Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: HuGmyShadoW    03/05/2009    0 recensioni
Aprii l'acqua, scalciai lontano l'accappatoio e mi infila sotto il getto caldo della doccia rabbrividendo piacevolmente. Un'altra giornata si era conclusa finalmente, e potevo godermi i miei meritatissimi ventitré minuti di bagnoschiuma alla cannella e shampoo all'arancia. Sorridevo beata ascoltando il rilassante sciacquio dell'acqua sulla mia pelle, convinta che niente e nessuno avrebbe potuto turbare quella quiete, quando...
«Amyyy!».

Perché la vita è un continuo perdere la presa, sollevarsi, rialzarsi, perdere la presa...
Genere: Generale, Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo 4_“
Wut ”(*)



Incredibile. Io, proprio io, la Roccia, il Cuore di Granito, la vera e unica Rolling Stone mi ero lasciata andare ai sentimentalismi. E non avevo solo pronunciato le tre parole più aborrite del mio vocabolario (“vi voglio bene”! Puah!), ma ero anche scoppiata in lacrime davanti ai miei due migliori amici! Che scena patetica, davvero patetica.

Sarebbero passati anni prima che Rose e JJ la piantassero di prendermi per i fondelli se la loro attenzione non fosse stata dirottata dal fortuito squillo del telefono.

Ci voltammo contemporaneamente tutti e tre verso l'apparecchio, seminascosto da una catasta di fogli scarabocchiati, ma nessuno sembrava volersi muovere; eravamo come ipnotizzati dal suono metallico e fastidioso che rimbalzava per tutta la stanza.

«Non... rispondi?» mormorò JJ voltandosi a guardarmi con la coda dell'occhio. Un altro squillo. Deglutii a vuoto un paio di volte e mi sfregai energicamente gli occhi colmi di lacrime.

Ora che finalmente vedevo tutti con chiarezza potevo pure notare le espressioni tese dei miei amici. Ero sicura che il mio viso fosse contratto nello stesso modo. Sarebbe stato perfino comico per qualcuno entrare nella stanza in quel momento e sorprenderci a fissarci come se ciascuno di noi avesse qualcosa di schifoso appiccicato al viso. O lo sarebbe stato per me se mi fossi trovata in un'altra situazione...

L'ennesimo squillo mi fece trasalire. Deglutii ancora e scossi la testa.

«Ma potrebbero essere i tuoi...» suggerì timidamente Rose. La guardai, scettica. Lei si strinse nelle spalle e tornò a fissare l'apparecchio con lo sguardo perso nel vuoto sobbalzando all'ennesimo squillo. Sapevamo benissimo chi era, e proprio per questo avrei ingoiato un verme vivo piuttosto di sollevare la cornetta. Niente contro i vermi, ovviamente, che mi erano pure simpatici...

Esalai un sospiro ancora tremante di pianto, pensando.

Non volevo rispondere, nemmeno se fossero stati i miei: la mia voce insicura e il timbro chiuso dalle lacrime con cui avrei detto “pronto?” li avrebbe allarmati e fatti tornare subito a casa, e ciò era l'esatto opposto di quello che avevo bisogno. Prima dovevo studiare un piano d'azione.

«Lasciamolo squillare» sentenziai infine, e come prevedevo dal mio tono sembrava avessi contratto un forte raffreddore. Mi asciugai velocemente il naso contro una manica della felpa. Odiavo piangere.

«Allora» esordii a voce alta per sovrastare l'allegro squillo del ricevitore. «Ci serve un piano».

Rose e JJ si girarono per ascoltarmi, ma quando presi nuovamente fiato per esporre la mia geniale e incontrovertibile tattica, il telefono smise di trillare.

«Oh, finalmente» dissi con curata indifferenza, sollevata e pronta a riprendere la mia esposizione.

«Dicevo...»

«Pronto?»

All'istante sentii il sangue gelarmisi nella vene. Rimasi paralizzata con una mano alzata nell'atto di sistemarmi i capelli, poi, lentamente, molto lentamente, mi voltai verso la porta socchiusa.

Qualcuno... qualcuno aveva risposto, dabbasso.

Scattai in piedi e volai giù per le scale, seguita a ruota da JJ e Rò, prima ancora che il mio cervello avesse assimilato completamente l'informazione.

Qualcuno ha risposto. Qualcuno ha risposto. Merda, merda. Qualcuno ha risposto” continuavo a pensare senza riuscire a trovare un senso a quell'insieme di parole.

Sfrecciai in salotto come una furia frenando di botto solo quando rischiai di andare a sbattere contro quel qualcuno in piedi accanto al telefono.

Quando JJ e Rosemarie, non altrettanto bravi a fermarsi in tempo, mi cozzarono duramente addosso, Tom ci fissò stupito con un milione di domande sulla punta della lingua, per poi riscuotersi e aggiustarsi con riluttanza la cornetta contro l'orecchio.

Mi scrollai di dosso i miei amici, che caddero a terra una sull'altro strillando esclamazioni piuttosto volgari, ma non me ne preoccupai. Dovevo assolutamente interrompere la chiamata a cui non volevo rispondere e a cui Tom aveva, però, risposto.

Strinsi i denti. Dannato marmocchio!

«Oh, è lei, preside. Certo, certo, un momento...» cinguettò il rasta con la sua “voce-della-sottomissione”, e io mi sentii sprofondare quando questi posò una mano sull'apparecchio e mi sussurrò: «È il tuo preside. Ha detto che ha chiamato anche stamattina ma non ha trovato nessuno, e adesso vuole parlare con mamma. Che gli dico?»

Presa dal panico gli strappai la cornetta di mano e la sbattei con violenza contro il ricevitore.

«Ehi, ma che...» protestò il ragazzo.

«Perché hai risposto?» lo aggredii.

Quello spalancò gli occhioni, senza parole.

Trassi un respiro profondo e mi dissi almeno una decina di volte che lui non poteva sapere quello che era successo.

«Okay, okay, scusami. Lascia stare» borbottai passandomi una mano sul viso stanco. Dietro di me, Rose e JJ battibeccavano ancora sullo scadente metodo di frenata dell'altro.

«Hai combinato qualcosa?».

Aprii gli occhi e sorpresi Tom a fissarmi con un mezzo sorrisino stampato in faccia. In quel momento lo detestai: perché aveva scelto proprio questo momento per risvegliarsi dal letargo permanente cui era soggetto da quindici anni?!

«Fatti gli affaracci tuoi» biascicai in risposta mentre il mio cervello girava a mille alla ricerca di un metodo, una via d'uscita per evitare che i miei venissero a sapere della sospensione.

«Secondo me hai fatto qualcosa di grosso» insisté Tom avvicinandosi con fare sornione. «Qualcosa di molto, molto brutto...». E mi guardò di sotto in su con quella sua espressione strafottente che molte volte gli avrei levato dal viso a suon di schiaffoni.

«Ripeto: fatti gli affaracci tuoi» sibilai, visibilmente alterata. Se non fossi stata così preoccupata dal macchinare qualcosa che mi avesse salvato l'osso del collo, probabilmente avrei tirato fuori una delle mie filippiche che ben presto avrebbero scoraggiato persino lui a domandare alcunché. Il problema era che, effettivamente, avevo ben altro a cui pensare.

«Scommetto anche che non vuoi che papà e mamma sappiano di queste telefonate, non è vero?» continuò il ragazzino, imperterrito.

Alzai gli occhi al cielo. Era arrivato il genio. Mi sembrava più che palese il mio desiderio di non rendere conto ai miei di quelle telefonate che mi avrebbero segnato a vita, ma a quanto pare quella “geniale” deduzione sembrava chissà che traguardo per Tom. Beati i figli unici.

Mi massaggiai febbrilmente le tempie provando ad ignorare gli strilli isterici di Rose e JJ, che non accennavano a smettere di bisticciare come vecchie comari, e le brillanti (per così dire) insinuazioni di mio fratello che non la piantava di bisbigliarmi all'orecchio. Dovevo pensare in fretta, accidenti! Quel vecchiaccio avrebbe potuto richiamare da un momento all'altro! Se solo fossi riuscita a concentrarmi, con calma...

«Facciamo così, se tu mi dici cos'hai fatto ti prometto che non lo dirò a mamma e papà... dietro lauta ricompensa ovviamente».

«No» borbottai. Dovevo pensare... dunque, potevo fingere un attacco lampo di morbillo? No, quello ce l'avevo avuto due anni fa. Varicella? Polmonite? Cancro? Oddio, meglio non scherzare con le malattie. E poi a che mi sarebbe servito fingere di stare male per un po'? Solo ad ammorbidire la mia condanna per tutto il periodo della riabilitazione, che, tra l'altro, mi avrebbe costretta a casa per chissà quanto tempo sotto lo sguardo accusatore dei miei. No. Serviva qualcosa di più drastico.

«Hai la grazia di un elefante in una cristalleria, imbecille!» strillò Rose.

«Ha parlato la libellula! Mi hai quasi rotto una costola cadendomi addosso» replicò JJ.

«Se ti fossi fermato prima avrei potuto...»

«Non ho potuto fermarmi prima, Rose!»

«E allora non rinfacciarmi qualcosa che non ho fatto con intenzione!»

«Ma se sei stata tu a cominciare!»

Strizzai gli occhi e ripresi il movimento rilassante delle mie dita ai lati della testa. Forse, forse... avrei potuto allontanarmi di casa per una qualche falsa borsa di studio. No, nemmeno, perché al ritorno i miei mi avrebbero sicuramente tartassato di domande su quello che avevo fatto e inventarsi una balla di quelle dimensioni è sempre troppo rischioso, si rischia continuamente di tradirsi per qualche cazzata.

Sarei riuscita ad allontanare loro? Ma come? Viaggio premio? Sfratto? Nnno. La possibilità di riuscita più rosea avrebbe sicuramente compreso il prosciugamento di tutti i miei fondi; e chi mi assicurava che mamma non si sarebbe insospettita?

«Avanti, parla. Se non me lo dici correrò subito da mamma e papà non appena torneranno a casa» sibilò Tom.

Mi voltai dall'altra parte e serrai ancora più forte gli occhi. Mi serviva un'illuminazione, un'idea strepitosa che... bum!, mi colpisse come un autotreno!

«Sono stanca di questa storia, J»

«Se la smettessi di ritirare fuori l'argomento appena trovi qualche spunto...»

«Ah, ecco, è di nuovo colpa mia?! Ma bene, che novità! Vogliamo allora parlare di quella volta alla partita di calcio?»

«Quella partita non c'entra assolutamente nulla, è acqua passata. E... Lo vedi? Lo vedi? Continui a rivangare il passato, anche quando non c'è più nulla da trovare pur di accusarmi!»

«Vuoi forse dirmi che tu non aspetti altro che un motivo per sbattermi in faccia la storia del concerto? Avanti, prova a dirmelo, vediamo se hai il coraggio di sostenere il contrario!»

I toni della discussione si stavano facendo così accesi che mi stupii che i vetri del salotto non s'incrinassero. Lasciai le mie tempie per tapparmi le orecchie. Inutilmente. Le loro urla si sarebbero sentite anche se mi fossi infilata del cotone. Liberai uno sbuffo, esasperata, chiedendomi perché, perché proprio ora dovevano mettersi a fare i fidanzatini, con tutte le occasioni che avevano avuto fino a quel momento nelle quali, cosa fondamentale, io non c'ero.

«Amy, dico sul serio, hai dieci secondi per raccontarmi tutto o andrò a spifferare tutto a mamma» strillò Tom a un palmo dal mio orecchio.

Lo ignorai a continuai a pensare... pensare... pensare...

«Chiedilo ad Amy, vedremo a chi darà ragione!» stava ululando JJ nel frattempo.

«Certo che lo faccio, non ho paura della verità, anche perché tanto darà ragione a me» ribatté Rose.

«Amy! Il tempo sta scadendo!» gridò ancora Tom.

«Amy!»

«Amy!»

Digrignai fortissimo i denti e strizzai ancora di più gli occhi fino a vedere tante stelle bianche, sforzandomi di rimanere concentrata.

«Amy!»

«Amy!»

Dovevo pensare, dovevo riflettere e rimanere concentrata... mi serviva un piano, e per realizzare un piano dovevo rimanere concentrata.

Calma, stai calma così penserai più in fretta e meglio” mi dissi.

«Amy, ci stai ascoltando?»

«Insomma, Amy!»

«Amy!»

«Che sta succedendo qua dentro?»

«Adesso BASTA!» gridai all'improvviso, così forte che sentii la gola bruciarmi. Ignorai il fuoco che mi era esploso nella trachea e fissai con le fiamme che mi saettavano dagli occhi ognuno dei presenti spauriti, compreso Bill in grembiule da cucina che era entrato in quel momento, del tutto ignaro della situazione.

«Volete stare un po' zitti, porca troia?!» strillai con una note isterica nella voce, marciando avanti e indietro. «Sto cercando di pensare, pensare a qualcosa che possa salvarmi il culo in questa cazzo di situazione e voi non fate altro che fare casino e deconcentrarmi! Zitti! E se non avete niente da fare qui potete pure andarvene!»

Nei secondi che seguirono nella stanza regnò il silenzio più assoluto, rotto solo dai miei ansiti isterici. Mi portai una mano alla gola: cazzo se faceva male. Me la strofinai distrattamente e solo in quel momento, alzando infine lo sguardo, notai le espressioni mortificate dei miei amici e quelle terrorizzate di Bill e Tom.

«Ecco... » gracchiai sentendomi all'improvviso molto, molto in imbarazzo. Aprii la bocca un paio di volte cercando di trovare una scusa per il mio comportamento scostante: un minuto prima minacciavo di scoppiare in lacrime dalla gioia e un minuto dopo avrei voluto uccidere i miei amici e i miei fratelli. Non ero esattamente un perfetto esempio di coerenza, specialmente perché non avrei dimenticato di praticare una cruenta vendetta anche sul preside, unico responsabile di tutto quel casino.

Però... a pensarci meglio, a mente fredda, ero stata io a picchiare la Schneider, lei mica mi aveva costretta... razionalmente parlando. Quindi, la colpevole ero io.

Spostai lo sguardo su Bill, stretto nelle spalle ossute come se si aspettasse un'altra sfuriata e intento a tormentare l'orlo del grembiule, talmente largo da necessitare di essere stretto due volte. Piccolo. Indifeso. Troppe volte soggetto a scherno e derisione.

La sospensione immediatamente mi sembrò qualcosa di cui andare molto fiera, una medaglia al valore che avevo ricevuto come encomio, come un trofeo da esporre.

E come se un angolino della mia mente ci avesse pensato fin da subito sentii il dolce tepore della soluzione tanto agognata, eppure a portata di mano, avvolgermi interamente.

Sospirai, serena, sorrisi e corsi ad abbracciare Bill.

«Scusami, mio piccolo principe» mormorai nei suoi capelli; fui contenta di percepire il loro profumo ormai chimico esattamente uguale a quello che ricordavo.

Gli baciai una guancia e senza smettere di tenerlo stretto mi rivolsi al piccolo pubblico che mi osservava: «Scusatemi anche voi, tutti. Non dovevo reagire così, lo so. Perdonatemi»

JJ e Rose si scambiarono uno sguardo, sorrisero e si chinarono anche loro ad abbracciare me e Bill, il quale esalò una debole protesta riguardo la mancanza d'aria che accogliemmo ridendo forte.

«Scusaci anche tu, sappiamo di essere pesanti a volte» disse con dolcezza Rose.

«Non dirlo a me» mormorò con un sorrisetto JJ massaggiandosi le costole, sorriso immediatamente mutato in una smorfia di dolore a causa del pugno che gli infliggemmo sia io che Rò. E ancora risate, talmente forti da scuoterci tutti.

«Tom» chiamai ricordandomi solo allora del ragazzino in piedi poco lontano da noi e chiaramente a disagio. Districai un braccio dal groviglio di corpi e presi per mano il piccolo rasta, costringendolo a chinarsi in ginocchio come tutti.

«Lo sai che sei un vero rompipalle, tu?» sussurrai al suo orecchio nel magro tentativo di un rimprovero. Purtroppo, il bacio che gli posai sulla guancia morbida evaporò del tutto la mia intenzione e fui felice così perché anche Tom, finalmente, si aprì in un sorriso.

«Sì, siete tutti dei gran rompiscatole» esclamai stringendo sempre di più l'abbraccio fino a sentire divincolarsi uno ad uno, con grandi lamentele, tutti gli occupanti del cerchio. Sorrisi quando mi rivolsero un'occhiataccia, massaggiandosi le parti del corpo doloranti per la mia stretta troppo forte, e scoppiai a ridere quando JJ e Rò ingaggiarono un'amichevole lotta che aveva lo scopo di colpire l'altro dove gli avevo fatto male.

Con Bill sulle ginocchia come un gatto e Tom appoggiato alla mia schiena assistei all'incontro di lotta con uno stato d'animo sereno misto a una nota d'impazienza. Fui perciò sia contenta che dispiaciuta di assegnare la vittoria schiacciante a Rosemarie, ma subito mi ripresi e alzandomi in piedi capii in realtà di aver atteso fin da subito quel momento.

Mi schiarii la gola e sentendomi gli occhi brillare scandii: «Ragazzi, mi è venuto in mente un piano.»





(*) “Furia”

Grazie mille per aver letto, commentato e/o messo nei preferiti. Continuate a seguirmi! XD

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: HuGmyShadoW