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Autore: Chris Vineyard    14/09/2016    2 recensioni
...Ti ho visto,
con la forza di un aereoplano,
prendere in mano la tua vita
e trascinarla in salvo.
Raccolta di Song fic, nelle quali saranno presenti un po' tutti i personaggi di Hunter x Hunter.
Genere: Comico, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Dae meda, meda tempus,
 Bos cuntzedo sa carena mia.
Fachidemi isperare chi,
cuntivizades a mie.
Deo soe sa ‘ostra
Mama de Sa Terra… (1)
 
 
Si arrende anche la Luna alla bellezza,
il mare la sua splendida corazza.
Conserva la sua storia nella terra.
Concede un ballo solo a chi sa amarla.
 
 

Pedalò.
 A mio parere, il mezzo di trasporto per eccellenza.
Un mezzo di trasporto misto tra un tandem e un vascello.
Tu sai quanto mi piace andarci…
Pedalare, pedalare… pedalare.
Pedalare, fino a non avere più fiato nei polmoni.
Pedalare, fino a non sentire più il peso di queste gambe sgraziate.
Pedalare, finco a sentire il cuore martellare nel petto a mo’ di tamburo che suona la tarantella.
Pedalare, per dimenticare…
Dimenticare, anche solo per un istante: chi sono qua giù; quali fatiche ho dovuto affrontare; ma soprattutto, quali umiliazioni ho dovuto subire…
Vivere un mese lontano dai miei genitori, mi ha permesso di sviluppare le mie potenzialità, di far accrescere la mia autostima e, quindi, di sentirmi più forte; non così impotente di fronte agli ostacoli.
Ed ora eccomi qui, insieme a te, amico mio, a pedalare adagio adagio.
Undici anni orsono che ci conosciamo, eppure, ho come la sensazione che ciascuno di noi abbia ancora un mare di cose da raccontare al suo compagno d’avventura.
Per esempio, io non ti ho mai narrato di quella volta che, da bambino, mandai giù un grosso pezzo di carne di manzo. Subito iniziai a tossire in maniera convulsa: di fatto, il boccone si era incastrato all’altezza della faringe e, dal momento che era parecchio grosso, si era bloccato lì, tappando le vie respiratorie.
Fortunatamente, mia madre mi afferrò per un braccio, tirandomi su in piedi. Dopodiché cinse con le braccia i miei addominali ed eseguì per cinque volte la manovra di Heimlich (2).
Tutto è bene, quello che finisce bene.
Sì, lo so, non bisogna sdrammatizzare su questi fatti. Però, vedi, malgrado la mia malattia, io ho tanta voglia di vivere.
Sì, lo so che lo sai e che te l’ho già detto in passato. Tra l’altro, mi hai anche lodato più di una volta per la mia forza di volontà. Però è sempre bene ribadirlo, più che altro per convincere me stesso, perché, dopotutto, se nemmeno io credo alle affermazioni che faccio, allora sto solo dando aria cattiva ai nostri polmoni.
Caspita, siamo già arrivati alla punta della scogliera!
Guarda, Kurapika…
 
 
Distese di fiori.
Onde di colori.
L’erba invocava la sua terra,
da ogni montagna.
Fonte scaturiva,
per abbracciare il padre oceano.
 

 
sembra giorno, sebbene nel cielo risplenda sua maestà la Luna.
Si vedono così nitidamente i vari tipi di fiori: alla nostra destra, ci sono delle calle bianche, simbolo di purezza e di una nuova vita; mentre a sinistra, rifulgono di luce tanti tulipani, con i petali che riproducono i sette colori dell’arcobalen, quasi volessero elevare alla settima l’amore che provano per la nostra terra.
Di fronte a noi, vedo delle… come, scusa? Ah sì, hai perfettamente ragione, sono delle Iris. Come non riconoscere i loro pistilli arancioni e il grosso petalo celeste.
Se non ricordo male, l’iris è il tuo fiore preferito…
No, no, ricordo bene.
D’altrocanto, avere la memoria eidetica (3) è una benedizione del cielo. Tuttavia, io non gioisco più di tanto per questo, al contrario, ciò di cui mi rallegro un’infinità è l’averti incontrato e conosciuto.
Fiducia, sincerità e saggezza, questto è ciò che simboleggia l’Iris. Di fatto, sono anche le tue qualità primarie. Qualità che ti rendono l’amico perfetto, o forse no? No, vabbé, diciamo che ti rendono speciale e tu lo sai.
- Payro.-
- Dimmi.-
- Non te ne andare..-
quattro parole.
quattro semplicissime parole.
Eppure, sono parole che per me hanno un effetto curativo.
Sì, perché fanno più effetto queste quattro parole, di mille cucchiai di propoli. (4)
- Davvero…-
- No, non me ne andrò, Kurapika.-
Non c’è bisogno che tu mi dica altro, amico mio. Entrambi sappiamo capirci alla perfezione pronunciando, sì, poche parole, ma gettandoci a vicenda sguardi intensi.
Non c’è bisogno che ti comunichi verbalmente i sentimenti che provo quando mi trovo al tuo fianco. Quella strana tensione che si impadronisce completamente delle mie gambe, facendole fremere, quasi fossero fili di spago che ondeggiano sul pelo dell’acqua.
Sì, perché, come tu stesso mi hai spiegato, lo spago è più leggero dell’acqua e, quindi, galleggia, senza mai affondare.
Chissà che cosa accadrebbe se… - Kuff…-
- Kuff…-
- Kuff, kuff.-
- KUFF, KUFF!-
- Payro…-
Maledizione, di nuovo…
- Payro!-
Non adesso… non deve succedere adesso.
Devo… Calmarmi…
Non. Riesco. A. respirare…
Maledizione…
- Kur… Kuff, kuff…-
“Flash!”
 
 
Niùne l’ischetchi sas neulas dansant,
Chin cada amina foras che a mie. (4)
Perché anche il cielo l’ha capito subito,
che non può farci niente se non vedo luce se non sto con te.
 
 

Pov. Kurapika.
- NO!-
Urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni, prima di scavalcare con ambedue le gambe lo scivolo del pedalò e buttarmi in mare.
L’acqua è tremendamente gelida, ma questo non è il momento per le considerazioni.
Cerco di trarre un profondo respiro, sebbene l’ansia e l’agitazione si stiano impadronendo del mio corpo, impedendomi di respirare in maniera adeguata.
Dopo di che, m’immergo.
Inizio a scendere in profondità, il più velocemente possibile. Purtroppo, però, questa non è un’impresa affatto facile, poiché non riesco a vedere praticamente niente.
M’impongo di restare calmo, anche se so che è matematicamente impossibile, dal momento che la posta in gioco è la vita del mio migliore amico.
Smetto per un attimo di nuotare; ho bisogno di avere almeno una certezza: sapere la mia posizione.
Lancio un’occhiata rapida verso il cielo. Impossibile distinguere una stella di preciso, anche perché gli occhi stanno cominciando a bruciarmi.
Adesso, oltre all’ansia e all’agitazione, rischio di essere soggiogato da un altro sentimento, ossia la paura di perderlo per sempre.
Per niente al mondo vorrei che Lui morisse soffocato per causa mia.
Non me lo perdonerei mai.
Vivrei, se mai avessi ancora abbastanza coraggio per vivere, con un rimorso grande tanto quanto questo mare che si sta portando via Payro.
Basta, ho deciso: non mi interessa più avere una stella di riferimento, né posso fare anche a meno.
Riprendo, dunque, a nuotare in profondità.
Credo di trovarmi più o meno a cinque metri di distanza dalla superficie.
Di Lui, nemmeno l’ombra.
Continuo a scendere sempre più in basso. Ormai non vedo più niente, per questo motivo mi affido molto al senso dell’udito e a quello del tatto.
Chiudo gli occhi, un po’ per non percepire il bruciore e, un po’ per poter lasciare campo libero al primo dei dueo.
Tendo le orecchie, con la speranza di cogliere qualche suono che possa indicare un movimento.
Aspetto…
Cerco di non muovere per un attimo le gambe e le braccia.
Niente.
Ritento l’operazione una seconda volta.
Attendo…
Ancora niente… O forse…
- PRR!-
Come una scheggia mi fiondo sul lembo di pelle umana che mi pare di aver toccato con la pianta del piede sinistro.
Nuoto più veloce che posso, spalancando gambe e braccia a 180 gradi.
Ecco, di nuovo quel contatto.
Accelero.
Tendo entrambe le mani per tentare di acchiappare quel tessuto di pelle umana, ma dev’essere lontano.
“Spunk!”
Urto il fianco sinistro contro una roccia, che a giudicare dal dolore lancinante che avverto su tutto quel lato del corpo, dev’essere grossa.
Ma certo, la grotta della Passione!
Di nuovo quello strato di pelle…
Appoggio un piede su una roccia per potermi dare uno slancio in avanti.
Ecco… preso!
Sì, è Lui, ne sono sicuro. Riconosco gli intarsi che decorano il suo costume da bagno.
mi accosto per bene al corpo, tastandolo freneticamente nella disperata ricerca di una mano per poterlo trascinare in superficie.
La mia ricerca può dirsi frenetica. Talmente frenetica da non riuscire a portarla a termine.
In questo preciso istante la testa sta iniziando a girarmi vorticosamente.
Sento che potrebbe scoppiare da un momento all’altro…
Ho bisogno di…
“Spunk!”
“Spunk, spunk!”
“Spunk!”
“Prunk!”
- Ff… ffsss… ff… ff…-
Sono riuscito a risalire per miracolo, credevo di soffocare.
Soffocare…
- Oh no, Payro!-
“Flash!”
Mi rimmergo nella gelida acqua del mare della nostra terra.
Questa volta, però, non avverto i muscoli del corpo rattrappirsi per il freddo. Ad essere sincero, devo dire che ho la strana sensazione di sentirmi tale e quale a una conchiglia. Non ho più la percezione del peso del mio corpo, dovrei forse rallegrarmi? Oppure preoccuparmi? O ambedue le cose insieme?
Inoltre, questa volta scendo in profondità a gran velocità, visto che non c’è un secondo da perdere.
Scendo in picchiata, malgrado corra il rischio di sbattere contro una roccia da un momento all’altro…
Scendo…
Scendo, sempre più giù…
Adesso avrò superato i sette metri di distanza dalla superficie dell’acqua.
se non ricordo male, la grotta della Passione è situata a un’altezza pari a quindici metri di profondità. In poche parole, essa è la soglia che bisogna varcare, prima di addentrarsi ufficialmente negli abissi.


Continuo a scendere in picchiata…
Devo sbrigarmi, altrimenti poi non avrò le forze necessarie per risalire insieme a Payro.
“Tunf!”
Ecco, ci siamo.
Allungo il braccio sinistro in cerca dei grossi massi che compongono la parete della grotta, nel frattempo, continuo a nuotare, o per dire meglio, a correre.
Non ci impiego molto a trovare il corpo inerte del mio amico: infatti, la sua sagoma giace proprio nel punto in cui ricordo dui averla lasciata.
Mi chino lievemente e, per mia fortuna, la prima parte del corpo che tocco è una mano. Gliela stringo forte; più che altro per rassicurare me stesso e non lui.
In quattro e quattrotto adagio il suo addome contro la mia schiena, preparandomi ad uscire dalla caverna.
Inizio a muovermi a tentoni, perché ho il timore di sbattere contro qualche roccia appuntita. Non tanto per preservare il mio corpo da eventuali lesioni, quanto per impedire che Payro soffra ulteriormente.
Calpesto, una dopo l’altra, le pietre che conducono all’uscita della caverna. Procedo con passo spedito, quantunque debba stare sempre ben attento a dove poggi i piedi.
Finalmente, dopo aver messo i piedi su due rocce più sgretolate delle precedenti, comprendo che da qui in poi si tratta solo di salire su in superficie.
Ahimé, come temevo; l’operazione non è per niente semplice. Il corpo pesante, non per natura, del mio amico fa rallentare i miei movimenti, rendendo, così, la salita più dura e faticosa del previsto.
Ma a parte questo, ciò che veramente mi preoccupa è il fatto che non so per quanto tempo ancora sarò in grado di trattenere il fiato. Pertanto, la testa potrebbe ricominciare a girarmi da un momento all’altro.
Senza pensarci troppo, decido, di scostare la schiena di Payro dalla mia, cosicché possa tenerlo solo per mano.
Fatto ciò, mi do una spinta violenta con la gamba sinistra e, poco a poco, iniziamo a risalire.
È un’impresa vera e propria, molto impegnativa, ma soprattutto, stancante. non so di preciso per quanto ancora potrò resistere.
Sto iniziando a sentirmi seriamente male: percepisco una certa tensione alle tempie e per di più i muscoli degli arti sembrano appesantirsi ad ogni movimento.
Spero solo di farcela.
Lo spero con tutto il cuore…

No, non devo sperare di farcela. Devo pensare di farcela!
Devo crederci!
Voglio crederci!
Richiudo nuovamente gli occhi, mentre piego il busto leggermente in avanti.
Muovo le gambe e il braccio libero come un forsennato.
Li muovo come se dovessi scappare, anche se in vita mia non sono mai scappato di fronte al pericolo, al contrario, l’ho sempre affrontato. Perché è questo il principale insegnamento che mi ha trasmesso Payro: vincere le sfide di ogni giorno per continuare a sopravvivere.


“Scrash!”
- Ff… Ssh… ffsss…-
Bene, siamo riemersi…
Dov’è il pedalò…?
Eccolo là. Devo sbrigarmi, non c’è un secondo da perdere. le dita della mano di Payro sono raggrinzite, o per meglio dire, cianotiche.
Lo sconforto sta per assalirmi, per poi ricacciarmi giù negli abissi, ma io non glielo permetto. Dopotutto, sono o non sono un ragazzo forte? Certo, anche molto sensibile, ma soprattutto, forte.
Una volta che ci siamo avvicinati al pedalò, mi aggrappo con una mano al primo gradino della scaletta che serve per montarvici sopra. Infilo un piede sullo scalino su cui avevo precedentemente appoggiato la mano.
Mi rendo conto di non poter salire con il corpo dell’infortunato agganciato, è troppo pesante per me. Inoltre, correrei il rischio di ricadere in acqua, oppure, nella peggiore delle ipotesi, di slogarmi un braccio.
In un altro momento, magari meno critico, non me ne sarebbe importato niente, ma ora come ora non posso più permettermi mosse azzardate.
Mollo, dunque, la presa sulla mano del mio compagno per montare sul pedalò.
Un secondo più tardi, mi sporgo dall’imbarcazione e, con tutte le forze che mi sono rimaste, sollevo quel corpo inerte, afferrandolo per le braccia.
Non penso a nient’altro, se non a tirare su Payro.
Stringo i denti, fino a percepire il sangue che scorre nei capillari delle gengive.
La parte più razionale del mio istinto mi suggerisce di eseguire un’operazione che ho visto fare solo una volta e, per giunta, da un giovane esponente di un altro clan di cui ignoro il nome.
Forse potrei farcela anch’io…
Non ho molta scelta, poiché l’alternativa è una sola, ossia quella di tornare a riva il più presto possibile.
Non posso neppure dire: “Tentar non nuoce”, perché si tratta della vita del mio migliore amico, che deve aver perso conoscenza da fin troppo tempo, a giudicare dalla colorazione violacea delle sue mani.
Alla fine, quella stessa parte che mi aveva suggerito, prende il sopravvento. Così mi inginocchio sopra di lui, le gambe divaricate. Dopo di che, chino appena appena il capo per avvicinarlo al suo viso; la mano sinistra protesa per sollevare la sua testa dallo scivolo. Fatto ciò, traggo un profondo respiro, quindi, avvicino la mia bocca alla sua, in modo tale da farvi passare un po’ di ossigeno. Mentre eseguo questa delicata operazione, appoggio delicatamente il pollice e l’indice sulle narici del mio amico, con lo scopo di chiudere le vie aeree superiori.
Cerco di non pensare a niente, benché il mio cervello stia elaborando tutta una serie di emozioni.
Trascorrono diversi secondi, durante i quali continuo a pompare aria, seppur senza risultati.
Continuo, perché non voglio pensare al peggio.
Continuo, perché non voglio ascoltare il gorgoglio dell’acqua che stranamente suona come una provocazione.
Continuo, perché, malgrado tutti mi dicano che sono un ragazzo molto sportivo e maturo, non sono ancora capace di accettare le sconfitte. Specie se si tratta di battaglie importanti come questa.
Continuo, insomma, perché intendo dimostrare a Payro quanto Lui sia importante per me.
non ho mai badato alla sua malattia.
Non mi è mai importato, a differenza di molte persone (adulti compresi), del fatto che non potesse correre più di cinque minuti di fila.
Ma soprattutto, non mi sono mai permesso di considerarlo inferiore a causa del suo malessere. Sarebbe come giudicare anormale un cane, solo perché gli piacciono le mele e non la carne
Sono talmente assorbito dai miei pensieri e, naturalmente, anche dal compito che sto svolgendo, da non accorgermi che…
 
 
Leami sos pensamento (portami oltre il pensiero),
Juchemi in sos misterios (al di là del mistero).
Lea tambene s’ispiritu.
E cando mi ides chirchende a mie.
So chirchende a Tie.
 

 
Pov. Payro.
Che cosa mi sta succedendo…?
Mi sento come se fossi sprofondato in un pozzo senza fine.
Ho caldo, molto caldo. Forse sto sudando. Non lo so. Quello che so è che mi sento come se fossi eclissato…
Come se mi mancasse aria…
Non vedo niente.
No, la verità è che non vedo niente, perché tengo gli occhi chiusi. Sembra che della resina si sia attaccata alle mie palpebre. Magari sono in montagnia. Questo spiegherebbe anche perché mi manca l’aria e perché ho la testa che sembra che ci siano conficcati degli aghi appuntiti.
Cos’è questo suono che sento?
È dolce, calmo, ipnotico…
Un momento, sono i gorgheggi delle onde del mare!
Mare…
Mare…
Come ci sono finito in mezzo al mare?
e perché mi sembra di ondeggiare lentamente?
E perché ho come la sensazione che qualcuno o qualcosa sia sdraiato sopra di me?
E come mai… No, non può essere! È successo anche oggi!
No, no, non dirmi che è successo proprio mentre ero con…

“Muack!”
- Incosciente!- gridi, prima di mollarmi un sonoro schiaffo.
- è così che ripaghi i miei sforzi? Cogliendomi alla sprovvista per darmi un bacio? Tu non sai quanto mi sia costato fare quello che ho fatto…-
Ti detesto quando assumi le sembianze di un vecchio prete che fa la predica, come, del resto, ti detesto quando sfoggi la tua conoscenza enciclopedica.
- Dai, Kurapika, non te la prendere per così poco!-
- Non te la prendere per così poco? Ma ti rendi conto cos’è successo? c’è mancato un pelo che non morissi affogato! Non avresti dovuto tuffarti in acqua!-
- Sì, ma se non l’avessi fatto, sarei morto per soffocamento, quindi vedi un po’ tu! E poi, c’è bisogno di scaldarsi tanto per un innocentissimo, naturalissimo, bellissimo bacio?-
Aspetto una risposta, mio caro.
- Ah, ah! Allora ti è piaciuto, eh!- ti conosco fin troppo bene, Kurapika e so che, quando non rispondi a questo genere di domande, è perché non sai se dare retta alla testa o al cuore.
- Andiamo a riva, prima che non ti prenda di peso e ti getti in acqua con le mie stesse mani!-
- E dai, Kury!-
- Non. Chiamarmi. Kury!-
- Ah-ah-ah-ah! Ok, Salvatore!-
- Payro.-
Smetto immediatamente di ridere. Sul mio volto si dipinge un’espressione preoccupata.
Mi sa tanto che devo averla combinata grossa, se i tuoi occhi sono diventati scarlatti.
Non nasconderli, ti prego. Risolleva la testa.
Non celare i tuoi sentimenti, sai quanto sia di vitale importanza per me conoscere lo stato d’animo delle persone, specie se mi sono particolarmente care.
- Kurapika…- biascico incerto, intristito. -… Scusa. So di essere stato un irresponsabile, un incosciente, come dici tu.-
Mi stringo nelle spalle, afflitto.
- Ma dimmi, come avrei potuto farti capire che l’unico modo per contrastare gli attacchi d’asma è una fonte esterna d’aria. Non ho portato il propoli, o i ribes neri, tantomeno i germogli di ravanello, perché pensavo che avremmo fatto un giro breve.-
Faccio una pausa per guardarlo dritto in viso.
Stringo i pugni fino a farmi sbiancare le nocche. Non mi importa una beata fava, se le dita diventano cianotiche o perdono sensibilità. Quello che mi importa, è sapere che la nostra amicizia non si sia butttata per sempre in mare aperto.
- Sono mortificato. Immagino che tu ti sia preso un bello spavento. Lo so…-
- Perdonami…-
Concludo il mio discorso, dopo di che mi volto dalla parte opposta per scavalcare lo scivolo del pedalò e tornare al mio posto, quando, inaspettatamente…
- Vieni qui.-
Scorgo la tua mano destra stesa di fronte a me. L’affero e in men che non si dica mi ritrovo tra le tue braccia. Braccia esili, all’apparenza minute, ma forti e calde.
- Non hai bisogno di chiedere scusa…-
è la prima volta in tutta la mia vita che sento la tua voce divenire rauca.
Con questo, non intendo dire che non ti ho mai visto piangere, anzi, da bambino, da quante lacrime versavi, avresti benissimo potuto riempire una bacinella. Dunque non si può dire che non ti abbia visto piangere.
- Piuttosto, accetta le mie di scuse.- soggiunge alzando la testa e guardandomi dritto negli occhi.
Occhi che sono ritornati azzurri, limpidi come sempre, ma che al contempo esprimono amarezza.
- Mi rendo conto di aver agito in maniera impulsiva, nel momento in cui ti ho schiaffeggiato. Il fatto è che ero… Preoccupato per te… per giunta, quando ho tentato di rianimarti, la mia mente è stata attraversata da una marea di emozioni, che, a quanto pare, non sono riuscito a controllare, come avrei dovuto…-
- Tranquillo, è comprensibile.- rispondo io, abbozzando un sorriso.
- Payro. Domani partirò per York Shin City e lì troverò un bravo medico che sappia curare la tua malattia. È una promessa!-
Lo fisso negli occhi; sta dicendo sul serio?
Potrebbe mai esistere una cura più efficace dei germogli di ravanello, della lantana…
- Te ne sono grato, Kurapika. Davvero!- esclamo incerto. – Ma non voglio farmi troppe illusioni. Da te ho imparato che è inutile farsi tante illusioni, per poi alla fine rimanerci malissimo. Non voglio dire che bisogna vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto, ma se parti già con dare per persa una cosa, poi ci rimani meno male, quando saprai per certo che quella cosa non è possibile realizzarla. Capisci?-
- Payro, non credo che questo sia il tuo caso. Del resto, se tu stesso non credi che sia possibile sconfiggere la malattia, allora non ci crederà mai nessun altro!
- Già, è vero.- concludo con un’alzata di spalle.
Senza aggiungere altro, ci dirigiamo verso la strisci luminosa che sta emergendo dal mare: è l’aurora.
Ho sempre amato ammirare l’aurora e, poi, l’alba. Come, d’altrocanto, mi è ugualmente piaciuto contemplare, assorto, il tramonto e il crepuscolo.
Questo Tu lo sai bene. D’altronde, quante notti in bianco abbiamo passato l’estate scorsa, solo per ottenere un posto in prima fila per questi spettacoli?
Amo la mia terrra e, sinceramente, mi dispiacerebbe lasciarla. So che per te è lo stesso. So che soffri all’idea di dover partire, sebbene tu lo faccia per uno scopo più che nobile.
La nostra terra, i nostri campi, il nostro mare… quanto li amiamo…
Certo, noi non abbiamo né un telefono, o come si chiama quell’apparecchio con i fili. Tantomeno possediamo quelle cabine che servono capaci di salire o scendere da un piano all’altro in pochi secondi.
Noi possediamo la nostra cultura, un insieme di valori, tradizioni, conoscenze che sono completamente diverse da quelle che ha il popolo moderno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Buongiorno a tutti!
Dunque, tanto per cominciare vorrei dirvi che questa One shot ha iniziato a prendere forma quando mi trovavo al mare con amici e un giorno sono salita in pedalò, tuffandomi in mare aperto. Tranquilli, a me non è successo niente di male, al contrario, è stata un’esperienza bellissima!
Invece, per quanto riguarda i testi delle canzoni e la parte medica, se così si può chiamare, mi limiterò a scrivere due cose:
primo, le frasi delle canzoni appartengono al gruppo sardo dei Tazenda. ho pensato di inserirle nella lingua originale, per dare un tocco di terra/popolazione che ha le sue tradizioni ecc. ecc. inoltre, confesso che sono legata alla Sardegna, perché nelle mie vene scorre sangue sardo. Purtroppo, però, anche io, come Kurapika, ho dovuto abbandonare quel posto, perché altrimenti non potrei avere tutto ciò che ho. Non lo dico per disprezzare o indurre le persone a non andarci, no; sto solo dicendo la verità. Magari, con il passare del tempo, la situazione migliorerà. Speriamo! Fino ad allora, credo che continuerò ad andarci solo durante l’estate.
Veniamo, adesso, a parlare della cosiddetta “Parte medica”.
Killua: “Sì, parliamo del fatto che a 7 anni gardavi dr. House!”
“E anche se ciò fosse vero, che diritto hai tu di sbandierare la cosa ai quattro venti?”
Killua: “Visto, è vero!”
Stavo dicendo: tra le varie passioni, ne ho una anche per il corpo umano, i suoi meccanismi e le malattie.
Spero vivamente che la storia vi sia piaciuta. Sinceramente, ho un po’ paura di aver combinato un disastro. Male che vada, la cancello, anche se mi dispiacerebbe farlo.
Fatemi sapere che cosa ne pensate e se ci sono degli errori.
Ed ora, vai con le note!
 
 

 
 
Note:
1. Testo della canzone Sacrofango dei Tazenda. Traduzione: Da molto, molto tempo vi concedo i miei spazi perché possiate viverci.
Trattatemi con rispetto,
Non sono eterna, quindi…
abbiate cura di me.
Io sono la vostra
Madre Terra.
2. La manovra di Heimlich prende il nome dall’omonimo medico che l’ha messa appunto per cercare di porre freno ai numerosi casi di soffocamento da cibo. Si consiglia di evitare di praticarla se non si sa il punto preciso in cui sono situati gli addominali, poiché si potrebbe causare delle lesioni alla gabbia toracica o alla colonna vertebrale.
3. Memoria eidetica: è una memoria particolare, perlopiù di tipo grafico, ossia le persone che la possiedono, ricordano molto bene le rappresentazioni grafiche. Tuttavia, va detto che essa si verifica in casi particolari e, in genere, non rimane per tutta la vita. Uno dei fortunati ad averla realmente avuta è il compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart.
4. Il propoli, la lantana, i ribes neri e i germogli di ravanello, sono dei rimedi naturali tutt’ora utilizzati da chi soffre d’asma. 

Chris Vineyard
  
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