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Autore: riccardoIII    09/09/2016    8 recensioni
Una serie di istantanee delle vite di due persone, una storia lunga più di quarant'anni in cui si intrecciano personaggi complessi e vissuti tormentati, gioie e terribili dolori, lacrime e risate.
La storia dell'amore di Charlus e Dorea, dall'inizio all'arrivederci, direttamente dall'universo de "La Chiave di Volta".
Dedicato a una persona speciale.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, Famiglia Potter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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A Ma_AiLing,
che mi ha dato l'opportunità di raccontare una storia che amo e di ritornare a scrivere di personaggi che non sono più:
complimenti per la tua arguzia e grazie, mille volte grazie per essere sempre qui, anche se da lontano.
Spero di aver scritto qualcosa che ti possa meritare.
 
 
 
-Andiamo, Charls, rassegnati! Non ci riuscirai mai!-
-Ho mai rinunciato a qualcosa solo perché tu sostenevi fosse una follia, forse?-
-Corteggiare Dorea Black è molto più folle che trascorrere la notte nella Foresta Proibita!-
Il ragazzo occhialuto scoppiò a ridere, attirando l’attenzione di un paio di studentesse che si dirigevano verso l’aula di Pozioni, da cui loro erano appena usciti.
-Mi vorresti dire, Daniel, che quella ragazza ti sembra più pericolosa di un branco di Centauri?-
-Ovvio che lo è! È una Black!-
Gli occhi verdi brillarono dietro le lenti prima che Charlus Potter ammiccasse all’indirizzo del suo migliore amico.
-Secondo me è più pericolosa persino di una Chimera. Ma tu sai quanto ami il pericolo-
-Oh no, Charlus, non quello sguardo! Non ora! Charl…!-
Ma il ragazzo dai capelli ricci si era già allontanato lungo il corridoio fino a raggiungere un gruppo di persone impettite e silenziose che camminava in testa alla colonna di studenti.
-Signorina Black, la disturbo?-
Una giovanissima donna dai capelli neri e lucidi come ali di corvo raccolti in una treccia sulla schiena si voltò rigidamente; i suoi lineamenti erano talmente perfetti e austeri che avrebbero fatto ingelosire una statua di marmo e gli occhi nocciola spiccavano sul candore della sua pelle.
-Signor Potter, cosa posso fare per lei?- disse con voce gentile ma distaccata.
-Veramente sarei io a voler fare qualcosa per lei, Caposcuola. Mi permetterebbe di accompagnarla al suo posto in aula di Incantesimi? Prima fila sotto la finestra, se non erro. I suoi libri- e con uno svolazzo della bacchetta l’elegante cartella di pelle di drago della ragazza svanì nel nulla, -La aspetteranno lì-
Le guance della Signorina Black si tinsero di un leggerissimo rosa e Charlus esultò tra sé. Ma non aveva fatto bene i suoi conti.
-La ringrazio, è stato molto gentile da parte sua, ma so ancora camminare da sola e, pensi un po’?, le mie braccia riescono persino a trasportare il peso dei miei libri. Buona giornata-
Detto questo la ragazza si voltò e riprese a camminare tra le risatine sommesse delle sue compagne; Charlus continuò a guardare con aria ammaliata la treccia nera che ondeggiava ad ogni passo della Signorina Black, e non si rese nemmeno conto di quando Daniel lo raggiunse.
-Visto, amico? Quella non si fila nessuno. Pare che sia già promessa-
-Non mi importa. Per quel che mi riguarda potrebbe essere fidanzata con Merlino in persona; io gliela ruberei lo stesso-
Daniel alzò gli occhi al cielo, seccato.
-Non potresti comportarti da persona normale, per una volta? Magari non andare a cercare la tua futura moglie tra i nemici giurati dei Grifondoro, per esempio?-
-Dammi una sola ragione per cui dovrei escluderla solo perché sta a Serpeverde-
Daniel fece finta di rimuginare.
-Mmmh, fammi pensare… Perché tu sei un Grifondoro?-
-E non è forse la culla dei coraggiosi di cuore, quella?-
Daniel diede una spallata a Charlus, scoppiando a ridere. Fu la voce di Charlus a bloccare il suono argentino.
-Lo giuro, Daniel. Io me la prenderò-
 
-Dorea, ti prego, puoi ascoltarmi?-
-Sei tu che devi ascoltare me! Questa storia è già andata troppo oltre, non capisci?-
-Quello che non capisco è di cosa hai paura! “Troppo oltre” che cosa, esattamente?-
La ragazza dai capelli lucenti alzò gli occhi al cielo; sembrava immensamente triste.
-Tutto questo è sbagliato! Ho accettato di passare del tempo con te per evitare che continuassi a mettermi in imbarazzo in pubblico…-
-Molto lusinghiero da parte tua metterla in questo modo-
-… Ma se si sapesse quello che condividiamo lo scandalo adesso sarebbe mille volte peggio! Se i miei genitori sapessero che frequento da settimane un ragazzo, un Grifondoro, in segreto… Dove nessuno può controllarci…-
-Ti preoccupi di quello che potrà dire la gente sapendo che hai passato del tempo con me?-
-Io sono promessa, Charlus! Ho un fidanzato a cui non piacerebbe affatto sapere che mi intrattengo in privato con un altro uomo…-
-Un fidanzato che ti è stato imposto, e che non ami! Un fidanzato di cui non sai nulla se non che è un Serpeverde e piace alla tua famiglia!-
Lei sfilò le mani dalla presa del ragazzo e voltò il capo in modo da sfuggire al suo sguardo.
-Mi è stato insegnato che bisogna rispettare le scelte dei genitori e mettere la propria vita a servizio del bene della famig…-
-Ti è stato insegnato anche che le persone senza poteri magici sono come bestie, e che i Mezzosangue non valgono nemmeno un quarto della vita di un Purosangue, per chissà quale oscuro motivo! Credevo che avessimo superato quella fase!-
La giovane continuò ad evitare gli occhi di Charlus e lui prese un respiro per calmarsi, facendo volare lo sguardo attorno a sé; l’enorme vasca del bagno dei Prefetti era vuota e loro avevano occupato le due piccole poltroncine lavanda che Dorea Evocava ad ogni loro incontro, proprio accanto alla finestra da cui l’immagine della sirena li osservava.
-Dorea, ti prego, guardami-
Il tono di Charlus fu così sommesso e dolce che la ragazza non riuscì ad impedirsi di obbedire; quando finalmente poté affondare in quelle iridi nocciola calde e profonde il Grifondoro si sentì rinfrancato.
-Io ti amo, Dorea. Ti amo davvero, e so che ti amerò sempre. E starò qui a ripetertelo finché non capirai che non mi importa di altro. Farò qualunque cosa sia necessario per farti capire che voglio te, al mio fianco, per tutta la vita, e non m’importa di quello che potranno dire i tuoi genitori, il tuo promesso sposo, o Salazar Serpeverde in persona. Per me conta solo quello che vuoi tu. Mi basta una tua sola parola.
Ti sto implorando, in questo momento: se non ami Lestrange, se provi anche solo qualcosa per me, lascialo. Lascialo e ti darò tutto ciò che ho.
Questa è la mia promessa per te-
Una sola lacrima rigò il viso eburneo.
 
-Non potrò mai ringraziarti abbastanza per ciò che tu e i tuoi genitori avete fatto per noi, Charlus-
-Stai tentando di ringraziarmi per la cosa più egoistica che io abbia mai fatto in vita mia, Marius?-
-Egoistica? Ci hai salvati! Hai salvato lei, Charls, da una vita fatta solo di compromessi e finzione. Conosco bene mia sorella e posso giurarti di non averla mai vista così felice; non l’ho mai vista così e basta, nemmeno quando era una bambina.
Io… Non so se tu potrai mai capire cosa significhi crescere in una famiglia come la nostra, credo proprio di no, ma io non sono l’unico per cui è stata dura nonostante si possa pensare che essere… Be’, che essere un Magonò mi abbia reso il più disprezzato e maltrattato dalla famiglia. Quantomeno nessuno ha mai avuto grandi aspettative su di me, nessuno ha mai preteso che facessi qualcosa per il bene della Nobile Casata senza prendere in considerazione le mie aspirazioni; aspirazioni in effetti è una parola grossa, visto che non potevo lasciare il parco della residenza di famiglia, ma non posso sinceramente dire di aver vissuto troppo male, ecco. Prendi i miei fratelli, invece. Pollux è stato costretto a sposarsi a tredici anni, prima ancora di cominciare il terzo anno di scuola, e Cassiopea… Lei ha evitato un matrimonio prematuro solo a causa dei problemi di salute che hanno allontanato i pretendenti, altrimenti nostra madre l’avrebbe data in sposa quand’era ancora una bambina. Non che non ci abbia provato.
L’unico motivo per cui Dorea ha terminato gli studi prima di sposarsi è che Lestrange non ha voluto che fosse altrimenti, e si è impegnato a far detrarre il canone della scuola dalla sua dote da dopo la firma del contratto di fidanzamento-
Charlus si stupì parecchio per quella rivelazione inaspettata; non che conoscesse Lestrange troppo bene, lo ricordava vagamente a scuola e alle feste d’élite a cui i suoi genitori lo trascinavano da un paio d’anni a quella parte seguendo il protocollo non scritto per l’ingresso in società dei giovani maghi, ma dall’aspetto e dai modi che ostentava avrebbe detto che fosse solo un aristocratico ricco e con la necessità di avere il prima possibile un erede a cui lasciare una fortuna e un titolo.
Scoprire che teneva abbastanza alla sua Dorea da insistere perché terminasse gli studi, da pagare addirittura perché le fosse possibile diplomarsi, lo stupiva non poco.
E va bene, lo faceva ingelosire ancora di più.
-Credi che dovrei rimborsargli quei soldi?-
Marius gli lanciò un’occhiataccia dall’alto dei suoi occhi di ghiaccio e Charlus sorrise, sistemandosi più comodo nella poltrona della biblioteca di Villa Potter.
-Quello che volevo dirti, insomma, è grazie. Non per me, io me la sarei cavata comunque, ma ora che ho scoperto quanto può essere meravigliosa quando è accanto a te… Solo ora mi rendo conto di quanto sarebbe stata infelice con chiunque altro, in qualunque altro posto. Non mi sarebbe importato granché di continuare a vivere segregato alla Black Hall per tutta la vita, senza aver visto null’altro che l’Hertfordshire; ma lei, lei è la mia sorellina e si merita il meglio. E io non avrei mai potuto sperare in qualcuno migliore di te-
Charlus sorrise e i suoi occhi si illuminarono come se qualcuno ci avesse acceso un lume dentro.
-Quindi se ti chiedessi la mano di Dorea Asterion Black tu me la concederesti?-
Il giovane uomo seduto di fronte a lui ghignò facendo oscillare il liquido ambrato nel suo bicchiere. Improvvisamente Charlus si sentì intimidito dalla sua presenza, nonostante Marius fosse solo pochi anni più grande di lui; poi si rese conto che non era per l’età, né per la richiesta che gli stava implicitamente facendo.
Era semplicemente il modo in cui l’uomo stava seduto, il portamento altero con cui lo sogguardava da sopra il suo naso aristocraticamente arcuato, il modo elegante con cui le sue dita stringevano l’old fashioned, la sicurezza con cui indossava la sua veste verde ricamata in oro.
-Se aveste voluto il permesso, Charlus, avreste dovuto chiederlo prima di fuggire insieme, non trovi?-
La soggezione svanì col tono divertito di Marius e Charlus si sciolse; non in molti, nella sua giovane vita, avevano avuto la capacità di farlo sentire a disagio e solo un uomo aveva il potere di metterlo in crisi per più di un istante.
-Sono un innovatore delle tradizioni, non lo sapevi?-
L’espressione di Marius si fece seria.
-Promettimi solo che avrai sempre cura di lei-
Charlus gli rivolse un’occhiata tanto intensa che avrebbe fatto tremare persino suo padre.
-Finché avrò respiro tenterò di proteggerla, e cercherò di renderla felice. È una promessa-
 
-Buongiorno amore mio-
Dalle coltri rimboccate non provenne alcun suono. Charlus sospirò e, col cuore stretto in una morsa di amarezza, mosse lievemente la bacchetta per arrestare l’avanzata del vassoio della colazione. Quello si fermò a mezz’aria e l’uomo si avvicinò cautamente al letto, fino a quando non si sedette accanto al bozzolo di coperte e le scostò.
Lucidi capelli neri erano aperti a ventaglio sul cuscino candido, disposti in onde casuali ad incorniciare il viso ancora bellissimo di Dorea. Il dolore e la malattia avevano potuto ben poco sui suoi magnifici lineamenti, ma gli occhi nocciola che fissavano la parete di fronte erano così diversi da quelli di cui Charlus si era innamorato che lo spaventavano.
Non c’era alcun segno di calore, alcun baluginio ironico; non c’era stizza, superbia, non c’era divertimento né simpatia.
Non c’era amore e di sicuro non c’era nemmeno serenità.
Prima che Dorea si ammalasse Charlus avrebbe potuto giurare che il nulla fosse nero; bianco, al massimo. Un colore assoluto, insomma, senza sfumature né contrasti. Qualcosa di definito e di terribilmente opprimente.
Poi aveva scoperto che il nulla era di un caldo castano che un tempo aveva brillato per lui, ricco di sfumature e del sapore di casa, e ora ci viveva dentro.
Erano anni che ogni mattina Charlus portava la colazione a letto a sua moglie, erano anni che la salutava sperando in una risposta che non era ancora arrivata.
L’uomo sospirò ancora mentre accarezzava la fronte liscia e pallida di sua moglie, sistemandole i capelli dietro l’orecchio.
-Su, Dorea, è ora di colazione. Ti ho portato il tè, e il pane tostato è già spalmato di marmellata di arance-
Senza dar segno di averlo sentito la donna batté le palpebre e cominciò lentamente, con movimenti discontinui ed impacciati, a sollevarsi dal cuscino. Charlus la afferrò delicatamente per le spalle e la aiutò a raddrizzarsi, poi le sorrise mentre lei cercava il suo sguardo con gli occhi di vetro.
-È una giornata orribile, sai? Piove da quattro giorni, ormai, e io sono di pattuglia oggi. Spero di non inzupparmi come un pulcino-
Dorea non fece altro che continuare a guardarlo mentre lui le accostava la tazza di fine porcellana alle labbra e la inclinava leggermente. Lei deglutì chiudendo gli occhi, come se le avessero dato un gran sollievo. Il marito ridacchiò.
-Lo so che questo tè è più buono, è quello che ti ha mandato Augusta. Pare che Algie l’abbia portato dall’India apposta per te-
-L’hai ringraziato da parte mia?- domandò Dorea quando ebbe riaperto gli occhi, la voce bassa e arrocchita.
-Certo tesoro. Ha detto che è stato un piacere per lui-
Lei annuì e non parlò per il resto della colazione; anche Charlus scelse di tacere, se per stanchezza o per tristezza non l’avrebbe saputo dire nemmeno lui.
Quando Dorea ingollò a fatica anche l’ultimo pezzo di toast Charlus la aiutò ad alzarsi dal letto e la guidò in bagno, come ogni mattina; come ogni mattina la lavò e la vestì come se fosse una splendida bambola, e infine la fece accomodare al tavolino da toletta e le intrecciò i capelli.
Erano anni che Dorea era malata e lui non aveva mai lasciato che qualcun altro si prendesse cura di lei.
Quando fu pronta lei si strinse al suo braccio e insieme scesero al pianterreno fino a giungere nel grande salone, dove un uomo e una donna di mezza età stavano seduti a conversare amabilmente; si interruppero quando i due giovani sposi entrarono.
-Buongiorno Signor Henry, Signora Alethea-
La voce di Dorea era ancora bassa e traballante; Charlus ebbe la sensazione, come ogni mattina, che si stringesse più forte a lui e si sentì terribilmente colpevole.
-Buongiorno Dorea, cara. Hai riposato bene?- chiese sua madre con tono dolce, andando loro incontro. Lasciò un’impalpabile carezza sul braccio del figlio prima di sfilare con gentile fermezza il braccio della nuora dal suo, per prenderla con sé e guidarla verso i comodi divani disposti attorno al fuoco scoppiettante. Suo padre si alzò e lasciò un sorriso a Dorea, che si sforzò di rispondere mentre si accomodava.
-Io… Si, grazie- rispose poi, cercando con lo sguardo il marito che l’aveva seguita da vicino. Charlus percepì la supplica implicita e stava per cedere, come ogni mattina, ma suo padre fu al suo fianco in un attimo.
-Dovremmo proprio andare, Charls. Sono quasi le nove e io sono atteso per un’udienza-
Sembrò un invito, un suggerimento quasi, ma Charlus conosceva suo padre e sapeva che quel tono non ammetteva repliche. Era lo stesso tono che da bambino l’aveva riportato all’ordine quando stava per combinare qualche piccolo disastro. Deglutì.
-Certo, prendo servizio tra pochi minuti anch’io. A stasera mamma. Dorea…-
Si piegò su sua moglie e le lasciò un bacio tra i capelli, aspettandosi quasi che lei tentasse di trattenerlo con qualcosa di più di quell’occhiata implorante. Sua madre gli sorrise.
-Vi aspetteremo per la cena, e nel frattempo faremo qualcosa di utile anche noi. Che ne dici di lavorare a quell’arazzo che abbiamo cominciato a ricamare la scorsa settimana, cara? Quello per lo studio di Henry- fece, sfiorando delicatamente la mano elegante e curata della nuora. Charlus sapeva bene che Dorea non avrebbe dato più di un punto all’intricata trama che sua madre aveva progettato, ma non riuscì a non sentirsi sollevato quando la vide annuire timidamente.
Con un’occhiata sua madre lo incitò ad andare e lui si sentì pervadere dalla gratitudine per l’aiuto che i suoi genitori davano loro.
-A stasera, allora- terminò suo padre, inclinando lievemente il capo in una sorta d’inchino e uscendo dalla stanza; lui si affrettò a seguirlo e lasciare la casa.
Henry non attese nemmeno di raggiungere il cancello.
-Charlus…-
-Non oggi. Ti prego, papà-
-Fosse per te non ne parleremmo mai-
Charlus si sentì montare qualcosa dentro che riuscì a scacciare perfino il senso di inadeguatezza che lo inondava ogni volta che lasciava Dorea.
-Perché non ho nulla da dire-
Il Signor Potter si fermò nel bel mezzo del viale, a pochi passi dal punto in cui avrebbero potuto Smaterializzarsi.
-Figliolo, sai che sono sempre stato dalla tua parte. Non ti ho ostacolato quando hai voluto sposare Dorea, abbiamo accolto con gioia lei e suo fratello nonostante tutti i problemi che ci sono stati con la loro famiglia, e lo scandalo, e siamo stati felici del vostro matrimonio. Abbiamo cercato di restarvi vicino, dopo la tragedia del povero Marius. Ma, Charlus, sono sei anni ormai che… Non da alcun segno di miglioramento. Nessun Guaritore è riuscito a…-
Charlus si voltò e fissò suo padre negli occhi chiari, furibondo. I suoi pugni erano stretti allo spasmo e dovette farsi forza per riuscire a vincere la morsa di ferro che serrava la sua mascella e poter parlare.
-Non ho intenzione di abbandonare mia moglie, la donna che amo, nel momento in cui è più fragile. Ho fatto una promessa…-
Gli occhi di suo padre erano pieni di dolore e di un’indicibile comprensione, nonostante la posa delle sue spalle fosse rigida.
-Charls, non ti sto dicendo di abbandonarla. Ma forse dovresti pensare ad una soluzione alternativa per prenderti cura di lei. Il tuo sogno era fare l’Auror e l’hai realizzato, ma ora che potresti arrivare lontano rinunci agli incarichi, lavori part-time e passi tutto il tuo tempo libero con una persona che non sembra nemmeno trarre giovamento da tutti i tuoi incredibili sforzi. Tu… Io sono sicuro che vorresti dei bambini. Stai rinunciando completamente alla tua vita, e non hai nemmeno trent’anni. Sono solo preoccupato per te-
Per la prima volta dopo tanto, tantissimo tempo Charlus sentì i suoi occhi minacciare di lasciar cadere lacrime; non distolse però lo sguardo da quello triste del padre, che nel frattempo aveva posato una mano sulla sua spalla.
-Ti ringrazio per la tua premura, per tutto il supporto che tu e la mamma mi avete sempre dato. E per l’aiuto che mi state dando ora che ho più bisogno di voi per occuparmi di mia moglie. Ma, papà, ti prego di non tornare mai più su questo argomento. È lei, la mia vita. Ed è a lei che non rinuncerò mai, in nessun senso. Ho giurato di aver cura di lei, ho giurato di amarla e sostenerla ogni giorno, ed è una promessa che intendo onorare. Qualunque sia il prezzo-
 
-Tesoro-
Charlus alzò lo sguardo dal Profeta della Domenica e sorrise a sua moglie che, seduta di fronte a lui, reggeva tra le mani una tazza di tè e lo guardava con un cipiglio strano, quasi preoccupato.
-Dorea, cara, ti ho già detto che la Maledizione non mi ha nemmeno sfiorato. E comunque Alastor ha insistito perché andassi al San Mungo e posso giurarti che i Guaritori hanno detto che sto bene-
Lei sbuffò.
-Avrei comunque preferito essere presente durante i controlli, se solo tu mi avessi fatta avvertire-
-Non volevo farti preoccupare- disse lui, cercando di suonare innocente. Lei sbuffò di nuovo e alzò gli occhi al cielo e Charlus ridacchiò piano, prima di tornare a leggere la cronaca della partita tra Caerphilly Catapults e Kenmare Krestrels con gioiosa curiosità.
-Non stavamo parlando?-
L’uomo rialzò gli occhi dal quotidiano e guardò di nuovo sua moglie, che ora sembrava più seccata che altro; comprese che non era il caso di provocarla oltre e chiuse il giornale, facendo capire a Dorea che aveva tutta la sua attenzione.
-Scusa, cara, credevo volessi solo essere rassicurata-
Sul bel viso di Dorea Black in Potter passò un lampo fugace di qualcosa che Charlus non riuscì ad identificare, poi la stizza sembrò lasciare il posto, nuovamente, ad una lieve preoccupazione.
-In realtà credo che tu debba davvero rassicurarmi-
L’uomo si sentì invadere dall’ansia; quell’apprensione eccessiva per un pericolo sventato non era da lei, né tantomeno era giustificabile. Si alzò in piedi e le si avvicinò, accoccolandosi al suo fianco e prendendo la sua mano sinistra tra le proprie.
-Dorea, sto bene, sul serio. Se ti farà stare più tranquilla chiameremo un Guaritore che mi visiti davanti a te, va bene?-
Lei scosse il capo e poi lo guardò negli occhi; stavolta Charlus capì cosa c’era, oltre la preoccupazione. Era la speranza.
-Non intendevo per quello. Io… Charlus, io credo proprio di essere incinta-
Il primo, stupido pensiero che l’Auror riuscì a formulare fu che un tornado avrebbe creato meno baccano nella sua testa; poi si rese conto che le sue labbra si erano tese in un sorriso di gioia pura prima ancora che il suo cervello avesse assimilato l’informazione.
Guardò sua moglie negli occhi e si sentì terrorizzato e terribilmente eccitato allo stesso tempo quando la vide sorridere allo stesso modo. Senza alzarsi in piedi si sporse quel tanto che bastava per posare le mani sul volto di lei, come ad incorniciarlo, e le posò un breve, dolce bacio sulle labbra.
-Andrà tutto bene, amore mio. Te lo giuro, andrà tutto bene-
 
-Come hai potuto nascondermi una cosa del genere?!-
-Cosa avrei dovuto fare? Ho quarantasei anni, Charlus, quante probabilità c’erano che sarei riuscita ad arrivare a termine quando per avere James è servito praticamente un miracolo?-
-Cosa c’entra questo!-
-Non volevo darti false speranze!-
-Io… Non posso crederci. Non posso davvero crederci. Come credi che mi sia sentito venendo a sapere da un perfetto estraneo che mia moglie ha avuto un aborto spontaneo mesi fa!-
-Non avrebbe dovuto dirti nulla, ha violato il segreto profes…-
-Cosa vuoi che mi importi di quello! Voglio sapere come diavolo ti è venuto in mente di non dirmi di essere incinta!-
-Mi stai ascoltando, Charlus? Non volevo che ti illudessi!-
-Ah, bene, e quindi hai pensato che fosse il caso di mentirmi per tutta la vita?! E se invece non ci fossero stati problemi, cos’avresti fatto?-
-Te l’avrei detto quando fossi stata sicura di poterti dare il figlio che volevi!-
-Io ho già un figlio, e ho una moglie di cui pensavo di potermi fidare ciecamente! E avrei voluto che mi permettessi di affrontare questa cosa insieme a te, in qualunque modo fosse andata! Come abbiamo sempre fatto!-
-Ma io non volevo questo! È la mia vita, Charlus, è il mio corpo ed era il mio bambino quello che io ho perso!-
-ERA IL NOSTRO BAMBINO! Era anche mio figlio, e avevo il diritto di piangerlo e di starti accanto mentre lo facevi tu!-
-Certo, perché sarebbe stato proprio quello di cui avevi bisogno, un altro dramma di cui occuparti!-
-Cosa vorrebbe dire, questo?-
-Ho solo tentato di proteggerti, come hai fatto tu con me da sempre! Non volevo darti un altro dolore!-
-E credi che sia più facile, così? Credi che sia più facile sapere di non essere stato abbastanza attento da rendermi conto di quello che stava succedendo, credi che sia meglio sentirsi uno stupido idiota per non aver compreso che avevi bisogno di me? Credi sia più semplice sapere ora che è tutto finito, sapere di non avere la possibilità di soffrire perché tu me l’hai tolta? Sapere che tu non reputi nemmeno che sia in mio diritto stare male perché il nostro bambino è morto?-
-Non ho mai detto che tu non abbia il diritto di soffrirne!-
-No, ma ti sei comportata come se questa cosa non mi riguardasse. Poco fa hai detto che questa cosa ha riguardato te, il tuo corpo e le tue scelte. Io non c’entro niente, vero? Non sono abbastanza importante nemmeno per sapere…-
-Non è così! Non è così, Charlus, quello che ho fatto l’ho fatto solo per tenerti al sicuro; solo, per una volta volevo essere io a prendermi cura di te-
-Non a costo di mentirmi, Dorea. Non a questo prezzo. Non è così che funziona, tra marito e moglie. Non è così che funziona tra me e te. Io non ci sto, non posso accettarlo. E non posso prometterti che ti perdonerò per questo.
Ora vado da Jamie. Pare che lui abbia ancora bisogno di me-
 
Charlus strinse sua moglie tra le braccia, con forza, finché le lacrime non smisero di cadere; poi gentilmente l’allontanò da sé e le passò due dita sul viso, per ripulirlo dalle gocce salate. Dorea gli sorrise tristemente e lui la guidò sul sofà, nel cuore un dolore sordo misto ad una rabbia tremenda, e a qualcos’altro che ancora non riusciva ad identificare.
-Io… Non riesco a credere che quel povero ragazzo abbia dovuto subire tutto questo-
Charlus le scostò una ciocca di capelli dal viso con delicatezza e la guardò cercando di imprimere nei suoi occhi una serenità che non possedeva.
-Sirius è forte e ce l’ha già dimostrato. Sono sicuro che ne verrà fuori, tesoro-
L’espressione di sua moglie era piena di tristezza quando parlò.
-Non se ne viene mai del tutto fuori, Charlus. Non quando si viene spinti così giù-
Lui le strinse forte una mano mentre un fuoco di decisione e sicurezza gli si agitava nelle viscere.
-Allora lo tireremo fuori noi, va bene?-
Dorea non rispose, non a parole almeno, e per qualche istante ci fu silenzio.
-Vuoi… Sei davvero disposto a prenderlo con noi?-
Charlus le sorrise, gli occhi verdi che luccicavano dietro alle lenti.
-Non lo abbiamo forse già fatto? Sappiamo bene, Dorea, che non se ne andrà mai più-
-No. Non se ne andrà-
Lui le lasciò un bacio sulla fronte, percependo le proprie parole cementarsi nella sua mente.
-Dovremo pensare a un modo per impedire che ce lo portino via. Un modo per proteggerlo-
-Lo troveremo, puoi starne certa. Ci prenderemo cura di lui, e starà bene. Si riprenderà, col tempo, gli daremo tutto ciò che abbiamo e James lo aiuterà. Ci prenderemo cura di lui, Dorea, tutti insieme. Come fanno le famiglie-
Lei annuì di nuovo, ma sembrava ancora molto scossa. Charlus le carezzò ancora il volto e lei si poggiò al suo palmo come se chiedesse di essere sorretta.
-Non soffrirà più a causa loro?-
-Questo purtroppo non posso dirlo. Ma ti assicuro che farò del mio meglio perché Sirius abbia tutto ciò che merita di avere, e perché sia tutelato in ogni modo possibile-
Dorea chiuse gli occhi e i suoi lineamenti si distesero sotto il calore della mano di Charlus.
 
La porta della camera da letto si chiuse alle spalle di Caradoc e Charlus continuò ad accarezzare il viso di Dorea, che gli sorrideva di rimando. Non riusciva ancora a credere che si fosse svegliata, che stesse bene, che lo riconoscesse e gli parlasse e lo guardasse come sempre; sentiva il bisogno di continuare a tenerla, a sfiorarla, per convincersi che non fosse un sogno.
-Ho avuto così tanta paura, Dorea. Così tanta paura di perderti-
Lei gli sorrise di nuovo e prese una delle sue mani tra le proprie; la strinse forte e se la portò alle labbra per deporvi un piccolo bacio.
-Sono qui, Charlus. Sono qui con te, e sto bene-
-Sia ringraziato il cielo-
Lei sorrise di nuovo, ma poi la sua espressione si accigliò.
-Ora mi diresti che fine ha fatto nostro figlio?-
Gli occhi di Charlus luccicarono mentre una punta di divertimento annacquava il mare di sollievo che aveva invaso il suo petto nello stesso istante in cui Dorea aveva risposto per le rime al Guaritore.
-Sta bene, ma deve stare a letto per qualche tempo. È stato colpito da una Maledizione e Caradoc è intervenuto subito, quindi non avrà danni permanenti. L’abbiamo accompagnato qui da te ieri sera, ovviamente, anche se non avrebbe potuto alzarsi; ma lo conosci, non l’avrebbe fermato nessuno-
Il viso di Dorea passò dalla preoccupazione alla serenità in un baleno, sfoggiando un sorrisetto materno. Charlus aveva sempre adorato l’espressione che aveva quando parlavano dei loro figli.
-E Sir? Come sta?-
-L’hai visto, no? Sta bene. Era terribilmente preoccupato per te, lo conosci, e non ha lasciato James nemmeno per un attimo, se non per venire qui. Ah, abbiamo un ospite-
Dorea gli lanciò un’occhiata curiosa cercando per sollevarsi meglio contro i cuscini.
-Lily è stata colpita dalla stessa Maledizione che ha ferito James, e ora sta dormendo nella sua camera-
-Non ti sembra un po’ presto per dargli il permesso di condividere la stanza?-
Charlus mise su un’aria innocente; sapeva di giocare col fuoco, ma non riusciva ad evitare di comportarsi come se fosse un bambino il giorno di Natale.
-Lo sai che spero di diventare nonno in fretta-
-Non così in fretta, mi auguro!-
Al tono fintamente indispettito di Dorea smise di trattenersi e scoppiò a ridere; per un attimo si sentì molto simile a Sirius.
-Se cominci a protestare subito per qualcosa allora posso star certo che tu stia bene. Sarà meglio che Caradoc ti visiti, ora, o dovrai aspettare per vedere tuo figlio. E non penso che tu lo voglia-
-Direi che mi conosci abbastanza bene, alla fine-
Lui si alzò e la baciò di nuovo sulle labbra con intensità.
-Sono tuo marito, è mio compito conoscerti bene. Ora fai la brava e fatti visitare, oppure niente gita dall’altra parte del corridoio-
-Andiamo, Charls, sarà pure mio diritto vedere il mio figlio infermo!-
Lui ammiccò.
-Comportati bene col Guaritore, oppure ti giuro che non lascerai il tuo letto-
-Ricattatore-
-Ti amo-
 
 
24/07/1977

Mio amatissimo Charlus.
So bene che, se hai in mano questa lettera, l’unica cosa che dovrei dirti è che mi dispiace di averti lasciato solo. Posso soltanto immaginare cosa abbia significato per te vedermi andare via; il mio dolore più grande, in questo momento, è lo specchio del dolore che sono cosciente di aver inflitto a te e ai nostri figli.
È naturale, prima o poi, lasciare questo mondo. Non posso sapere adesso che scrivo in che modo me ne sarò andata quando tu leggerai, ma ho la sensazione che non sarà stata una traghettata pacifica.
Ora non arrabbiarti con me per lo humor macabro. Sono pur sempre un’aristocratica inglese, per quanto tu possa vermi fatto dimenticare buona parte dei miei modi non saresti mai riuscito a privarmi anche del sarcasmo Black. O del tè.
In qualunque modo sia andata, comunque, non ho difficoltà ad immaginarti in questo momento: sarai nella nostra stanza, poggiato alla poltroncina da toletta color lavanda su cui mi sedevo la sera a spazzolare i capelli. Probabilmente stai sorridendo perché ho indovinato, ma il tuo sarà un sorriso mesto. Di quelli che ti fanno piegare gli angoli degli occhi verso il basso e ti incidono le rughe un po’ più in profondità attorno alle labbra.
Quello stesso sorriso che mi hai dedicato per anni, gli anni peggiori, che senza te sarebbero stati la mia tomba.
Sono sempre stata una donna orgogliosa, forse così tanto da non averti mai ringraziato per ciò in cui hai trasformato la mia vita. Intendo, ringraziarti davvero.
Per avermi aperto gli occhi quando ero solo una ragazzina con la testa farcita di idee sbagliate come un sandwich al tacchino il ventisei dicembre.
Per avermi accettata esattamente per quello che sono, con i miei pregi e i miei indiscutibili difetti. Tu li conosci meglio di me; non mi pare il caso di ricordarti una volta di più tutti i motivi per cui non avresti dovuto amarmi, quando egoisticamente non desidero altro che restare nel tuo cuore e nei tuoi pensieri per il resto della tua, mi auguro lunga e serena, vita.
Per avermi amata come non credevo si potesse amare; per avermi resa indispensabile per te, per esserti reso indispensabile per me. Per essere andato oltre tante cose, troppe volte, pur di non abbandonare il mio fianco.
Per non avermi lasciata, nonostante volessi dei figli più di quanto volessi qualunque altra cosa al mondo, quando sembrava che non ne avremmo mai potuti avere; per aver pensato che io fossi abbastanza, per te; per aver provato ad accontentarti di me ed esserci riuscito senza farmelo pesare.
Grazie, grazie dal più profondo del mio cuore per avermi dato James. E per essere tornato a casa, quella notte di luglio, col nostro Sirius.
Di fronte a questo, Charlus, il resto scompare.
Grazie per avermi dato dei valori, e per avermi permesso sempre di lottare per essi. Grazie per avermi sempre protetta e per non aver mai tentato di tenermi al sicuro.
Grazie per avermi lasciata libera di scegliere come vivere e come andarmene. Per questo dono, temo, non riuscirò mai a sdebitarmi.
Non posso dire di aver vissuto solo giorni felici da quando sono diventata tua moglie. Sarebbe una bugia per una qualsiasi coppia con alle spalle quarant’anni di matrimonio, e noi non siamo una coppia qualsiasi.
Possiamo essere vissuti meglio di tanti, ma sicuramente abbiamo avuto più problemi di molti altri. Il punto fondamentale, però, non è tanto quanto possiamo essere stati felici insieme. È  quanto intensamente siamo stati felici nei giorni buoni, e quanto intensamente ci siamo amati nei giorni cattivi, comunque, nonostante tutto.
Sappiamo entrambi, razionalmente, che probabilmente le nostre vite sarebbero state più tranquille se non le avessimo condivise. Io avrei sposato quel vecchio imbalsamato di Lestrange, avrei rinunciato al mio lavoro, avrei partorito un paio di figli, auspicabilmente maschi, e mi sarei trasformata nella copia ringiovanita di mia madre. Magari avrei pranzato con mia nipote Walburga una volta al mese in modo che i nostri bambini crescessero tessendo le giuste relazioni, e Marius sarebbe stato il mio giardiniere. Avrebbe piantato peonie nell’angolo est della tenuta dei Lestrange e io sarei andata a passeggiare tra quei fiori che odio per punirmi, commiserandomi per la mia scarsa lungimiranza e per la mollezza della mia spina dorsale.
Tu, invece, avresti trovato una qualche brava ragazza dall’animo ribelle e l’avresti amata come sai fare tu. Avreste avuto un sacco di figli a cui avresti insegnato a giocare a Quidditch, e ad impugnare la bacchetta, e ad essere giusti. Non avendo una moglie invalida di cui occuparti nei tuoi anni migliori la tua carriera non avrebbe trovato alcun ostacolo; probabilmente avresti dato filo da torcere ad Alastor per la direzione del Dipartimento, e forse gli avresti anche strappato quel posto. Saresti stato un grande Capo, severo ma giusto, e i tuoi figli ti avrebbero ammirato. Ma questo, in fondo, non è poi diverso.
Comunque tua moglie si sarebbe presto stancata dei tuoi orari da stacanovista, e di preoccuparsi per la tua vita ogni volta che avresti messo il naso fuori di casa. Certamente lei e il suo animo ribelle avrebbero adorato i tuoi progetti di ragazzo, quando attiravi l’attenzione di tutte le streghe attorno a te raccontando dei tuoi folli progetti di grandezza e di avventura, ma poi la realtà le sarebbe stata stretta. Ti avrebbe voluto a casa più spesso, magari in tempo per la cena che si sarebbe impegnata tanto a preparare perché, andiamo, quale donna inglese non saprebbe cucinare un dannato pasticcio? E avrebbe voluto festeggiare compleanni e ricorrenze con la famiglia al gran completo e i vestiti buoni, avrebbe voluto che fossi lì a trascorrere con loro il primo Halloween del vostro primo figlio per scattare foto e giudicare grandioso il costume da ape che lei gli avrebbe cucito a mano. E che tu avresti odiato, perché guardando il piccolo Henry con quella roba addosso avresti pensato soltanto: “Io odio le Vespe di Wimbourne”. E lei non l’avrebbe capito.
Quindi si, avremmo probabilmente avuto vite più tranquille se tu non fossi stato così ostinato nel tuo proposito di farti amare da me. Avremmo avuto vite straordinariamente ordinarie, con accanto persone mediocri che ci avrebbero dato quello che pensavamo di volere, e poi ci saremmo accontentati dell’abitudine. Dei disegni già fatti, delle strade tracciate. Della via più comoda.
Eppure, Charlus, io non mi priverei di un solo giorno. Non rinuncerei nemmeno a ventiquattr’ore passate accanto a te, nemmeno alle ventiquattr’ore più oscure della mia vita, nemmeno a quei momenti in cui l’unico sollievo sarebbe stato morire. Non so se avrei potuto rinunciare a te nemmeno se avessi saputo cos’avrebbe significato per Marius fuggire con me. Ti prego, perdonami fratello mio.
Sono meschina, proprio quello che tu non sei. Tu sei quello nobile, dai sentimenti puri; il prode Grifondoro che si sacrifica per gli altri. Io, in fondo, penserò sempre prima al mio tornaconto. Sono comunque una Serpeverde, non ho mai rinnegato le mie origini.
E tu, mio amato, amatissimo Charlus, sei il mio tornaconto più importante. Tu sei il mio profitto più prezioso.
Tu sei la mia vittoria, la testimonianza che se si vuole qualcosa la si ottiene, che se si persevera si giunge allo scopo.
Tu sei la prova vivente che i sacrifici, in qualche modo, pagano sempre.
E se per avere te, per avere l’immensa gioia che tu mi hai donato negli anni migliori delle nostre vite insieme, ho dovuto pagare uno scotto allora lo spettacolo valeva il biglietto.
Perché non avrei davvero saputo cosa farmene, della tranquillità. Di una vita banale, di un marito insipido, perfino di una maternità plurima e senza intoppi. Non avrei saputo cosa farmene di un sottofondo costante di serenità.
Io volevo te, Charlus Henry Potter. Ho voluto te da quel giorno in cui un giovanotto spavaldo mi bloccò nel bel mezzo di un corridoio dei sotterranei offrendosi di portarmi i libri al banco in prima fila sotto la finestra, per la lezione di Incantesimi, infischiandosene dei colori dei nostri stemmi.
Ho amato te, Charls, ti ho amato con ogni più piccola fibra del mio essere e sono piuttosto certa che continuerò ad amarti ancora a lungo, dopo che avrai letto queste righe.
Se sono fortunata, ti amerò per sempre.
Se ho combinato qualcosa di buono in questo mondo, allora tu amerai per sempre me.
Tieni d’occhio i ragazzi, te ne prego. Sono ciò che di più importante ci sia su questa Terra.
Non te li raccomando oltre perché so già di averli lasciati nelle mani del padre migliore che potessero avere.
Sono così fiera di essere la loro mamma.
Abbi cura di te. Puoi piangere, per un po’. Puoi essere triste, e crollare; ma poi rialzati, vivi, e prova ad essere felice. Quando arriverà il tuo tempo io ti aspetterò proprio sulla soglia, dall’altra parte.
È la mia promessa per te.
Dorea”
 
 
Note:
saranno belle lunghe, temo, perchè sono necessari un po' di chiarimenti.
Questa è, credo, la storia più lunga che io abbia mai scritto; racconta diversi episodi, accaduti in un tempo piuttosto lungo, e molti dei particolari possono essere spiegati soltanto leggendo i capitoli 9, 16, 74 e 87 de "La chiave di volta".
Ma_AiLing mi aveva chiesto qualcosa che parlasse di Charlus e Dorea e, se fosse stato possibile, le letere che lei lascia ai suoi uomini dopo la sua morte, così ho tentato di usare tutte le sue indicazioni. Spero di averti fatta felice!
Il ragazzo che incontriamo con Charlus nei corridoi di Hogwarts è Daniel McKinnon, il suo migliore amico.
La prima discussione tra Charlus e Dorea avviene quando sono ancora a scuola e hanno cominciato a trascorrere del tempo insieme in segreto; Dorea è fidanzata con quello che poi sarà il padre di Rodophus e Rabastan Lestrange e Charlus preme perchè rompa il fidanzamento che la sua famiglia le ha imposto per sposare lui.
Marius è uno dei fratelli di Dorea, insieme a Pollux (padre di Walburga, Alphard e Cygnus) e Cassiopea (di cui non si sa nulla a parte che non sia sposata), ed è stato cancellato dall'albero genealogico perchè era un Magonò. La mia versione della sua storia si può trovare al capitolo 9 de "La chiave di volta", e sempre lì si può capire perchè nell'episodio successivo Dorea soffra di depressione.
Nella biografia della famiglia Potter pubblicata su Pottermore si parla di un certo Henry; negli anni della Prima Guerra Mondiale egli faceva parte del Wizengamot e condannò pubblicamente il Ministero della Magia per aver scelto di non intervenire in aiuto dei Babbani durante il conflitto. Henry era il padre di Fleamont Potter, il  quale riveste il ruolo di padre "ufficiale" di James. Chi conosce la storia a capitoli sa già che per quel che riguarda i nomi e la storia dei nonni di Harry non mi sono attenuta al canon perchè la biografia dei Potter è stata pubblicata solo dopo l'inizio della pubblicazione de "La chiave di volta", quindi non me la sono sentita di stravolgere tutto. Henry, dunque, resta il nonno di James ma Charlus sostituisce Fleamont come suo padre.
Alethea, invece, è ovviamente la moglie di Henry ed è una mia totale invenzione, visto che non si fa alcun cenno a lei.
L'episodio successivo si riferisce al momento in cui Charlus scopre che Dorea è in attesa; qualche mese dopo nascerà James.
Il litigio che segue riguarda l'omissione da parte di Dorea riguardo il suo essere stata nuovamente incinta, qualche anno dopo, e l'aver avuto un aborto spontaneo; Charlus scopre tutto per caso mesi dopo grazie a un Medimago poco accorto (capitolo 87).
Vengono dopo il flash che racconta il dialogo tra Charus e Dorea la sera dell'arrivo di Sirius a Casa Potter (capitolo 16), e il risveglio di Dorea dopo l'attacco a Upper Flagley (capitolo 74).
La lettera d'addio di Dorea è quella che lascia a suo marito, conservata in un portagioie iniseme a quelle per James e Sirius; come si può notare dalla data è stata scritta il giorno in cui venne redatto il testamento, pochi giorni dopo l'attacco ad Upper Flagley.
Il filo conduttore di tutto il racconto sono le promesse che Charlus fa, in diverse occasioni e a diverse persone, riguardo al suo rapporto con Dorea; l'ultima, quella della lettera, è il giuramento con cui lei lo saluta prima di andare.
Spero che questa One Shot vi sia piaciuta almeno un po', e grazie per averla letta!






 
   
 
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