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Autore: ClaireOwen    11/09/2016    3 recensioni
[Bellarke - AU]
Clarke scappa da una vita in cui non si riconosce più, Bellamy è perseguitato da ricordi amari con i quali non ha mai fatto i conti.
Le vite dei due ragazzi s'incrociano casualmente: uno scontro non desiderato, destinato - fatalmente - a protrarsi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Heilà,
sono tornata prima del previsto, in realtà ci tenevo a pubblicare questo secondo capitolo il prima possibile sia perché lo avevo scritto subitissimo dopo il primo (si, lo avevo pronto da un po'), sia perché finalmente si entra un po' più nel vivo della psiche di Bell & Clarke e sono visibili nuove (timidissime) sfumature del loro rapporto.
In ogni caso spero davvero vi piaccia, io mi sto portando un po' avanti con il lavoro che mi ha preso davvero tantissimo e ne sono piuttosto felice.
Come al solito per qualsiasi commento, critica o suggerimento mi trovate qui!
Ringrazio di cuore chiunque abbia interagito con questo piccolo mio esperimento, condividerlo con voi fa parte del tutto
: )
Ora basta con le rotture, vi lascio alla lettura.
with love
C.

 

 

II

Bellamy guardava la sorella sconcertato, d'altro canto lei si era precipitata sulla “scena del crimine” per fermare il fratello, aveva dimenticato di scrivergli un messaggio per avvertirlo che la ragazza era arrivata e lui avrebbe potuto disturbarla in modo inopportuno mentre la malcapitata si stava solo facendo una doccia.
Principessa? Questa devi proprio spiegarmela!  
Octavia ridacchiava guardando il fratello che se ne stava lì sull’uscio del bagno ancora piuttosto confuso.
Il ragazzo si riprese lentamente scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli
Non penso di aver voglia di spiegare proprio un bel niente.
Santo cielo Bellamy, cerca di essere meno severo con chi ti circonda, non ti sei nemmeno presentato! Clarke ha fatto 3 ore di macchina per arrivare fin qui e tu le dai quel benvenuto? Non mi stupirei se scendesse a momenti con le valigie pronte per tornarsene a New York…
Era la prima volta che Octavia rimproverava così ragionevolmente il fratello e in un certo senso si sentì bene per averlo fatto, avevano sempre avuto un rapporto conflittuale, dovuto forse al legame ossessivo che i due conservavano, erano soli al mondo e si erano sempre sostenuti a vicenda ma proprio per questo spesso si trovavano a scontrarsi, Bellamy era solitamente il fautore delle infinite ramanzine alla sorella e questa inaspettata inversione di ruoli non dispiaceva minimamente ad Octavia, si sentì adulta, sentì di ricambiare concretamente la protezione che il fratello non le aveva mai fatto mancare, era come se in quel momento fosse lei a contenerlo ad indicargli la strada da seguire e tutto per quella nuova biondina che gironzolava per la loro casa.
Bellamy la guardava dritta negli occhi, le labbra serrate, il suo sguardo era ostacolato da qualche ricciolo scuro che gli ricadeva in modo disordinato sul viso ma stava fissando la sorella e per la prima volta cercava una giustificazione da presentarle per quel suo comportamento forse un po’ troppo impulsivo.
Optò, in ogni caso, per l’evidenza
Dovresti affacciarti alla finestra e vedere com’è ridotto il retro della mia auto, poi se ti riesce dovresti guardare il suo cofano e allora capiresti il perché della mia reazione.
Io penso solo che dovresti chiederle scusa… La ragazza spostò il suo sguardo verso le scale e riprese …e ribadisco che forse anche presentarti
Il ragazzo scrollo le spalle, non sostenne più lo sguardo severo di Octavia, le ricordava quello della madre e non poteva sopportarlo, apparteneva ad un passato logoro e offuscato che voleva solo continuare a mettere da parte.
Le voltò le spalle senza ribattere, salì le scale e andò dritto in camera sua, passando velocemente davanti a quella porta socchiusa che ora, dopo anni, ospitava di nuovo qualcuno.
Si sentiva inquieto, essere rimproverato da Octavia gli aveva fatto uno strano effetto, era cresciuta, non c’era dubbio, di lì a un paio di settimane avrebbe iniziato l’università, aveva quasi diciannove anni eppure per lui il tempo si era fermato a quando la sorellina di anni ne aveva appena tredici ed i due erano rimasti completamente soli, da quel momento Bellamy si era ripromesso che non le avrebbe fatto mancare nulla, che l’avrebbe protetta da un mondo che con loro era stato fin troppo crudele. Lui aveva sei anni più di lei e aveva abbandonato tutti i suoi progetti, si era rimboccato le maniche: lavorava come addetto alla security in un pub non troppo lontano da casa, dopo aver ottenuto chiaramente la tutela legale della sorella.
Era passato parecchio tempo non c’era dubbio eppure al ragazzo non era sembrato così, almeno fino a quel momento.
Si buttò sul letto, affondando il viso sul cuscino ed espirando profondamente, una piccola parte di lui in un certo senso dava ragione ad Octavia, non poteva permettersi di portare astio nei confronti della novellina per sempre, avevano bisogno dannatamente della sua quota di affitto, le cose non andavano per nulla bene al pub e sapeva che i primi tagli avrebbero riguardato la sicurezza se le cose fossero peggiorate, era fortunato che Octavia fosse riuscita ad entrare all’università con una borsa di studio ma non vi era dubbio che le spese per mantenerla e non farle mancare nulla gravassero non poco sul loro esiguo bilancio mensile. Decise di scusarsi quantomeno con sua sorella, non poteva mandare a puttane tutto quanto, scese giù in tutta fretta, passando distrattamente e nuovamente di fronte quella stanza occupata da una totale sconosciuta che per giunta lo aveva tamponato.

-

Clarke aveva fatto capolino nel suo unico rifugio in quella casa e città sconosciute con tutta la sua irrequietezza, aveva chiuso la porta e si era vestita velocemente, sarebbe uscita di corsa se ne avesse avuto la forza e se il tempo non avesse fatto così pena, affacciandosi alla finestra aveva visto delle nuvole grigie addensarsi in cielo e gli alberi erano scossi da raffiche di vento per nulla invitanti, le sembrava che l’atmosfera avesse deciso di rispecchiare il suo stato d’animo. Era ancora provata dal comportamento assolutamente inopportuno del fratello di Octavia, per pochi minuti aveva pensato di rimpacchettare tutto ed andarsene ma poi si era guardata allo specchio che stava appeso dietro la porta e si era detta “Si, ma dove? ” Non poteva tornare indietro e non poteva permettersi di vagare per la città in cerca di un’altra stanza, avrebbe dovuto passare lì quantomeno un anno della sua vita e non voleva accettare nemmeno un centesimo dalla madre, doveva cavarsela sulle sue gambe finalmente e sapeva che non avrebbe trovato un’offerta migliore di quella dei due fratelli, aveva cercato annunci per mesi.
La doccia le aveva affievolito la tensione fisica non c’era dubbio ma quella emotiva se ne stava ancora lì e lo scontro con il maggiore dei Blake non aveva fatto altro che amplificarla, non capiva come potesse essere così aggressivo, lo sguardo che le aveva rivolto quando l’aveva vista sulla soglia del bagno non lasciava molto spazio all’immaginazione, dopo la sorpresa, sul volto del ragazzo si era stampata un’espressione che grondava rabbia da tutti i pori, non riusciva a darsi una spiegazione plausibile. Pensò che il ragazzo non le aveva detto nemmeno il suo nome, non capiva perché ma il suo atteggiamento l’aveva scossa nel profondo e non riusciva a pentirsi di come gli aveva risposto tuttavia sapeva che non aveva scelta, avrebbe dovuto convivere con quel tipo, certo avrebbe potuto limitare i rapporti al minimo ma si trovavano sotto lo stesso tetto che per giunta era di sua proprietà…
Si lasciò avvolgere dal lenzuolo bianco del letto, la stanchezza e i pensieri erano diventati un tutt’uno, pensò ai visi sorridenti dei suoi migliori amici mentre i suoi occhi si chiudevano, avrebbe voluto non deluderli, sperava che capissero la sua scelta più di quanto ancora non avesse fatto lei, doveva affrontarli, si ripromise che sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto una volta sveglia.

-

La piccola Blake stava trafficando animosamente in cucina quando il maggiore irruppe nella stanza con una certa foga. Si voltò con aria compiaciuta quando lui cominciò a parlarle con un tono che riconobbe con piacere, era serio e composto ma nascondeva una velata mortificazione che portava la ragione dalla sua.
S-Scusami per prima… Si schiarì la voce Mi sono fatto prendere un po’ troppo dalla situazione 
Lei gli sorrise
Non è con me che dovresti scusarti, lo sai bene ma in ogni caso mi fa piacere che tu lo abbia ammesso.
Bellamy abbassò appena lo sguardo, i fornelli accesi promettevano una cena gustosa, si ritrovò a ridacchiare e lei si alzò sulle punte per far arrivare al fratello un buffetto sul capo
Sto cercando di rimediare alla tua inospitalità, Clarke si leccherà i baffi e dimenticherà tutto con un buon bicchiere di vino rosso e le mie specialità!
Cerca di non parlare troppo presto
Cosa vorresti insinuare?
Vedremo quando sarà tutto pronto, solo allora potremo giudicare, non sopravvalutarti, sai che il mio palato è piuttosto severo.
Lei lo guardò di sbieco ma preservando un sorriso ironico
Dovresti quanto meno apparecchiare sai? Non vorrei bruciare il tutto disse indicando con un'eccessiva gestualità le padelle piene di carne e verdura.
Il fratello annuì e cominciò a radunare l’occorrente per apparecchiare la tavola, era così strano mettere in tavola per tre, non lo faceva da una vita… scosse la testa, i ricordi lo stavano perseguitando in quella giornata così poco ordinaria.
Quando finì si appoggiò al frigorifero e osservò la sorella minore intenta a cucinare, vederla così lo faceva stare bene, era la dimostrazione che tutti quei sacrifici erano valsi la pena. Stava per dire qualcosa quando Octavia non gli lasciò il tempo di iniziare
Bell… Tempo un quarto d’ora e dovrebbe essere tutto pronto, credo che sarebbe opportuno che tu vada da Clarke, se non per chiederle scusa quanto meno per dirle che la cena è quasi pronta.
Lui sbuffò sonoramente, sua sorella era testarda, sapeva che se non avesse fatto qualcosa lo avrebbe perseguitato e gli avrebbe fatto pesare il tutto per un tempo indefinibile, era l’ultima cosa che voleva, aveva bisogno di sentirla vicina, di vederla serena, non voleva deluderla in alcun modo e cercò di accontentarla, annuendo e avviandosi al piano superiore.

Se ne stava di fronte alla porta chiusa, fece un respiro profondo, non era bravo in queste cose, non era il tipo che chiedeva facilmente scusa, non pensava nemmeno di doverlo fare fino in fondo, se non gliel’avesse chiesto la sorella probabilmente avrebbe lasciato scivolarsi tutto addosso con fare apatico, avrebbe evitato la ragazza per qualche giorno, quel tanto che bastava per mettere da parte il rancore accumulato.
Bussò. Aspettò qualche secondo ma non ottenne risposta, doveva essere davvero cocciuta, dunque riprovò aggiungendo a voce piuttosto alta
Sono Bellamy, posso entrare? lo disse col tono più formale e distaccato che riuscisse ad esprimere.
Ancora nulla, si era sforzato fin troppo pensò e decise di aprire la porta, era quasi stizzito dall’atteggiamento di quella ragazzina.
Quando varcò la soglia tuttavia si ritrovò sorpreso ed inerme all’interno di quella camera nella quale non osava entrare da anni, le borse della ragazza erano ancora su di un lato del letto eppure la stanza sembrava diversa da come la ricordava, ora c’erano delle fotografie sulla scrivania che ritraevano la vita di una persona che non conosceva affatto, l’armadio semi aperto inondava la stanza dell’odore dei vestiti della ragazza, era un profumo piacevole che gli ricordava la fioritura del gelsomino.
Clarke era avvolta malamente dal lenzuolo bianco, la trapunta era scivolata sul pavimento, dormiva, il respiro pesante gli fece capire che doveva essere crollata in un sonno profondo.
La guardò sentendosi quasi inopportuno, si sentiva di troppo, cosa doveva fare? Lasciarla dormire? Svegliarla?
Si trovò ad osservarla confuso e si sentì in colpa per aver pensato subito che l’assenza di una risposta fosse dovuta alla sua presunta arroganza. Il volto pallido affondava nel cuscino, i capelli biondi e mossi le cadevano sulla spalla scoperta dalle bretelle di una canottiera verde, a guardarla così le sembrava fragile, l’espressione del viso non era serena, poteva scorgere una smorfia amara… Di nuovo fece capolino il senso di colpa ma cercò di non pensarci, non voleva tradirsi, voleva rispettare il suo ideale di contegno, dopotutto era sempre una sconosciuta, non sapeva ancora se il suo giudizio fosse stato affrettato, l’aria da principessa viziata non le mancava, solo sembrava avvolta da un sonno profondamente triste che lo aveva scosso perché riconosceva fin troppo bene.
Cercò di pensare velocemente al da farsi, si sentiva piuttosto imbarazzato all’idea di doverla svegliare, non avrebbe saputo assolutamente cosa dirle, si avvicinò alla scrivania, ricordava che sul lato destro c’erano dei post-it ed un portapenne, lui e Octavia non avevano toccato quasi nulla all’interno di quella stanza se non per gli effetti personali della madre. Scrisse velocemente in stampatello “La cena era pronta ma dormivi, scendi quando vuoi, ti lasciamo da parte un piatto.” Poi si firmò “Bellamy (Il fratello di Octavia)”
Non era il massimo come modo di presentarsi ma svegliarla era fuori discussione, si sentiva come se stesse invadendo uno spazio troppo privato e poi non avrebbe dovuto accennare alle scuse.
Poggiò il foglietto sul comodino, vicino al cellulare, chinandosi venne investito dal respiro della ragazza e da un ulteriore ondata di profumo, era il suo odore, non erano i vestiti.
Era così vicina ed era di una bellezza disarmante, semplice, trasalì, sorprendendosi a concentrarsi su quel volto dormiente e fece dietrofront affrettandosi ad uscire.
Fu un attimo piuttosto breve, era troppo tardi quando si rese conto di essere inciampato maldestramente su una scarpa della ragazza che stava nel bel mezzo del suo percorso, perse l’equilibrio e nel cadere si appoggiò alla porta che si richiuse sbattendo contro lo stipite e lasciandolo a terra tra il letto e l’uscita ormai sbarrata. Merda sussurrò tra i denti, il rumore era stato fin troppo udibile.

Clarke trasalì, un rumore forte le era arrivato alle orecchie spazzando via il sonno, una leggera tachicardia le si affacciò nel petto, aprì gli occhi di scatto e la scena che vide le sembrò una sorta di scherzo che la mente le stava giocando. Il fratello della giovane Blake se ne stava rannicchiato sul pavimento della sua camera, si stava tenendo il braccio ed imprecava tra i denti.

Bellamy sentì lo sguardo della ragazza addosso e in men che non si dica cercò di precedere le sue ovvie lamentele per la sua inspiegabile e piuttosto imbarazzante irruzione
Io ero venuto a… Che diavolo stava facendo? Si riprese
Octavia mi aveva chiesto di dirti che la cena era pronta.
Non poteva scusarsi, non ce la faceva proprio.
Non volevo svegliarti, ma sono scivolato a causa delle tue maledettissime scarpette di cristallo nel bel mezzo della stanza, principessa!
Non riusciva ad abbandonarlo proprio quel tono polemico e scocciato, lo faceva sentire sicuro anche in una situazione del genere.
Il karma deve esistere sul serio allora.
La sua risposta tagliente arrivò prima che la giovane si rendesse conto del velo d’imbarazzo che la situazione celava. Si ritrovò subito dopo a sistemarsi come poteva i capelli scompigliati dietro le orecchie e a coprirsi alla meglio con il lenzuolo, era vestita ma in quel momento si era sentita nuda ed il riflesso era stato spontaneo.

Bellamy sbuffò ma decise di non aggiungere altro, scrollò le spalle dopo essersi rialzato e disse come non curante della battutaccia che la bionda si era lasciata sfuggire
Ti aspettiamo sotto.
Lei annuì, non era convinta che lui avesse percepito il movimento della sua testa ma non le interessava poi molto.

-

Sta arrivando
esordì il ragazzo riapparendo nella cucina ormai avvolta da un delizioso profumo speziato, Octavia lo guardò compiaciuta, lui era incerto, non sapeva se aggiungere altro ma perché avrebbe dovuto? In un certo senso aveva fatto quello che la sorella le aveva chiesto, almeno apparentemente, non si era scusato, non aveva nemmeno avuto il tempo di presentarsi, gli era sembrato stupido ma quantomeno la biondina era in procinto di scendere.
Apparì dal corridoio con indosso una maglietta oversize, stropicciandosi gli occhi. Bellamy la guardò distrattamente mentre stringeva il bicchiere pieno di vino "Ecco la piccola Alice che ha scoperto l’inesistenza del paese delle meraviglie" pensò, si trattenne dal dirlo ad alta voce e distolse lo sguardo quando i suoi occhi si scontrarono con quelli di lei: due lapislazzuli troppo profondi ed inquisitori.
Octavia la fece accomodare e la riempì di domande e di manicaretti, era una conoscenza superficiale quella che le due stavano mettendo in atto, fatta di domande di circostanza e di risposte vaghe eppure sembrava che tra le due ci fosse una sorta di connessione.
Bellamy osservava in silenzio la scena, mangiando velocemente, si stava riempiendo il secondo bicchiere quando la sorella lo incalzò
Sei di molte parole stasera.
Alzò un sopracciglio guardandola Non volevo interrompere il vostro salotto frivolo e compulsivo, ascoltarvi è già abbastanza.
Clarke si sentì avvampare, era stizza quella che faceva capolino sul suo viso, avrebbe voluto liberarla in un impeto contro quel ragazzo che sembrava sentirsi superiore a tutto e tutti, a qualsiasi situazione gli si parasse davanti, cercò di trattenersi, inspirò e poi espirò
E’ colpa mia, non credo sia facile per voi mangiare con un’estranea e pretendere che sia un’ordinaria cenetta tra fratelli.
Guardava la più piccola e cercò di sorridere ma era certa che il suo volto fosse restio a dimostrarlo.
Non dire sciocchezze, tu non c’entri nulla. Bellamy è un orso a prescindere ma speravo che riuscisse a mettere da parte questo suo lato almeno stasera.
Quanto meno adesso il maggiore dei Blake aveva un nome pensò la bionda rivolgendogli una rapida occhiata. Non sapeva cosa dire e si limitò ad abbassare lo sguardo e a mettersi un boccone in bocca. Il ragazzo non fece altrettanto
Smettila O’ non sai un bel nulla di cosa abbia passato oggi e non mi sembra il caso di fare scenate inutili di fronte ad un’estranea che in parte  è responsabile della mia pessima giornata.
Fece per alzarsi ma la sorella lo bloccò alzando una mano.
Non devi disturbarti ad andare via dato che stavo proprio per togliere il disturbo, sono stanca e non ho la minima voglia di avere a che fare con te ulteriormente, sei veramente incredibile, nemmeno ci provi. 
Il suo tono era esasperato e arrendevole, la ragazza abbandonò la tavola e sparì nella sua stanza, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle, il fratello non ebbe nemmeno il tempo di provare a risponderle.
Clarke si sentì improvvisamente a disagio, si era catapultata nella vita di due estranei e si sentiva in parte colpevole del conflitto che li aveva animati a tal punto, non sapeva com’era avere un fratello e certe dinamiche le sfuggivano ma quei due sembravano così legati e si preoccupò di aver interferito con il loro rapporto. Scusami.
Balbettò senza pensarci troppo riferendosi al giovane ancora immobile al suo posto, lui sospirò dicendole
Lascia perdere, non sentirti la protagonista delle nostre liti, non sai com’è che vanno le cose qui. 
Era amareggiato ma comunque mantenne un pizzico di sarcasmo per non darle credito, non voleva che le facesse domande o si sentisse coinvolta, ancora una volta non voleva dare spiegazioni a nessuno né tantomeno a lei.
Clarke prese i piatti sul tavolo e si diresse verso il lavandino, aveva capito che Bellamy non avrebbe mandato avanti quella conversazione, lasciò che l’acqua fredda le scorresse tra le mani e prese la spugna insaponata precedentemente quando si sentì il polso in una stretta alzò lo sguardo, Blake senior le si era avvicinato silenziosamente e ora le teneva il polso in una stretta troppo forte
Ci penso io qui. 
Le disse. Clarke cercò di controbattere le sue labbra stavano per formulare un Ma quando il giovane ribadì
Ho detto che ci penso io.
La ragazza lo guardò arrendendosi, aveva capito che non era il tipo di persona che si poteva smuovere dalle sue prese di posizione facilmente.
Se mi lasciassi il polso
Il ragazzo guardò la sua presa sul polso di lei, era esile, la sua pelle chiara si era arrossata velocemente intorno alla stretta
Oh…
ritrasse in fretta la mano da quel contatto avventato che parlava molto più di lui, era frustrato, non sopportava essere in collera con la sorella non in quel momento della sua vita, non in quel giorno.
Clarke si asciugò le mani sui pantaloncini di cotone che indossava e andò verso le scale
Ciao Bellamy disse a mezza bocca.
Buonanotte.
Rispose lui, non era sicuro che la sua voce l’avesse raggiunta, lavò i piatti in fretta e poi si lasciò sprofondare sul divano.

   
 
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