine, le torte e i pasticcini erano afflosciati e in stato di avanzo.
Alice ebbe una fitta al cuore, le sembrava di assistere ad un momento, forse allegro, di vita quotidiana interrotta bruscamente. 
- E’ triste, non è vero? -  disse una voce calda alle sue spalle.
Alice trasalì, ma poi si tranquillizzò quando si rese conto che si trattasse del Cappellaio.
Ma a colpirla maggiormente era il suo abbigliamento molto, molto bizzarro.
Un maestoso cilindro decorato, con uno shantung rosato che ne avvolgeva la base, ornato di spilli e con un biglietto con inciso un numero decimale, se ne stava in elegante equilibrio sopra la testa, così disordinata e spettinata da avere perso la bellezza dei riccioli; una giacca blu come l’oceano gli copriva il panciotto rosso e, anche se un po’ sgualcita, non perdeva la sua eleganza; un grande foulard dalla base nera e tempestata di pois colorati gli fasciavano il collo, mentre una fila di bobine variopinte gli cingevano dolcemente lungo la giacca; i pantaloni scuri erano decorati da finissimi, quasi invisibili, strisce verticali che andavano sul violetto e, infine, un paio di scarpe color ocra risaltavano fortemente tra tutti quei colori.
Alice sgranò gli occhi quando lo vide vestito in quel modo, quasi non lo riconobbe.
Come se le avesse letto nel pensiero, il Cappellaio le fece un sorriso.
- Sorpresa? -  allargò le braccia come per sfoggiare il suo abbigliamento.
Le sue mani erano coperte da mezziguanti in stile tartan che andavano sul marroncino, con dei leggeri e finissimi merletti color lillà che partivano dalle maniche della giacca.
Alice per poco non si confuse a furia di vedere tutta quella vastità di colori messi insieme.
Era sorpresa, ma non volle sembrargli scortese.
- Sì, molto. –
Il Cappellaio grattò nervosamente la nuca.
 – Non ti piaccio così ? –
Alice studiò la figura stravagante del Cappellaio.
Anche il suo aspetto aveva assunto dei mutamenti: oltre ai capelli disordinati e follemente ribelli, Alice si accorse che quei grandi occhi verdi erano incorniciati da sopracciglia un po’ più folte di prima, in più, le parve di vedergli delle sfumature intorno alle palpebre.
Non lo trovava affatto ridicolo. Era strano, ma ammise a sé stessa che la cosa non la disturbasse affatto.
- Buffo... – sussurrò – Che buffo... che buffissimo... –
Tarrant sapeva che Alice pronunciasse quella frase quando si sorprendeva.
Solo allora Alice ritornò al presente. Perché si trovava in una stanza diversa?
- E’ uno dei tuoi trucchi, Cappellaio? – domandò Alice.
Tarrant scosse la testa in segno di negazione.
- Non esattamente. –
Allungò un braccio, come per accennare ad Alice di avanzare e di guardarsi intorno.
Alice obbedì e studiò ogni cosa, cercando di vincere il disgusto di tutta quella fitta polvere che le entrava facilmente nelle narici.
- Perché questa stanza è in questo stato? –
Il Cappellaio non fece alcun giro di parole e arrivò direttamente al sodo.
- E’ ciò che resta del mio mondo, Alice. –
Quella bizzarra risposta fece sussultare la ragazza e quest’ultima si voltò, guardandolo stranita.
- Il “tuo mondo”? –
- Da quando hai deciso di dimenticare tutto, questo è ciò che rimane del mio mondo. – spiegò lui come se stesse dando una fluente informazione logica.
Ma Alice continuava a non capire.
Ma il Cappellaio non si tirava indietro.
- Penso che ora tu sia pronta, Alice. – ottenne uno sguardo incuriosito e basito di lei – Anzi, ne sono certo. –
Alice si mise le mani alla testa, come per reggerla.
- Io non ce la faccio più, Cappellaio. – disse lei in tono quasi disperato – Non so più che cosa mi sta accadendo. Da quando sei arrivato, non fanno altro che accadere cose molto strane. Trucchi di magia, visioni che non so distinguere tra allucinazioni o ricordi perduti.- il suo tono si trasformò in una sorta di supplica – Voglio solo che tutto questo finisca. Ti prego. –
Tarrant le fece un sorriso.
- Tu sai chi sei, Alice? –
Alice non rispose e, per bloccare una lacrima di nervosismo, tirò un sospiro e arricciò di poco il naso.
Il Cappellaio si allontanò da Alice e, mantenendo il suo sorriso, si accomodò con calma alla tavola. Alice lo seguiva con lo sguardo.
 Sembrava che non si fosse accorto di tutto quel disordine, di quello pessimo stato di degrado.
Avvicinò una teiera e una tazza e fece finta di versare del tè.
- Anche se qui ci si sente soli, sono contento di potermi sedere qui. – la guardò con occhi sorridenti – Tu non vorresti essere contenta? –
Alice, anche se continuava a non capirci un bel niente, annuì.
- Solo che – continuò il Cappellaio – non ti ricordi come si fa. –
Lei emise un sospiro e si rese conto che quella sentenza le avesse un po’ scosso il cuore.
In effetti, non ricordava più da quanto tempo non si sentisse contenta.
Di sicuro, si sentiva bene quando navigava ed esplorava il mondo, ma sentiva di non sentirsi del tutto completa. Sentiva che, in effetti, mancasse qualcosa.
E da quanto tempo provava quella sensazione di vuoto da dover colmare?
- Credi che tutto questo sia insensato? – chiese il Cappellaio, mentre con una mano sfiorava la tazza da tè.
Alice non rispose e guardava il Cappellaio sempre più confusa: anziché darle delle risposte, le stava offrendo solo altre domande.
Tarrant giocherellava con la tazza.
- Ora ti darò io qualcosa in cui credere. Io ho centocinquanta anni, sette mesi, due settimane e tre giorni. –
Alice si accigliò.
- Ma non è possibile. Non potrò mai crederci! –
- Davvero? – disse il Cappellaio in tono di commiserazione – Allora, facciamo così: chiudi gli occhi e inspira profondamente. –
Alice scosse la testa.
- Anche se dovessi farlo non cambierebbe niente. – fece un passo indietro – Non si possono credere alle cose impossibili. –
Allora, il Cappellaio increspò le labbra ed emise un leggero mugolio.
- Uhm, ho capito. Qui ci vuole una terapia d’urto. – disse velocemente, così velocemente che Alice non riuscì ad azzeccarne una parola.
Tarrant la invitò gentilmente a sedersi accanto a lui.
In principio, Alice si era rifiutata ma poi superò il disgusto riguardo la polvere e accettò di sedersi.
Il Cappellaio prese a tamburellare le dita sulla tavola. Decise di trattare un argomento già affrontato durante la loro passeggiata del giorno prima.
- Pensi mai ad un mondo diverso da questo? – le chiese il Cappellaio, ripetendo le stesse parole usate quel giorno - Non ti interroghi se la tua fantasia possa suggerirti che ci possa essere qualcosa di più, al di là della realtà stessa? –
Alice abbassò lo sguardo.
- Comincio a pensare che tutto questo sia solo il frutto di una pazzia. –
- E’ già qualcosa. – ridacchiò il Cappellaio, prendendo quella risposta come un gioco di parole, anche se sapeva benissimo che Alice fosse molto seria.
C’era stata una breve pausa.
Tarrant cambiò argomento.
- Mally e Thackery non si perdono mai un tè, ma per ora preferisco lasciarli riposare. –
Un’altra cosa impossibile da credere, pensò Alice.
Non era possibile che una lepre e un ghiro potessero mai bere del tè.
- Anche questa è una cosa impossibile da credere. – protestò lei.
Il Cappellaio non si scomponeva e continuava a fare il suo gioco di prendere il tè.
- E ancora una volta, lo dici con così tanta sicurezza. – la guardò negli occhi - Eppure, ricordo che un tempo mi dicesti che, a volte, arrivavi a credere a sei cose impossibili prima di fare colazione. –
Alice avvertì qualcosa.
Era stato come ricevere una scossa.
La familiarità di quella frase le riportò alla mente suo padre. Era stato lui ad insegnarle quell’eccellente esercizio che le tenesse impegnata il cervello.
- Sei cose impossibili... – sussurrò Alice – Sei cose impossibili... –
Tarrant smise di giocare e guardò Alice speranzoso.
Alice si alzò dalla sedia e diede le spalle al Cappellaio, gli occhi puntati sul pavimento.
All’improvviso, tutti i ricordi che in principio le erano balzati nella memoria come dei terribili incubi avevano iniziato a prendere forma.
Piano piano, ricordo dopo ricordo, tutto stava iniziando ad avere un senso.
- Un mondo diverso da questo... – sussurrava senza voltarsi.
Il Cappellaio continuava a guardarla, implorando dentro di sé che Alice non lo deludesse.
Alice si girò di scatto, ma il Cappellaio rimase fermo nella sua posizione.
- Mally adorava dormire nella teiera! – esclamò Alice indicando, appunto, la teiera.
- Sì... – sussurrò il Cappellaio con il cuore che aveva iniziato a palpitare.
- Thackery non stava mai composto a tavola! – i ricordi di Alice si stavano formando sempre di più e lei era sempre più emozionata – Gli piaceva lanciare oggetti e dolci addosso a tutti! – era come se si trovasse proprio davanti alle scene a lei descritte.
Gli occhi verdissimi del Cappellaio continuavano a brillare e il suo sorriso si allargava.
- Lo Stregatto, a volte, appariva d’improvviso e adorava farvi i dispet... – si fermò di colpo non appena le tornò in mente la figura del felino dalle qualità evaporative.
- Continua, Alice. – disse il Cappellaio alzandosi dalla sedia – Non fermarti. –
- Lo Stregatto... Sì! Sì! Mi ricordo! Lui spariva e riappariva a comando. Ma non c’era solo lui... – continuava a cercare nella sua memoria ormai sempre più limpida – C’era anche il coniglio... McTwisp... E i gemelli Pinchi... la Regina Bianca... –
Come un preparato psicanalista, il Cappellaio la fermò all’istante.
- Qual è il regno della Regina Bianca? –
- Marmorea! – disse lei sicura.
- Chi ti condusse da lei ? –
- Bayard... No, no... ero in compagnia di Bayard! Io ero in groppa al Grafobrancio! – scavava sempre più a fondo – Stavo scappando dalla Regina Rossa! –
- La capocciona maledetta... – si lasciò sfuggire il Cappellaio, ma per Alice quella frase era risultata preziosa per poter ricordare dell’altro.
- Avevo sconfitto il suo Jabberwocky! E poi, abbiamo scoperto che teneva prigioniera la tua famiglia! – si bloccò istantaneamente, sgranò gli occhi – Ricordo ogni cosa! Sottomondo! Le meraviglie di Sottomondo! Avevo dimenticato! – poi guardò il Cappellaio con aria estremamente colpevole – Oh, Cappellaio!  Ricordo anche te! – con grande sorpresa di Tarrant, Alice gli buttò le braccia al collo – Oh, Cappellaio! Mi dispiace! Ho mancato alla mia promessa! –
Il Cappellaio ricambiò l’abbraccio e affondò il viso sui capelli di lei.
-  Avevamo promesso – singhiozzò Alice – che ci saremmo incontrati nel palazzo dei sogni... e lì avremmo potuto continuare a ridere e giocare per sempre... ed io ho dimenticato... –
- Shh... – il Cappellaio tentava di fermare quella pioggia di singhiozzi.
- E’ tutta colpa mia! Ho mancato... –
- Ora sei qui, Alice. Questo è importante... –
Guardò Alice dolcemente, come per regalarle ogni forma di armonia e calore dal più profondo del cuore.
Le sorrideva e con un dito le asciugò le lacrime, raccogliendone ogni goccia.
  
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