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Autore: Leonhard    09/09/2016    5 recensioni
"Wilde, hai una zampa rotta". "Dimmi qualcosa che non so, Savage". La volpe era in ginocchio nella polvere, con le zampe rivolte verso il cielo; impressa negli occhi ancora la sagoma di Alopex e l'espressione sul muso di Judy. Terrore. "Per esempio da che parte stai: quanto ti paga Bellwether per ammazzarci tutti?".
il tanto atteso (spero) seguito di THE WILDE CASE
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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5. Volpe acuta, leprotto ottuso


Alopex era nata in una zona periferica di Tundratown ed il suo manto candido non poteva sposarsi magnificamente con la neve artificiale sparata per le strade. Il momento più imbarazzante della sua vita era stato quando i suoi parenti si erano convinti che stava flirtando con un camaleonte palesemente Hippy, quando in realtà stava solo svolgendo delle ricerche sul motivo per cui aveva la pelle giallo evidenziatore all’interno di un cinema.

La sua mente fertile e così avida di conoscenza era stata una fonte inesauribile di brutti ricordi e macabre scoperte: il trauma di scoprire come nascevano i cuccioli, l’emarginazione a scuola perché troppo intelligente alle primarie e troppo giovane alle superiori, tutti quei militari che dopo il test la guardavano come se fosse una specie in via di estinzione.

E poi, ovviamente, la scomparsa di suo padre e la scoperta del caso Tujunga: in quello stesso momento, parte della sua mente continuava a lavorare su quel crivello. L’unico caso che nemmeno lei era riuscita a risolvere ma che, ne era convinta, c’entrava qualcosa con la scomparsa di suo padre.

“Hai esagerato con lo zolfo” borbottò annusando una provetta comparsa magicamente sotto il suo naso. Volse lo sguardo alle tabelle: i numeri ed i grafici quasi le parlarono, confidandosi con lei. “E la curva d’ascensione è troppo vicina al limite tollerabile: ragazzi, vogliamo immunizzarci o intossicarci?”.

In quel laboratorio Alopex era presente al sessanta percento: il restante quaranta era impegnato a districare pensieri che il muso di Nick le aveva riportato alla luce dopo anni passati in un angolo della sua mente. Portava ancora quella cravatta

Tieni piccolo: questo è tutto quello che abbiamo trovato di tuo padre

e quell’espressione era la stessa che aveva visto l’ultima volta che aveva incrociato il suo cammino, prima di svanire nel tunnel 6B. L’espressione di uno che aveva vinto e sapeva di aver vinto, un’espressione su cui non c’era traccia di un padre disperso né del rancore che poteva portare nei confronti di coloro che gli avevano portato la notizia e la sua cravatta.

Lei gli aveva dato la notizia e Jack gli aveva lasciato nella zampa l’indumento. Si era voltato quando il cucciolo, lacrimando, gli aveva chiesto come si annodava: evidentemente aveva preso la domanda sottogamba, ma lei no. Era stato in quel momento che l’aveva scorta: tenue ed a stento sopravvissuta, ma nei suoi occhi c’era quella luce.

Nick Wilde era una volpe con la luce negli occhi. E tutto quello che voleva era essere presente quando sarebbe esplosa ed avrebbe accecato tutti con la sua luminosità.



Judy guardava svogliata il suo panino alla lattuga, lanciando ogni tanto occhiate alla telecamera nell’angolo alto della stanza. Jack era rimasto in sala controllo per darle modo di fare pranzo in pace, eppure non riusciva a non pensare che l’aveva fatto per evitare di incontrare Nick.

Non era abituata a rimanere per così tanto tempo senza scambiare due battute con il suo partner

Il SUO Nick

e fu con una sorta di nervosismo che riconobbe quel sottile nodo alla gola e quel tappo allo stomaco come nostalgia. Le mancavano i bei momenti con Nick: loro che si punzecchiavano, bisticciavano per delle cose stupide fino a tenersi un muso ed un ostinato silenzio che crollava dopo un’ora al massimo come se non ci fosse mai stato.

Drizzò di scatto le orecchie e si volse verso la porta appena pochi secondi prima che la maniglia si abbassasse. La sagoma dall’altra parte del vetro s’immobilizzò, poi giunse il suono di una risatina.

“Mi dispiace, agente Hopps” disse la voce di Alopex. “Non sono Nick”. La coniglietta cercò di mascherare il disappunto, ma dal sorriso che comparve sul muso della volpe comprese di non esserci riuscita. “Sai…dovrei consigliarti di stare alla larga da quella volpe, ma non ce la faccio”. Ridacchiò mentre pescava dalla tasca della divisa una panino. “Voi coniglietti siete troppo teneri”.

“Ah…” mormorò Judy drizzando le orecchie. “Sai...dire…”.

“Si, lo so scusa” annuì Alopex staccando un morso. “Ma non lo dico con malizia e nemmeno per sminuirti: lo dico nella maniera più positiva che posso pensare”. Aleggiò il silenzio per qualche istante, poi Alopex parlò ancora. “Tu stai morendo dalla voglia di chiedermi cos’è successo tra Nick e Jack”. Non era una domanda.

“Come…?” mormorò. La volpe sospirò.

“Non crederti, una mente così è più una maledizione che altro” borbottò. “Hai mai sentito parlare del caso Tujunga?”. Judy scosse la testa. “Beh, ovviamente: eri ancora cucciola quando è successo quello scandalo”. Si appoggiò allo schienale della sedia con un sospiro.

“A quel tempo, io ero un semplice investigatore” cominciò. “Mi ritrovai tra le mani questo fascicolo contente una decina di profili di animali scomparsi. Io insistetti perché fossi assegnata a questo caso e mi affiancarono a Jack, allora un semplice caposquadra.

“Durante le nostre indagini entrammo in contatto con una giovane ma promettente volpe, Nick Wilde. Ci disse di star raccogliendo informazioni, ma era chiaro che anche lui lavorava al caso; ci affiancò per qualche tempo, ma la cosa non funzionò e fummo costretti a dargli la caccia.

“Non ti nascondo che al tempo desideravo con tutta me stessa vederlo dietro le sbarre; mi ci misi d’impegno ed arrivammo ad un passo dal prenderlo, ma Nick seppe stupire anche me. Di tutte le cose stupide che poteva fare, mai avrei pensato che avrebbe chiesto aiuto a mr.Big di Tundratown; quel toporagno fece sparire tutto quello che lo riguardava e per noi Nick divenne assolutamente intoccabile.

“Lo rivedemmo qualche mesetto dopo: io e Jack ci buttammo a capofitto sul caso di Tujunga, ma fummo fatti prigionieri”. Alla volpe scappò una risata divertita e Judy, rapita dal racconto e dimentica del suo panino, la incitò a continuare. “Beh, la gabbia si apre e ci piomba addosso nientemeno che Nick Wilde in carne, coda ed ossa, che ci guarda con la sua solita espressione sicura di sé e caccia fuori dal taschino la chiave della cella”.

“L’aveva rubata alla guardia!” ridacchiò Judy. Alopex si unì alle risate.

“L’aveva rubata alla guardia” rise, confermando le sue parole. “Ah, ho adorato quella volpe in quel momento. Ha però fatto l’errore di prendere in giro Jack definendolo un leprotto ottuso: ah, se l’è legata stretta al dito”.

“Quindi grazie a lui avete risolto il caso Tujunga” commentò Judy. Il sorriso della volpe svanì dal muso e, con un sospiro scosse la testa.

“No, Judy” disse grave. “Un bel giorno ci è arrivato l’ordine di archiviare il caso; non ha mai trovato soluzione”.

“Cosa?” esclamò la coniglietta. “Perché?”.

“Perché non valeva la pena cercare gli animali scomparsi” fu la risposta. “O almeno, fu quello che ci dissero. Devi capire che il caso Tujunga è stato uno scandalo non perché fu archiviato senza una soluzione, ma perché nessuno ebbe nulla da ridire”.

“Ma che stai dicendo?!” esclamò lei, sbattendo sul tavolo il panino. “Sono scomparsi degli animali ed hanno insabbiato la cosa! Come poteva la gente essere d’accordo?”.

“Perché nessuno aveva la tua mentalità” rispose lei. La voce era fredda, professionale, ma Judy percepì una sottile vena di sconforto ad avvolgere una bruciante sensazione di sconfitta. “Gli animali scomparsi all’interno di Tujunga…erano tutte volpi”.



“Se non mi credi non fa nulla” minimizzò Dawn, agitando con fare noncurante lo zoccolo. “Ma se vuoi…posse fare in modo che tu abbia la tua rivincita sulla lepre…su Savage”. Si volse a guardarlo con occhi famelici, sbarrati. “Quante volte hai fantasticato di fargliela pagare? Di spingerlo in quello stesso tombino in cui ha trovato tuo padre? Ricordi quel giorno vero? Certo che si; che cos’ha fatto per confortare un povero cucciolo di volpe che stava lì a guardare i pezzi del corpo del suo vecchio?”. Nick la guardava in palese conflitto con sé stesso, impegnato in una cruenta e faticosa lotta contro l’istinto di tornare

nella natura

selvatico solo per qualche secondo, sufficienti per saltare addosso a Bellwether, buttarla a terra, guardarla negli occhi, addentare quello stupido pon pon di lana sulla testa e tirare, tirare, tirare…

“…mi ha dato la sua cravatta” mormorò, con voce fremente. Dawn annuì in modo convulso.

“Esatto!” esclamò. “Esatto! Ed è proprio di questo che sto parlando! Rendergli pan per focaccia, fargli maledire il giorno in cui si è messo contro di te!”.

“Hai in mente qualcosa vero?” commentò lui con un ghigno sinistro. Quello che seguì fu un gioco di sguardi, un silenzioso duello in cui i due scandagliarono la mente dell’altro alla ricerca di sfaccettature, di debolezze, di appigli. La prima a distogliere lo sguardo fu Dawn: come se nulla fosse successo, riprese a canticchiare e sistemò una scatola sullo scaffale.

“Se posso darti un consiglio, Wilde” borbottò. “Non perdere di vista Savage”. Tornò con lo sguardo su di lui. “Così come ha fatto con tuo padre, può uccidere in qualunque momento. Stai attento: prima che questa storia finisca, ucciderà ancora…moriranno in tanti…e non mi stupirei se qualcuno morisse per mano sua…”.
   
 
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