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Autore: Applepagly    11/09/2016    1 recensioni
Tre pillole per tre giornate strane.
[Di gonne e capelli corti]:
Era fatta. Adesso avrebbe portato con sé quel vento di novità che ci voleva; perché ci voleva, vero?
[Di merito e demerito]:
Ma Kento non ne era capace, non sapeva odiare. E, soprattutto, non sapeva essere così superficiale, quando aveva a che fare con le persone - con la sua bella fidanzata.
[Di amicizie e storie]:
Mentre distribuiva quelle delizie, Chizuru non pensava a niente. O forse solo a quell'insolita sensazione che la metteva a disagio da un po'.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayane Yano, Chizuru Yoshida, Sawako Kuronoma
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giornate strane - Di merito e demerito
 
 
Non voglio rovinare le cose. Chissà se ci riuscirò...
 

 
I
 

A volte si domandava che cosa avesse fatto, proprio lei, per ricevere un dono del genere.
Insomma, c'era stato Pin, una parentesi non troppo breve da farle capire certe cose; ma non avrebbe mai davvero pensato di poter meritare qualcosa di più, dei soliti idioti che la usavano per alimentare il proprio ego. Si era abituata a quel tipo di persona che, un po' come Mogi, si aspettava qualcosa da lei.
Non era mai stata lei ad aspettarsi qualcosa da qualcun altro.
E poi era arrivato lui, e farsi largo a spallate per raggiungerla. Era un bene, no?
Eppure... dopo l'episodio di due giorni prima, dopo aver visto una delle sue amiche più care in preda a degli sciocchi dubbi, questi avevano iniziato ad assillare anche lei. Non della stessa natura, ma abbastanza tenaci da inculcarle in mente un senso di stranezza che aveva provato solo tempo prima, quando la sua neo amicizia con Sawako era stata messa a repentaglio per delle sciocche dicerie.
Si sentiva come immersa nell'acqua, percepiva ogni cosa come ovattata, distante. L'unica voce che riuscisse a perforarle le orecchie sempre e comunque era quella del dono.
Beh, forse aveva esagerato, definendolo "dono".
«Oh, guarda questo! Ti piace? No, aspetta!» trillava allegro, trotterellando tra le bancarelle allestite per il matsuri. «Questo ti si addice di più! Che dici?»
Sospirò. Un dono chiacchierone, altroché...
 

 
II
 

Si domandava - sì, perché Ayane trascorreva molto tempo ad interrogarsi - per quale ragione avesse scelto proprio lei. Dopotutto, quel dono era sempre stato circondato da ragazze, dalle Kento Girls; avrebbe potuto sceglierne una qualunque e, sicuramente, avrebbe dimostrato molto più entusiasmo di lei.
Chiunque, vedendoli insieme, avrebbe potuto chiedersi se non stesse insieme a lui solo per sfruttarlo, per andare in giro a dire "ho il fidanzato" e basta. Non era la prima volta che pensava una cosa del genere ma, chissà perché, in quel momento l'incertezza si faceva strada verso di lei.
Forse avevano tutti ragione.
Lui, così allegro, premuroso e genuino; e lei, seria ed impassibile. Ma non lo faceva apposta, non sempre.
Le veniva naturale nascondersi dietro all'indifferenza, a quell'aria esasperata che assumeva ogni volta che il dono cercava di coinvolgerla; perché così non avrebbe compreso le sue preoccupazioni, e non si sarebbe dovuta esporre troppo. Nessuno lo aveva capito.
Perciò, lei era Ayane, quella fredda e calcolatrice che, nonostante i modi glaciali, riusciva a non raffreddare il povero Kento Miura. Lei appariva come una sorta di buco nero, insomma.
«Ecco a te» il ragazzo le porse un sacchetto.
Era stata così presa dai propri pensieri, da sé, da non averlo nemmeno ascoltato in tutto il suo lungo sproloquio. Se lo avesse fatto, non si sarebbe ritrovata tra le mani l'ennesimo regalo che non sapeva gestire, che non sapeva ricambiare.
«Perché?» domandò, scrutando il piccolo quarzo all'interno della stoffa.
Lui si strinse nelle spalle, sorridendo. «Mi andava di farti un regalo»
Come aveva detto? Ah, sì... sfruttarlo.
Quanto ancora sarebbe durata, prima che lui si stufasse della sua ingratitudine?
«Ayane-chan, ieri ho incontrato Sadako mentre andavo a fare la spesa. Non mi avevi detto che ha tagliato i capelli!»
 

 
III
 

La seccava dover abbassare la serranda ma, sfortunatamente, camera sua era la prima su cui batteva il sole, nel primo pomeriggio. E le toccava anche studiare...
Aprì quel maledetto quaderno su cui aveva scribacchiato qualche appunto e fece scorrere gli occhi su ogni singola parola, senza apprendere il significato di ciò che stava leggendo. Le parole si susseguivano, vuote; un po' perché sperava che il suo cervello le imparasse senza il minimo sforzo e un po' perché, ora come ora, l'ultimo dei suoi pensieri era quello.
Rivedeva Sawako nel camerino, nel tentativo di diventare un'altra persona per paura di perdere quella che amava. La rivedeva, mentre non si rendeva conto di quanto fosse in errore; Ayane sapeva perfettamente che era normale provare quel dubbio almeno una volta, in una relazione.
Ma lei non lo aveva mai sperimentato, non sulla propria pelle.
Sospirò, sdraiandosi completamente sul pavimento, lanciando il quaderno da qualche parte.
No, non lo aveva mai sperimentato... però forse stava accadendo. E ne aveva una paura matta.
 

 
IV
 

«Ecco a te» la scodella in ceramica pattinò sul tavolo, piazzandosi proprio davanti a lei. Dopo tutti quei ramen non le sarebbe più entrato alcun vestito, ne era certa. «Non mi sarei mai aspettata di vederti qui di tua spontanea volontà, Yano-chin» fece notare l'altra ragazza, passandosi appena una mano sulla fronte.
«Nemmeno io» ammise. C'era chi annegava i dispiaceri nell'alcool e chi nelle tagliatelle.
Quest'ultima non era esattamente la persona più perspicace del mondo ma, dopo tanto tempo, aveva imparato a capire quando qualcosa tormentava l'amica. Prese posto accanto a lei su uno sgabello, prendendo ad osservarla.
Ayane non batté ciglio. Assaporava i ramen quasi senza badare a quella cameriera fannullona.
«Non credo che il signor Sanada sarà molto felice di sapere che ti paga per restare seduta a fissare i clienti, sai?» fece, dopo un po'. «Non dovresti tornare al lavoro?»
«Non prima che tu abbia sputato il rospo» ribatté Chizuru, pur sapendo che non lo avrebbe fatto; non si sarebbe aperta con lei. Quella sciocca Yano-chin... la riteneva troppo stupida, per capire certe cose?
Tacque per un po', tenendo lo sguardo chino sulle bacchette che si muovevano a vuoto.
Avrebbe voluto farlo, dirlo a qualcuno. Ma tutti avevano già i propri pensieri, compresa l'altra; non era il caso di condividere qualcosa di così ansiogeno - strano - con Chizu, che aveva già il suo bel da fare.
E poi... e poi doveva risolverla da sola, quella questione.
S'alzò, lasciando dei soldi sul bancone. Prese la borsa e fece per uscire.
«Dove credi di andare? Non hai nemmeno finito di mangiare!» esclamò la cameriera.
Scrollò le spalle. Se doveva sistemare i suoi problemi, tanto valeva farlo subito. «Finiscili tu per me. E non fare quella faccia. So che sei più che ne saresti più che felice»
 

 
V
 

Non era abituata ad autoinvitarsi a casa degli altri - d'accordo, con Sawako accadeva spesso, ma solo spinta da Chizu - e l'idea di doversi spingere fino a casa di lui la seccava, soprattutto perché quel babbeo non si degnava nemmeno di rispondere al cellulare.
Sbuffò, premendo l'indice sul citofono.
Ecco, era arrivato il momento. Era il momento di farla finita.
Aveva riflettuto molto; prima, durante e dopo i ramen, ed aveva tratto le sue conclusioni. Era ora di porre la parola "fine" a quella cosa, anzi, a quei giorni che diventavano sempre più strani.
Perché non poteva continuare così, con quei dubbi, con il sospetto di essere davvero una ragazza tanto meschina da approfittarsi del dono frizzante ed allegro che aveva ricevuto, senza meritarlo davvero.
Dopo una manciata di interminabili minuti, Kento aprì la porta.
«Hey...» mugugnò, soffocando uno sbadiglio con la mano. «Entra, entra»
Si scostò, lasciando spazio alla sua bella fidanzata. «Scusami se piombo qui all'improvviso, ma non rispondevi alle e-mail. Che stavi facendo?»
«Dormivo» replicò, con tutta la semplicità del mondo. «E comunque, non è un problema. Non ci sono nemmeno i miei genitori. Posso offrirti qualcosa?»
«No, ti ringrazio. Andrò via presto» disse, guadagnandosi un'occhiata incuriosita.
Infatti, se Ayane aveva compreso una cosa, era che il dono era molto meno frivolo di quanto apparisse; anzi, era sincero, quando diceva di avere capacità da sensitivo. Kento le girò attorno un paio di volte stando ricurvo, tenendo le braccia dietro la schiena. Sembrava un vecchietto.
Lei lo guardò, trovando che sfoggiava una delle espressioni più irritanti di cui era capace. Stava facendo la faccia da bimbo dispettoso, quella di quando provava a tirarla su di morale o a farla confessare i suoi misfatti.
Proprio come pensava. Non meritava affatto il dono, non per rovinarlo in quel modo.
«Allora? Qual è il problema?» domandò il biondo, continuando con i suoi giri.
«Non c'è alcun problema. Noi...» iniziò, masticando a fatica quelle parole. «Noi non possiamo più stare insieme. Questo è quanto, e scusami per il disturbo»
Chinò lo sguardo, precipitandosi alla porta. Ma qualcosa la frenò; perché, come al solito, si era scordata della tenacia di lui. Quando diventava serio faceva quasi paura.
L'aveva afferrata per il polso, con risolutezza, come a voler trattenere disperatamente qualcosa che stava per cadere. «Come sarebbe? Non credo... di capire» domandò piano, senza diminuire la presa.
«Non c'è proprio niente, da capire!» sbottò lei, divincolandosi. «Non possiamo più stare insieme» ripeté, abbassando la voce.
Kento si voltò; annuì più volte, ridendo. «Dimmi almeno la ragione»
Poteva farlo? Era sempre stato sincero, con lei.
«Io non ti merito, Kento»
 

 
VI
 

Ayane era strana.
Strana non in un senso cattivo, ma nemmeno buono.
Sin da quando aveva fatto la sua conoscenza, Kento aveva avuto l'impressione di conoscerla, di riuscire a leggere dentro di lei; e non solo perché era un sensitivo. Sembrava sempre seria, sempre imbronciata, ma bisognava leggere bene tra le righe ogni singola variazione nel suo sguardo.
Eppure... non sapeva cosa pensare. Quando era scappata via, non aveva saputo leggere nulla, nei suoi occhi.
Perché? Quando erano diventati così distanti?
Sorrise mestamente. Che sciocco. Non erano mai stati poi tanto vicini; non c'era da sorprendersi, se lo aveva piantato in asso in quel modo, su due piedi.
Se fosse stato in grado di provare rancore, nella sua mente l'avrebbe ingiuriata a parole. Avrebbe pensato che era vero che stava con lui perché non aveva da fare; avrebbe pensato che, nella relazione, era l'unico ad amare, mentre lei era la frigida che non sapeva cogliere il suo entusiasmo.
Ma Kento non ne era capace, non sapeva odiare. E, soprattutto, non sapeva essere così superficiale, quando aveva a che fare con le persone - con la sua bella fidanzata.
Sì, la sua fidanzata; perché non riusciva davvero a prendere sul serio quella sciocca frase che lei aveva detto.
Ayane non lo meritava? Che idiozia.
Forse era il contrario.
 

 
VII
 

La maledetta pendola che c'era in salotto non dava tregua alle sue orecchie.
Quella dannatissima cosa continuava a risuonare gravemente, a ricordarle le ore che aveva trascorso lì, seduta su un cuscino, a non pensare a nulla.
A nulla? Ah, che bugiarda, che era.
Ayane si domandava - di nuovo; si faceva sempre molte domande - se avesse fatto la cosa giusta. Quante volte se lo era chiesto, in quegli anni?
Quando si era fidanzata con quell'universitario, lo aveva fatto; e anche quando aveva detto di sì a Mogi e quando lo aveva lasciato. Lo aveva fatto quando aveva disgraziatamente capito ciò che provava per quel cretino di Pin, e quando aveva deciso di lasciare le cose così com'erano, senza fare neppure un tentativo.
Tutte quelle situazioni... le aveva affrontate nella maniera corretta? E adesso?
Doveva convincersi che fosse così, perché non poteva e non voleva qualcosa che non meritava. Era stata lei stessa, agli inizi, a interrogarsi su loro due, a chiedersi se sarebbe stata capace di non distruggere quel che avevano?
Ma cos'avevano, di preciso?
Lei aveva ricevuto lui; e lui? Lui non aveva ricevuto lei.
Lo aveva illuso che potesse essere così; ma la verità era che lei teneva sempre il cuore così chiuso da non lasciar intravvedere lo spiraglio di felicità che provava quando era insieme a Kento, quando le diceva di essere maldestra, e quando la viziava.
Però, il dado era tratto, no? Era inutile piangere sul latte versato.
 

 
VII
 

«Che significa "Io non ti merito"?»
Lui era lì, oltre il portone a vetri; poteva vederlo, ma non sorrideva più. Il dono aveva perso l'allegria a causa sua, proprio come pensava.
Bussava ripetutamente alla soglia di casa, al buio, incurante dei passanti e di tutti quelli che lo scrutavano sospettosi, incerti se chiamare la polizia o meno. Era tardi, sua madre dormiva e non voleva si svegliasse.
Ma come poteva affrontarlo?
«Spiegami, Ayane!» esclamava.
Cosa doveva fare, adesso? Spalancare la porta e gettargli le braccia al collo? Implorare perdono per non essere mai, mai, capace di prendere delle decisioni senza rimuginarci su mille volte?
Oppure tenerla chiusa, salire in camera sua e spegnere le luci?
«Ti prego...» mormorò in fine.
Era strano, era tutto completamente strano; perché quel biondino, che il primo giorno di scuola insieme le aveva dato l'idea di uno svampitello ridanciano, adesso non rideva e sembrava più adulto.
Era quello che facevano, gli adulti? Si distruggevano l'un l'altro?
Aveva sempre creduto di essere quella matura, quella che era cresciuta in fretta. Aveva creduto di essere più grande solo perché aveva avuto diverse relazioni con ragazzi più grandi, solo perché si truccava e aveva le orecchie forate.
Che sciocchezza.
Lei era ancora una bambina che si tarpava le ali da sola, proprio come aveva detto Pin una volta. Era una bambina lunatica, che non sapeva mai cosa voleva e che pensava troppo prima di agire, non lasciandosi trasportare da qualcosa che non fosse la razionalità.
Ma con Kento era stato diverso.
Era stato lui a cercare di trascinarla con sé, con tutta la sua spontaneità, senza pretendere nulla; solo averla vicina, potersene prendere cura, come fosse stata un piccolo cucciolo ferito che non si avvicinava mai per paura di farsi del male.
E, all'improvviso, con le spalle ancora a ridosso del vetro, realizzò di aver ignorato la verità più ovvia.
Kento era stato sempre l'unico a capirla, a capire che la sua era tutta una maschera, una facciata. Oltre alle sue amiche, era stato il solo a provare a mostrarle che si sbagliava, che il mondo non era tutto bianco o tutto nero; aveva voluto insegnarle che qualcuno poteva amare le sue stranezze con sincerità e aveva voluto essere lui, quel qualcuno.
Aprì la porta.
 

 
IX
 

«Ecco; è lì che lo vendono. Normalmente non trovo mai quel gusto, in gelateria. Lo prendiamo?» come avrebbe potuto rinunciare a quel cicaleccio?
Sorrise. «Non mi va. Però lo prendo io per te» disse, avvicinandosi al banco che, accanto a tutti gli altri, era l'unico ancora affollato, nonostante l'ora. «Niente storie» fece, prima che lui potesse protestare.
Porse i soldi al venditore, afferrando il cono stracolmo di gelato al lampone. Fece per voltarsi, ma inciampò sui suoi stessi piedi, maledicendo quelle stupide scarpe con il tacchetto che non indossava mai.
Doveva ricordarsi di buttarle.
«Vedi? Ho sempre ragione» sorrise Kento, sorreggendola prima che potesse volare per terra e con lei il gelato. «Non avresti dovuto metterle. So che per me vuoi sempre essere al massimo, ma non importa; dico davvero. Saresti bellissima e più bassa in ogni caso, piccola Ayane»
«Bada a come parli, biondino» borbottò lei, voltandogli le spalle. «O lo faccio cadere per davvero»
Lui alzò le mani in segno di resa. «Non sia mai che io non sia felice. Tu non vuoi vedermi felice?»
Non rispose; perché lei voleva vederlo felice. Ma poteva esserlo, se stavano insieme?
«Saresti felice, se stessimo di nuovo insieme?» chiese, fingendo disinteresse.
«Oh, no. No, no, no. Non sarei felice» scosse la testa, facendo in modo di guardarla negli occhi. «Sarei felice all'ennesima potenza. Tu lo saresti?»
Lo sarebbe stata?
Sorrise. «Lo saprai se mi concederai un po' di gelato»
«Stai tentando di ricattarmi? Come sei maldestra, Ayane. Te l'ho già detto, no?» rise. «Sei maldestra. E anche lunatica, direi»
Prima che potesse rispondergli a tono, il gelato era suo e il dono si stava allontanando, con le mani affondate nelle tasche. «Te lo sei meritato!»
 
 

Noticine:

Avete sperato che non si riconciliassero, eh?
Salve, sono di nuovo io!
L'altra volta non c'era molto da dire; insomma, Sawako e Shotino sono Sawako e Shotino, non si può non amarli e non amare ciò che hanno.
Ma per questi altri due il discorso è un po' diverso ed è difficile stabilire che cosa abbiano davvero.
Nelle sue prime comparse, Kento non mi andava molto a genio. Insomma, mi sembrava un babbeo con la testa vuota, ma abbastanza subdolo da mettere i bastoni tra le ruote dei nostri protagonisti.
Oh, come mi sbagliavo. È inutile dirvi che è diventato uno dei miei personaggi preferiti, proprio perché credo che il suo carattere si sposi alla perfezione con Ayane, aiutandola a brillare.
Certo, l'avrei vista bene anche con Pin, perché sia lui che l'altro sono piuttosto frivoli in apparenza, ma nascondono bene la loro vera natura. Però va bene, l'autrice ha voluto così!
Ringrazio tutti voi che avete letto e spero di non star scrivendo castronerie.
La prossima sarà Chizu!
Grazie e a presto!
TheSeventhHeaven
  
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