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Autore: serClizia    13/09/2016    6 recensioni
UARK, University of Arkansas, detta più comunemente l'Arca.
Clarke sta studiando per diventare medico, è parte importante della confraternita delle Theta Beta nonché figlia dell'illustrissima ex-alunna Abby Griffin, ora chirurga di fama nazionale. Alla UARK ci sono feste, matricole da controllare, etichette da rispettare. Quest'anno, però, la Prima Festa Primaverile non va come dovrebbe andare, e Clarke avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile. Anche di quello di un irritante e altezzoso sconosciuto di nome Bellamy.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Clarke
 
This is how you remind me, of what I really am!”
“Raven, tira giù i piedi.”
It's not like you to say sorry… andiamo, Clarke!”
“Giù i piedi dal cruscotto!”
Raven butta le gambe sul tappetino della macchina e comincia ad avvicinarsi scuotendo le spalle a tempo con la canzone dei Nickleback. Ha gli occhiali da sole, ma sono certa che stia facendo uno sguardo da cretina. E so anche che è colpa mia, sono sempre tesa quando torno dalla mamma e Raven vuole cercare di distrarmi un po’ – continuando a ballare come una scema, stavolta con le braccia lanciate in alto a toccare il tettuccio e la testa che ciondola a destra e a sinistra.
This time I'm mistaken, eddai!”
“…for handing you a heart worth breaking!”
Raven ride e io le vado dietro, mentre cantiamo in coro.
And I’ve been wrong, I’ve been down!” Raven punta gli indici in basso in modo teatrale. “Into the bottom of every bottle! These 5 words in my head, scream:” ci guardiamo fingendo di condividere un microfono invisibile. “Are we having fun yeeeeet!”
Risistemo le mani sul volante, per fortuna oggi la strada verso Little Rock è pressoché deserta e non devo tenere gli occhi incollati all’asfalto davanti a me. Raven si accascia contro il sedile canticchiando.
Mettiamo sempre questa canzone quando siamo in macchina insieme, e in particolare dobbiamo sempre cantare quella strofa. L’aveva messa Raven quando ero uscita dall’ospedale, come scherzo, nello stereo in camera mia. Da allora è rimasto un nostro inside joke.
Sospiro, e stringo le dita facendomi venire le nocche bianche. La distrazione è durata ben poco, più si avvicina il cartello di uscita dall’autostrada, più mi sento soffocare. Era tutto più divertente tre ore fa, quando siamo partite. La prospettiva di un viaggio con Raven è sempre stata piacevole, ma con lo scorrere del tempo il nodo alla gola si è fatto sempre più stretto. Non vedo la mamma da mesi, gli esami sono andati bene ma non benissimo, non secondo i suoi standard almeno, e la situazione che mi sto lasciando alle spalle non è delle migliori.
Ho dato precise istruzioni a Maya (che cadranno inascoltate, ma almeno potrò dire di averci provato), Octavia e Bellamy. Monty e Jasper hanno promesso che staranno attenti, ma non sento di poterci fare particolarmente conto. Wells ha i suoi problemi da sbrigare e Finn è sparito a fare Dio solo sa cosa.
Il benestare delle matricole è interamente nella mani della famiglia Blake, a questo punto. Sospiro di nuovo.
“Andiamo, non sarà così male,” Raven mi abbaglia con un sorriso da gatta. “Fidati.”
“Per te è facile. Abby ti adora.”
Rotea gli occhi con uno sbuffo scocciato. “Adora anche te.”
“Certo, ma a te non farà la paternale sull’Università, la vita, il futuro…”
“Perché io ho preso il massimo dei voti nei miei esami, ho un brillante futuro davanti, e recentemente sono quasi andata a fuoco. Senza contare che non sono veramente sua figlia, mentre tu sì.”
“Sei la figlia preferita, non inventare scuse. E quella del fuoco è troppo conveniente.”
Raven ridacchia. Sembra aver ritrovato una nuova serenità da quando è stata dimessa. O almeno, oggi mi sembra particolarmente felice. Chissà se ha a che fare con tutto il tempo che ha passato da sola con Wick.
Il resto del viaggio lo trascorriamo in silenzio, interrotto solo dal canticchiare di Raven che ogni tanto si allunga a selezionare un’altra canzone sul lettore della macchina.
La città non è cambiata per niente dall’ultima volta che sono stata qui. Mi aspettavo quasi di trovare qualcosa di diverso, che Little Rock mi sorprendesse un po’ e invece…
Il vialetto di ghiaia di casa Jaha è ingombro di macchine, probabilmente di Thelonius e Kane, che pure lui non manca mai a questi ritrovi familiari. Butto giù un grumo di saliva quando vedo anche la macchina della mamma. Sapevo che fosse già qui, arriva sempre prima di me, ma mi fa comunque salire l’ansia ai massimi livelli. Raven scende dall’auto con la borsa per la notte in equilibrio sul gomito, e si avvia a grandi passi verso il portone.
“Ehi, aspetta!”
“Andiamo Clarke,” non si volta nemmeno. “Ho fame!”
“Beh, io no,” borbotto, poggiando il palmo sulla macchina che si sta raffreddando con un ticchettio. Mi guarda, muta. Sembra scocciata e per niente impressionata dalla mia prevedibile attesa pure lei. E va bene. Apro il portellone, prendo il mio borsone e seguo il vialetto in mezzo al verdissimo giardino che porta fino alla porta d’ingresso, che chiaramente è già aperta perché Raven ha bussato una cosa come un secolo fa.
Thelonius la accoglie con un abbraccio e un sorriso – ovvio, tutti amano Raven – la prende per le braccia e le fa uno scan completo dalla testa alla punta dei piedi.
“Stai bene, mi sembra,” lo sento dire.
“Sto alla grande.”
“Mi fa molto piacere sentirtelo dire. Oh, ecco Clarke. Prego, accomodatevi!”
Ci mostra la via all’interno, con il solito sorriso affettato che non mi è mai piaciuto. Non è mai arrabbiato, il Preside Jaha, sorride anche quando ti deve fare la paternale più seria dell’universo – e ti va bene se non te la fa davanti a una partita di scacchi. Wells ne è contento, dice che non riesce a batterlo nessuno grazie a questa fastidiosa abitudine del padre. Io me la cavavo, ma più che altro ricordo che cercavo di non fargli venire la stupida idea che riuscisse a mettermi soggezione. Per quanto mi riguarda, è anche colpa sua se mio padre è finito all’ospedale con un infarto in corso.
“Lasciate pure le vostre cose in camera degli ospiti,” me la indica come se non l’avessi usata almeno centottantamila volte da che avevo sette anni. Raven mi rifila una gomitata appena siamo sole.
“Puoi sorridere, sai.”
Lo so, sono di cattivo umore. È che appena mollata la borsa so che dovrò andare in sala e non ci sarà un tasto di fine chiamata per smettere di parlare con la mamma appena l’argomento si fa troppo irritante.
Raven mi sfila dalle mani la borsa e appoggia tutto sul letto matrimoniale. La mia cade di lato e rotolano fuori un paio di cose, la custodia degli occhiali da sole, un astuccio, che stonano con l’ordine meticoloso del resto della stanza. Raccolgo la custodia e ci infilo dentro gli occhiali che avevo ancora addosso, mentre Raven fa lo stesso coi suoi, prima di rimettere tutto a posto e gesticolare coi palmi verso la sala, pressandomi a muovermi. Ha perfettamente ragione, inutile rimandare l’inevitabile.
Con un sospiro imbocco il corridoio che ci fa spuntare direttamente nella bella e grande sala dei Jaha, dai toni grigio pastello come il resto della casa; e lì ci sono Thelonius in piedi vicino al tavolo che parla con la mamma e, leggermente in disparte, tra un vaso e la libreria, con le mani infilate nelle tasche dietro dei jeans e una maglietta nera, Bellamy Blake.
 
                                                                                                **
 
“Che cazzo?!”
“Clarke,” esclama Abby, rimproverandomi. Come se avessi dieci anni e non avessi mai detto la parola 'cazzo' in tutta la mia vita.
Bellamy agita una mano in segno di saluto, in evidente imbarazzo. Raven e Thelonius spostano lo sguardo tra i presenti, ma nessuno apre bocca. Ci dev’essere lo zampino della mamma, lo sento, odora di cazzata alla Abby da migliaia di chilometri. Non aspetto che abbia il tempo di reagire, afferro Bellamy per un braccio e lo trascino fuori dalla porta, superando una Raven stranamente silenziosa. Tutti i suoi sorrisini di prima… ci torneremo dopo.
“Ciao anche a te, Principessa,” esordisce non appena il portone è sbattuto alle mie spalle.
“Come… quando…”
Bellamy si infila di nuovo le mani in tasca, stavolta quelle davanti, e si stringe nelle spalle. “Sono stato invitato.”
“Di nuovo, come, quando!”
“Tua mamma mi ha chiamato al cellulare. Non mi è sembrato il tipo di persona a cui si possa dire di no.”
Sbuffo. Direi proprio di no.
“Almeno adesso ho capito un sacco di cose.”
Lo fulmino. Certo, molto divertente. Ma non sono mia madre, non sono affatto come lei, e mi fa seriamente male pensare che qualcuno mi associ alla sua robotica inumanità.
“Ehi, è solo una cena. Se vuoi posso andarmene. Sono sicuro che saprai spiegare a tua mamma perché il tuo ragazzo se n’è andato.”
“Oh, Dio,” mi spalmo entrambe le mani sulla faccia. “No, ti prego, non sta succedendo.”
“Sta succedendo, invece. Certo, di solito quando ho una fidanzata ne sono al corrente. Strano, no?”
Non ho bisogno di guardarlo in faccia per sapere esattamente l’arrogante espressione che ha mentre mi prende per il culo.
“No. Cioè, sì. Ma non è come pensi,” riemergo e lo affronto, tra lotta e fuga ho sempre comunque preferito la lotta, in ogni caso. “Non… non ho una cosa per te, ecco.”
Bellamy si guarda intorno e ridacchia. “Non ho pensato che l’avessi.”
“No?”
“Andiamo. Tu che parli della tua cotta con la mammina? Non mi sembri proprio il tipo. Ho pensato più che altro che ti stesse scocciando su qualcosa e hai inventato una scusa per distrarla, o una cosa del genere.”
Che è più o meno quello che è successo. Sento il sangue scorrermi nelle vene, di nuovo ossigenato.
“Non le ho mai detto che fossi il mio ragazzo.”
“Ok.”
“Sono seria. Dovevo inventarmi su due piedi il nome di qualcuno con cui stavo uscendo, e mi è uscito il tuo.”
Si stringe nelle spalle, le mani sempre dentro le tasche. “Ok.”
Mi sembra troppo facile. E anche che sia venuto, senza spiegare l’equivoco a mia mamma.
“Non fare quella faccia calcolatrice. Non c’è niente sotto, volevo solo farti un favore.”
“Un favore?”
“Mi sembra che ti sia meritata un po’ di pace, no? Dopo tutto il lavoro che stiamo facendo, e il casino con Dax. Non volevo mettermi in mezzo e farti litigare con tua madre.”
Vorrei dire grazie, invece annuisco. Anche lui sembra serissimo. È tutto terribilmente imbarazzante. E strano.
“Mia mamma è morta,” butta lì all’improvviso, facendomi alzare lo sguardo dal ghiaino. “Tanto tempo fa. E anche quella di Raven, se non ho capito male,” annuisco ancora, ma come fa a saperlo?, “Tu hai ancora una mamma. Magari non avete un bel rapporto, ma c’è. Puoi sempre correre da lei, se hai un problema.”
È vero, e l’ho fatto. Tutto questo casino è nato perché avevo un problema con Raven e sono corsa a chiamare la mamma.
Non aggiunge altro, e non ce n’è bisogno. Non se l’è sentita di farmi litigare con la mamma, ed è venuto.  Onestamente, non so se scoppiare a ridere o a piangere. “Mi spiace,” dico invece. Stavolta è lui ad annuire.
E adesso l’atmosfera si è fatta ancora più strana, più densa. Dove diavolo possiamo andare da qui?
Avevo intuito che Bellamy e Octavia fossero soli, non ci voleva un genio. Eppure mi sembra che averne parlato ci abbia, non so, avvicinati. Lo so che mi sto ripetendo, ma è strano.
“Io ho fame, davvero, davvero fame,” esordisco.
Sembra anche lui accogliere il cambio di direzione con sollievo.
“Entriamo?”, gesticolo verso l’ingresso alle mie spalle.
“Certo. Ma a una condizione.”
“Oh? Ok, spara.”
“Niente cose smielate. Niente ‘amore, tesoro’, niente bacini, niente carezze amorevoli.”
“Cosa…?”
Si mette a ridere, sul serio! Bellamy Blake ride! Anche se per poco. Non riesco neanche a incazzarmi, e rido pure io, abbassando la testa. Alla fine mi vergogno comunque di tutta questa situazione del cavolo.
“Non ti farei mai fare una cosa del genere.”
Alza un sopracciglio. “Ah, no?”
“No. Adesso vado da mia mamma e le spiego tutto. Non è che ci sia altra soluzione.”
“Ok.”
“Bene.”
“Già.”
Cala un silenzio indecifrabile. Lo è per me, almeno. Bellamy sembra scrutarmi, voler aggiungere qualcosa. Nessuno dei due lo fa.
“Allora entriamo?”, chiede.
“Sì. Fame.”
“Fame,” concorda.
Per la prima volta si toglie una mano dalla tasca e indica la porta. La infiliamo in completo silenzio.
 
                                                                                         **
 
Rientriamo mentre Raven parlotta fitto con Abby, e Thelonius è probabilmente sparito a parlare con la cuoca. È un rompicoglioni pure in questo ambito, deve supervisionare tutto.
Entrambe smettono immediatamente di parlare appena ci vedono. In parte colte in fragrante, in parte preoccupate. Forse pensavano lo uccidessi nel vialetto? Ad essere sincera, ci avevo pensato. Dopo un attento esame delle nostre facce, devono pensare che il peggio è passato. Aprono la bocca contemporaneamente.
“No,” le interrompo. “Qualunque cosa stiate per dire. Tu,” mi giro verso Raven. “Le hai dato tu il numero di Bellamy, vero?” Raven annuisce, e sta per parlare di nuovo. “E tu,” la interrompo girandomi verso la mamma. “Non avevi nessun diritto di fare una cosa del genere.”
“Clarke…”
“Clarke niente. Ti avevo detto di no. Ero stata chiara. Volevo venire qua e fare la nostra solita cena con Raven, e Wells… beh, senza Wells, visto che è rimasto a Fayetteville. Mi chiedo se sarei dovuta rimanere con lui.”
“Clarke…”, stavolta è Raven a parlare.
“No. Non ci sono spiegazioni che tengano. Avete agito alle mie spalle e la cosa non mi sta bene.”
“Oh, per carità di Dio, Clarke!”
“Mamma…”
“No, adesso lasci parlare me. Scusaci se abbiamo ferito il tuo fragile orgoglio,” ogni parola sarcastica è una stilettata che mi entra dritta nelle costole. “Ma non ci hai lasciato altra scelta. Non ti lascerò fare gli stessi errori una seconda volta.”
“Non ci sono errori, mamma!”
Mi punta un dito contro. “L’ospedale, Clarke! Mi hanno chiamata da un altro ospedale per dirmi che mia figlia era ricoverata a un passo dal coma etilico!”
“Non ero a un passo da colma etilico…”, borbotto, guardando Raven in cerca di supporto morale, ma a quanto pare ha deciso che è un buon momento per mimetizzarsi con la tappezzeria a braccia conserte, fissando un punto preciso del tappeto.
“Non esisterà un altro Finn, Clarke, non finché ci sono io,” sta dicendo la mamma.
“Non esiste un altro Finn!”, sbraito. “Non ce ne sarà mai! Credi che sia tanto stupida da voler fare la stessa fine due volte? Che mi sia divertita, a fare la lavanda gastrica?”
“Non lo so, ma a quanto pare sei abbastanza stupida da non voler presentare a tua madre il ragazzo con cui stai uscendo, quindi ci dev’essere qualcosa sotto!”
“Non stiamo uscendo insieme, mamma!”
Questo zittisce Abby per un attimo. Guarda Raven, Bellamy alle mie spalle, poi torna su di me.
“Raven mi ha detto che vi vedete spesso,” dice, calmissima. La fulmino, ma lei ancora non mi sta guardando.
“Raven ti ha detto una cosa volutamente fuorviante. Ci vediamo, ma non usciamo insieme.”
Abby batte più volte le ciglia. “È un nuovo modo di dire o…”
“Cosa? No! Bellamy mi sta aiutando, e lo vedo, ma non stiamo uscendo insieme!”
“E passi molto tempo con lui,” mamma non molla l’osso. “O anche questo è un equivoco?”
“No, nessun equivoco questa volta. Lo vedo spesso. Siamo amici… credo.”
Gli lancio un’occhiata di traverso, ma sembra che tutti trovino il pavimento particolarmente interessante, stasera.
“In che cosa ti sta aiutando?”
Chiudo gli occhi, ci siamo. È giunto il momento della verità.
“C’è un problema con le matricole, e quindi sto collaborando con la security del campus,” indico Bellamy con un pollice. “Bellamy è il capo della security del campus.”
“Kane è il capo della security del campus.”
Con la coda dell’occhio mi pare di vedere Raven gesticolare e Jaha fuggirsene di nuovo in cucina.
“Sì, beh, allora diciamo che Bellamy è il suo secondo.”
Abby scalpiccia con i piedi, stringendosi le braccia al petto. “Mi stai dicendo che stai uscendo con un criminale del programma di Thelonius?”
“Non ci sto uscendo!”, scatto.
“Ma ci stai collaborando!”
“Certo che ci sto collaborando, è il suo dannato lavoro!”
“Se posso intromettermi,” Bellamy fa un tentativo passo in avanti. Raven lo fissa con gli occhi fuori dalle orbite. “Signora, non sono un criminale. O almeno, non uno di quelli classici.” La mamma alza gli occhi al cielo. “Ha ragione, immagino lo dicano tutti. Quello che vorrei dire è che sono entrato nel programma con il solo intento di stare vicino a mia sorella, che è una matricola e consorella di Clarke nelle Theta Beta.”
Bravo, Bellamy, appigliati al suo senso di consorellanza o quel che è.
“E sto lavorando con Clarke per tenerla al sicuro. Non penso di doverle dare ulteriori spiegazioni in merito.”
“Ha ragione,” Thelonious riemerge dal corridoio, dove doveva essere rimasto in ascolto. “Ne abbiamo parlato quando ho fatto cadere le accuse nei suoi confronti.”
“Accuse?”, chiede Abby.
“Mi ha dato un pugno, proprio qui,” il Preside mostra il mento. “Ha un gran bel dritto, il ragazzo.”
“Thelonious, ti prego,” lo supplica stancamente la mamma.
“Quello che voglio dire è che il Signor Blake si è… diciamo ‘candidato volontariamente’ al mio programma. Non è una persona di cui aver paura, Abby. Sono sicuro che stiano dando una grossa mano a Kane.”
La mamma gira i tacchi per affrontarlo direttamente. “Tu lo sapevi?”
“No, Kane non mi ha detto nulla. Dubito che lo sappia lui stesso.”
Jaha si volta a guardami, e scuoto la testa.
“Bene, e adesso mangiamo, o la cena si raffredderà.”
“Bene?!”
“Abby.”
La mamma sospira. Ha ceduto, abbiamo vinto. “Va bene,” riapre le fornaci ardenti per puntarle dritte nella mia direzione. “Ma non abbiamo finito.”
Figuriamoci.



                                                                                          **

È da quando il cibo è stato servito dalla cameriera che sono in silenzio.
Thelonious, a capotavola, chiacchiera con la mamma, seduta alla sua destra; anche loro non si vedono da molto e si stanno aggiornando su cose noiosissime di lavoro. Il solito, insomma.
Jaha ha voluto che mi mettessi accanto alla mamma, e in qualche modo ha avuto l’accortezza di mettere Raven di fronte ad Abby, o lei non avrebbe mai staccato gli occhi da Bellamy per tutto il tempo.
Anche Bellamy è silenzioso.
Non particolarmente a suo agio, probabilmente per la scenata di prima, ma nemmeno completamente fuori posto. Affetta e inforchetta il suo arrosto con meticolosa calma, addentando il boccone senza mai far cadere una goccia di sughetto. È surreale. Ma chissà, magari ha seguito qualche corso di Galateo.
Deve essersi sentito il mio sguardo addosso, perché lo ricambia. Anche con questa luce soffusa si vedono tutte le lentiggini. Mi aspetto che inarchi un sopracciglio, che faccia una smorfia indagatrice, invece niente.
Continua a guardarmi, e masticare. Inforchettare, addentare, masticare, guardare.
“Blake,” la voce di Jaha mi sorprende, tanto che sussulto leggermente, ma lo maschero fingendo di sistemarmi meglio sulla sedia. “Gli adulti hanno parlato abbastanza. Dicci qualcosa di te.”
Bellamy si volta a guardare il Preside, che se ne sta seduto col gomito sul tavolo, la mano piegata in una posa teatrale.
“Non c’è davvero molto da dire,” gli occhi gli schizzano verso mia mamma per un attimo. “Signore,” aggiunge.
Raven sembra sia stata posseduta da un robot, è inespressiva e non alza mai gli occhi dal piatto. Forse sa che le farò un casino enorme, più tardi.
“Oh, andiamo, non farti pregare,” sorride Jaha, falsissimo. “Sono certo che ci sia qualcosa di interessante che puoi dirci per allietare la serata.”
Bellamy deglutisce rumorosamente. “Per allietare direi di no, signore.”
Jaha si appoggia lentamente allo schienale. “Qualsiasi cosa, allora.”
“Uhhm, sono stato negli scout, alle elementari, e l’unica cosa che mi hanno lasciato è il ricordo della puzza di venti bambini stipati tutti insieme,” gesticola con la forchetta e io cerco di non strozzarmi nel tentativo di non ridere. Bellamy in uniforme da giovane marmotta! Voglio vedere delle foto.
“Però ci ho rimediato la conoscenza di qualche costellazione, quindi possiamo dire che ne sia valsa la pena.”
Si infila l’insalata in bocca, sempre rivolto verso il capotavola.
“Interessante,” commenta Jaha.
“Mmh!”, risponde Bellamy masticando a bocca chiusa.
Cala il silenzio. Thelonious si gira al rallentatore verso la mamma e le fa un’altra domanda sul lavoro, a bassa voce. Potrebbe averlo detto con un tono normale, ed io ho semplicemente relegato entrambi nella distanza a mo’ di sottofondo indistinto.
“E quindi,” bisbiglio. Raven fa arrivare uno sguardo vacuo dalla mia parte e lo riporta subito sulle sue mani intente ad affettare la carne. “Boy scout?”
Un mezzo sorriso gli piega la bocca. “Sapevo che non avrei dovuto dirlo.”
“Dimmi che hai delle foto dietro.”
“No, e anche se fosse non le vedrai mai.”
Avrei dovuto sospettare che mi avrebbe risposto così. “Nemmeno una piccolina?”
“No.”
“Anche con Octavia, magari?”
“Finiscila.”
Ridacchiamo piano senza smettere di guardare i nostri piatti, attirando l’attenzione della mamma. La sento volermi perforare il cranio con la sola forza del pensiero. L’interrogatorio a Bellamy sulla sua vita dall’età della ragione in poi sta per cominciare. Dovrei avvertirlo? Anche se devo ammettere che non mi dispiacerebbe saperne di più su di lui. Chissà se anche alle superiori era così scorbutico e irritante, o se è un indole che ha acquisito dopo la morte della madre.
Invece il trapanare finisce, e la mamma torna a parlare con Jaha. Se non fosse che domandarne il motivo porterebbe inevitabilmente a una litigata, lo farei. Sento già la voce da adolescente uscirmi dalla gola, per chiederle con stizza perché non cominci il suo cavolo di interrogatorio. Questi anni di lontananza grazie all’Università mi hanno insegnato a mordermi la lingua e lasciar correre.
La cena prosegue così, per lo più in silenzio, in questa atmosfera di strana formalità e tante, troppe lentiggini.


                                                                                          **
 
 
Appena finito l’ultimo boccone di dolce, ci alziamo automaticamente dalla tavola.
Di tradizione, Jaha ora andrà al tavolinetto dei liquori per versare qualcosa per sé e per la mamma, mentre noi attendiamo l’arrivo della cameriera che prenderà l’ordine per il caffè. Non importa se abbiamo passato i 21 anni, nessuno vuole vederci bere alcolici, e in particolare non vogliono vedere me. Per ovvi motivi.
Mi avvicino a Raven, ma borbotta una scusa lanciando il tovagliolo sul piatto e si defila.
La seguo con lo sguardo, perplessa, finché non lascia la sala. Non ero io ad essere in collera con lei?
Bellamy sta adocchiando Abby e Jaha mentre si versano del whiskey – probabilmente costoso quanto questa casa – nel bicchiere.
“Non puoi.”
“Uhm?”
“Non puoi bere. Non qui, anche se hai l’età legale.”
Si gratta la nuca. “È un peccato, ci sarebbe stato bene un drink. Sono esausto.”
“Mi dispiace,” dico, e sono seria.
“Nah, va bene, pensavo peggio. Solo che attendere le domande di tua madre… è stata una spada di Damocle sulla mia testa per tutto il tempo. Non mangiavo così bene e così male da un sacco di tempo.”
Si stiracchia, tendendo i muscoli tanto da fargli alzare l’orlo della maglietta.
“Sì, è strano. Anche io mi aspettavo ti subissasse di domande una dopo l’altra…”
Abby non ci degna di attenzione, sorseggiando e chiacchierando con Thelonious da buoni vecchi amici. Bellamy scuote la testa. “Dov’è il bagno?”
“Uhm, prendi il corridoio, la seconda porta a destra.”
Guardo defilarsi anche lui dalla sala con passo svelto.
“Clarke,” Abby mi ha chiamato. Chiudo gli occhi. Lo sapevo che tutto questo pacifico distacco fosse solo una farsa.
“Sì, mamma?”, mi avvicino.
“Tu e i tuoi amici volete un caffè?”
Oh. Non avevo notato l’arrivo nella cameriera, di fianco a Thelonious, il grembiule d’ordinanza tra le mani mentre se le asciuga. È sempre la solita donna da che ho memoria, per me era già grandissima quando invece probabilmente aveva 30 anni, perché adesso è una donna di mezza età.
“Sì, grazie Greta. Per me macchiato, vado a cercare Raven per chiederle come vuole il suo.”
In realtà so benissimo come vuole il suo caffè (un cappuccino), ma è una buona scusa per trovarla e parlare. Il nostro faccia a faccia è stato rimandato fin troppo. Mi incammino lungo il corridoio dalle pareti naturalmente grigio pastello, mentre cerco Raven. Probabilmente è andata a rifugiarsi nella camera degli ospiti. Non è per niente da lei, e sento la tensione farsi strada nello stomaco.
Apro la porta, e difatti Raven è lì. Con Bellamy. Sono di spalle, e si voltano entrambi con un’espressione talmente colpevole che sarebbe comica, se non fosse agghiacciante. Un’epifania mi colpisce in testa come una cascata di mattoni. Raven e Bellamy. Raven e Bellamy? Raven e Bellamy! Giro sui tacchi a velocità inaudita, scattando verso il bagno, mentre il cervello mi bombarda di informazioni, prove, evidentissime prove che ho ignorato fino ad ora.
‘…un nuovo tizio che, oltre ad essere parecchio figo, ti aiuta nelle tue assurde crociate, con bonus di essere un cavaliere dalla scintillante armatura verso sua sorella? Voglio dire, chi è che non ha un debole per chi si prende cura della sua famiglia…’
I suoi sorrisi da gatta ogni volta che lo vede arrivare.
‘Clarke, sei completamente cieca!’
Ogni volta che lo menziono.
‘Mh, Bellamy è un bel pezzo di manzo. Scommetto anche che ci sa fare.’
Come si sporgeva su di lui, al bar. Giro la chiave nella toppa, faccio due passi indietro e rimango a fissare la porta. Lo shock mi reverbera contro le tempie. L’ha voluto invitare lei, stasera. Come ho fatto a non capire?
‘Sei completamente cieca!’
Letteralmente. Sono stata letteralmente cieca. Non so cosa mi faccia stare peggio, la segretezza o l’inevitabile ripetitività del karma. Sono diventata Raven, che tanto tempo fa ha aperto la maniglia di una stanza completamente diversa in una casa a tre ore da qui e ha trovato me e Finn nudi in quello che doveva essere il suo, il loro letto.
Ma cosa sto dicendo? Non sono Raven. Non c’è assolutamente niente tra me e…
“Clarke!”, Raven bussa frettolosamente alla porta, con una certa urgenza nella voce. “Andiamo, apri!”
Sento dei rumori, la voce di Bellamy smorzata – chiudo gli occhi – una breve discussione, poi il silenzio.
“Clarke,” dice Bellamy, cautamente. Siamo soli.
Faccio due passi indietro, andando quasi a sbattere contro il lavandino. Non sento per niente la necessità di parlarne. Con lui in particolare. Non so perché, sono in panico, voglio solo essere lasciata in pace.
Bussa piano, due volte. Mi sento malissimo, ma non ho intenzione di aprigli questa cavolo di porta.
“Clarke…,” ripete. “Non ci sono andato a letto.”
Stringo i pugni. Il sollievo mi arriva a ondate, e non lo capisco, quindi mi tocca ricacciare indietro delle lacrime di rabbia e confusione.
Non rispondo. Dopo poco mi giunge il rumore dei suoi passi che si allontanano, attutiti dal tappeto.
 
                                                                                 **
 

Non so quanto ci impiego a riemergere, ho passato minuti interi a fissare il vuoto, appoggiata al lavandino.
Mi affaccio alla sala. Jaha beve, e la mamma, accigliata, sta parlando con Raven. Di Bellamy nessuna traccia. Meglio così. Raven mi nota subito, spalanca gli occhi, incerta. Le faccio un cenno supplichevole di seguirmi in camera. Ferma Abby con una mano sul braccio e si precipita, lasciandola con un cipiglio ancora più marcato. Ma a lei ci penserò dopo.
Precedo Raven di qualche passo e la attendo al centro della stanza, in piedi vicino al letto, tesissima. Non fa in tempo a varcare la soglia che mi sono buttata tra le sue braccia.
“Mi spiace, mi spiace tantissimo!”
“Anche a me, ti giuro, non volevo…!”
Ci stringiamo più forte, sento le lacrime pungermi ancora le palpebre. Sospiro.
“Clarke,” si allontana per guardarmi nel viso. “Non volevo farti litigare con Abby, mi dispiace.”
“Lo so, non ce l’avevo con te.”
Si rituffa nell’incavo del mio collo. “Pensavo di averti delusa. Volevo davvero farti un favore.”
“Lo so, lo so. Mi dispiace di essere stata una stronza.”
Ridacchia, e dopo un’ennesima stretta sciogliamo l’abbraccio. Ci passiamo le dita agli angoli degli occhi, ridendo e prendendoci gioco l’una dell’altra.
“Senti…”, comincia, sedendosi all’angolo del letto su di un piumone azzurro. “Com’è andata con…”
Gesticola in modo vago senza finire la frase.
“Non è andata, non ho detto niente, io…”, prendo un enorme gettata d’ossigeno. “Non so cosa mi è preso.”
Raven da due colpetti sul letto, accetto l’invito e mi accomodo vicino a lei.
“Partiamo dal principio,” dice, sdraiandosi e tenendosi su sul gomito. “Ero qui tutta sola e Bellamy, da cavaliere qual è, mi ha vista ed è entrato a chiedermi come stavo. Gli ho detto che mi dispiaceva averti fatto litigare con Abby. Lui ha annuito ed ha fatto quella faccia tutta pensierosa che ha sempre,” lo imita e sogghigno, “e mi ha chiesto di Finn.” Mi sgomita.
“Ti avrà chiesto cos’è successo, vista la gara di corde vocali di prima con Abby,” ragiono.
“Mi ha chiesto di Finn,” ribatte, cocciuta. “Ma non ho fatto in tempo a dirgli molto, visto che sei arrivata tu. E sei andata nel panico.”
Butto la faccia sul cuscino. “Dio, che imbarazzo.”
“È normale, sai. Ti piace.”
La scruto tra i miei avambracci e il pizzo del cuscino. “Non lo so.”
“Clarke…”, sbuffa.
“Non lo so, Raven.”
Ruoto il busto finché non siamo di nuovo faccia a faccia, riadagiando la testa sul tessuto bianco e comodo.
“È come precipitare giù da un dirupo e non ci sono appigli, non c’è paracadute, non c’è niente,” mi premo una mano sullo stomaco. “Sto prendendo tutto dritto qui.”
“Che è quello che succede quando ti piace qualcuno.”
La solennità con cui lo dice è atroce, mi torce le interiora.
“Non lo so.”
 
                                                                          
 
Angolo autrice:
Sento una sequela di vaffanculo arrivare dalle mie parti…
Ma io non li sentirò, perché troppo impegnata a saltellare qua e là fangirlando per la bellezza di questi due idioti. Che in quanti tali mica rendono le cose facili!
L’avevo detto, io, che questo capitolo sarebbe arrivato presto…………. FATEMI SAPERE cosa ne pensate, anche con il classico aasddfgfdigjksfwaòef, che racchiude nella sua maestosità tutto il cuore del linguaggio fangirlistico.
Al solito, qui la mia pagina Autrice, e qui la canzone dei Nickleback che le bimbe meravigliose cantavano in macchina, in caso non la conosceste.
PS: ci saranno ulteriori spiegazioni sui comportamenti di Abby e Bellamy nel prossimo capitolo. Non sono mai stata una da spiegoni, so be patient :)
  
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