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– LA NOTTE
Proprio
una notte
di luna nuova gli doveva capitare? Non che avesse paura. Almeno, una
cosa del
genere non l’avrebbe comunque rivelata a nessuno, nemmeno ad
Amaraldo. Il
problema era che non si vedeva un tubo. Solo due grilli erano ospiti di
quell’ambiente.
Sopraelevato e, per questo motivo, ancora più buio.
Dal
castello era
possibile vedere la strada statale, con le luci delle macchine e dei
camion che
viaggiavano su quella dorsale da Nord a Sud e viceversa. Dalla statale
il
castello era una semplice macchia nera regolare che si stagliava su un
cielo
appena meno nero.
Dal
castello i
treni erano dei lunghi bruchi luminosi che si muovevano in lontananza.
Dai
treni il castello neanche si vedeva.
E dire che
avevano provato ad illuminarlo. E ci erano anche riusciti, per qualche
giorno.
Poi dei ragazzini sconosciuti si erano divertiti a colpire tutti i
lampioni e
ci erano riusciti, facendolo cadere nuovamente nel silenzio del buio. E
quando
la luna era completamente oscurata o quando era nuvoloso, faceva ancora
più
paura. Per qualche tempo il luogo divenne anche covo di spacciatori e
drogati,
ma poi venne soppiantato dalla pineta della spiaggia, molto
più estesa e anche
più sicura. Di notte, soprattutto d’estate, salire
da quelle parti avrebbe dato
troppo nell’occhio.
Amaraldo
gli
aveva consegnato una lettera in cui gli avevano spiegato che Loro
avevano
deciso di incontrarlo e tutto quello che avrebbe dovuto fare. Per filo
e per
segno. I Tre Fratelli volevano incontrarlo! E per quel motivo Michele
era lì,
quella sera, proprio al castello. Proprio al loro covo. A parte i tre
fratelli
(di 16 anni Cosimo, 14 anni Massimo e 12 anni Giovanni) di cui era
composta la
banda, le voci dicevano che aveva al suo interno altre due persone, ma
nessuno
sapeva chi fossero. E se volevano, con le minacce o i soldi che
guadagnavano facendo
dei “lavoretti” per altri, potevano ottenere
qualsiasi cosa. Ecco per quale
motivo ancora non erano stati incarcerati. E tra qualche ora anche lui
avrebbe
avuto il suo posto in quella banda.
La lettera
diceva
che a quell’incontro doveva andare da solo. Niente scuse,
niente sotterfugi,
niente imbrogli. Disubbidire a quella condizione gli avrebbe negato
definitivamente l’accesso a quella banda e soprattutto
avrebbe scatenato nei
suoi confronti le ire dei Tre Fratelli, peggiorando in maniera
esponenziale la
sua ormai già debole situazione.
Il
sentiero che
conduceva all’entrata del castello che gli era stato indicato
nella lettera era
pochi passi davanti a sé. Un piccolo sospiro, non di
sollievo ma di
incoraggiamento, e fu all’ingresso. Appena entrato, come da
istruzioni, alzò le
mani. Immediatamente sentì la punta di un coltello che gli
premeva sulla gola.
Due mani fulminee lo perquisirono e gli levarono dalla tasca del
pantalone il
coltellino che era tornato a prendersi al luogo della sua umiliazione.
Avanzò
di qualche passo. Venne bendato con un fazzoletto. Infine, sebbene
completamente impossibilitato a riconoscere chiunque gli fosse passato
davanti,
dopo qualche secondo percepì che una luce era stata accesa.
Silenzio.
Completamente. Facendo il conto delle mani che l’avevano
perquisito e di quella
che gli puntava il coltello addosso, dovevano esserci minimo due
persone in
quella stanza. Ma non le sentì.
Come gli
era
stato detto da Amaraldo, sentì due mani appoggiate alle sue
spalle. E due mani
gli afferrarono le braccia. Ancora solo due persone. Contemporaneamente
“vide”
un’ombra che passava davanti a lui. Erano in tre. Cosimo
parlò. Evidentemente
quello posto davanti a lui. Gli altri due non sarebbe mai riuscito a
riconoscerli, anche se probabilmente potevano essere i due fratelli
più
piccoli.
“Vediamo
quanto
sei intelligente. Quante altre persone ci sono oltre a te in questa
stanza?”
“Tre”
rispose.
Un punta
di
coltello più fastidiosa al suo fianco, gli fece capire che
aveva sbagliato.
“Anzi
quattro!” rispose
subito dopo, recuperando.
“E
bravo
Michele!” rispose ancora Cosimo. Lo conosceva di vista, per
quello che
riconosceva la voce.
“A
parte me e i
miei due fratelli non dovrai mai sapere quante altre persone fanno
parte della
banda. e non dovrai neanche sapere chi sono gli altri
componenti” aggiunse
Cosimo.
Così
Michele
aveva capito che c’erano per forza altri componenti della
banda, visto che
erano in quattro, almeno uno in più dei Tre Fratelli.
“Sappiamo
chi sei
e di cosa hai bisogno” disse una voce, che però
non aveva mai sentito. “Sappi
che se farai il giuramento sarai sotto il controllo completo dei Tre
Fratelli e
dovrai eseguire senza discutere i nostri ordini”
Michele ci
pensò
un attimo. Un ultimo dubbio passò per la sua testa, se fosse
tutto giusto
quello che stava facendo. Poi anche lui, pensando a quella che era
stata la sua
vita negli ultimi 3 giorni, capì che non poteva andargli
peggio di così. E lo
fece.
“Io,
Michele,
giuro sulla mia vita che rimarrò leale e ubbidiente alla
banda dei Tre Fratelli
fino a quando questi lo riterranno opportuno. Non li tradirò
mai, ubbidirò a
qualunque loro ordine senza discutere. Che io possa morire per
difenderli o per
non averlo fatto”.
“Bevi!”
ordinò
Cosimo. un bicchiere gli toccò il labbro inferiore.
Ubbidì e bevve quella che
sembrava acqua, leggermente zuccherata. Per un attimo ebbe paura che
potesse
essere una pozione magica, dandosi poi dello stupido per avere, anche
solo
lontanamente, pensato una cosa simile.
“Stai
fermo!” fu
l’ordine successivo. E lui ubbidì anche a
quell’ordine.
Poi ci fu
il
silenzio. Non riuscì a capire quanto tempo stava passando.
Forse due minuti
forse dieci. Non aveva alcun riferimento in quella stanza. Quindi
ubbidire
all’ultimo ordine era qualcosa che gli veniva naturale. Poi,
iniziò a sentire
gli occhi pesanti ed un leggero giramento di testa. Come quando gli era
capitato, l’ultimo Natale, di bere troppo vino di suo zio.
Poi le gambe, di
colpo, cedettero. Sentì un tonfo a terra, senza neanche
rendersi conto che era
proprio lui a cadere. Poi il silenzio. E il buio.
Si
risvegliò in quello
che, quasi immediatamente, comprese essere uno dei vicoli nelle
vicinanze del
castello. Riprendendo quasi immediatamente le forze, si alzò
in piedi. Non
sapeva nulla di quello che era successo dopo aver bevuto da quel
bicchiere.
Però era assolutamente sveglio e cosciente. corse
immediatamente verso casa,
percorrendo quel mezzo chilometro che lo separava dalla sua abitazione
e dal suo
letto. Arrivò nella sua camera che erano quasi le due. Era
eccitatissimo per
quello che era appena successo. Sognava già la sua futura e
ormai certa
vittoria contro i suoi nemici.
Prima di
andare a
letto si concesse una doccia. Appena finito tornò in camera
sua, si levò
l’accappatoio e, guardandosi allo specchio,
rabbrividì. Adesso aveva capito
perché l’avevano drogato e fatto addormentare.
Proprio su entrambi i fianchi,
in corrispondenza di quello che sarebbe stato l’elastico
delle mutande o del
costume, quindi completamente invisibile a chiunque, vide un tatuaggio
con la
figura che incuteva più timore a tutti i giovani di
Policoro. Il suggellamento
di quel giuramento: tre figure umane stilizzate.
Era a
tutti gli
effetti un membro della banda dei Tre Fratelli. Ne andava fiero.
Avrebbe
lottato per loro, combattuto per loro, se necessario anche ucciso per
loro.
Sarebbe addirittura morto per loro. Durante la notte pensò
alle immaginarie
missioni che sarebbe stato chiamato a compiere e alle persone che
avrebbe visto
soffrire. Pensò a quello che aveva anche solo sentito sui
Tre Fratelli. Solo
che, mentre prima sentire cose del genere lo faceva rabbrividire,
stranamente,
notò che quello che stava pensando ora non lo faceva
assolutamente soffrire, che
sicuramente non avrebbe sofferto per le sue malefatte. Poi
pensò alle azioni
punitive che potevano avere in mente i Tre Fratelli nei confronti del
suo ex
amico. Bastarono pochi secondi con quel pensiero, però, per
passare “dalla
stella alla stalla”.
-M-ma che
sto
dicendo! Rubare, picchiare, torturare! Questo è quello che
mi faranno fare. Questo
è ciò che dovrò fare da ora in poi.
Cosa ho fatto!? Mi sono messo nelle mani di
quei tre esseri spregevoli! Non è possibile che Amaraldo mi
abbia fatto fare
una cosa del genere! Anche la voglia di vendetta! Anche
l’odio per Simone non
mi avrebbe mai spinto a fare una cosa del genere. Perché
sono stato così
stupido. Così idiota. Ho giurato fedeltà a delle
persone malvage!-
Fu questo
il suo
pensiero, che lo fece cadere in un pianto sommesso quanto disperato.
Prese il
cellulare, e nonostante l’ora, decise di chiamare Amaraldo.
Il cellulare era
spento. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare. Almeno per qualche
altro
minuto. Gli passò per la testa di chiamare addirittura
Simone. Poi, ripensare a
quello che era successo negli ultimi giorni lo fece arrivare ad una
conclusione. Capì quello che gli aveva detto Amaraldo,
quello stesso
pomeriggio. Gli aveva detto che secondo lui, che non era mai entrato
nella
banda dei Tre Fratelli, essere un componente di quella banda era la
più grande
dimostrazione di superiorità che un abitante di Policoro
potesse avere. Capì
che quella sofferenza e quel rimorso che stava provando in quel
momento, erano
forse l’ultima traccia di inferiorità, o di
uguaglianza che provava nei
confronti di coloro che, fino a pochi minuti prima, aveva continuato a
considerare i suoi simili. Capì che l’onore che
aveva ricevuto era veramente una
dimostrazione di superiorità. Che non aveva più
nulla da temere. Capì che,
anzi, erano i suoi nemici che dovevano temere di avere lui contro.
Capì
che aveva
acquisito un potere enorme. Concluse che, dopo tutto, neanche coloro
che erano
nella banda da più tempo soffrivano di problemi di
coscienza. E, sicuramente,
non soffrivano neanche i Tre Fratelli quando facevano del male ad
altri. Così,
pur rendendosi conto del fatto che sempre di male si stava parlando,
non si
preoccupò di quello che stava facendo, anzi non
pensò neanche che stava
sbagliando, ma solo che avrebbe vinto.
Per la
prima volta,
quella sera, ritornò a pensare, allora, al vero obiettivo
per cui era entrato
nella banda. Simone doveva pagargliela cara per quello che gli aveva
fatto.
Ripensò alla sua vita. Grazie ad Amaraldo, aveva capito che
quelli lì erano così
infantili, ancora con quei giochi da bambini. Era ora che anche il suo
ex
amico, Simone, crescesse un poco. Era ora di dargli una sonora lezione.
A tutti
e quattro.
Poi
l’ultimo brivido
gli attraversò la schiena: -E se Simone quel giorno avesse
avuto ragione? Se sono
io che mi sto sbagliando? In fondo Simone mi conosce da quando eravamo
piccoli.
Non abbiamo mai fatto a botte seriamente e se qualche giorno fa
è arrivato al
punto di volerlo fare con me, era forse perché sapeva di
essere assolutamente
dalla parte giusta?-
Questo lo
preoccupò, non poco. Poi, ritornando con la mente a due anni
prima, pensò che,
effettivamente, quello che gli era successo in quel pomeriggio estivo,
era
un’ulteriore dimostrazione di quello che pensava: Simone era
semplicemente un
essere inferiore. In quanto tale andava trattato, in quanto essere
inferiore
doveva pagare per ciò che aveva fatto. Così,
sebbene in tutta quella storia ci
fosse, ancora una volta, qualche cosa che non quadrava completamente,
si
convinse definitivamente di essere dalla parte della ragione.
E, per la prima volta dopo 3 giorni schifosi, si addormentò felice e sereno.
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E così ecco prese le parti, decise le cose, delineati gli schieramenti... Mi raccomando! Recensite, gente, Recensite!!