Lovely rhapsody
Part one:
Solo un bacio della buonanotte.
***
Un fresco
venticello estivo fa capolino dalla finestra semiaperta e mi sfiora la guancia
non affondata nel cuscino.
Stringo
gli occhi e mi rigiro più volte del letto, ormai sveglio ma incapace di accettare
la triste verità, finché non avverto la voce squillante di mia sorella
chiamarmi dal piano di sotto, annunciando la colazione.
Grande, Kurosaki.
Coraggio, solo un altro mese di scuola. Mi dico, sbadigliando.
Tra
parentesi, Kurosaki è il mio cognome.
Mi chiamo
Kurosaki Ichigo.
Kuro
come “nero”, saki come “promontorio”. E no, prima che me lo chiediate, non Ichigo come “fragola”. C’è un
significato assai profondo e complicato dietro questa parolina, ma non è che io vada a sbandierarlo ai quattro venti.
Sono uno
studente liceale normale, famiglia normale (anche se in quel caso la normalità raggiunge il suo
culmine), media scolastica normale, vita normale. Tranne,
beh... un minuscolo dettaglio che non
mi va di spiegare, perché probabilmente cambiereste opinione di me in un
nanosecondo.
Sono alto
uno e settantaquattro, peso nella media, bello nella media
(anche se Keigo mi ha riferito che metà della
fauna femminile della Karakura High School mi sbava dietro da anni... alcune hanno addirittura attentato
–senza risultati soddisfacenti- alla mia verginità).
L’unico mio
problema è forse questa massa cespugliosa color arancio che vedete sulla mia
testa.
Ecco,
quelli sono i miei capelli.
L’ho
detto.
«Oniichan! Mi hai sentita?
La colazione!».
«Icchi-ni! Ti prego, scendi, altrimenti le viene una crisi
di nervi!».
...
Ecco, queste due sono Yuzu e Karin,
le mie sorelline. E, se mai ve lo stiate chiedendo, “Oniichan” ed “Icchi-ni” sono
sempre io.
Con un
sospiro, mi sollevo dal materasso e mi appresto a vestirmi, senza smettere di
sbadigliare.
Non che
io sia mai stato un tipo pigro, per carità... è solo
che, come dire, ho passato l’intera notte a rincorrere un pazzo coi sandali da
bagno perché ritrasformasse il mio guardaroba in ciò che è giusto che sia: un
armadio, e non una tasca-di-Doraaemon gigante.
Ripesco
l’uniforme scolastica da un mucchio di vestiti ammassati in un angolo, in attesa di poter essere finalmente riposti al proprio
posto. Sollevo le braccia in alto e sfilo la canottiera con un movimento
fluido, facendola ricadere sul pavimento accanto ai miei piedi.
Prendo
la casacca della divisa, e...
«Pervertito!»
...
come non detto.
Mi
volto d’istinto verso il mio letto, e per un lunghissimo istante tutti neuroni
del mio cervello smettono di funzionare. Poi, d'improvviso riprendono a
lavorare frenetici, alla ricerca di una spiegazione logica e sensata a ciò che mi trovo davanti agli occhi.
Rukia.
Nel mio letto!
Stringo
gli occhi e li riapro, solo per incontrate lo sguardo freddo e serissimo di
lei, che pare non voler staccare gli occhi blu mare da me.
«Che...
che accidenti ci fai qui?!», biascico, con ben poca convinzione. La sorpresa è
ancora troppo grande.
Lei si
scuote immediatamente. «I... io?», balbetta, poi pare riprendersi. «T-tu piuttosto, Kurosaki Ichigo! Insomma... spogliarti
davanti a me!».
«E’ la mia stanza!», ribatto, colmando lo
spazio tra noi in due passi. Ora è ad un palmo dal mio naso.
La vedo
rabbrividire e colgo un attimo di smarrimento nei suoi occhi blu, ma ancora non
distoglie lo sguardo. Sembra che stia sostenendo una scommessa con se stessa, o
qualcosa del genere.
Mi
sforzo di ripercorrere con la mente gli avvenimenti di ieri, ma i miei ricordi
si fermano a Renji che mi parla, sulla soglia della
mia camera, chiedendomi qualcosa... dopodichè, è il buio.
Lancio
uno sguardo furtivo alle mie spalle, ed alla mia
povera scrivania ancora semi-distrutta...
E mi torna in mente dell’armadio. E
dell’aspirapolvere impazzito. Ed allora, un terribile
sospetto si fa strada nella mia testa.
Un solo
attimo per ricordare la frase detta da Rukia, ed il
sospetto si tramuta in terribile certezza.
«Hai dormito nel mio letto!».
Mi
avvicino di più a lei. Ora riesco a scorgere me stesso riflesso nei suoi occhi,
ormai limite dell’impassibilità.
«Me...
me l’hai permesso tu», mormora, con tutta la fermezza che la mia vicinanza le
concede. Devo farle davvero schifo.
Sbuffo
e mi allontano, e lei pare trarre un sospiro di
sollievo.
Incrocio
le braccia al petto. «Avresti potuto dormire con Yuzu
e Karin! E poi, quand’è che
io ti avrei...».
Un
altro terribile sospetto.
«Senti, Rukia, non è che...».
Lei si
volta verso di me, stupita da quel repentino cambio di tono.
«...
insomma», biascico, a disagio. «per caso ieri Renji
mi ha... portato a bere insieme a lui?».
«Certo,
stolto. Non vorrai farmi credere che non te ne ricordi?».
Vorrei
risponderle che se me ne fossi ricordato non glie
l’avrei di certo chiesto, ma mi mordo la lingua e resto in silenzio. Non voglio
che s’arrabbi prima di avermi raccontato tutta la storia.
«No,
non ricordo», ribatto, stranamente remissivo. «Poi? Cos’è successo?».
Rukia mi guarda e si raddrizza sulle ginocchia, le mani
poggiate in avanti. Mi fa uno strano effetto vederla li, in pigiama e tra le
lenzuola, nel mio letto, e sono
costretto ad inghiottire il groppo che improvvisamente mi blocca la gola.
«Renji ti ha invitato a bere con lui per farsi perdonare
l’affare dell’armadio», dice, senza staccare un attimo gli occhi da me. «Tu hai approvato, non senza qualche protesta, e quando
sei ritornato eri... stranamente allegro, insomma. Penso fossi ubriaco. Sei
improvvisamente crollato sul letto e, quando io ti ho chiesto di, ecco, dormire accanto a te, hai accettato...».
Sento
il sangue scorrere d’improvviso più rapido nelle vene, ed improvvisamente ho
molto caldo.
Spero
di non essere arrossito. Non posso
essere arrossito!
«Quindi», biascico, più per distrarmi che per altro. «non è
vero che ho passato la notte a rincorrere Urahara».
Rukia scuote il capo, seria. «Ho modificato i tuoi
ricordi, per salvare la vita a Renji. Probabilmente,
adesso vorresti ucciderlo».
«E’
naturale», sbuffo, e mi lascio cadere a gambe aperte sulla sedia che tengo
accanto alla scrivania.
E cosi, stanotte Rukia
ha dormito insieme a me. Sento uno strano brivido percorrermi la
schiena a questo pensiero, ma mi sforzo d’ignorarlo.
Insieme a me.
Accanto a me.
Immagino
che, voltandomi verso di lei, avrei potuto sentire il
suo respiro caldo che mi accarezzava la pelle, ed il suo profumo che m’invadeva
le narici.
Non so
se ringraziare di non essermi svegliato durante la notte, oppure no.
Insomma, Ichigo,
si tratta solo di Rukia! Rukia! La tua
migliore amica. E’ come tua sorella. Non t’importerebbe se Yuzu
o Karin dormisse accanto a te, no?
No, mi
rispondo da solo, prendendomi la testa tra le mani. Non m’importerebbe.
Ma stavolta t’importa. Stavolta è di Rukia che si parla, non di Yuzu
o Karin.
Sbuffo,
seccato. Che mi prende?!
Infondo non è successo niente. Neppure me ne sono accorto.
Beh, certo. Dico a
me stesso. Ero ubriaco...
Una molla
scatta nella mia testa, rapida e dolorosa. Ero
ubriaco.
Io ero
ubriaco, e lei...
Un
attimo dopo sono di nuovo in piedi e fisso minaccioso Kuchiki
Rukia, che d’istinto arretra di qualche centimetro
verso il muro.
«Che.. che fai, stolt...».
«Io ero
ubriaco!», sbraito, un braccio teso
contro il muro ad intrappolarla in una sorta di gabbia. «Ero ubriaco, e tu hai dormito accanto a me! Insomma, Rukia! E’ andato tutto bene, ma se io avessi...
se io...».
Non
riesco a terminare la frase.
Sono
furioso con me stesso.
Per aver accettato lo stupido invito di Renji,
per aver bevuto troppo e per aver permesso a Rukia di
dormire accanto a me in quelle condizioni.
E sono furioso con lei. Che le passa per quella testa!?
Proprio
non ci pensa a certe cose? Che io sono un ragazzo, che lei è
una ragazza e che...
Mi
blocco, e tutto nel mio cervello si fa bianco. Lei è una ragazza.
Una
ragazza che ora è davanti a me, e mi fissa con quegli occhi blu cosi
dannatamente profondi, nei quali potrei perdermi e vagare per anni, occhi tanto
gravi e tanto belli da mozzarmi il respiro.
Forse è
a causa della troppa vicinanza, ma non sono mai stato consapevole come in questo istante di quanto Rukia sia
bella.
Fin ora
è sempre stata insieme la mia guida, la mia nakama e
la mia amica, una compagna di scuola e di battaglia,
la persona che mi ha cambiato la vita...
...Ma, oltre a tutto ciò che per me rappresenta, Rukia è una ragazza.
E questa nuova consapevolezza è tanto forte da
annientarmi, tanto intensa da annebbiarmi completamente il cervello.
Mi
accorgo solo adesso che il suo dito indice è premuto dolcemente sulle mie
labbra, e ricordo solo lontanamente d’essere furioso con lei. Adesso, ho solo
un gran caldo e sento il cuore martellarmi in petto all’impazzata.
«No che
non ci ho pensato, stolto», mi dice, e devo fare uno sforzo per capire che si
riferisca alla domanda che le ho posto precedentemente.
Nonostante il dito a chiudermi le labbra in un gesto tutt’altro che spiacevole, capisco che è arrabbiata. La sua
voce è secca e dura come quando mi fa una delle sue ramanzine.
Si
allontana da me, e mi fissa con occhi accesi di qualcosa che non riesco ad identificare. «Perché mi fido di te», sussurra, duramente,
ed un attimo dopo si sottrae alla gabbia delle mie braccia e si dirige fuori dalla stanza, sbattendo con forza la porta.
Ancora
non riesco a ragionare lucidamente. Il cuore pare volermi scoppiare in petto.
Poi, in un improvviso attimo di lucidità, mi prendo la testa tra le mani.
Sei un completo imbecille, Kurosaki Ichigo.
~
Mi
chiudo alle spalle la porta della stanza di Ichigo e resto per un attimo immobile, a contemplare quel
silenzio quasi innaturale per gli standard di casa Kurosaki.
Il buio
è già calato da un pezzo oltre il vetro della finestra semiaperta, e Yuzu e Karin dormono tranquille
nei propri letti, cosi come lo zio Isshin.
Ichigo non è ancora tornato.
E’
uscito di casa qualche ora fa in compagnia di un Renji deciso a farsi perdonare l’inconveniente
dell’armadio, probabilmente per andare a bere qualcosa.
Spero
che torni presto.
E... ehm, cioè, no, non fraintendetemi! E’ solo che
il mio letto è stato distrutto, ed ho bisogno che Ichigo
mi faccia dormire nel proprio. Non dovrebbe
essere un problema, per lui... non è il tipo d’uomo da pensare a certe
possibilità.
Quanto
a me... ciò che mi preme è unicamente trovare un posto in cui dormire: il mio
letto è defunto, l’armadio impossibilitato... pare che tutti si siano messi
contro di me.
Mi
accoccolo sul letto di Ichigo
ed affondo il capo nel cuscino ancora odoroso del profumo di lui; chiudo gli
occhi, ed una sensazione di piacevole benessere mi avvolge. Assomiglia ad... un abbraccio.
L’abbraccio di un caro amico, l’abbraccio di un genitore, l’abbraccio
dell’uomo che ami. Eppure è solo un
profumo.
Sospiro
e mi rannicchio di più nel mio giaciglio, stringendo
forte le ginocchia al petto.
E’
tutto un sogno, e nessun uomo mi abbraccerà mai come fossimo
in un film o in un manga.
Sono una shinigami.
E non dovrei essere qui, a crogiolarmi nelle mie
fantasie da studentessa del liceo. Dovrei impugnare la mia katana
e combattere, servire il mio Capitano ed obbedire agli
ordini imposti dall’alto.
E rassegnarmi all’idea che non ci sarà mai nessun
uomo ad abbracciarmi, donandomi quel senso di protezione tanto a lungo
desiderato, mentre il suo profumo familiare mi riempie le narici.
Kaien-dono.
Stringo
più forte le palpebre, fino a scacciare il pizzicore improvviso agli angoli
degli occhi. Di solito non ci penso, ma di notte, quando sono sola con le
lenzuola ed il cielo trapunto di stelle, è più facile
che i ricordi mi assalgano come un fiume in piena, trascinandomi giù ed
impedendomi di risalire.
Mi
vergogno ad ammetterlo, ma... in momenti come questi, sgattaiolo fuori dalla mia stanza e m’infilo in quella di Ichigo; resto ferma per qualche minuto a guardarlo dormire,
il torace che s’alza e si abbassa al ritmo del suo respiro, la bocca socchiusa
e l’espressione stranamente distesa, come mai, durante il giorno, mi sia mai
capitato di vederla.
Ma questa notte Ichigo non
c’è, e devo accontentarmi del cuscino odoroso di lui. Chiudo gli occhi, e
lascio che il suo profumo familiare mi culli in un
abbraccio che potrei non ricevere mai...
E’ un
rumore improvviso a scuotermi.
Riapro
gli occhi di scatto e mi drizzo sul letto, all’erta. La luna è più alta nel
cielo e la notte si è fatta più scura. L’orologio sul comodino segna le due di
notte.
Kami, devo essermi addormentata...
Ichigo non c’è ancora. Di nuovo il rumore di prima...
allora capisco, e vengo invasa dal sollievo. Dev’essere lui. Esco piano dalla camera, sforzandomi di non
far rumore, e mi affaccio dalla rampa di scale.
E’ lui.
E piuttosto ubriaco, direi.
Ichigo sale le scale reggendosi al corrimano con entrambe
le mani. Incespica più volte, ma riesce a rimanere in piedi. Quando
mi raggiunge e lo guardo negli occhi, riesco a stento a soffocare un risolino:
è più spettinato del solito, gli occhi sono stranamente lucidi, come se
piangesse, e le guance arrossate.
Renji deve averlo imbottito d’alcool per tenerlo
buono...
Mi
fissa per un attimo come se non mi riconoscesse, poi le labbra si aprono in un
sorriso.
«“Notte,
Rukia. Dhormi biene...».
Fa di
nuovo per inciampare, e sono costretta ad affiancarmi a lui per sorreggerlo.
Intimandogli di far piano, lo guido nella sua stanza e mi chiudo la porta alle
spalle, con un sospiro di sollievo.
Mi
volto, rossa in viso, quando prende a spogliarsi degli abiti che indossa per
sostituirli col pigiama. Azzardo un occhiata alle mie
spalle solo quando sento distintamente le molle del letto cigolare, ricordando d’improvviso
che non ho dove dormire.
«Ehm, Ichigo», faccio, un po’ impacciata, tormentandomi le mani
in grembo. «non ti dispiace, vero se stanotte dormo..
ehm, accanto a te... vero?».
Temo
che non mi abbia udita, e sto per ripetere la domanda, quando mi sorprende con
un “fai pure” biascicato da sotto le coperte.
M’infilo
nel letto con cautela e mi sforzo di sfiorarlo il meno possibile, nel caso in cui domani mattina ricordi tutto, dopodichè mi rannicchio
un angolo, il più lontano possibile da lui.
Chiudo
gli occhi, imponendomi di non riaprirli fino a domani mattina. Il suo profumo è
troppo intenso e troppo vicino, e si riversa su di me senza concedermi tregua. Vorrei
abbracciarlo ed essere abbracciata, ma so che non
posso.
Ehi, non
che io lo ami o qualcosa del genere!
E’ solo
il suo profumo a farmi quest’effetto. E’ solo il mio
desiderio di avere qualcuno accanto. E’ solo la sua somiglianza con Kaien-dono...
Sento
qualcosa sulle labbra, ed un nuovo profumo ad avvolgermi, più intenso di prima.
Apro gli occhi, ed Ichigo è a pochi centimetri dal mio
viso; le sue labbra sono poggiate sulle mie, in una sorta di bacio che tanto
lieve da assomigliare ad una carezza.
Sa di alcool, ma non è spiacevole. E’ il contatto che
desideravo.
Si
stacca da me dopo qualche secondo, confuso ed assonnato, e mi guarda con un
mezzo sorriso.
«Bacio della buoohna nocche», mormora, e
ripiomba a peso morto tra le lenzuola, profondamente addormentato.
Io
resto immobile per lunghi attimi, ancora disorientata e non
del tutto certa di cosa sia successo, quando il calore bruciante che
continuo a sentire sulle labbra mi riscuote.
Ed è solo una frase.
Mi ha baciata.
Non so
se esserne gioiosa, ferita, confusa, imbarazzata o irritata, ma non riesco a
pensare ad altro.
Sono
più certa che mai di non essere innamorata di lui, ma vorrei che lo rifacesse.
Vorrei sentirlo ancora cosi vicino, ed illudermi per un attimo di essere normale.
Non una
morta.
Ma è
tutta una bugia, e lui mi ha baciata solo per effetto
dell’alcool. Solo per errore.
So che è cosi, eppure... quando m’immergo tra le coperte, il cuore
impazzito e le labbra in fiamme, non riesco a far a meno di pensare che, per
qualche ignoto motivo, vorrei che commettesse quell’errore
ogni giorno.
~
Esco di casa rosso in viso e di umore nero.
Non ho
più visto Rukia dopo la sua uscita di scena completa
di porta-sbattuta -come nei migliori sceneggiati televisivi di seconda classe-,
ne ho voglia d’incontrarla a scuola.
Il
pensiero d’aver dormito accanto a lei m’imbarazza a tal punto da potermi
rendere ridicolo davanti a tutti, e sono certo che Keigo
non mancherebbe di far notare all’intera scolaresca l’improvviso rossore sulle
guance di Kurosaki Ichigo.
Grande. Coraggio, deficiente. Pensa che, se
tu fossi nato in occidente, a quest’ora saresti già
al mare...
Non
mento, davvero. Ho scoperto leggendo un libro che in
occidente quasi tutte le scuole sono chiuse a luglio, il che sarebbe
proprio ciò che mi ci vuole adesso. Il caldo è soffocante e la voglia di
studiare fa ciao ciao, e poi
ci si mette anche quella maledetta...
Ah, ma
lasciamo stare.
Non
sono cavoli miei se Kuchiki Rukia
ha deciso di farsi –pardon, di farmi-
male con le sue azioni insensate e totalmente fuori di testa,
perciò da questo istante in poi la taglierò fuori dal mio cervello.
...
Adesso
non ci sto pensando.
Sono
grande!
Alla
faccia di Ruk... eh no, cavolo!
Basta. Rukia Kuchiki non esiste. Rukia Kuchiki non esiste. Rukia Kuchiki non esist...
«Kurosaki-kuuuuuuuuuuun!».
Perché,
mi chiedo, perché la gente ha qualcosa contro il completamento delle mie frasi
mentali?! Mi volto lentamente verso Inoue, che mi raggiunge correndo.
E’
sempre stramaledettamente allegra.
«“Giorno»,
la saluto, sforzandomi di apparire meno depresso di quanto in realtà non sia.
Inoue mi guarda e corruga per un attimo la fronte. «Kurosaki-kun, sei deprimente», sentenzia, annuendo col
capo.
Sbuffo.
«E tu prestami un poco della tua allegria. Giusto poco
cosi...».
Ride, e
si guarda intorno come se cercasse qualcuno. Dopo aver
perlustrato con lo sguardo l’intera strada, torna a guardare me.
«Ho capito», commenta, con aria pericolosamente saggia, «hai
litigato con Kuchiki-san».
Quasi
inciampo in un tombino scoperto.
«Eeehm... tutt’apposto, Kurosaki-kun?».
«Si», bofonchio,
seccato, ed accelero fortemente il passo. «non potrebbe andare meglio».
~
Sono
già in classe da qualche minuto quando Ichigo fa il suo ingresso, seguito a breve distanza da Inoue e subito dopo da Asano e Kojima.
Mi
preparo a dire addio alla tranquilla solitudine mattutina ed a rimetter su la
solita maschera da ragazza casta e riservata; come d’abitudine, abbandono
l’espressione pesantemente annoiata per sostituirla con un luminoso sorriso.
«Buona
giornata a voi, Asano-kun, Kojima-kun»,
pigolo, salutandoli con un piccolo inchino. «e anche a te, Kurosaki-kun».
Marco
appena la voce sul cognome, in modo che solo lui se ne accorga.
So benissimo quanto odi essere chiamato da me con quel
tono, nonostante lo ritenga strettamente necessario a causa delle chiacchiere
degli amici.
Ichigo tuttavia non manifesta reazioni apparenti al mio
saluto. Si limita a storcere il naso ed a rivolgermi un’alzata di sopracciglia,
dopodichè s’infila nel banco e si rifugia dietro le pagine di un libro.
L’immaginario
comune suggerisce che mi stia ignorando.
Non lo
sta’ facendo, vero?
Decido
di controllare.
«Ehm, Kurosaki-kun»,
faccio, avvicinandomi al suo banco con aria di pura casualità. «ho dei dubbi
sull’argomento di ieri di matematica. Ecco, si tratta
di...». Lancio uno sguardo furtivo al libro aperto sul banco accanto. «...di
logaritmi, ecco. Non è che potresti aiutarmi tu?».
Non
solleva neppure gli occhi dalle pagine.
«Ishida non ha difficoltà in matematica, e neppure Inoue. Chiedi a loro».
Mi sta
ignorando.
Kurosaki Ichigo mi sta’
ignorando!
Dev’essere celebroleso, oppure ospitare una colonia di alieni mutanti nella sua chioma arancione. Scelgo la
prima opzione.
Mi rifiuto di credere che se la sia presa per il
mio comportamento di stamattina. Insomma, me ne sono andata sbattendogli la
porta in faccia, ma lui mi ha accusata di essere
incosciente (detto da lui, poi...), e
di avergli volontariamente dormito accanto, seppur ubriaco... come se io fossi
quel tipo di persona...
Beh, ma
è così che è andata, giusto?
NO! Io mi fido di lui. Sapevo di essere al sicuro.
Ma ti
ha baciata.
L’ha fatto per via dell’alcool.
E ti è piaciuto. Da matti.
«Si»,
ammetto tra i denti, «mi è piaciuto».
Ma solo perché mi sento sola. Solo a causa delle mie
stramaledette fantasie adolescenziali. Solo perché, nel
momento in cui ho sentito le sue labbra sulle mie, io...
Stringo
i pugni e chiudo la mente. Devo smettere di pensarci.
E’ a
causa dell’età. In questo mondo io sono una ragazza, e Kurosaki
Ichigo è un ragazzo della mia età che vive ogni giorno accanto a me, mangia con a me, scherza con
me, litiga con me, ride con me, combatte con me.
E’ solo
per questo.
Nessun
sentimento romantico.
Ci
rimugino per qualche minuto, e dopo un po’ finisco per convincermene io stessa.
Quel bacio ha avuto il potere di rimescolarmi tutto dentro, ma la causa è
unicamente il mio bisogno di sentirmi protetta. Ichigo
non c’entra.
~
Kuchiki
Rukia mi sta’ ignorando.
Capite? Mi.sta.ignorando! Lei sta ignorando me!
Insomma, me
ne stavo beato e tranquillo seduto al mio banco, immerso nella lettura del mio libro preferito, quando lei si avvicina con ostentata
noncuranza e mi fa “Kurosaki-kun, non capisco la
matematica, potresti spiegarmela tu?”.
Mi ha
preso per un deficiente, mi son detto io.
In
circostanze normali avrei acconsentito, ma non
ora! Non ora che il protagonista del libro sta per svelare il segreto sulle
sue origini, e rivelare il suo amore all’eroina!
Mi era
impossibile staccare gli occhi dalle pagine.
Chimicamente impossibile, anche se non so cosa
c’entri la chimica.
Perciò, mi
sono limitato a bofonchiarle un “chiedi a Inoue o Ishida”, e ripiombare
rapito e beato nel mondo del mio libro, senza pensar minimamente alle
conseguenze del mio rifiuto.
Che,
chiariamo, non pensavo ci sarebbero state!
Merda, ho
imprecato dopo un po’, voltando febbrilmente le pagine. Ancora temporeggiamenti! Volete rivelare al protagonista chi è, o no?
Allora ho
alzato gli occhi dal libro, esasperato, pensando che a quel punto tanto valeva andare ad aiutare Rukia con
la stramaledetta matematica.
Ed è cosi
che l’ho raggiunta, notando con una punta di stizza Ishida accanto a lei, intento ad illustrarle le proprietà
dei logaritmi.
A quel
punto non ci ho visto più.
«Noto
che la signorina non ha più bisogno
del mio aiuto», ho commentato, facendo sfoggio della mia famosa gentilezza, nonostante
mi fossi imposto di rivolgerle semplicemente un “scusa per prima, ora sono
libero, se dovessi aver ancora bisogno di una mano”.
E’ cosi
che ho avuto la totale certezza di essere un
deficiente, ma questa è un'altra storia.
Il
punto degno di nota è che –ta daa!-
Rukia non mi ha degnato di uno sguardo!
Si è
rivolta ad Ishida con noncuranza, come se nessuna
testa arancione avesse appena parlato.
Ed io
mi sono sentito ancora più deficiente di quanto in realtà non sia.
E non era ancora finita. No, perché la signorina non
poteva limitarsi ad ignorarmi, doveva anche umiliarmi!
«Kurosaki-kun!», ha cinguettato falsamente, fingendo di
notarmi solo in quell’istante. «come vedi, Ishida-kun è stato tanto
gentile da accettare di aiutarmi! Sai, probabilmente hai rifiutato perché avevi
tu stesso difficoltà e non ti andava di ammetterlo,
poveretto…».
A quel
punto, mi ha rivolto un sorriso apparentemente innocente, ma allo stesso tempo
palesemente divertito. «Se vuoi, Ishida-kun può dare una mano anche a te».
Ed io non ci ho visto più, per la seconda volta.
Ho
urlato, davanti all’intera scolaresca, che Ishida-kun poteva mettersi le sue
lezioni su per dove-lei-sa,
ed ho aggiunto che poteva smetterla con quella mascherata, perché mi dava solo
i nervi, e non era colpa mia se ero tornato ubriaco la sera prima e lei aveva
insistito per… a quel punto, sono uscito dall’aula sbattendo la porta, e Rukia non mi ha seguito.
Così,
miei cari ascoltatori, eccovi spiegato il perché mi
vediate qui, solo e sconsolato nella terrazza della scuola, con l’aria di uno
che è appena uscito da un autolavaggio in funzione.
Beh,
bagnato non lo sono ancora, ma…
…
Plic.
Eh no,
dico io!
Giuro
che se mi riesce di nuovo m’iscrivo ad Hogwarts.
Alla faccia del temporale estivo!
Impreco,
sperando che nessun insegnante sia nelle vicinanze, e m’infilo correndo
nell’imboccatura delle scale.
…Stop, collisione mortale!
Ho
urtato qualcuno. Beh, io sono ancora in piedi, ma quel
qualcuno… credo che stia ruzzolando giù per i gradini.
Accade
tutto in un attimo. Mi lancio in avanti e l’afferro per il
polso prima che raggiunga il suolo, dopodichè mi faccio forza e spingo
entrambi all’indietro.
Finiamo
oltre la porta, sotto la pioggia, ma in quel momento quasi non me ne rendo
conto.
Alzo
gli occhi e Rukia è davanti a me, la stretta della
mia mano ancora salda sul suo polso, gli occhi spalancati ed un po’ lucidi, il viso rigato di pioggia.
Restiamo
immobili a fissarci come due emeriti deficienti per qualche minuto, ma siamo
due emeriti deficienti felici. Bagnati e felici.
Perché finalmente tutta la distanza instaurata tra noi è
scomparsa, ed è come aprire gli occhi al sole dopo una giornata di pioggia.
«G…grazie», fa Rukia, vagamente imbarazzata, ed
io ritraggo frettolosamente la mano da lei.
«Ehm… cioè». Non sono in grado di dire altro. «non mi devi
ringraziare, io, ecco… sono stato un deficiente, prima… cioè,
lo sono sempre, ma stavolta di p…-».
La
sento ridere ed alzo gli occhi verso di lei, piccato.
Diamine se non è carina
quando ride.
Scuoto
il capo, ed i capelli fradici spargono al vento innumerevoli goccioline di
pioggia.
«Ehi!»,
si lamenta Rukia, proteggendosi il viso con le mani. «Ichigo, mi stai bagn…». Sbuffa. «beh,
tanto è inutile, piove».
Stavolta
sono io a ridere.
E’ una
breve risata nervosa, e forse assomiglia più ad un belato che ad una risata, ma
è pur sempre un inizio.
Anche Rukia sorride, ed
improvvisamente l’imbarazzo ritorna.
Non
sono bravo a parlare con le ragazze, e soprattutto a scusarmi con loro, ma
credo che stavolta sia necessario. Raccolgo il coraggio, e…
«Scusa».
Spalanco
gli occhi. La voce che ho sentito non è stata la mia, ma quella di Rukia. La guardo senza capire, e lei si volta di lato,
probabilmente per evitare di guardarmi negli occhi.
«Per quello che ti ho fatto prima», spiega. «per
averti quasi distrutto la stanza, l’altro giorno. Per aver… insomma», avvampa. «per
aver dormito nel tuo letto. Per te non sarà di certo stato
piacevole, mi dispiace».
Sembra
mortificata.
Non è questo, vorrei dirle.
Non è che non sia stato piacevole. E’ che mi
preoccupavo per te.
Ma so
che non glie lo dirò, e che probabilmente Rukia non lo capirà mai. So che le dirò invece qualcosa di
immensamente banale e stupido, qualcosa del tipo…
«Beh, infondo non è successo nulla».
Ecco,
come non detto.
Alzo
gli occhi su Rukia in attesa
della sua reazione, e la vedo avvampare nuovamente. Un rossore sospetto.
«Perché… perchè non è successo niente,
vero?».
Domando,
con un’indifferenza che mi sorprende.
In
realtà potrei svenire.
Rukia tiene ancora gli occhi bassi. Li solleva
brevemente, dopodichè si alza in piedi e mi da le
spalle, avviandosi lentamente verso le scale.
A
qualche passo dai gradini, si volta verso di me.
«Diciamo che», sorride, un sorriso vagamente malizioso che mi
provoca un brivido lungo la schiena. «è stato solo un bacio della buonanotte».
E, senza smettere di sorridere, scompare giù per le
scale.
Spazio dell’autrice: Yeeeh! Dopo Comicon, computer
rotto e formattazione, impegni vari… eccomi di nuovo qui! *applauso generale*. *lancio di ortaggi vari*.
Come avrete notato, questo primo capitolo è stilisticamente un
po’ diverso dal prologo. Meno “demenziale”, più introspettivo (soprattutto da
parte di Rukia, che non è IC senza le sue seghe
mentali, direi).
Per quanto riguarda questi due ed il loro rapporto… probabilmente a
questo punto sono già innamorati, ma naturalmente non lo sanno, nonostante i
loro corpi cerchino di farglielo capire in ogni modo. Ho
cercato di non farli avvicinare troppo già nel primo capitolo, altrimenti dopo
non avrei avuto da scrivere, ma ovviamente non ci sono riuscita.
Anche se Rukia continua a
negare a se stessa ed Ichigo a non vedere ad un palmo
dalla sua testa arancione.
Cambiando
discorso, grazie per le recensioni *___* Non vi rispondo perché sono davvero
tante, ma spero di riceverne lo stesso numero in questo capitolo XD.
Okay? No
dodici recensioni, no seguito.
Ci
vediamo al prossimo capitolo, che spero arriverà con meno
ritardo di questo <333.