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Autore: Emma_Powell    13/09/2016    7 recensioni
[STORIA AD OC - ISCRIZIONI CHIUSE]
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“Vai avanti finché non trovi i campi di fragole. Se ci sono dei satiri, sono quelli del signor D. Non ti puoi sbagliare.” aveva detto “E se moriamo per colpa tua, verremo a cercarti dall’ade per tormentarti per il resto dell’eternità. Chiaro?”
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- Se non so cosa succede posso fare ben poco. E comunque, non ho ancora capito chi sei.
- Giusto. Mi chiamo Marlene Stephens, ho duecentodiciassette anni e sono una cacciatrice di Artemide. Se non ci muoviamo resterò l’ultima del gruppo. – ci pensò su – No, probabilmente sono già l’ultima del gruppo. Se non ci muoviamo moriremo tutti.
Il centauro non si scompose.
- Una cacciatrice. Effettivamente indossavi la giacca della vostra “divisa”… Perché dovremmo morire tutti?
La cacciatrice si voltò per osservare il suo interlocutore.
- Probabilmente le sembrerà impossibile, ma Pirra è risorta e vuole scatenare un secondo diluvio universale, come quello ordinato da Zeus quando stava ancora in Grecia. Sta cercando di ricongiungersi a suo marito ormai da un po’. E quando ce la farà, non ci sarà modo di fermarli.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Le Cacciatrici, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti, gente! Sono tornata :)
Vi do un altro consiglio, come ho fatto una settimana fa (si okay, sono pallosa, lo so), e poi vi lascio al capitolo. Quando arrivate all’ultimo paragrafo, che sarebbe il settimo, prendete youtube, cercatevi “Car Radio” dei Twenty One Pilots e leggetelo con la musica sotto.
Perché ancora i Twenty One Pilots? Perché sì U_U
E con questo, ci vediamo in fondo.

Sometimes quiet is violent


 
Arold, nonostante avesse ormai avuto tempo per rifletterci, ancora non si era pentito della sua decisione.
Era più che sicuro che le sue capacità sarebbero state indispensabili, in quella missione, e questo gli bastava. E poi, tutte le scelte che aveva preso d’impulso erano state le migliori. Quando era fuggito invece di aspettare l’arrivo degli assistenti sociali dopo la morte di sua madre aveva trovato il campo. Quando  la mattina prima aveva deciso di andare a fare una passeggiata anche se erano solo le cinque era stato il primo ad arrivare da Peleo, ed era stato sempre lui ad impedire che la cacciatrice venisse miseramente inghiottita dal drago. Quando qualche mese prima aveva deciso di iniziare ad unire dei pezzi di metallo a caso, si era ritrovato in mano un lanciafiamme perfettamente funzionante.
Questo per dire che il figlio di Efesto si fidava del suo istinto. Quindi non aveva nulla da temere, probabilmente avrebbe salvato il mondo e sarebbe stato accolto come un eroe, al campo. E poi aveva litigato da poco con suo fratello Anthony, non riusciva più ad entrare dentro la sua cabina senza sentirsi soggetto delle sue occhiatacce. Forse gli avrebbe fatto addirittura bene andare via per un po’.
Quando arrivò davanti alla casa grande, come aveva prestabilito Chirone, era decisamente ottimista e di buon umore. Erano le nove, ma dal momento che era inverno inoltrato, il cielo era così scuro che sembra molto più tardi. L’unico punto illuminato era la veranda, quindi Arold si accomodò su una panca sotto la luce e cominciò a controllare che il suo equipaggiamento fosse a posto. Sistemò meglio il suo lanciafiamme dentro lo zaino, verificò di avere munizioni a sufficienza e si assicurò che Barkie fosse ancora in modalità trasporto. Poi cominciò a gironzolare intorno alla casa, con le mani nelle tasche dei jeans. L’unico rumore era quello della voce della cacciatrice proveniente dall’interno. Il suono gli arrivava distorto dalle mura, ma a giudicare dal tono della voce, sembrava che ci fosse qualcosa che non le stava bene. Per un po’ provò ad origliare, ma alla fine iniziò ad annoiarsi e cominciò a giocherellare con la zip dello zaino.
La prima persona che arrivò fu la ragazza della cabina 11, quella che si chiamava Nana e che era incredibilmente bassa. Si scambiarono appena un cenno di saluto, poi lei si infilò gli auricolari e si mise a sedere sotto un albero, ignorandolo alla grande. A quel punto Arold si ricordò di essersi dimenticato le cuffie. Stava per tornare dai suoi compagni, ma la porta della casa grande si aprì così violentemente che andò a sbattere contro il muro. Ne uscì la cacciatrice, con un pugnale stretto in mano e tutta l’aria di volerci infilzare qualcuno. Appena lo vide, strinse gli occhi.
Okay, sarebbe sopravvissuto per un po’senza musica.
Alzò le mani, conciliante.
- Da nessuna parte. E’ dove volevo andare, da nessuna parte. Non mi muovo, capo.
- Sarà meglio.
E con questo infoderò con un gesto rabbioso il pugnale. Lo fece senza strapparsi via i pantaloni e il ragazzo, suo malgrado, provò un filino di ammirazione
- Sei sempre così simpatica? – si informò abbassando le mani.
- Hai un desiderio di morte? – ribatté la ragazza, poi si girò e tornò dentro casa, lasciando Arold parecchio perplesso.
Dopo altri cinque minuti arrivò Ethan Miller. Arold non lo conosceva di persona, ma tutti al campo sapevano chi era, quindi lo riconobbe subito.
- Sono in ritardo? – domandò bruscamente.
Nana aveva ancora le cuffiette, quindi rispose lui.
- No, mancano ancora Tate e Siver, i due tizi della cabina 30.
- Sono sempre gli ultimi. – spiegò Chirone uscendo dalla casa grande – Un carattere di famiglia, immagino.
Ethan alzò le spalle e si mise a sedere anche lui sotto un albero, fissando il vuoto. A quanto pareva, Arold avrebbe avuto dei compagni di viaggio molto ciarlieri. Ma forse era un bene: non gli piaceva quando le cose scendevano troppo sul personale. Almeno non avrebbe dovuto raccontare la storia della sua vita a tre perfetti sconosciuti.
Passarono altri cinque minuti, durante i quali lui e Chirone si fissarono senza dire niente, facendo ogni tanto un sorriso di circostanza. Poi si sentì un’imprecazione proveniente da qualche parte ai piedi della collina, e la voce di una ragazza che cominciava a brontolare.
- Tate, sei patetico.
- Sta’ zitta e aiutami.
I due ragazzi comparvero dall’altra parte rispetto a dove erano arrivati tutti. Tate aveva i capelli ancora inspiegabilmente umidi, ed era pieno di foglie.
- Eccoli qui. Siamo tutti? – domandò Chirone.
- Manca Marlene. – notò Nana districandosi velocemente dalle cuffiette.
- Marlene è qui. – rispose la diretta interessata comparendo sull’uscio della porta.
A queste parole Tate sobbalzò e si girò a guardarla, ma la cacciatrice rimase con lo sguardo fermamente puntato su Chirone.
- Oh, wow. – fece Arold – Non pensavo che ci si potesse materializzare all’interno dei confini del Campo.
Silver fece una specie di smorfia divertita, ma tornò subito seria.
- Bene, uhm... sì. – il centauro fece segno ai ragazzi di avvicinarsi. Li fisso uno alla volta e rivolse a tutti un sorriso d’incoraggiamento.  – Non ho molto da dirvi, in realtà. Il vostro compito è quello di andare in Alaska e trovare un modo per fermare Pirra.
- Preferibilmente rimanendo in vita. – aggiunse tetramente la cacciatrice.
- Come? – domandò giustamente Nana, inarcando un sopracciglio.
Chirone parve vagamente imbarazzato.
- A questo dovrete pensare voi.
Tate e Silver si scambiarono un’occhiata eloquente, Ethan sporse in avanti la mandibola come per ringhiare, e Arold accarezzò l’impugnatura di una delle sue Glock 17, come sempre quando iniziava ad innervosirsi.
- Okay, questo è… rassicurante. – rispose con un filo di sarcasmo la ragazza.
- Se avessi avuto un po’ più di preavviso vi avrei potuto aiutare, ma purtroppo Marlene è rimasta svenuta per sedici ore, quindi l’informazione ci è arrivata un po’ tardi. Intanto io farò qualche ricerca, quando troverò un modo per aiutarvi ve lo farò sapere. E nel frattempo voi raggiungerete l’Alaska, in modo da non perdere del tempo prezioso.
 - Abbiamo almeno un mezzo di trasporto, o dobbiamo pensare noi anche a quello? – intervenne Silver, senza nascondere il disappunto nella voce.
- Per il mezzo di trasporto, ho trovato io la soluzione. O saremmo dovuti partire a piedi. – rispose la cacciatrice con un tono abbastanza seccato.
- Come dovremmo viaggiare, quindi? – chiese Arold.
La cacciatrice, invece di rispondere, si infilò due dita in bocca e fece un fischio acuto. Qualche secondo più tardi sei cervi uscirono fuori dagli alberi, e uno iniziò ad annusare l’orlo della maglietta di Nana, facendole prendere un accidente.
Ethan li osservò con aria critica.
- Cervi? Dovremmo… cavalcarli?
La cacciatrice accarezzò il muso a quello più vicino, e per la prima volta Arold le vide in faccia un’espressione umana.
- Questi non sono animali qualunque. – rispose continuando a coccolare l’animale – Sono i cervi che trasportano la biga di Artemide quando di notte trasporta la luna. Sono abituati a molto peggio rispetto a qualche leggero semidio.
- Io ho anche un pesante lanciafiamme. – fece Arold alzando una mano.
- Se il tuo lanciafiamme non pesa più di una tonnellata, lo puoi portare.
A quel punto Arold iniziò ad osservarli con molta più attenzione. Dovevano avere delle zampe veramente resistenti per reggere così tanto peso. Se fosse riuscito a costruire una macchina del genere sarebbe stato fantastico.
Marlene diede un’ultima pacca sul muso del cervo, poi si girò verso il resto del gruppo.
- Be’, io direi di andare. Scegliete un cervo, ho preso io le riserve di nettare e ambrosia per tutti. Potrete dormire durante il viaggio, non c’è pericolo che cadiate.
 
Nessuno provò a dormire.
Tre quarti d’ora più tardi, Nana era aggrappata saldamente al collo della sua cavalcatura, e stava facendo di tutto per non guardare di sotto. Quando era salita sull’animale, si era presa un attimo per osservare i suoi lucidi occhi neri, così intelligenti che la ragazza si era sentita un po’ rassicurata. Ma la sensazione era durata ben poco, perché non appena era riuscita a montare in groppa (il cervo, tra le altre cose, aveva anche un’altezza considerevole, quindi le servì un po’ di tempo), l’animale era partito a tutta velocità, senza darle nemmeno il tempo di salutare Chirone. Dopo quasi cinquanta minuti di viaggio, il non dava nessun segno di voler rallentare il passo, e continuava ad andare come un fulmine. Sentiva distintamente i suoi muscoli lavorare incessantemente sotto di lei, e questo le stava facendo venire la nausea.
Certo, poi c’era il trascurabile dettaglio che la sua cavalcatura volava.
No, non in senso figurato.
Era in groppa ad un dannatissimo cervo volante, e la cosa non le piaceva neanche un po’. Soprattutto perché la cacciatrice non si era presa nemmeno la briga di avvertirli, prima di partire. La ragazza era ragionevolmente certa di non soffrire di mal di aria, ma quel viaggio non le stava facendo troppo piacere.
- A quanti metri siamo? – aveva chiesto all’inizio del viaggio Ethan, sporgendosi tutto dal suo cervo, e facendo rabbrividire Nana.
Marlene, che ora era l’immagine della tranquillità, aveva fatto qualche conto, osservando il paesaggio che scorreva velocemente sotto i loro piedi.
- A cinquecento, più o meno. Di solito sono abituati a viaggiare sui diecimila, ma dopo sarebbe difficile respirare, per noi.
Arold, dietro di lei, non sembrava molto preoccupato. Continuava ad andare a zig-zag, e aveva tutta l’aria di divertirsi un mondo. E così il suo cervo.
Più indietro c’erano Tate e Silver, ma Nana non aveva voglia di girarsi per vedere cosa stessero facendo. Preferiva non venire sbalzata via, se si poteva evitare.
Si ritrovò a pensare che probabilmente non avrebbe fatto amicizia con nessuno di loro. Le serviva sempre molto tempo per decidere se fidarsi o meno di una persona, e altrettanto per avvicinarla. E poi il gruppo era composto da persone inavvicinabili già di loro, ognuno con un carattere abbastanza difficile. Nel migliore dei casi la faccenda si sarebbe conclusa con una bella rissa.
Per esempio, Marlene non era certo il massimo della simpatia e aveva già dato chiaramente ad intendere che li considerava un branco di idioti. Certo, aveva appena perso tutte le sue sorelle, forse una volta passato il trauma sarebbe diventata meno indisponente, ma per ora Nana non moriva dalla voglia di parlarci.
Poi c’era Ethan, che faceva parte della categoria “belli ma stronzi”. A differenza della cacciatrice, era così più o meno da sempre, quindi non aveva nessuna speranza di migliorare. Nana sapeva bene che il ragazzo diceva senza problemi quello che pensava e, se non avesse avuto così tanta paura del suo parere, probabilmente l’avrebbe considerato un pregio, ma in quel momento era soltanto una ragione in più per tenersene a debita distanza.
Arold era strano. Tutti al campo potevano dire di aver parlato un discreto numero di volte con lui, ma nessuno poteva dire di conoscerlo. Aveva trovato un’arma abbastanza efficace per tenere lontane le persone: il sarcasmo. Al figlio di Efesto bastava uno sguardo per individuare tutti i tuoi difetti e due secondi per elencarteli nel modo più sgradevole possibile, il tutto sorridendo con aria angelica. La prima volta che ci aveva parlato, grazie agli dei, aveva sono fatto un commento sottile sulla sua altezza, ma lì si era fermato. La ragazza pensava che se avessero ricominciato da dove si erano interrotti avrebbe perso le staffe egli avrebbe spaccato il naso con un pugno.
Nana non conosceva quasi per niente Tate ma le stava già più simpatico rispetto a Marlene, Ethan e Arold. Da quello che aveva potuto vedere, era parecchio maldestro e non faceva altro che cadere e rovesciarsi cose addosso, ma sembrava anche veramente gentile. Quella sera l’aveva visto parlare con il ragazzo sordo usando il linguaggio dei segni, e aveva trovato la cosa molto dolce. Insomma, Tate era il tipo di persona che piaceva a lei, e avrebbe anche potuto provare a dirgli qualcosa, ma lui stava praticamente sempre con Silver.
Anche Silver, in effetti, non le sembrava antipatica. L’idea che si era fatta di lei era quella di una ragazza determinata e forte. Al campo l’aveva già vista litigare parecchie volte con chiunque infastidisse il ragazzo sordo, e questo le aveva fatto guadagnare parecchi punti. In effetti quella ragazza era simile a lei, sotto alcuni aspetti. Ma il problema che si poneva in questo caso era lo stesso di Tate. Quei due non si staccavano un secondo.
Ma probabilmente Nana non avrebbe avuto bisogno di nessuno per quella missione. Si trattava solo di salvare il mondo. Poi sarebbe potuta ritornare dalla sua vera famiglia, nella cabina 11.
O, ehm... sarebbe morta.
E su questa nota allegra un altro cervo volante si piazzò vicino al suo, mentre la ragazza in groppa si aggrappava saldamente alle corna dell’animale.
- Dannazione, avevo detto piano. Piano!
Nana alzò le sopracciglia, mentre l’altra si rimetteva lentamente in posizione eretta, tirando un gran sospiro di sollievo.
- Tutto bene?
Silver annuì.
- Non mi importa cosa dice la cacciatrice, per me questi affari sono instabili. – si scostò una ciocca di capelli dalla faccia.
- Oh, allora non sono l’unica che la pensa così.
La figlia di Urania ghignò.
- Certo che no. Tate là dietro ancora non è riuscito a farsi capire dal suo cervo. Ha qualche problema con l’accelerazione.
Gli lanciò un’occhiata da dietro una spalla e Nana si azzardò a fare lo stesso. Tate effettivamente stava discutendo animatamente con la sua cavalcatura. Quando si accorse che le due ragazze lo stavano guardando rivolse loro uno sguardo sconsolato.
- Vai benissimo, Tate! – urlò la cugina trattenendo una risata – Continua così!
- Non è divertente. – replicò il ragazzo.
Silver si girò verso di Nana.
- Invece lo è. – le disse – In ogni caso… ci tenevo a parlare con l’unica persona oltre a me che sembra starci con la testa in questa allegra compagnia. Io sono Silver.
Nana non poté fare a meno di stupirsi del tono amichevole dell’altra ragazza. E dovette anche ammettere che non le dispiaceva.
- Nana. Ti stringerei la mano, se non fossi occupata a strangolare un cervo sacro ad Artemide.
- Oh, non mi offendo, non ti preoccupare.
E da lì partì una lunga conversazione, cosa che stupì non poco Nana, che era abituata da sempre a diffidare della gentilezza altrui.
 
Kynaston Durward Cavendish non aveva niente da fare. Odiava il falò serale perché la maggior parte delle volte gli toccava ad ascoltare quegli orrendi canti di gruppo, cercando di non dare da matto. Aveva detto a Chirone almeno cento volte che quello strazio non gli piaceva. Non gli piaceva per niente.
Ma lui l’aveva voluto ascoltare? Certo che no.
E allora va bene, che educasse pure il resto del campo in quel modo pietoso, se non voleva dargli retta. Lui si dissociava. 
Quell’inverno era arrivato prima di tutti i suoi fratellastri, quindi aveva la cabina 12 tutta per lui. Era la cosa migliore che gli era capitata da quando era arrivato, almeno se voleva dormire in santa pace poteva farlo senza che nessuno iniziasse ad esercitarsi nella preparazione del mosto e simili davanti il suo letto. E poi, ora che poteva fare quello che voleva aveva fatto cambiare il suo scomodo letto a castello con un largo letto a due piazze con materasso ad acqua, senza sentire tutti i suoi compagni lamentarsi, come era loro solito. Quindi, la sua cabina era un ottimo posto dove stare per evitare i canti di gruppo.
Quella sera, però, erano soltanto le nove e mezza, non aveva voglia di andare a dormire subito. Per una persona come lui, abituato ad addormentarsi tutte le notti alle quattro, era anche un filino umiliante essere costretti a fare qualcosa del genere. Kynaston era rimasto per un attimo sull’uscio della porta, indeciso sul da farsi, e alla fine si era allontanato. Sentiva che una passeggiata in spiaggia non gli avrebbe fatto male. Poi sarebbe andato a dormire, e il giorno dopo avrebbe fatto una bella chiacchierata con Chirone su quali dovessero essere le sue priorità. Come coinvolgere tutti i semidei e non proporre attività adatte solo ai bambini di tre anni.
Kynaston annuì, soddisfatto. Come programma, poteva andare.
Così si avviò con passo spedito verso il mare.
 
Astrea Daystars amava il falò serale. Le piaceva la luce del fuoco che illuminava i volti della gente, adorava arrostire i marshmallow con gli altri e scherzare con gli amici. I canti di gruppo, poi, erano proprio il massimo. Ma quella sera aveva come l’impressione che non sarebbe stato divertente come sempre: dopo una profezia del genere nessuno era più molto tranquillo. Era proprio su questo fatto che la cabina di Apollo stava cercando di basare i giochi che avrebbero fatto quella sera, ma essendo anche loro abbastanza giù di morale il risultato stava venendo veramente pessimo.
- E poi parte la scenetta in cui Ethan decapita un lestrigone con una katana. – stava dicendo in quel momento Kayla, segnandosi tutto su un blocchetto per appunti – Sol, hai voglia di fare il lestrigone? I capelli blu ce li hai già, e puoi metterti quel pigiama orrendo che si è portato Will, quello tutto azzurro. Saresti perfetta.
Sol come il sole e sol come la quinta nota musicale. Sol era Astrea. Non si ricordava esattamente perché le avevano dato quel soprannome, però le piaceva.
- Il lestrigone? Io… - Sol ci pensò su. Per qualche strana ragione, quella sera voleva andare in spiaggia, a vedere il mare. Ne aveva proprio voglia, e non capiva il perché – Credo che questa sera non verrò al falò.
- Perché? – domandò immediatamente Will, comparendo al fianco di Kayla.
- Sono solo un po’ stanca, non ti preoccupare. Penso che andrò a fare una passeggiata in spiaggia, o qualcosa del genere, e poi andrò a dormire presto.
Will alzò un sopracciglio, poi diede una gomitata alla sorella.
- Ho capito. – bisbigliò rumorosamente – Sonno di bellezza. Lasciamola in pace.
Sol sorrise, poi si rivolse a Kayla.
- Se vuoi domani faccio il lestrigone decapitato. E anche Ethan, se è necessario. Contemporaneamente. Potremmo creare una nuova forma di teatro, ci pensi?
La ragazzina alzò gli occhi al cielo.
- Okay, okay. Per questa vola sei perdonata. Ma se domani non vedo il mio lestrigone mi arrabbio.
Sol scoppiò a ridere e si avviò saltellando verso la porta.
- Lo sapete che vi voglio bene, vero?
Will fece un gesto incurante con una mano, ma stava sorridendo.
- Ce lo ripeti dalle cinque alle venti volte al giorno, svaporata. Certo che lo sappiamo.
- Era per ricordarvelo. – rispose.
E si chiuse la porta alle spalle.
 
Kris era di nuovo sul suo letto. Quando era rientrato nella cabina 30 aveva trovato il libro che stava leggendo giusto qualche ora prima ancora posato sul copriletto. Lo aveva buttato per terra e lo aveva spedito con un calcio sotto il letto di Silver. Poi era andato in bagno e si era messo ad asciugare furiosamente il pavimento, che era ancora bagnato dopo l’ultimo esperimento di Tate.
Dopo questo si era ributtato sul materasso, chiudendo gli occhi.
Era strano stare da solo nella loro cabina, non gli era mai capitato prima. Essendo sordo, la cosa che gli dava fastidio non era tanto il silenzio, ma piuttosto l’assenza di ogni tipo di movimento. Era tutto così immobile, così triste, che Kris avvertì il bisogno impellente di iniziare a prendere a calci qualcosa. Continuava ad immaginarsi tutte gli incidenti che avrebbero potuto avere e arrivò addirittura a pensare che probabilmente almeno uno dei due, quando sarebbe ritornato, avrebbe avuto un arto in meno. O non sarebbe ritornato per niente. E poi, il ragazzo dovette ammetterlo, forse era anche invidioso. La profezia aveva scelto loro, loro soltanto. Per il resto dei semidei che erano stati chiamati era diverso, loro si erano fatti volontari. Ma Tate e Silver erano stati scelti perché erano gli unici ragazzi in vita corrispondenti alla descrizione della profezia. Perché lui no? Perché non poteva essere con loro, come loro?
Dopo questo pensiero, Kris si vergognò di se stesso. Erano partiti per una missione pericolosa, non per una gita in campagna. Perché pensava a queste cose?
Improvvisamente decise che aveva bisogno di fare una passeggiata. La spiaggia sarebbe andata benissimo per schiarirsi un po’ le idee. Così si alzò in modo quasi meccanico e si mise la giacca.
 
Kynaston si era appena reso conto che il mare di notte, d’inverno faceva veramente schifo. Era mosso e burrascoso, le onde facevano casino e la temperatura si era abbassata di almeno altri cinque gradi. E poi si era raggruppato un mucchio di alghe viscide e nerastre proprio davanti ai suoi piedi, e la cosa non gli faceva molto piacere. Guardò ancora per qualche secondo tutta quell’acqua infrangersi sulla spiaggia, poi decise che ne aveva abbastanza. Quando però fece per girarsi si ritrovò davanti un ragazzo con i capelli rossicci. Si squadrarono per un attimo, poi Kynaston ordinò:
- Spostati.
Il ragazzo rimase a guardarlo, impassibile, e Kynaston iniziò ad irritarsi.
- Ho detto di toglierti, sei sordo o cosa?
A quel punto il ragazzo alzò leggermente un angolo della bocca e fece per dire qualcosa, ma perse improvvisamente l’equilibrio e cadde in avanti. Kynaston, che si era spostato in tempo prima che gli finisse addosso, si trovò faccia a faccia con una ragazza con i capelli blu dall’aria spaesata.
- Oh, scusa. Scusa tanto! Non volevo! – iniziò a dire, tendendo una mano al tizio per terra – Ho iniziato a correre e non riuscivo più a fermarmi. E’ tanto bella la sensazione della sabbia fresca sotto i piedi, non trovi?
No, Kynaston non trovava.
- Scusa, sul serio! Stai bene?
Il ragazzo, che stava ancora fissando la sabbia, rispose:
- Ahi.
- Ti sei fatto male?
Kynaston osservò meglio i capelli rossi del ragazzo.
- Tu sei quello sordo! – esclamò.
- Non ti preoccupare, non mi sono fatto niente. – disse il ragazzo sordo alla ragazza con i capelli blu, che intanto aveva sgranato gli occhi alle parole di Kynaston.
- Sei quello sordo? Il figlio di Polimnia?
Il ragazzo annuì, togliendosi la sabbia dai vestiti.
- E quest’idiota dietro di me dovrebbe essere “quello viziato”, il figlio del signor D.
Il ragazzo si mise in modo da poterli vedere entrambi.
Kynaston era troppo sorpreso dal fatto che l’altro avesse capito cosa aveva detto da non notare il fatto che gli aveva anche dato dell’ idiota.
- Ma quindi ci senti! – esclamò.
Il ragazzo fece una faccia strana.
- No.
- ALLORA PERCHE’ CAPISCI QUELLO CHE DICO? – domandò alzando la voce la ragazza.
- Perché leggo il labiale, non c’è bisogno che urli.
- Oh. E perché riesci a parlare, allora?
Il ragazzo sembrò iniziarsi a stancare.
- Perché non sono sempre stato sordo, okay? Ora, cosa diamine…
Il ragazzo si interruppe quando una goccia d’acqua gli arrivò sul naso. Poi una atterrò sulla fronte della tizia blu e un’altra in un occhio di Kynaston, che cominciò ad imprecare. E iniziò a piovere tutto di un colpo, lasciando i tre semidei sbigottiti.
- In teoria non dovrebbero esserci delle difese che non fa piovere all’interno dei confini del campo? – domandò la ragazza tirandosi su il cappuccio dell’impermeabile. Kynaston non lo aveva notato prima, ma la tizia blu indossava una specie di mostro di plastica trasparente con disegnati tanti arcobaleni sopra un pesante maglione arancione. Rabbrividì.
- Sì. – confermò.
Il ragazzo sordo si tolse una ciocca di capelli bagnati da davanti gli occhi.
- Non credo che sia un buon segno. Soprattutto non dopo quello che ci ha raccontato la cacciatrice.
Rimasero tutti e tre in silenzio, a fissare il cielo coperto. Poi Kynaston alzò le spalle.
- Be’, avete rovinato la mia passeggiata. Grazie. Ora, se permettete, io vado a…
La fine si erge vicina e inaspettata,
Nella terra oltre gli Dei, inevitabile ma addormentata.
La ragazza con i capelli blu fece un salto in aria, e così Kynaston. Il tizio sordo invece aprì leggermente la bocca, e indicò il mare, impallidendo visibilmente.
Kynaston seguì il suo sguardo, e si pentì immediatamente di averlo fatto. Perché dalle onde stava emergendo qualcosa.
Sei semidei immediatamente dovranno partire,
Se sapientemente la fine della terra vorranno prevenire…
Era una testa. Una testa con pochi lunghi capelli bianchi ancora attaccati. Rivoli di acqua salata le scivolavano sulle zone pelate, portando via grossi pezzi di pelle. E la faccia non era sicuramente migliore: sembrava appartenere ad una mummia in decomposizione da almeno qualche eone. La pelle bagnata sembrava carta ingiallita, e la bocca era completamente senza denti. Quando però la donna – perché si trattava di una donna, secondo Kynaston – la aprì di nuovo ne uscì un paguro che zampettò via scomparendo da qualche parte all’altezza delle orecchie della mummia.
Ma se con l’antico pregiudizio l’Ade verrà squarciato,
il mondo intero sotto il cielo verrà schiacciato.
Il particolare più strano, però era un altro. Gli occhi della mummia brillavano come due led verdi, cosa che non contribuì alla tranquillità di Kynaston. Erano gli occhi che Rachel aveva tutte le volte che pronunciava una profezia.
E quando lontana ormai la speme sembrerà,
Per la stella e la ladra,
Per la fucina e la memoria,
 Per il giovane mascherato,
E per la ragazza dannata
Poco da fare resterà.
Con un ultima risorsa la missione potrà essere salvata,
Vinta con il sacrificio di una vita illimitata.
E le ossa della grande madre dalla folle dovranno tornare,
Se contro l’acqua un’ultima volta si vorrà trionfare.
Mentre parlava, la mummia era uscita dall’acqua riuscendo miracolosamente a non ribaltarsi. Sfoggiava un mostruoso vestitino da hippie tutto strappato e rovinato, oltre ad una grande quantità di collanine piene di alghe intorno al collo.
Forse Kynaston iniziò a tremare.
Poi la mummia ruotò lentamente per fissare a turno ognuno di loro. I suoi occhi, da verdi divennero bianchi e lattiginosi, e Kynaston ebbe l’impressione che stesse sussurrando qualcosa.
E poi si disintegrò.
I tre rimasero in silenzio per almeno due minuti, continuando a fissare il vestito a fiori che la mummia si era lasciata dietro. Alla fine Kynaston alzò lo sguardo e diede una piccola pacca sulla spalla del ragazzo sordo.
- Cosa ha detto alla fine, mr Io-leggo-il-labiale?
Il ragazzo si riscosse.
- Una sola parola: finalmente.
La ragazza con i capelli blu diede un calcetto ad una collana.
- Ragazzi, credo che quello fosse il nostro vecchio oracolo.
- E quella la fine della profezia che Rachel non è riuscita a dire. – aggiunse Kynaston.
Rimasero ancora un po’ in silenzio, con il vento che fischiava nelle loro orecchie e le onde del mare sempre più vicine. Alla fine fu il ragazzo sordo a dire quello che stavano pensando tutti.
- Qualcuno deve avvertire i sei della profezia.
 
Toby Sullivan, negli ultimi giorni, aveva scoperto alcuni lati di se stesso che non si sarebbe mai aspettato di trovare. Ad esempio, non avrebbe mai pensato di essere un ladro tanto bravo, così come non avrebbe mai pensato di poter essere così organizzato.
Non avrebbe mai pensato di essere un traditore.
Eppure eccolo lì, a sfrecciare in mezzo alla foresta del campo con addosso delle scarpe volanti, inseguendo ancora una volta un sogno. Lo aveva già fatto più e più volte, come quando era fuggito dalla polizia dopo la morte di suo padre. Quella volta stava cercando un posto dove sarebbe stato accettato, ma non l’aveva trovato. Il campo non era che un’illusione, e lui lo odiava. Con tutto se stesso. E odiava allo stesso modo gli dei, sua madre e tutti gli altri. E quindi aveva trovato un nuovo sogno da inseguire, ma quella volta sapeva che quello a cui stava andando incontro era proprio quello che voleva.
Schivò velocemente un albero e si aggiustò gli auricolari. Tyler Joseph gli sussurrava in un orecchio ormai da un po’ e Toby trovava la cosa rassicurante. A volte si chiedeva se i Twenty One Pilots fossero entrati nella sua testa mentre scrivevano i testi di alcune canzoni.

Sometimes quiet is violent
I find it hard to hide it
My pride is no longer inside
It’s on my sleeve
My skin will scream
Reminding me of
Who I killed inside my dream
I hate this car that I’m driving
There’s no hiding for me
I’m forced to deal with what I feel
There is no distraction to mask what is real
I could pull the steering wheel

Toby arrivò in una piccola radura e lì si fermò, ordinando alle scarpe alate di posarlo a terra. In alto, tra le cime degli alberi, si scorgeva il cielo stellato e le nuvole che avanzavano velocemente, coprendolo. Il figlio di Nemesi chiuse gli occhi mentre una goccia gli cadeva su una guancia.

I have these thoughts
So often I ought
To replace that slot
With what I once bought
‘Cause somebody stole
My car radio
And now I just sit in silence

Sei ombre comparvero nello spicchio di cielo che rimaneva, e Toby sorrise. Finalmente.
And now I just sit in silence
Alzò con decisione una mano.
Inspirò una volta.
And now I just sit in silence
E lasciò andare il respiro. Le sei ombre caddero.
AND NOW I JUST SIT IN SILENCE
 

 
ANGOLO di nuovo centrale dell’AUTRICE:
Che quindi non è un angolo, okay, ho capito, Arold.
Non sei simpatica.
Nemmeno tu.
Ri-salve a tutti. Qui Emma.
E Arold.
E Tate Haze, al vostro servizio.
E io non dirò niente del genere.
Dai Ethan, stai rovinando tutto. Il ritmo era perfetto.
Concordo.
Solo perché ho accettato di fare questa cosa non significa che mi voglio rendere ridicolo, Haze.
Disse il tizio con due katane perennemente sulla schiena.
Ripetilo.
Disse il tizio…
Okay, okay. Abbiamo capito che sei molto macho, Ethan, ora non c’è bisogno di picchiarsi. State tranquilli un attimo o vi farò morire tutti per mano di Toby Sullivan.
Oh, è Toby Sullivan della cabina di Nemesi quello che ci sta facendo impazzire i cervi, allora?
Quello ancora più misantropo di Ethan?
Non faccio commenti.
Sì, lui. Ora, zitti un secondo.
Come avrete notato, sono stati inseriti altri tre personaggi *applausi registrati* vale a dire Kynaston, Sol e Toby. Quindi la quota di OC usati sale a nove. Sono piuttosto fiera di me.
Adesso non montarti la testa, però.
Non c’è il rischio con te qui a criticare, caro.
Comunque, volevo dire che è in questo modo che compariranno i nuovi OC quando verrà il loro momento, nel caso non si fosse capito.
Oh, e poi volevo chiedere a quelli che hanno letto la parte di Toby con Car Radio in sottofondo cosa ne hanno pensato. Perché il risultato non mi convince tanto: sarebbe stato meglio se avessi preso un po’ meglio le misure con la musica e il testo della canzone, solo che dopo sarebbe venuto un paragrafo di almeno due pagine :I
In ogni caso, non era mia intenzione uccidervi con i Twenty One Pilots e i loro testi estremamente allegri, è che la creatrice di Toby ha detto espressamente che il suo OC adora il suddetto gruppo, quindi ho pensato che ci stesse bene.
E poi anche tu adori il suddetto gruppo, quindi hai pensato che ci stesse pure meglio.
Precisamente.
Okay, questo è quanto. Lascio le iscrizioni aperte ancora per un capitolo, poi nel prossimo chiuderò. Se volete mandarmi qualche OC, muovetevi C:
Ci si sente tra una settimana!
Si spera, almeno. Devo ricordarti che tra due giorni devi tornare a scuola?
No T.T Potevi stare zitto, che cavolo.
Emma
Arold
Tate
*si inchina*
Ethan

Passo e chiudo.
 

Altri prestavolti in ordine di apparizione :)
 
Kynaston Durward Cavendish
(toglietegli qualunque cosa abbia sull'orecchio e ci siamo)
 
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Astrea Daystars
 
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Toby Sullivan

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Arold, smettila!
Ehehehe.

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