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Autore: simocarre83    13/09/2016    3 recensioni
Può una telefonata cambiare la vita di una persona? Dipende dalla telefonata. Il problema è che spesso non sappiamo quale sarà quella telefonata. Potessimo saperlo, la registreremmo per ricordarcela, o non risponderemmo neanche. Ma non lo sappiamo. E quando ce ne accorgiamo è troppo tardi e possiamo solo sperare che la vita cambi. In meglio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 – LA NOTTE

Proprio una notte di luna nuova gli doveva capitare? Non che avesse paura. Almeno, una cosa del genere non l’avrebbe comunque rivelata a nessuno, nemmeno ad Amaraldo. Il problema era che non si vedeva un tubo. Solo due grilli erano ospiti di quell’ambiente. Sopraelevato e, per questo motivo, ancora più buio.

Dal castello era possibile vedere la strada statale, con le luci delle macchine e dei camion che viaggiavano su quella dorsale da Nord a Sud e viceversa. Dalla statale il castello era una semplice macchia nera regolare che si stagliava su un cielo appena meno nero.

Dal castello i treni erano dei lunghi bruchi luminosi che si muovevano in lontananza. Dai treni il castello neanche si vedeva.

E dire che avevano provato ad illuminarlo. E ci erano anche riusciti, per qualche giorno. Poi dei ragazzini sconosciuti si erano divertiti a colpire tutti i lampioni e ci erano riusciti, facendolo cadere nuovamente nel silenzio del buio. E quando la luna era completamente oscurata o quando era nuvoloso, faceva ancora più paura. Per qualche tempo il luogo divenne anche covo di spacciatori e drogati, ma poi venne soppiantato dalla pineta della spiaggia, molto più estesa e anche più sicura. Di notte, soprattutto d’estate, salire da quelle parti avrebbe dato troppo nell’occhio.

Amaraldo gli aveva consegnato una lettera in cui gli avevano spiegato che Loro avevano deciso di incontrarlo e tutto quello che avrebbe dovuto fare. Per filo e per segno. I Tre Fratelli volevano incontrarlo! E per quel motivo Michele era lì, quella sera, proprio al castello. Proprio al loro covo. A parte i tre fratelli (di 16 anni Cosimo, 14 anni Massimo e 12 anni Giovanni) di cui era composta la banda, le voci dicevano che aveva al suo interno altre due persone, ma nessuno sapeva chi fossero. E se volevano, con le minacce o i soldi che guadagnavano facendo dei “lavoretti” per altri, potevano ottenere qualsiasi cosa. Ecco per quale motivo ancora non erano stati incarcerati. E tra qualche ora anche lui avrebbe avuto il suo posto in quella banda.

La lettera diceva che a quell’incontro doveva andare da solo. Niente scuse, niente sotterfugi, niente imbrogli. Disubbidire a quella condizione gli avrebbe negato definitivamente l’accesso a quella banda e soprattutto avrebbe scatenato nei suoi confronti le ire dei Tre Fratelli, peggiorando in maniera esponenziale la sua ormai già debole situazione.

Il sentiero che conduceva all’entrata del castello che gli era stato indicato nella lettera era pochi passi davanti a sé. Un piccolo sospiro, non di sollievo ma di incoraggiamento, e fu all’ingresso. Appena entrato, come da istruzioni, alzò le mani. Immediatamente sentì la punta di un coltello che gli premeva sulla gola. Due mani fulminee lo perquisirono e gli levarono dalla tasca del pantalone il coltellino che era tornato a prendersi al luogo della sua umiliazione. Avanzò di qualche passo. Venne bendato con un fazzoletto. Infine, sebbene completamente impossibilitato a riconoscere chiunque gli fosse passato davanti, dopo qualche secondo percepì che una luce era stata accesa.

Silenzio. Completamente. Facendo il conto delle mani che l’avevano perquisito e di quella che gli puntava il coltello addosso, dovevano esserci minimo due persone in quella stanza. Ma non le sentì.

Come gli era stato detto da Amaraldo, sentì due mani appoggiate alle sue spalle. E due mani gli afferrarono le braccia. Ancora solo due persone. Contemporaneamente “vide” un’ombra che passava davanti a lui. Erano in tre. Cosimo parlò. Evidentemente quello posto davanti a lui. Gli altri due non sarebbe mai riuscito a riconoscerli, anche se probabilmente potevano essere i due fratelli più piccoli.

“Vediamo quanto sei intelligente. Quante altre persone ci sono oltre a te in questa stanza?”

“Tre” rispose.

Un punta di coltello più fastidiosa al suo fianco, gli fece capire che aveva sbagliato.

“Anzi quattro!” rispose subito dopo, recuperando.

“E bravo Michele!” rispose ancora Cosimo. Lo conosceva di vista, per quello che riconosceva la voce.

“A parte me e i miei due fratelli non dovrai mai sapere quante altre persone fanno parte della banda. e non dovrai neanche sapere chi sono gli altri componenti” aggiunse Cosimo.

Così Michele aveva capito che c’erano per forza altri componenti della banda, visto che erano in quattro, almeno uno in più dei Tre Fratelli.

“Sappiamo chi sei e di cosa hai bisogno” disse una voce, che però non aveva mai sentito. “Sappi che se farai il giuramento sarai sotto il controllo completo dei Tre Fratelli e dovrai eseguire senza discutere i nostri ordini”

Michele ci pensò un attimo. Un ultimo dubbio passò per la sua testa, se fosse tutto giusto quello che stava facendo. Poi anche lui, pensando a quella che era stata la sua vita negli ultimi 3 giorni, capì che non poteva andargli peggio di così. E lo fece.

“Io, Michele, giuro sulla mia vita che rimarrò leale e ubbidiente alla banda dei Tre Fratelli fino a quando questi lo riterranno opportuno. Non li tradirò mai, ubbidirò a qualunque loro ordine senza discutere. Che io possa morire per difenderli o per non averlo fatto”.

“Bevi!” ordinò Cosimo. un bicchiere gli toccò il labbro inferiore. Ubbidì e bevve quella che sembrava acqua, leggermente zuccherata. Per un attimo ebbe paura che potesse essere una pozione magica, dandosi poi dello stupido per avere, anche solo lontanamente, pensato una cosa simile.

“Stai fermo!” fu l’ordine successivo. E lui ubbidì anche a quell’ordine.

Poi ci fu il silenzio. Non riuscì a capire quanto tempo stava passando. Forse due minuti forse dieci. Non aveva alcun riferimento in quella stanza. Quindi ubbidire all’ultimo ordine era qualcosa che gli veniva naturale. Poi, iniziò a sentire gli occhi pesanti ed un leggero giramento di testa. Come quando gli era capitato, l’ultimo Natale, di bere troppo vino di suo zio. Poi le gambe, di colpo, cedettero. Sentì un tonfo a terra, senza neanche rendersi conto che era proprio lui a cadere. Poi il silenzio. E il buio.

Si risvegliò in quello che, quasi immediatamente, comprese essere uno dei vicoli nelle vicinanze del castello. Riprendendo quasi immediatamente le forze, si alzò in piedi. Non sapeva nulla di quello che era successo dopo aver bevuto da quel bicchiere. Però era assolutamente sveglio e cosciente. corse immediatamente verso casa, percorrendo quel mezzo chilometro che lo separava dalla sua abitazione e dal suo letto. Arrivò nella sua camera che erano quasi le due. Era eccitatissimo per quello che era appena successo. Sognava già la sua futura e ormai certa vittoria contro i suoi nemici.

Prima di andare a letto si concesse una doccia. Appena finito tornò in camera sua, si levò l’accappatoio e, guardandosi allo specchio, rabbrividì. Adesso aveva capito perché l’avevano drogato e fatto addormentare. Proprio su entrambi i fianchi, in corrispondenza di quello che sarebbe stato l’elastico delle mutande o del costume, quindi completamente invisibile a chiunque, vide un tatuaggio con la figura che incuteva più timore a tutti i giovani di Policoro. Il suggellamento di quel giuramento: tre figure umane stilizzate.

Era a tutti gli effetti un membro della banda dei Tre Fratelli. Ne andava fiero. Avrebbe lottato per loro, combattuto per loro, se necessario anche ucciso per loro. Sarebbe addirittura morto per loro. Durante la notte pensò alle immaginarie missioni che sarebbe stato chiamato a compiere e alle persone che avrebbe visto soffrire. Pensò a quello che aveva anche solo sentito sui Tre Fratelli. Solo che, mentre prima sentire cose del genere lo faceva rabbrividire, stranamente, notò che quello che stava pensando ora non lo faceva assolutamente soffrire, che sicuramente non avrebbe sofferto per le sue malefatte. Poi pensò alle azioni punitive che potevano avere in mente i Tre Fratelli nei confronti del suo ex amico. Bastarono pochi secondi con quel pensiero, però, per passare “dalla stella alla stalla”.

-M-ma che sto dicendo! Rubare, picchiare, torturare! Questo è quello che mi faranno fare. Questo è ciò che dovrò fare da ora in poi. Cosa ho fatto!? Mi sono messo nelle mani di quei tre esseri spregevoli! Non è possibile che Amaraldo mi abbia fatto fare una cosa del genere! Anche la voglia di vendetta! Anche l’odio per Simone non mi avrebbe mai spinto a fare una cosa del genere. Perché sono stato così stupido. Così idiota. Ho giurato fedeltà a delle persone malvage!-

Fu questo il suo pensiero, che lo fece cadere in un pianto sommesso quanto disperato. Prese il cellulare, e nonostante l’ora, decise di chiamare Amaraldo. Il cellulare era spento. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare. Almeno per qualche altro minuto. Gli passò per la testa di chiamare addirittura Simone. Poi, ripensare a quello che era successo negli ultimi giorni lo fece arrivare ad una conclusione. Capì quello che gli aveva detto Amaraldo, quello stesso pomeriggio. Gli aveva detto che secondo lui, che non era mai entrato nella banda dei Tre Fratelli, essere un componente di quella banda era la più grande dimostrazione di superiorità che un abitante di Policoro potesse avere. Capì che quella sofferenza e quel rimorso che stava provando in quel momento, erano forse l’ultima traccia di inferiorità, o di uguaglianza che provava nei confronti di coloro che, fino a pochi minuti prima, aveva continuato a considerare i suoi simili. Capì che l’onore che aveva ricevuto era veramente una dimostrazione di superiorità. Che non aveva più nulla da temere. Capì che, anzi, erano i suoi nemici che dovevano temere di avere lui contro.

Capì che aveva acquisito un potere enorme. Concluse che, dopo tutto, neanche coloro che erano nella banda da più tempo soffrivano di problemi di coscienza. E, sicuramente, non soffrivano neanche i Tre Fratelli quando facevano del male ad altri. Così, pur rendendosi conto del fatto che sempre di male si stava parlando, non si preoccupò di quello che stava facendo, anzi non pensò neanche che stava sbagliando, ma solo che avrebbe vinto.

Per la prima volta, quella sera, ritornò a pensare, allora, al vero obiettivo per cui era entrato nella banda. Simone doveva pagargliela cara per quello che gli aveva fatto. Ripensò alla sua vita. Grazie ad Amaraldo, aveva capito che quelli lì erano così infantili, ancora con quei giochi da bambini. Era ora che anche il suo ex amico, Simone, crescesse un poco. Era ora di dargli una sonora lezione. A tutti e quattro.

Poi l’ultimo brivido gli attraversò la schiena: -E se Simone quel giorno avesse avuto ragione? Se sono io che mi sto sbagliando? In fondo Simone mi conosce da quando eravamo piccoli. Non abbiamo mai fatto a botte seriamente e se qualche giorno fa è arrivato al punto di volerlo fare con me, era forse perché sapeva di essere assolutamente dalla parte giusta?-

Questo lo preoccupò, non poco. Poi, ritornando con la mente a due anni prima, pensò che, effettivamente, quello che gli era successo in quel pomeriggio estivo, era un’ulteriore dimostrazione di quello che pensava: Simone era semplicemente un essere inferiore. In quanto tale andava trattato, in quanto essere inferiore doveva pagare per ciò che aveva fatto. Così, sebbene in tutta quella storia ci fosse, ancora una volta, qualche cosa che non quadrava completamente, si convinse definitivamente di essere dalla parte della ragione.

E, per la prima volta dopo 3 giorni schifosi, si addormentò felice e sereno.

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E così ecco prese le parti, decise le cose, delineati gli schieramenti... Mi raccomando! Recensite, gente, Recensite!!
  
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