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Autore: innocent_wolves    08/09/2016    3 recensioni
Gerard è un abile mago, responsabile di gran parte del successo della famosa nave da crociera Envison Destiny. È anche una di quelle persone... Insomma, una di quelle persone che sembrano assorbire tutto lo spazio che le circonda con la propria arroganza e sicurezza. Non toccheresti la loro personalità neanche con un bastone lungo tre metri, ma la gente le adora comunque.
Questo non riguarda Frank. Lavorando dietro ai banconi dei bar della nave e vedendo Gerard quasi ogni giorno, non riesce a capire cos’abbia di tanto fantastico. D’altro canto, nessun altro deve sopportare i suoi commenti maliziosi o considerazioni strafottenti. Perché se c’è una cosa che Gerard sembra amare, è infastidire continuamente Frank.
[traduzione]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Envision the Magic
 

XVII

 
Se non avesse tenuto la presa sul corrimano, probabilmente Frank sarebbe caduto dalle scale dell’appartamento di Lisa rompendosi il collo. La parola “Va’!” era stato un potente stimolo, e lui stava facendo tre o quattro gradini per volta mentre scendeva le scale. Secondi dopo stava fischiando e agitando le mani alla prima macchina gialla che vide per strada. Dopo essere stato ignorato dai primi due taxi, un’ondata di sollievo lo attraversò quando finalmente il terzo accese le luci e oscillò via dallo stabile traffico.
 
“Lei molto di fretta, signore?” chiese il tassista con gioia, in un debole inglese e con un pesante accento. Lo guardò dallo specchietto retrovisore mentre Frank spalancò la porta e si fiondò dentro. “Dove volere andare?”
 
“Uhm” iniziò freneticamente, provando a regolarizzare il respiro. Stava cercando nella propria mente il modo migliore per spiegare di voler andare in un posto che non sapeva dove diavolo si trovasse. “Sa – sa chi è Gerard Way?”
 
“Vey?” Il tassista si girò un po’, lievemente confuso mentre guardava oltre la propria spalla vestita di flanella.
 
“Uh, sì” Frank annuì. “Way – Gerard Way. Sa chi è?”
 
“Gerrard?”
 
” confermò, un po’ irritato. “Gerard Way. È un mago; probabilmente l’avrà visto in TV o altro. Sa di chi sto parlando?”
 
L’autista sembrava ancora assente. Frank gemette per l’impazienza, collassando sul sedile.
 
“Fa dei trucchi di magia” tentò, pronunciando le ultime tre parole con molta attenzione. “Con le carte e il fuoco eccetera. E le esplosioni” Tipo, boom!” Mosse le mani in modo drammatico e disegnò un ampio cerchio invisibile con esse. “Ha fatto degli spettacoli a Las Vegas e in navi da crociera e – sta capendo quello che dico?”
 
Qualcosa sembrò finalmente scattare nell’autista, la sua faccia si aprì in un momento di sollevata comprensione. Sorrise ed iniziò ad annuire entusiasta.
 
“Aah, Las Vegas, sì!” esclamò, enfatizzando le parole come se stesse correggendo Frank. “Sì, sì, trucchi di magia! Conosco la magia di Las Vegas, sì!” Gesticolò come un matto, annuendo anche di più. “Lo vedo in TV, tante volte.”
 
“Lo conosce?” Ripeté Frank entusiasta. “Seriamente? Sa dove vive? La sua casa?”
 
Il sorriso sulla faccia del tassista svanì e scosse la testa, apparì deluso. Frank tornò a spalmarsi sul sedile e si trascinò le mani per la faccia. Poi lanciò uno sguardo pieno di speranza fuori dal finestrino, nel tentativo di trovare un altro taxi con magari un autista più informato, ma proprio quando ne aveva bisogno non se ne vedeva neanche uno in giro. Tipico.
 
“Ma Bogdan, sapere, sapere dove il Signor Vey vivere” disse l’autista pieno di speranza, dopo averci pensato un po’. “Una volta portato lui, mi ricordo. Chiamo Bogdan con telefono cellulare – va bene?”
 
La faccia di Frank si accese, il suo cuore si esibì in un triplo salto mortale nel suo petto.
 
“Sì! Certo che va bene!” Si sporse di nuovo e annuì con impazienza. “Per favore chiami il suo amico!”
 
Ascoltando l’autista sproloquiare nella propria lingua natia, Frank rimase lì seduto incominciando subito a mangiarsi le unghie. Le uniche parole che riuscì a capire dalla conversazione furono “Las Vegas”, “magia” e “televisione”. Evidentemente, i fan di Gerard erano persone di tutti i tipi; era molto più famoso di quanto Frank avesse pensato inizialmente. Dopo quello che sembrò una sonora discussione che durò una vita, l’autista finalmente attaccò, sorridendo mentre faceva partire la macchina.
 
“Appartamenti Eurona, Signore!” proclamò felice, lanciando uno sguardo alla confusione di Frank riflessa  nello specchietto. “Signor Vey vivere in appartamenti Eurona.”
 
“E… e sa dove si trovano?” Chiese nervosamente Frank.
 
“So, so” annuì rassicurante. “La porto lì, non preoccupi.”
 
***
 
Dopo venticinque atrocemente lunghi minuti, minuti che furono gravemente affetti dall’intenso traffico, l’autista finalmente fece fermare il taxi vicino ad un esclusivo condominio. Era un edificio piuttosto alto, guardava la città con un aspetto esteriore che era un miscuglio di marroncino chiaro e rosso sporco. Frank rimase seduto e si guardò intorno incerto; vide un hotel che sembrava costoso dall’altra parte della strada e un palazzo di uffici luccicante lì di fianco. Forse era passato da qui con l’autobus o il taxi, ma non era veramente stato in questa parte della città prima. Si accorse che i suoi genitori vivevano in un quartiere che ricordava questo; si può dire con certezza che non era un posto in cui si sarebbe trovato facilmente – almeno non per sua volontà.
 
“Eurona proprio qui” disse l’autista, guardandosi alle spalle quando si accorse che stesse esitando.
 
“Sì, lo vedo” mormorò Frank. Guardò fuori dal finestrino un’ultima volta prima di aprire la porta. “Grazie. Potrebbe… Uhm, potrebbe aspettarmi? Faccia andare il tassametro, non importa.”
 
Mentre uscì, l’autista alzò le spalle in un “okay”, cercò nel vano portaoggetti una copia consunta e letta più volta di un libro tascabile.
 
I passi di Frank sul marciapiede erano pesanti, le sue Converse si trascinavano sul cemento ad un passo insicuro, lento. Le mani formarono dei pugni, sempre più sudate man mano che si avvicinava all’entrata. Il tempo di arrivare alla porta e all’albero di Natale in vaso più vicino, e il suo cuore era impazzito, una cosa che formò un fastidioso groppo in gola che per quanto deglutisse non andava via. Frank chiuse gli occhi per un momento, provando a fare respiri regolari e ignorando le farfalle che pogavano nel suo stomaco.
 
“Buon Natale, Signore! Posso aiutarla?”
 
La voce arrivò dal nulla, gli arrivò tanto inaspettatamente che ci rimase male. Gli si spalancarono gli occhi in un istante e gli rivelarono l’esistenza di un completo sconosciuto, che lo stava guardando. Era vestito con un’uniforme rosso scura; il cappotto in stile militare gli arrivava fino alle ginocchia, i pantaloni con una piega perfetta e le scarpe nere luccicanti ed immacolate. I bordi del bavero del cappotto e delle maniche erano decorati da strisce argentate, una cosa copiata anche dal cappello che indossava. Il portiere; ovviamente, un posto del genere doveva avere un portiere. Era una cosa a cui non aveva pensato.
 
“Uh… Sì” Iniziò lentamente Frank, il nervosismo pian piano diventò irritazione quando notò che gli occhi dell’uomo si fossero spostati, inevitabilmente, sui tatuaggi sulle sue braccia. Poi alzò velocemente lo sguardo, con ancora quello stupido sorriso educato in faccia. “Sono qui per vedere Gerard Way” continuò, raddrizzandosi. “Gradirei molto se potesse fargli sapere che Frank Iero è qui.”
 
“Mi di spiace, Signore,” rispose il portiere, alzando le spalle in segno di scusa “temo di non poterlo fare; il Signor Way è uscito circa mezz’ora fa.”
 
“È uscito…?” Il cuore di Frank perse un battito. “Per dove? L’ha detto?”
 
Per qualche secondo, il portiere lo guardò e basta. Poi fece una corta risata, come se stesse educatamente ridendo ad una battuta che non aveva trovato divertente per niente.
 
“Temo di non poterglielo dire. Per ovvie ragioni.”
 
L’impazienza tornò ad inondargli le vene e lanciò le braccia in aria, infastidito.
 
“Oh, andiamo!” esclamò. “Ovvie ragioni? Gerard sa chi sono, non voglio ucciderlo o altro. Sul serio le sembro un criminale? Sono alto un fottuto metro e sessantatré!”
 
“Signore – sarebbe stato estremamente semplice se il Signor Way fosse stato a casa. Ma dal momento che non c’è, e che lei lo sta cercando, dovrà dimostrare che lei e il Signor Way siate conoscenti prima che io le dica qualcosa, a prescindere dalla sua altezza” L’uomo si mise le braccia dietro alla schiena ed inclinò un po’ la testa, come se si stesse aspettando che lo facesse. “È il mio lavoro assicurarmi di queste cose. È il perché le persone scelgono di vivere qui. È la nostra politica.”
 
“Allora ’fanculo la vostra politica” esplose. “Se –”
 
“Ehi – c’è qualche problema?”
 
Un’altra voce sconosciuta apparve dal nulla, interrompendo la discussione. Frank girò la testa di colpo, cercandone la fonte. Una frazione di secondo dopo il cuore gli saltò in gola quando realizzò che la voce appartenesse a lui, il giovane uomo slanciato con la finta cresta; quel fottuto Mikey. Era appena uscito dall’edificio e li stava guardando con un misto di perplessa confusione e divertimento.
Oh, quindi adesso passa anche il Natale con Gerard? pensò acidamente, assottigliando gli occhi. Wow, quanta cazzo di intimità.
 
Aggrottò le sopracciglia mentre Mikey si toglieva gli occhiali da sole e se li incastrò nel colletto della maglietta.
 
“Per niente, Signore, non c’è nulla di cui preoccuparsi” il portiere sorrise. “Questo gentiluomo stava proprio per andarsene.”
 
Frank sentì la mascella serrarsi, fu attraversato da un vortice di rabbia e gelosia. Per un istante sperò di poter trasformare uno di quei sentimenti in qualcosa di fisico; nella sua testa, la rabbia era un pugno in faccia al portiere, mentre la gelosia un calcio nelle palle di Mikey.
 
“No, questo fottuto gentiluomo non sta per andarsene” disse, digrignando i denti; era determinato a non lasciare che la vista di Mikey lo scoraggiasse. “Ma ehi, so cosa potrebbe fare” aggiunse, gesticolando verso il portiere in un momento di ispirazione. “Lo può chiamare! Confermerà tutto quello che ho detto, dirà che mi conosce!”
“In questo caso, non sarebbe meglio se lo chiamasse lei?” Lo guardò con calma e arcuò le sopracciglia sotto la brillante visiera del suo cappello. “Dal momento che lo conosce già? Sono solo il portiere; non ho i numeri di telefono dei residenti.”
 
Frank lo fissò. Poi fece un sonoro sospiro, realizzando di essere più o meno sconfitto. Era ovvio che non avesse nessun modo di contattare Gerard. In quel momento avrebbe preso una di quelle monete fatte apposta molto volentieri.
 
“Non… non posso” ammise alla fine pieno di tristezza. “Non posso chiamarlo. Ma sono sicuro che lei potrebbe, ci dovrà essere qualcuno a cui può chiedere. Gli dica solo che Frank lo vuole vedere ed è urgente. Ho davvero bisogno che smetta di fare ciò che sta facendo e mi ascolti. Per favore” aggiunse, sapendo che la sua ultima speranza era far provare pietà al tizio “La sto seriamente pregando.”
 
Il portiere aprì la bocca per rispondere, ma fu interrotto da Mikey.
 
“Aspetta – Frank?” Batté le palpebre, comportandosi come se lo stesse vedendo per la prima volta. “Tipo, Frank Iero? Lavori a bordo della Destiny, giusto?”
Come diavolo fa a saperlo? pensò Frank, il cuore messo alla prova da un altro salto pieno di timori. Le farfalle nel suo stomaco iniziarono a scagliarsi una contro l’altra un’altra volta, prima che un altro pensiero gli balenò in testa: Hanno parlato di me. Gerard ha parlato di me, con lui. Perché cazzo l’ha fatto?
“Sono Frank Iero, sì” confermò cautamente, accigliatosi. “Perché?”
“Non avevo neanche capito che vuoi due stesse parlando di Gerard!” Il giovane uomo sorrise e si avvicinò subito per porgergli la mano. “Quindi tu sei Frank? Wow, è fantastico incontrarti finalmente di persona!”
 
Le labbra di Frank si separarono per la confusione. Guardò Mikey perplesso, permettendogli senza farci caso di scuotergli la mano.
 
“D-davvero?”
 
“Certo che lo è” Mikey rise, guardandolo leggermente accigliato. “Perché non dovrebbe? Gerard mi ha parlato un casino di te. Quindi voi due avete finalmente chiarito tutto, huh? Voglio dire, visto che lo vuoi così tanto vedere. Onestamente pensavo che voi due non vi sareste mai neanche avvicinati a sistemare le cose” aggiunse. “Stavo diventando un po’ impaziente.”
 
Un altro pugno di irritazione colpì Frank allo stomaco; quel tizio aveva sicuramente un gran paio di palle. Tirò bruscamente via la mano dalla sua presa. “Che cazzo succede?” scoppiò lui, con il viso già arrossato per la rabbia. “Prima di tutto, non sono cazzi tuoi, e secondo – be’ non so neanche cosa dovrei dire. Adesso Gerard pensa di poterci semplicemente avere entrambi o cosa? E ti va bene? Dio, che problema avete voi due! È ovvio che io qui stia sprecando tempo perché non mi interessa questa merda –”
“Okay, di che diavolo stai parlando?” Mikey alzò un sopracciglio, dando improvvisamente l’impressione di essere leggermente offeso. “Forse non sono affari miei, va bene, ma Gerard aveva davvero bisogno del mio aiuto. Me l’ha chiesto. Ed essendo suo fratello e tutto mi sono tipo sentito in dovere di dover essere lì per lui.”
 
La voce di Frank era più veloce dei suoi pensieri, non permetteva alla mente di rendersi conto di cosa gli era appena stato detto. Quando finalmente accadde aveva già iniziato a parlare.
 
“Sai cosa, è così – così –” Si inceppò, poi si interruppe, accigliato. “…cosa? Fratello?”
 
“Già” Mikey si mise a braccia conserte. “Non so te, forse sei figlio unico o altro, ma i fratelli ci sono l’uno per l’altro – o almeno è quello che dovrebbero fare. E mio fratello aveva un disperato bisogno di un’altra opinione su cosa avrebbe dovuto fare con te, in realtà. Non vedo cosa ci sia di tanto problematico.”
 
“Sei – sei il fratello di Gerard…?” Frank riuscì a malapena a far uscire le parole, la bocca si era improvvisamente paralizzata. “Tipo, stesso sangue…?”
 
“Stessi genitori e nessuna carta per le adozioni, per quel che so io” commentò freddo, l’espressione offesa sul suo viso non era cambiata. “È mio fratello maggiore. Se vuoi saperlo, io e mia moglie siamo arrivati sulla Destiny a Phillipsburg” continuò, spiegando. “Abbiamo trascorso lì la luna di miele e avremmo dovuto prendere un aereo per tornare a casa ma Gerard mi ha chiamato. Stava impazzendo e ha detto che doveva parlarmi subito, quindi invece ha fatto in modo che andassimo in nave. Staremo con lui fino a domani. Chi pensavi che fossi?”
 
“Ma, io –” Balbettò Frank, anche se non aveva idea su cosa dire; tutto il sangue nel suo corpo stava affluendo alla testa, rendendolo un po’ stordito. “Credevo –” Poi si interruppe di scatto, osservandolo con sospetto. “Aspetta – non è che si possa saltare su da un porto a caso. Bisogna persino essere prenotati molte settimane prima anche solo per avere una cabina.”
 
“Be’, certo” Mikey alzò gli occhi al cielo. “Ma qui si parla di Gerard; se a mio fratello non piace una regola allora la piega. O più verosimilmente ne crea una sua. Quindi sì, ha solo dovuto tirare qualche filo e io e mia moglie abbiamo trovato una cabina in un batter d’occhio. Davvero non ti ha detto che fossi a bordo?” aggiunse, perplesso. “È strano; aveva detto che ti avrebbe cercato per poterci presentare. Quando non è successo pensavo solo che fossi troppo impegnato.”
Frank si trascinò le mani per il viso, lasciandole poi strette sulla propria bocca. Oh Dio, pensò, spingendo i palmi sudaticci sulle labbra.
 
“N-no” disse alla fine, lasciando cadere le braccia. “Non me – non me l’ha detto. O – be’, immagino che stesse per farlo. Solo che… non gliel’ho permesso.”
 
“Cosa vuoi dire che non gliel’hai permesso?” ripeté Mikey, la faccia offesa stava gradualmente assumendo una forma insospettita.
“Ho fatto…” la voce di Frank tremò un po’ mentre cercava le parole. Gesticolò senza un senso, come se l’avrebbe aiutato. “Ho fatto una cosa veramente stupida, okay – è tutto un grande fraintendimento; un cazzo di gigantesco fraintendimento. Ma seriamente” aggiunse, con occhi disperati “hai idea di dove sia andato? Perché adesso ho davvero bisogno di parlargli, tipo – adesso.”
 
“Non l’ha detto, specificatamente” iniziò Mikey dubbioso, guardandolo. “Aveva detto solo di dover sbrigare qualche faccenda. E che probabilmente sarebbe arrivato un po’ tardi e ci avrebbe portato a cena una volta tornato… Oh, aspetta,” aggiunse “penso che avrebbe fatto un salto alla sede centrale dell’Envision per sistemare qualcosa. Qualcosa sul contratto, ma è stato un po’ vago. Però non so dove sarebbe andato per primo… potrebbe già essere lì.” Gli occhi di Mikey si assottigliarono pensosamente. “Quindi immagino sia per questo che Gerard è tutto il giorno che è imbronciato. Voi due non avete risolto un cazzo, o sbaglio?”
 
Frank scosse la testa, le farfalle nel suo stomaco si lanciavano una contro l’altra come se ne valesse della loro vita. Fino a quel momento, non aveva seriamente realizzato che Gerard fosse stato serio, che avrebbe lasciato l’Envision una volta per tutte. Da qualche parte nel profondo aveva sempre avuto la piccola speranza che non fossero state altro che parole.
 
“Okay… Devo andare alla sede centrale dell’Envision, ovviamente” mormorò, un brivido lo attraversò lungo la schiena quando colse il peso di tutti i fraintendimenti. Mikey gli fece cenno di aspettare, la mano in tasca per prendere il telefono.
 
“Sai, è preoccupante” disse, accigliato mentre guardava tra i contatti. “Non sono sicuro di voler sapere cosa stia succedendo tra voi due. Ma è evidente che adesso stai soffrendo quindi te lo chiamo, solo – aspetta.”
 
Frank poté solo annuire in risposta e tornò subito a mangiarsi le unghie, il corpo leggermente piegato in avanti in un modo impaziente, insistente. Sembrò che tutto fosse in silenzio quando aspettarono che Gerard rispondesse alla chiamata del fratello; neanche i suoni del traffico riuscirono ad arrivare fino alle sue orecchie. Sembrava che il mondo intero stesse trattenendo il respiro insieme a lui. Alla fine Mikey alzò lo sguardo, scuotendo la testa.
 
“Riprovo” iniziò, ma Frank stava già indietreggiando.
 
“No, va bene così – davvero. Grazie per averci provato e tutto ma penso di dover semplicemente andare lì. Non ho tempo per spiegare, scusa, ma è stato, uh… è stato bello conoscerti. Finalmente” aggiunse, dedicandogli un sorriso goffo e di scuse, quasi inciampando nei propri passi mentre procedeva verso la porta del taxi.
 
Un momento dopo il taxi stava correndo via dal condominio, lasciando Mikey lì davanti al cordolo con la bocca leggermente aperta e un’espressione confusa in faccia.



Non ho molto da dire, a parte "Mi dispiace" a gengarparade, per la sua nuova ship già rovinata.

Vi ricordo che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, quindi se non mi trovate probabilmente sono soltanto in un angolino a piangere.
xoxo

 
   
 
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