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Autore: Caris    09/09/2016    0 recensioni
“Let the smoke lie back in the dark”.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Let the smoke lie back in the dark”.1

 

Le sfumature di un cielo settembrino – azzurri di zaffiro, celesti di acquamarina, violetti di ametiste, e rosa, sì, mille sfumature di rosa, come il corallo, come un fiore di camelia appena sbocciato, come la sua pelle – si rincorrono all’orizzonte, sfumandosi ed accavallandosi tra nuvole candide e gli ultimi raggi di sole.

Le mattonelle rossicce di cotto che lastricano il mio giardino emanano calore.

Continui schiocchi e scricchiolii – animaletti, insetti, il vento tra le chiome appena appassite degli alberi   accompagnano il lento fluire delle spirali di fumo grigiastro della mia sigaretta.

Mi dondolo su una vecchia sdraio di vimini, pronta a cadere a pezzi da un momento all’altro, giusto per farmi atterrare sul grande cactus dietro di me, addossato al muro, grezzo, grigio perla, sotto alla finestra.

La luna, in lontananza, comincia la sua lenta avanzata, il suo quotidiano cammino in cielo, salutandomi da dietro ad una ancor verdeggiante collina.

Le prime stelle cominciano a far capolino, insieme alla loro Signora, brillando, intermittenti, lontane, bellissime, eterne.

Spengo la sigaretta, ormai finita, nel posacenere di coccio marrone accanto a me.

Osservo con finta noncuranza il pacchetto verde menta ai miei piedi e, accanto ad esso, l’accendino azzurro: perché non fumarne un’altra?

Faccio spallucce e, senza batter ciglio, accendo la seconda.

Di qualcosa dovrò pur morire, no?

Meglio morire per qualcosa di serio, dopotutto, che per tutto questo invincibile e pernicioso languore.

Tiro una boccata di denso fumo biancastro, sorridendo, quasi, al cielo, coloratissimo e spettacolare.

Non so per quanto tempo rimango lì, da sola, a fumare, pensare, sognare, languire.

So solo che le sigarette nel posacenere accanto a me diventano molte più di due.

So solo che tutti quei meravigliosi colori del cielo vengono progressivamente oscurati dal buio della notte che avanza, in punta di piedi, silenziosa e letale.

Luci delle case vicine, lampioni e fari di macchine squarciano, di tanto in tanto, l’oscuro manto di silenzio ed inchiostro della sera.

Le cicale, nonostante l’estate sia finita, continuano a cantare.

Un ronzio insistente e fastidioso è ciò che mi distrae dai miei pensieri e dalle mie meditazioni: una coppia di calabroni ha scelto la mia vetrina di ingresso, e la luce giallastra accanto ad essa, come luogo di accoppiamento.

Sospiro, prendo il pacchetto e rientro.

Ci sono cose che, ogni sera, al calar della sera, lascio su quella vecchia sdraio.

Ci sono pensieri, idee, intenzioni, buoni propositi, sospiri e desideri.

Soprattutto desideri.

Desideri di telefonate mai fatte, mai ricevute, di messaggi scritti ma mai inviati, di parole, fiumi interi di parole, pensate e ripensante mille volte, ma mai dette.

Parole che, però, un giorno mi dovrò decidere a dire.

Confessioni da fare e desideri, ancora, da esprimere.

Su quella sdraio, ogni sera, lascio ricordi di profumi forti, penetranti, intensi, che ti tolgono il sonno e, con esso, il senno.

Lascio brividi, cascate di brividi, innescati da sguardi diretti, forse fin troppo, attraverso stanze, foreste e vallate intere.

O,  a volte, attraverso solo pochi centimetri.

Lascio la gioia di risate condivise.

Lascio tante, troppe cose, su quella sdraio, alla sera, prima di rientrare in casa e tornare al mio cellulare, al mio PC, alla routine di tutti i giorni, sempre uguale ma eternamente diversa.

Nella speranza, forse, che quei profumi, quegli sguardi, quelle risate, un giorno, possano entrare a far parte di quella stessa routine.

 

 

Il titolo della storia è lo stesso di un singolo di E. Cochran (1958).

1 “One Cigarette”, E. Morgan.

 

  
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