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Autore: Master Chopper    16/09/2016    4 recensioni
Xian, divenuta folle per la rabbia, sfida Tengoku per decretare chi sarà degno del titolo di Boss dei Vongola. Vengono decisi degli scontri, ma a quanto pare, tra un rifiuto di Tsunayoshi e un'affermazione da parte di Xanxus, non si riesce ancora a capire la reale motivazione dei Bravi.
Perché mirare alle sconfitta di Ten, anche se consapevoli che non otterranno mai il titolo di Boss e Guardiani?
Cosa si nasconde dietro il silenzio dei Boss e le cicatrici della Figlia dell'Ira?
- STORY OF A FAMILY: SAGA DEI SETTE PECCATI CAPITALI -
E' obbligatoria la lettura di '[SoF] Saga della Nascita' per la comprensione delle vicende e degli avvenimenti trattati.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Reborn, Sorpresa, Tsunayoshi Sawada, Xanxus
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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Target Number 11: Il mio Lato Oscuro.


                                           
stupendo disegno a cura di nekomata04!
 



Namimori. Ore 14:20

 

Senza dubbio quei sei ragazzi, tra cui una macchina assassina, non erano più identificabili come normali adolescenti.

Sebbene il carattere di alcuni di loro non volesse ammetterlo, il contatto con il mondo della mafia, delle Fiamme e degli assassini, li aveva trasformati.

 

Altrimenti non sarebbe stato possibile vedere Azura e Tengoku correre tra i tetti dei palazzi in perfetto silenzio, sorvolando le truppe di perlustrazione con grandi balzi.

Akane e Akira invece riuscivano a muoversi tra i vicoli di una città che conoscevano bene, mimetizzandosi nell’ombra perfettamente grazie alla loro esperienza con killer professionisti.

 

E infine, una squadra che sarebbe sembrata più in difficoltà, ossia quella di Momoka, Drake e Kiiro, riusciva a camminare all’ombra dei palazzi grazie all’effetto Trasparenza Cento per Cento della castana.

 

A tutti gli effetti il cellulare di Momoka era rivestito di Fiamme della Nebbia, e fungeva da catalizzatore per le abilità di Viper.

Era difficile però, chiamare quegli effetti ‘Illusioni’, perché parevano agire sulle proprietà di un bersaglio come il colore, la materia e la quantità di informazioni che possedeva.

Questo, lo rendeva a tutti gli effetti un mezzo capace di rivelare attraverso le illusioni, la realtà.

 

In pochi minuti, i sette ragazzi riuscirono a trovare riparo nel giardino di un edificio in costruzione, dove però i lavori erano sospesi.

Si ripararono tra i rami di un albero basso, ma molto robusto, appollaiandosi come sette corvi.

 

“ Allora… secondo voi perché Reborn ci ha voluto lasciare qui ?” Azura fu la prima a trovare il coraggio per chiederlo.

Al momento nessuno riusciva a darsi una risposta, ma non perché in realtà non la cercassero…

Avevano ancora nel cuore il ricordo di Marzo, e nella mente le conseguenze dell’attentato alla scuola.

 

In quel momento Ten stava provando il dolore più forte di tutti.

Si sentiva male al sol pensiero di aver dimenticato tutto quello che era successo, soltanto per poi andare in Italia e farsi baciare la mano dai Guardiani del padre, come se fosse un Boss.

- Con quale coraggio io …-  pensava, straziandosi, mentre il suo volto nascondeva la sofferenza.

 

O almeno così credeva, perché agli occhi di un esperto, era palese il malessere.

Per questo Akane in quell’istante rabbrividì, percependo una forte aura di negatività e paura attorno a quel fragile ragazzo, come se stesse venendo divorato vivo dai suoi rimorsi.

 

Ma tutto sembrò cessare in un attimo, quando la Guardiana della Tempesta lo abbracciò all’improvviso.

Mentre tutti gli altri osservavano quella scena confusi, nella mente di Ten sembrò farsi luce di colpo, polverizzando ogni pensiero.

 

“ Non è colpa tua, Boss… è il bastardo che ha combinato tutto questo che dovrebbe soffrire, non tu.”

Quelle parole furono come delle impronte nella neve, che il ragazzo seguì lentamente per uscire dalla bufera.

I suoi occhi iniziarono ad inumidirsi, mentre di riflesso iniziò a stringere la corvina a sé.

 

Pensava ai suoi amici. Pensava a Reborn. Pensava a tutte le conoscenze che aveva fatto durante la loro avventura.

 

Pensò anche alla sua famiglia, senza però riuscire a comprendere a chi volesse riferirsi.

A sua madre, certamente, sebbene l’avesse vista per poche ore dopo cinque anni…

Aveva sentito dire che la famiglia risiede nel posto che puoi chiamare casa.

 

 

Casa…

 

“ Veronica !” esclamò all’improvviso, come rinvenendo dallo stato di torpore in cui era caduto.

Azura, Akane e Drake, che conoscevano la ragazza a cui si stava riferendo, sussultarono.

 

“ Devo andare immediatamente a casa.” Disse il bruno, in preda al nervosismo.

Mentre rapidamente scendeva dall’albero, la sua amica rossa lo raggiunse, bloccandolo per un braccio.

 

“ Aspetta! Cosa ti dice che possa essere ancora a Namimori? O magari, se non la trovassi a casa potrebbe essere o in Italia o da qualche altra parte in Giappone.”

La rossa vedeva il timore negli occhi dell’amico, ma anche dentro di lei covava la paura che Ten potesse finire nei guai.

 

“ No… se non sarà a casa, vorrà dire che mi fiderò di Reborn, e solo allora potrò pensare che Veronica sia al sicuro in Italia. Ma non posso vivere nel dubbio …”

 

E mentre il ragazzo riprendeva la sua corsa, scavalcando un muro con un salto, un ennesimo richiamo di Akane venne interrotto dalla voce di Drake.

“ Lascialo andare, non c’è speranza che possano prenderlo.”

 

Sentir parlare il biondo dopo il suo lungo silenzio fu una sorpresa per tutti, sopratutto per la Tempesta, che rimase sbigottita di fronte a quella compostezza.

- E’ davvero il Drake che ricordavo? Fino a poco fa non me ne sono potuta rendere conto, ma ora che l’ho sentito parlare… posso dire che c’è qualcosa in lui, nel bene o nel male, che lo ha cambiato.-

 

 

 

 

Qualche minuto dopo i sei ragazzi restanti decisero di formare due gruppi, uno diretto verso casa di Tengoku, ed un altro, più numeroso, in cerca di un punto sicuro più vicino all’abitazione dell’amico.

 

Kiiro si offrì per andare a controllare se Ten avesse bisogno di aiuto, ed inaspettatamente pretese proprio il ragazzo tedesco come compagno.

Così il gruppo numeroso, rimase composto solo dalle ragazze.

 

Una volta che Akira, Akane, Azura e Momoka si furono allontanate, il biondo si fermò alle spalle della macchina.

“ Si può sapere perché mi stai addosso sin da stamattina? Mi sembra di averti fatto capire abbastanza quanto mi stia dando fastidio.”

 

A quel tono irritato, Kiiro rispose emettendo una bassa risata, per poi voltarsi lentamente.

“ Drake, vorrei che tu capissi una cosa …” disse, dopo aver finito di ridere.

“ Io non sono stato certo programmato per supportare Ten-sama o voi altri come se fosse la mia unica ragione di vita.”

Improvvisamente la macchina assassina si era fatta seria, per quanto l’espressione sulla sua maschera camuffasse ogni sua espressività.

 

“ Preferirei che tu mi reputassi ancora come un umano, e questo vuol dire che io ho un mio specifico compito, con cui posso anche aiutare Reborn e i suoi discepoli.”

 

La maschera bianca si avvicinò al volto del biondo, che istintivamente si ritrasse, messo a disagio.

“ Ti sto controllando proprio perché emani un’aura diversa da quella che possedevi il primo giorno in cui ci siamo visti. Sai… non vorrei che tu intralciassi la missione di Ten-sama, e quindi anche la mia.”

 

A quell’affermazione, Drake spalancò gli occhi, avvertendo dei brividi in tutto il corpo.

Avrebbe voluto disperarsi, dire che era tutta una menzogna.

Ma non poteva farlo.

 

Così agì, troppo velocemente per far mettere Kiiro in stato di allerta.

Con la gamba sinistra si avvinghiò alla gamba destra della macchina, sollevandola verso la sua schiena mentre ormai aveva ridotto la distanza al minimo.

Contemporaneamente gettò il peso del suo corpo in avanti, schiacciando con un pugno la testa del Guardiano del Sole contro il cemento.

 

Un istante dopo riuscì a compiere una capriola in avanti, rimettendosi in piedi.

“ E’ proprio per non intralciarvi… che devo sparire.” Mormorò mentre se ne andava, lasciando il corpo inerme della macchina per terra.

 

 

Un forte dolore gli strinse il petto, e sospirò amaramente, sentendosi avvolto dall’oscurità della sua debolezza.

 

 

 

Tengoku non camminava da solo.

O meglio, chiunque avrebbe detto il contrario, ma nessuno sapeva la verità:  il ragazzo stava camminando circondato da volti sconosciuti e voci mai sentite.

Erano persone, o forse fantasmi.

Forse cittadini morti durante l’attentato, magari gente che aveva cambiato città per paura, oppure persone che temevano costantemente per la propria vita.

 

Non le conosceva, ma loro sapevano il suo nome.

 

Con sguardo spento, si calò il cappuccio della felpa arancione sopra gli occhi, osservando un manifesta riportante il suo nome.

 

TENGOKU MARCO SAWADA, QUINDICI ANNI. SCOMPARSO DA NAMIMORI.

Ma erano le decine di parole scritte dagli abitanti della città in cui aveva vissuto a catturare la sua attenzione.

- Il colpevole !-  - C’era lui dietro tutto !-  - Non tornare mai più !-

 

Non erano solo scritte. Erano altre voci e altri visi che popolavano la sua tribuna.

Lo maledicevano, tremavano di paura al sol vederlo, lo cacciavano, lo minacciavano …

 

E la voce gli mancava. Non riusciva più a parlare.

 

 

Improvvisamente, dal vicolo al suo fianco, vide guizzare un’ombra più grande di lui.

Intravide per un pelo il luccicare di una lama, e con entrambe le mani spostò verso il basso quelle che invece impugnavano un coltello verso il suo torace.

 

Le braccia estranee spinsero in un affondo, ma il ragazzo saltando all’indietro, riuscì ad allontanarsi.

 

“ No …”

Una voce rauca, venne accompagnata da un rumore di passi, prima che altre due figure sbucassero dall’ombra.

“ Questa cosa è fottutamente sbagliata.”

 

Il sole illuminò la sagoma di tre ragazzi dal fisico imponente, e alti sui due metri senza dubbio.

 

Il primo, quello che ancora impugnava il coltello, vestiva un lungo giubbotto di pelle nera che strisciava per terra.

I lineamenti  duri vennero illuminati dal sole, così come dei capelli rossicci raccolti in una crocchia riccioluta, e le lenti di piccoli occhiali da sole appoggiati sul suo naso aquilino.

 

I suoi seguaci, grugnirono rabbiosi, anche loro con volti coperti da occhiali da sole più grandi.

“ Con quale coraggio torni a Namimori, eh ?!” ruggì invece il rosso, prima di sputare verso Tengoku con il volto contorto in una maschera d’ira.

 

Il castano, seppur rimanendo in silenzio ed impassibile, riconobbe quel ragazzo.

Era Karl, il vice di Kevin ai tempi della scuola. Il gigante che aveva sempre fatto da esecutore per chi non rispettava i verdetti del Comitato Disciplinare, perché mai il Presidente si sarebbe potuto sporcare le mani.

Il sorriso con cui aveva schernito Akira Shirogawara mesi prima era ormai sparito, lasciando posto ad una fila di denti da squalo contorti in un ringhio.

 

“ Non è possibile… ho sempre pensato che un microbo come te non avrebbe mai combinato nulla! Eppure …”

Con la mano che fremeva per la rabbia, Karl si tolse gli occhiali tondi.

“ Quella volta non so come, ma mi hai buttato giù dal tetto, facendo fare la pelle ai miei compagni da quei bastardi ipocriti del Consiglio Studentesco. E per di più …”

 

Fremendo come un folle, arrivò a stringere la morsa della sua grossa mano sulle lenti, infrangendole.

Continuò a mantenere il pugno serrato, noncurante dei rivoli di sangue che gli colavano dalla mano per via delle schegge infrante.

 

“ Hai avuto addirittura avuto la faccia tosta di scappare dopo che la nostra città è stata messa a soqquadro da dei fottuti bastardi ?!!”

“ Sai cosa vuol dire per uno studente che ha sempre avuto tutto quello che voleva, arrivare a rubare perché le tasse imposte sono diventate troppo alte ?!”

“ I soldati hanno occupato la città, e siamo noi cittadini a doverli pagare attraverso lo stato. Se tu non fossi mai esistito, tutto questo non sarebbe mai successo !”

 

Ormai tutti e tre i ragazzi ex-alunni si stavano aizzando contro Ten, sbraitando e dando sfogo a tutta la rabbia e la frustrazione comune di quella città terrorizzata.

 

“ No. Sono io quello che dice che non funziona così …”

Come un fulmine a ciel sereno, la voce seppur bassa del ragazzo interruppe spiazzando i suoi aggressori.

“ Voi siete le uniche persone che non mi farebbero pena in una situazione come questa. Se proprio siete così disperati, perché allora non avete prestato servizio, iniziato a lavorare legalmente, oppure attivarvi per protestare contro il Governo stesso ?”

 

 

Nascondendo il suo volto nell’ombra del cappuccio, il tono cupo, ma freddo di Tengoku aveva paralizzato l’aria, prima carica di tensione.

Lentamente, il ragazzo si voltò, per continuare come se nulla fosse successo, il proprio itinerario.

 

“ Il peso delle mie azioni è onnipresente, non c’è bisogno che gente come voi me lo ricordi. E’ questa la strada che ho scelto di seguire.”

 

Quell’ultima affermazione però, fece esplodere dalla rabbia Karl, che schiumando come un cane, caricò il braccio armato verso l’alto.

“ E se ti ammazzassi adesso, che strada prenderesti, eh ?!”

 

“ Non posso morire adesso: devo sistemare troppe cose finché sono vivo.”

 

La lama venne avvolta dal tessuto morbido della manica che aveva coperto la mano di Tengoku, e in un istante venne fatta roteare.

Così, quando Karl pensava di aver appena trafitto il suo bersaglio, si ritrovò sbilanciato con la sua stessa lama puntata alla gola.

 

Mentre i suoi compagni sussultavano sbigottiti, sollevando lo sguardo con timore, si ritrovò davanti una visione inaspettata.

 

Nell’ombra del cappuccio della felpa, brillavano di una luce fredda due occhi verdi, fermi ma che emanavano un’inaspettata aura di pericolosità.

 

E fu proprio questa sensazione ad impedire a Karl di allontanarsi con un salto, oppure di cercare di recuperare l’arma.

Ogni volta che si convinceva di poterlo fare, quegli occhi verdi gli imponevano con forza di rimanere immobili. Ma forse non era un’imposizione: era soltanto il suo istinto, che di fronte a quella visione gli bloccava il corpo.

 

Sei libero di muoverti. Ma sappi che la tua reazione verrà presa come un tentativo di resistenza, e per punizione ti ucciderò.

Era questo che pensava un debole animale ferito, di fronte ad un predatore più forte che lo sovrastava?

 

Non potevano esistere esseri umani così.

Tengoku, a differenza di un leone, di un serpente o di un falco, non era la rappresentazione della brutale forza di uccidere.

Eppure, in quel momento era immerso nel buio, ma quel bagliore sinistro era un presagio di morte.

Come un pericolo silenzioso che si nascondeva negli abissi più bui.

 

 

Ma mentre Karl pensava questo, rimaneva immobile, paralizzato dalla paura, guardando nel vuoto.

Davanti a lui ormai non c’era più nessuno.

 

Il ragazzo dai capelli castani si stava allontanando silenziosamente, dopo aver lasciato il coltello per terra.

In quel momento, i due ragazzi alle spalle di Karl pensarono che la cosa migliore da fare sarebbe stata annientare quel ragazzino.

Quando si incontra una persona capace di terrorizzarti nel profondo, un uomo non puoi ignorarla. A quel punto ha due scelte: obbedirgli, oppure provare ad eliminarlo per sconfiggere la paura* (Griffis- Berserk).

 

Così si lanciarono su di lui, senza nemmeno accorgersi di star urlando per la troppa adrenalina rilasciata.

 

Shadow Counter!

I loro colpi affondarono nel vuoto, perché nello stesso secondo il bruno stava sorvolando le loro teste con un salto all’indietro.

 

Quando Tengoku si ritrovò con la testa rivolta verso il basso, afferrò con entrambe le mani il colletto dei vestiti dei due. Tirandoli verso l’alto, rifilò contemporaneamente un calcio in pieno volto dei ragazzi, schiacciando le loro teste verso il basso.

 

Infine atterrò, espirando profondamente.

Lo Shadow Counter, l’abilità del suo talento, L’Istinto d’Emulazione, si era evoluto grazie al duro lavoro e agli allenamenti che lo avevano spinto ai confini dell’umana sopportazione.

 

Adesso gli era possibile contrattaccare attacchi che poteva vedere, senza necessariamente aspettare di doverli subire. Se ne era reso conto di poterlo fare durante il combattimento contro Jacob, e questa opportunità era stata ben vista da Reborn.

 

Non era un talento da persona qualsiasi. Era il talento più pericoloso che un killer potesse desiderare.

 

 

“ Indovina cosa vedono i miei occhi! Uno dei bersagli finalmente si è separato dal gruppo.”

 

Appoggiata alla finestra di un’abitazione, ma riparata dalle tende ombrose, l’ex detenuta Eva Jane osservava la strada sottostante con un sorriso soddisfatto e perverso.

Nella stanza in cui si trovava, così come in numerose altre case che aveva ispezionato, erano stati portati i residenti. Imbavagliati, alcuni svenuti, altri in lacrime per la paura, la guardavano con occhi rossi di odio, anche se nessuno tra di loro era morto.

 

Così la donna, perché nonostante la figura minuta portava quasi ventisei anni sulle spalle, imbracciò il suo fucile poggiato sopra il letto, accanto ad un uomo svenuto e legato, e allargò il suo sorriso.

 

Aveva appena visto Tengoku sfondare la finestra con un sasso ed entrare nella casa, dopo aver bussato inutilmente.

Per qualche istante Eva Jane aveva esitato, pensando di terminare la vita di quel ragazzino con un colpo di fucile dalla sua postazione, ma…

 

Il suo sadico vizio era troppo forte, e per un incarico ben pagato come quello, meritava di divertirsi.

 

Quando era poco più che un’adolescente, era stata vittima di molestie sessuali da parte di due fratelli gemelli. Una notte, in cui dopo aver pedinato a lungo i ragazzi, era sicura che i loro genitori si sarebbero assentati per un mese, decise di intrufolarsi a casa loro.

Nel sonno li rese suoi prigionieri, e per sedici giorni di fila rimase in quella abitazione con loro.

La rabbia e il dolore l’avevano resa folle, e provò un piacere immenso nel tenerli segregati nel terrore, sperimentando torture atroci sui loro corpi.

Non li uccise lei, ma quando il rapimento finì, aveva preso completamente il controllo delle menti delle sue vittime. Costrinse i fratelli a suicidarsi, non rendendosi quindi nemmeno una sospettata per la polizia.

 

Aveva per la prima volta torturato e causato la morte di qualcuno, e fu quell’esperienza che segnò il suo debutto nel mondo della criminalità organizzata come sicario.

Ma allo stesso modo, era nata la sua ossessione per uccidere i propri bersagli dopo averli imprigionati nelle loro abitazioni. Il soprannome di Cimice, era stato appunto scelto dall’Intelligence britannica durante i suoi primi lavori.

 

 

Nel presente, però, erano riusciti ad arrestarla dopo circa trecentoottantasei omicidi accertati. Ma pochi mesi prima, le porte della sua cella erano state aperte, e la visione di un uomo che si stagliava dinnanzi a tutti i detenuti indicando la via d’uscita, le rimaneva impressa nel cuore.

 

Così, la donna dai capelli neri e ciocche tinte di arancione, imbracciò un fucile M37, e uscì dall’abitazione facendo ballonzolare la gonna del suo vestito nero.

“ Staniamo questo insetto, eheh !” esclamò, sorridendo mentre si leccava le labbra con aria lussuriosa.

 

 

 

 

Intanto Tengoku, dall’isolato opposto e più precisamente nella cucina di casa sua, si guardava intorno in cerca di segni o indizi.

Gli sarebbe bastata qualsiasi cosa, pur di sapere che Veronica aveva lasciato l’abitazione in totale sicurezza.

 

I mobili erano rimasti al loro posto, stessa cosa valeva per piatti, posate e soprammobili.

Il ragazzo si morse il pollice nervosamente, pensando in preda all’ansia, che con la capacità di ispezione di Kiiro o Momoka, sarebbe riuscito a trovare eventuali impronte digitali.

 Ma sfortunatamente, a sua insistenza, era venuto lì da solo, quindi era destinato ad aspettare che il team delle ragazze lo raggiungesse.

 

Ma intanto che pensava… si era appena reso conto che in quella casa, era sempre vissuto.

Un appartamento comprato dai genitori di suo padre almeno quarant’anni prima della sua nascita.

 

Guardò delle foto.

C’era lui alla premiazione delle scuole medie, alla conclusione del corso di giornalismo, e persino lui da molto piccolo durante la recita delle elementari.

Sorvolò con lo sguardo una foto di lui e Azura, risalente all’inizio di Ottobre, per poi posare lo sguardo su di una molto più importante.

 

Vide l’espressione sorridente e solare di una Veronica quando aveva forse la sua età, che abbracciava un lui bambino. Alle loro spalle si vedeva il mare, incorniciato da due promontori.

 

Due lacrime solitarie gli solcarono il volto, leggendo la felicità dei suoi genitori, anche loro in quella foto, accovacciati al suo fianco che gli prendevano le paffute manine.

Automaticamente Tengoku avvicinò la mano al volto del padre nella fotografia, per poi arretrare, vedendo quel sorriso così gioioso.

 

Si sovrappose un volto buio, carico di rammarico e malcelata sofferenza, che gli ordinava:

“ Vattene. Tu e chiunque abbia intenzione di seguirti.”

 

“ Come posso anche solo vederti sorridere, adesso ?” bisbigliò nel vuoto della sua mente il bruno, aggrappandosi a quel ricordo che non possedeva.

 

Anche sua madre rideva in quella foto, la stessa che era stato costretto a veder allontanarsi, e di cui ricordava sempre meno.

“ Mamma… chi sono io? Ti prego, dimmelo! Sono davvero vostro figlio… oppure non lo merito ?”

 

Tengoku si era appena reso conto, di non avere più ricordi di una vita passata con i suoi genitori.

Anche se effettivamente loro avevano vissuto con lui, e che Veronica era diventata la sua tutrice legale molto dopo… lui non possedeva quei momenti.

La sua vita era iniziata con Veronica, la prima persona a cui aveva voluto bene. La prima amica a cui aveva confidato i suoi segreti, le sue paure, i suoi sogni.

 

Aveva riso, pianto e gioito con lei, nonostante l’età diversa o la non effettiva parentela, avevano vissuto insieme come qualsiasi bambino desidererebbe farlo con la propria amica del cuore.

 

“ Ma tu non sei qui, Veronica… dimmi che stai bene.”

Le lacrime erano cessate, e ora Ten stava cercando  di focalizzare i suoi pensieri su tutto ciò che aveva avuto.

Non due genitori, ma semplicemente Veronica.

 

 

Il suono del campanello lo riportò nel mondo materiale, accrescendo in un istante tutta la sua ansia.

Era impossibile che potessero essere le ragazze, non avrebbero mai fatto qualcosa come suonare al campanello in una situazione del genere.

 

- È altrettanto impossibile che la casa sia stata già ispezionata dai militari, dato che almeno un indizio del loro passaggio lo avrebbero dovuto lasciare.-  Pensò il ragazzo, mentre nascosto nell’ombra del buio corridoio si avvicinava alla porta.

 

Le piccole finestre di vetro sul muro d’ingresso come al solito facevano trasparire poco dall’esterno, ma sarebbero bastate per intuire la misteriosa figura.

 

Così il bruno, nel completo silenzio, si sporse per osservare attraverso le piccole piastrelle di vetro.

 

Quello fu l’attimo più lungo della sua vita.

Il suo occhio, e un altro, grigio metallico.

 

La pupille dell’occhio osservatore si dilatò di colpo, e Tengoku arretrò per la sorpresa.

 

Un istante dopo, il calcio del fucile aprì una piccola breccia nella porta. Dal buco, non troppo grande, fece capolino il sorriso malato, di finta ingenuità, di Eva Jane.

 

La donna iniziò a ridacchiare istericamente, mentre con ossessione cercava la maniglia dall’interno, osservando il ragazzo scappare a gambe levate.

 

“ Il gioco è appena iniziato, corri a nasconderti !” la voce incalzante di Eva Jane accompagnò il suono dei passi di Tengoku fino a quando non scomparvero nel silenzio.

La porta si aprì, e due tacchi a spillo neri camminarono sul parquet.

“ Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori !”

 

 

Lentamente, quel nascondino mortale incominciò.

La killer era evidentemente troppo eccitata da quel momento, ma a dispetto del suo sorriso emozionato, iniziò a camminare lentamente.

Scandiva ogni suo spostamento con una canzoncina che cantava tra i denti, mentre faceva roteare ogni tanto il proprio fucile sottobraccio.

 

Salite le scale, la sua incognita rimasta era il piano di sopra.

“ Ma… tutto qui ?”

 

La cosiddetta incognita, si rivelò essere una delusione per  la Cimice, che parve perdere ogni brivido di emozione alla vista di un breve corridoio con due sole stanze.

L’Assassina fece spallucce, e con un calcio spalancò la prima porta che trovò.

 

Per sua fortuna, la camera in cui era appena entrata, sembrava essere proprio quella di un ragazzo.

“ Non dirmi che il nostro gioco sta già volgendo al termine ?” Mormorò ipnotica, come una sirena ammaliatrice.

 

A dirla tutta, in quel momento Eva Jane era un vero e proprio ragno.

Stava tessendo la sua tela, in modo che la piccola mosca a cui anelava, non sarebbe mai più sfuggita viva dalle sue grinfie.

 

“ Forse sotto il letto ?” domandò diabolicamente ad alta voce, puntando il suo fucile verso il materasso spoglio da ogni coperta o cuscino.

 

- Se non fosse qui sotto, il momento in cui io premerò il grilletto, potrebbe essere l’unica apertura per lui.-

Mentre pensava questo, un suo occhio grigio rapidamente ispezionava la stanza.

Sebbene il suo avversario fosse un ragazzino, per essere riuscito ad eludere la ferrea sorveglianza del manipolo di militari e mercenari, meritava molte più attenzioni del dovuto.

 

Dopo aver memorizzato la piantina della casa, con la sua esperienza in appartamenti, realizzò una possibile variante alla sua tattica.

- Potresti per caso essere… dentro l’armadio ?!-

 

Pensando al grande armadio alle sue spalle, il suo Intento Omicida si liberò senza che lei si voltasse.

Emanava una folle voglia di divertirsi privando la vita a qualcun altro, godendo del terrore che gli aveva sicuramente causato.

 

 

E improvvisamente, quell’Intento Omicida venne sommerso da qualcosa di infinitamente più grande.

Le ante dell’armadio si aprirono lentamente, ma in quell’istante surreale sembrarono i cancelli per l’inferno.

 

Eva Jane non era come Karl, e nemmeno come qualsiasi altro normale killer.

Come aveva detto Akane in passato, soltanto degli occhi esperti, allenati dall’esperienza, erano in grado di vedere il livello di forza dell’avversario.

Per gli assassini, gli occhi, erano la capacità di percepire l’Intento Omicida di un altro essere.

 

Gli stessi animali, soprattutto i predatori naturali, sono soliti emanare un Intento Omicida, guidati dal loro spirito di sopravvivenza.

Ma l’Intento di un killer, normalmente non era paragonabile a quello di una bestia, in quanto più soggetto ad emozioni come rabbia, desiderio di violenza o crudeltà.

 

Ma la pressione che Eva Jane sentiva gravare sulla sua testa in quei secondi che stavano trascorrendo, non era umana.

A differenza di ciò che aveva provato Karl, con i suoi sensi, la donna avvertì chiaramente che la Cosa alle sue spalle non poteva nemmeno essere ingaggiata in uno scontro.

Perché era permeata di una primordiale imposizione di SUPREMAZIA!

 

 

 

“ Non ha più senso così tanto dolore.”

Una voce malinconica, simile ad un vecchio carillon, rimbombò nell’oscurità.

L’ombra alle spalle di Eva Jane le puntava alla testa il dito indice e il medio uniti, mimando una pistola con la mano.

“ Non ha più senso così tanta paura.”

 

Amigdala Shock!

Tengoku fece schioccare le dita della mano sinistra.

 

 

 

Namimori. Nello stesso istante, alle ore 17:00.

 

“ Non sembra ci siano più soldati nei paraggi.”

Akane aveva appena fatto capolino da dietro un’auto abbandonata, per poi spostarsi velocemente in un vicolo.

Dopo qualche secondo, guardò la postazione appena lasciata, dove le altre tre ragazze erano rimaste in attesa.

 

Con un segnale muto, Momoka puntò il display del suo cellulare verso le sue spalle, contro la macchina.

Opache Fiamme della Nebbia ricoprirono il telefono, ma anche dopo aver attivato l’abilità di Microfono Direzionale Esper, non trovarono nulla di sospetto.

 

Microfono Direzionale Esper era un’applicazione trasmessa grazie al potere di Viper, l’Arcobaleno della Nebbia. Come un microfono direzionale, serviva per amplificare i suoni dove il display veniva puntato, ma era anche capace di rivelare all’utilizzatore una fonte di Fiamme del Coraggio di Morire.

(* Gli Esper sono individui, generalmente appartenenti agli RPG fantasy, che utilizzano poteri occulti come telecinesi o telepatia.)

 

A quel punto la Tempesta diede il segnale di via libera definitiva.

Azura e Momoka, forse le più visibilmente in tensione, sembrarono rilassarsi. Al contrario Akira, parve ancora mantenere la guardia.

Probabilmente era solo la tensione e lo stress, ma quella strana paranoia la perseguitava ormai da parecchio tempo.

 

Provava una sensazione sgradevole ogni volta che cercava di liberare la mente, come se tra i suoi pensieri ci fosse solo quel disagio sconosciuto.

 

“ A terra !!”

L’urlo a pieni polmoni di Akane Mizuo, non riuscì a raggiungere in tempo la mora, che si voltò un secondo troppo tardi… mentre già Azura si era lanciata su di lei per salvarla.

 

Mentre la spinta la faceva cadere, Akira vide il volto carico di forza disperata della rossa, non curante  dell’urlo di allarme.

Un oggetto di forma cubica stava precipitando a pochi metri da lei, più lontana dalle altre ragazze.

 

Improvvisamente, un fischio molto acuto, ed una potente esplosione di luce accecante.

 

“ Questa è la caccia, piccoline. AHAHAH- !”

Una risata terribilmente inquietante e folle, seguita da un tonfo vicino.

Il secondo successivo, la luce svanì, e tutto riprese un colore.

 

Un uomo abbastanza alto era accovacciato davanti alle quattro ragazze, probabilmente dopo aver compiuto un salto.

Vestiva una mimetica a riquadri bianchi e rossicci, però lasciata aperta sul suo petto nudo. Anche i pantaloni e gli stivali facevano parte di quella mimetica, ma a differenza di un soldato qualsiasi, non portava foderi o guaine.

Nelle sue mani stringeva due pinze tronchesi nere macchiate di sangue rappreso e scuro.

Un singolo ciuffo arruffato viola svolazzava sulla sua testa, sopra un volto stranamente simile a quello di un cihuahua, con grossi occhi a palla e un mento stretto.

 

Ma la sua espressione in quel momento, era sorpresa, come se avesse messo su il broncio.

“ E-ehi, ma… la mia flash bang ?”

 

Alla domanda bizzarra dell’uomo, effettivamente le ragazze si resero conto che la granata stordente che aveva rilasciato quel fascio di luce, si era azionata soltanto per un istante.

Senza nemmeno riscontrare difficoltà nella vista, Akira si rialzò sfoderando il suo fioretto nuovo in acciaio.

 

“ Box Storage …”

Disse la ragazza tedesca in un sussurro, parlando come da un posto lontano nella sua mente.

A quelle parole, Akane e Akira si voltarono sbigottite, non verso lei, ma verso Momoka.

 

La ragazza, stringeva infatti a due mani il suo cellulare, con un espressione provata dalla stanchezza, ma con gli occhi che brillavano di determinazione.

Sembravano voler dire: ‘Non mi arrendo !’

 

Box Storage, o abbreviato BStr. , era un’altra applicazione paranormale del Cellulare Posseduto di Momoka.

Esattamente come l’Archivio dati di un normale telefono, grazie ai poteri di Viper che lo possedevano, il cellulare era in grado di archiviare ogni oggetto scannerizzasse.

La dimensione degli oggetti che si potevano immagazzinare, dipendeva dalla memoria dei precedenti ‘Documenti’ archiviati. In pratica,  con molti documenti archiviati da Momoka con BStr. , si potevano catturare oggetti sempre più piccoli.

E’ importante dire, che dopo mezz’ora, gli oggetti archiviati vengono completamente cancellati dal Cellulare Posseduto.

 

 

 

- La Box Storage… Momoka ce l’aveva fatta già vedere, ma non pensavo potesse utilizzarla in tempi così brevi con capacità di calcolo tanto veloci.- tra sé e sé, Akira, ricordava quando la scorsa notte la castana si era finalmente aperta con loro, spiegando anche i funzionamenti del suo Cellulare Posseduto.

- Questa capacità non è stata merito del potere dell’Arcobaleno Viper… ma solo e unicamente di questa ragazza !-

 

“ Box Storage, ah? Figo !”

Facendo svanire tutta la sua precedente sorpresa, il viola si raddrizzò con un sorriso divertito in volto.

“ A quanto pare la ragazza con la spada non è l’unica a possedere delle specialità.”

 

“ Che cosa stai dicendo ?!” domandò nervosa Akane, osservando uno sguardo sbigottito da parte della persona in causa, proprio Akira Shirogawara.

“ E’ stata l’unica che avrebbe potuto stanarmi, pensate! Vi stavo seguendo da un quarto d’ora, ma lei si voltava ogni volta io cercassi di uscire allo scoperto.”

 

Come un fulmine a ciel sereno, il perché di quella paranoia venne svelato alla mora.

Akira strinse il fioretto, sentendosi inquietata, ma allo stesso tempo fortunata ad aver quello strano sesto senso.

 

Il silenzio durò per qualche altro istante, ma un secondo prima che Akane potesse dare l’ordine di attaccare, o prima che Azura potesse sfoderare il suo Steel Soul, Locusta aprì la bocca nuovamente.

“ Per quanto ricordo sono sempre stato un assassino… nacqui in un villaggio della Cecoslovacchia, ma un attacco terroristico fece crollare l’ospedale in cui mi ero rifugiato con la mia famiglia in tempi di guerra.

Avevo sei anni, e rimasi giorni e notti da solo nel silenzio, prima che la fame mi spingesse a muovermi nonostante avessi perso l’udito e parte della vista.”

 

Allargò ancor di più il suo sorriso, facendo schioccare le pinze tra le mani come le fauci di due coccodrilli.

“ I miei genitori erano morti, ma qualcuno era sopravvissuto sotto le macerie. Ormai stavano morendo, e io avrei fatto la loro stessa fine se non avessi …”

Nuovamente le tenaglie schioccarono con un suono sempre più inquietante e fastidioso, da far gelare il sangue.

 

“ Mi sono cibato dei corpi.”

A quella raccapricciante rivelazione, l’aria si gelò, mentre alle quattro ragazze  si accapponava la pelle nel silenzio.

 

 

“ Ma non potevo farlo mentre erano vivi: erano pur sempre miei concittadini, e sentire ancora le loro urla mi avrebbe fatto impazzire. Ad ognuno di loro ho spezzato il collo, così da togliergli la vita in maniera indolore.”

Le tenaglie continuarono a masticare l’aria con i loro stridii metallici, ripetendosi di continuo mentre il racconto si faceva orribile e macabro.

“ Ma ogni volta che sentivo le loro ossa spezzarsi …”

SNAP!

“ Cervicali che si rompono …”

SNAP!

“ La catena vertebrale che si piega …”

SNAP! SNAP!

 

“Capivo di essere già impazzito !” Locusta, al limite della sua pazzia maniacale, mostrò stavolta un sorriso tirato da un orecchio all’altro, con i suoi occhi quasi strabici e a palla che sembravano volergli schizzare fuori dalle orbite.

 

 

“ Questo tizio è un assassino pericoloso …” Mentre l’uomo iniziava ad avanzare, Akane si frappose all’improvviso fra lui e le sue amiche.

 

Il suo sguardo era confuso dalla rabbia e dalla tensione, ma sfoderando il suo coltello, riuscì a riacquistare la calma e la concentrazione necessarie.

L’aria iniziò a deformarsi, andando a conglomerare una strana pressione attorno alla lama. L’atmosfera parve iniziare ad illuminarsi di rosso, ed un vento torrido iniziò a spirare dal corpo della ragazza.

 

 

Ma improvvisamente anche la luce si deformò, prendendo una forma tonda e placida, come di bolle semitrasparenti che infondevano un’irreale staticità.

 

Akane vide soltanto dei lunghi capelli rossi e boccolosi ondeggiare davanti a lei, insieme ad un bastone di acciaio, che dopo aver vibrato un colpo verso il vuoto, si era allungato in un’asta di circa un metro e cinquanta di altezza.

L’assassina osservò sbigottita Azura camminare con quella tranquillità che emanava, ma nonostante ci fosse stato l’impulso, non cercò di fermarla.

- Dopotutto, non sono nemmeno a conoscenza della forza di Azura.-

 

 

“ Non pensate che vi risparmierò solo perché siete donne! Voi non dovete sopravvivere !!”

Sconvolgendo Momoka, Akane e Akira, Locusta si lanciò senza esitazione in un salto, brandendo le sue pinze.

Come un insetto volante, si avvitò a mezz’aria, puntando le sue armi davanti a sé, andando in contro all’espressione indecifrabile della ragazza rossa con un sorriso folle.

 

 

Tuttavia, il tempo sembrò rallentare prima dell’impatto. Nessuno riuscì anche solo a pensare di urlare, provare paura, preoccupazione, ansia…

 

Azura era l’unica a muoversi, mentre le bolle intorno a lei danzavano più velocemente.

Impugnò con le mani le due estremità del bastone, portando la gamba sinistra più indietro dell’altra, e assumendo una guardia simile, mantenendo la Steel Soul perfettamente perpendicolare con il terreno.

 

Come un filo argentato, che collegava il suo cuore al mondo.

 

Vāmana! Tre Passi!

Con un’esplosione di luce azzurra ed energia, la punta piatta del bastone si allungò verso Locusta, centrandolo in piena fronte.

 

A quel punto Azura fece un passo in avanti, affondando con il braccio sinistro la sua arma, e spingendo con un’onda d’urto il corpo del malcapitato verso l’altro lato della strada, come se fosse stato il proiettile di una fionda.

 

L’energia sollevò una nuvola di polvere e vento alle sue spalle, travolgendo le sue amiche, che sorprese si appoggiarono alla vettura.

 

 

Quando queste riaprirono gli occhi, ad ognuna di loro rimase impressa la sagoma di Azura, con i suoi capelli che svolazzavano nel cielo illuminato dal sole, con la Steel Soul che brillava, avvolta da quella misteriosa Energia Azzurra.

 

 

Namimori. 16: 40

 

“ Tu… tu non eri con loro prima? Sei un altro …”

“ Non so proprio di quali ‘loro’ stai parlando. Sii più specifico.”

 

Due ragazzi, immobili al centro della strada, l’uno di fronte a l’altro e distanziati da appena dieci metri.

“ Non importa! Per me potresti anche essere un normale cittadino, ma per avermi sfidato in questo modo puoi soltanto morire.”

 

Clay il Necroforo, il più pericoloso tra i prigionieri di Classe S evasi, si stava sfilando la giacca con uno sguardo pericolosamente folle.

Tutto il suo universo di omicidi, dolore e crudeltà si agitava in quegli occhi neri come la pece.

La fascia sulla sua bocca svolazzava.

 

“ Morire? Spero tu sia debole allora, perché se mi facessi prendere la mano, succederebbero cose spiacevoli per tutti.”

Dal lato opposto della strada, era Kevin a stagliarsi, pronto ad ingaggiare quella battaglia.

 

Era cambiato rispetto alle settimane precedenti. Sembrava anche più affaticato, con delle occhiaie più marcate, e i capelli rossi incolti che gli ricadevano sul viso.

Vestiva una maglietta rossa smanicata con un corto gilet di jeans sopra, indossando anche dei pantaloni lunghi bianchi e delle scarpe da ginnastica nere.

Si stava sfilando un berretto blu e rosso dalla testa, facendo ricadere altri lunghi capelli sulla sua schiena, esponendo anche alla luce i suoi occhi scuri.

 

La frase che aveva detto poco prima, non era stata accompagnata da un ghigno, da un’occhiata o un tono sarcastico. Pareva infatti un avvertimento che il ragazzo aveva fatto a se stesso, volendosi ricordare per l’appunto di non ‘fare sul serio’.

 

“ Mi fai ridere! Per caso vorresti uccidermi, eh ?!”

Invece Clay aveva preso quella risposta come un’ulteriore provocazione, e per questo sul suo viso mortuario spuntarono numerose vene pulsanti.

 

In quel momento si chinò, poggiando le mani per terra, e con una potenza sovrumana, perforò il cemento con le sue dita come se fosse stato un budino.

E mentre anche sulle sue braccia e sul suo petto ricoperto di muscoli apparivano vene pulsanti, staccò due pezzi di strada grossi come degli pneumatici.

 

“ Adesso ti costruisco la tomba, stai a guardare !” sussurrando quelle parole come una sentenza di morte, lanciò verso il rosso i due blocchi senza apparente sforzo.

 

“Non voglio ucciderti… e non mi piace questa tomba.”

Ma gli occhi di Clay si spalancarono come non mai, vedendo Kevin colpire con due pugni abbastanza lenti i suoi proiettili, disintegrandoli senza nemmeno un minimo di preoccupazione in volto.

Anzi, l’espressione dell’ex teppista era disinteressata, probabilmente perché stava pensando ad altro in quel momento.

 

 

“ Cosa ?!!” Il Necroforo indietreggiò di un passo sbigottito.

- Questo tizio non è normale come gli altri. Ma se non lo avessi percepito da prima, e non avessi lasciato l’obbiettivo a distanza da lui, probabilmente non avrei avuto nessuno possibilità di batterlo. Invece, così …-

Gli occhi del pericoloso mercenario tornarono impassibili, dissolvendo i dubbi e la sorpresa, perché quelli gli sarebbero stati fatali a lungo andare nello scontro.

 

“ E così non sei tanto debole… buono a sapersi, perché sai, io odio chi muore senza combattere.”

Asserì infine, lanciando al rosso un’ennesima occhiata assassina, mentre mostrava la sua mano micidiale, capace di afferrare il cemento come se fosse creta.

 

“ Menomale che ha funzionato. Cazzo, ero nervosissimo! Nonostante quel monaco killer si perda in chiacchere, almeno mi ha saputo spiegare bene come concentrare percentuali della mia forza in parti specifiche del corpo. Anche se ogni volta negli allenamenti finivo per esplodere come una bomba ad orologeria, ne è valsa la pena …”

“ La vuoi smettere di parlare da solo ?!” urlò infine Clay, esasperato dal venir ignorato da Kevin, che nel mentre si perdeva in riflessioni con se stesso ad alta voce.

- Che coglione… mi sta persino spiegando come funziona la sua tecnica senza rendersene conto.- L’assassino non aveva mai visto in vita sua un avversario tanto… strano.

 

 

Ma un pericolo restava tale, e lui come un perfetto leader quale era stato in passato, seppe prendere istantaneamente una nuova decisione.

 

“ Ho capito che sei forte, insomma. Ma… a velocità come sei messo ?!”

E rifornendosi di nuovo dal cemento, iniziò a scagliare una pioggia di blocchi ultraveloci, come se stesse cercando di seppellire vivo Kevin.

Ma il rosso, di fronte alla visione di un muro semovente di massi che gli si parava davanti… scaricò una raffica di pugni, che polverizzavano ogni cosa toccassero.

“ Quarantacinque per cento nel pugno destro… sessantatre per cento nel pugno sinistro… venti per cento nel destro… trentanove…”

 

“ SMETTILA DI PENSARE AGLI AFFARI TUOI !!” Al limite della sopportazione, Clay artigliò una macchina parcheggiata al suo fianco, e urlando a pieni polmoni, lanciò anche quella verso il suo irritante avversario.

 

In quel momento Kevin era ancora occupato con i proiettili di cemento, e quando la vettura andò ad avvicinargli i suddetti massi precedentemente lanciati, non usò in tempo la forza necessaria per distruggere i blocchi e macchina dietro di essi.

 

Il risultato fu che l’automobile lo travolse in pieno, prima ancora che lui potesse rendersene conto, trascinandolo di decine di metri indietro.

 

Dopo aver strisciato sulla strada la macchina si fermò, ma Kevin era accasciato a terra, cercando di aggrapparsi a qualcosa per restare in piedi.

 

 

16: 55

 

“ E se adesso… la facessi esplodere ?” ridacchiò inquietantemente Clay, sradicando un palo della luce, facendo intendere che lo avrebbe conficcato con un lancio nel motore della vettura.

 

- Ragazzi come lui, che non conoscono cos’è una battaglia o una guerra, non possono sperare di vincere contro di me. Le tattiche di guerriglia e la sopravvivenza, sono state le mie prime materie di studio, in quanto nato come soldato. Fino a otto anni ho comandato una squadra di bambini soldato che, come me, erano scappati da un campo di sperimenti genetici terribili  in Oriente. Insieme, abbiamo conquistato numerose città senza l’aiuto degli adulti, fino a quando non ci hanno sterminati tutti.

Ma io, dovevo venir catturato vivo come insegnamento per tutti i ribelli, ed è per questo che sono rimasto in quella prigione per undici anni.-

 

“ Mi dispiace per te, ma…”

Ghignò l’assassino, stringendo il suo pugno d’acciaio sul palo.

 

“ No- ”

“ Sta zitto !”

 

La macchina venne sbalzata nuovamente dalla strada con uno scoppio potentissimo, che la fece sorvolare qualche palazzo prima di esplodere in lontananza.

“ Io ti avevo avvertito …”

 

16:58

 

Clay non poté far altro che cercare in tutti i modi di scacciare via dei brividi di terrore, davanti alla visione di Kevin che si rialzava da terra. Sulla fronte era aperto un taglio da cui sgorgava sangue sopra l’occhio sinistro, ma il suo sguardo si era fatto più spaventoso.

E, dettaglio più significativo, stava sorridendo.

 

Kevin sorrideva raramente in maniera tanto energica. Di solito ghignava, o non rideva affatto per la sua ostilità verso il prossimo.

Ma quando sorrideva, voleva dire soltanto che era determinato a dimostrare tutta la sua forza.

 

Anche se…

Aveva, innegabilmente, accettato un viaggio per raggiungere persone di cui non gli era mai importato molto. Era stato disposto persino a lasciare sua sorella Angelyca, a cui teneva più della sua stessa vita, in mano ad individui sconosciuti per raccomandazione di Reborn.

Ed infine, era stato schernito, umiliato, ma allo stesso tempo aveva imparato…

Imparato che forse, un motivo alla sua rabbia verso i più deboli non c’era, perché lui stesso era stato in molte situazioni il debole.

 

Con quel sorriso, Kevin stava semplicemente cercando di non pensare all’imbarazzo che avrebbe avuto, quando si sarebbe rincontrato con tutti gli altri come se nulla fosse successo.

 

 

“ PUGNO AL NOVANTANOVE PER CENTO !!”

Con un urlo spiazzante che risuonò in tutta Namimori, il ragazzo dai capelli rossi spiccò il volo con un salto.

Raggiunse, sotto gli occhi spalancati dallo stupore di Clay, l’altezza di un palazzo, mentre ancora urlava e caricava il pugno destro sopra la sua testa, verso il cielo.

 

Quando il braccio si sovrappose al sole, un lampo di luce rossa come il sangue saturò l’aria, insieme a numerose raffiche di vento nero e bianco che sembravano essere sprigionate da quello stesso arto fiammeggiante.

 

-16:59:59:03-

- Io… ce la posso fare! Devo farcela! DEVO ASSOLUTAMENTE CONCLUDERE LA MIA MISSIONE !!-

La mente dell’assassino era una confusione di pensieri, mentre nei suoi occhi agitati si riflettevano le immagini dell’apocalisse che stava prendendo vita davanti a lui.

Il sudore che aveva iniziato a colargli copioso dalla faccia, brillò riflettendo la luce accecante del corpo di Kevin che gli stava precipitando addosso.

Sembrava un meteorite.

 

-16:59:59:29-

- Io devo… farcela !-

Sempre più vicino alla collisione.

 

-16:59:50-

-…devo… io-

 

-16:59:59:78-

-…io…-

 

-17:00:00:00-

- HO PAURA !-

 

Il pugno si arrestò ad un centimetro di distanza dalla faccia di Clay, nel preciso istante in cui Kevin rimise piede per terra.

L’onda d’urto, però, scatenò tutta la potenza repressa: una colonna di vento travolse l’intera strada dietro la schiena dell’assassino, brillando con fiamme rosse che istantaneamente fusero macchine e pali della luce.

La pressione fu talmente forte che i tombini esplosero, e i muri dei palazzi persero tutta la vernice, completamente cancellata.

 

-17:00:01-

“ L’importante è che tu ricordi questo: la Fiamma della Tempesta che ti ho donato, è stata forgiata in innumerevoli anni di assassinio per opera mia. Per questo, in parte è oscura e malvagia, e non dovrai mai sfruttarla tutta per potenziarti. Se prendesse il controllo di te, sarebbe la fine …”

Lo sguardo di Fon con lui, non era mai stato così serio, se non nel momento in cui lo salutava per sempre prima della partenza.

 

 

- Quindi io sto… impazzendo ?-

Domandò una piccola voce inespressiva nelle mente di Kevin, mentre il ragazzo era rimasto immobile a fissare le sue mani.

La sua visione si stava perdendo in un abisso nero.

 

 

-Sono i ricordi a farmi impazzire ?-

 

Veloci come lampi, immagini, voci, volti e paesaggi, comparivano e scomparivano nella mente del ragazzo, come le luci dentro le cabine di un treno in corsa.

 

 

“ Non puoi andartene! Come faranno i bambini a crescere senza un padre ?!”

“ Io non sono il padre che un bambino vorrebbe avere …”

“ Sei… un mostro …”

“ Lo sono… ma ti amo, e amo anche Angelyca e Kevin.”

 

“ Non posso credere che dei bambini così piccoli… io… farò di tutto per accudirli.”

“ Grazie, Padrino! La ringrazio …”

 

“ Zio Gaetano !!”

“ Angelyca, Kevin! Sono tornato, avete visto ?”

“ Non andare più via, zio …”

 

 

“ E… casa ?”

“ Mi dispiace, padroncina… ma a casa non potrete tornare per un po’. Boss me lo ha ordinato, prima…”

“ Prima di cosa ?!”

“ Niente… le giuro, niente.”

“ Non… piangere anche tu. Perché piangete tutti ?”

 

 

“ La padroncina!! Non è possibile, dobbiamo partire per il  Giappone prima che sia troppo tardi !!”

 

“ Non ci posso credere… ma sono davvero quei due i figli di Charles Gaetano Celeste ?”

“ Come? Sono due Celeste !?”

“ Ho sentito di sì… poveracci, così giovani, eppure senza più nemmeno una famiglia.”

“ Celeste è stato giustiziato anni fa per aver venduto una partita di droga in cambio di una fabbrica di armi, che Decimo aveva segnato come proibita, giusto ?”

 

 

“ Stai… andando Kevin? Stai andando dai tuoi nuovi amici ?”

 

“ Tu non sei fatto per uccidere, ragazzo dai capelli rossi. Sei una tempesta violenta, testarda e pericolosa, ma anche se la morte vive dentro il tuo passato, non sei nato per uccidere.”

 

 

- Alla fine è successo. Ho perso il controllo. Scusatemi tutti.-

 

Mentre pensava tutto ciò, un tornado di piccole dimensioni aveva avvolto Kevin, mentre il suo corpo rimaneva immobile, brillando di una propria luce rossa intensissima.

Scariche di energia scarlatta, a volte si andavano ad infrangere per terra come fulmini, aprendo crateri nella strada.

 

 

Davanti a quella visione, apparve Kiiro, sopraggiungendo accompagnato da un lampo di luce gialla.

“ Tutto questo fa paura …” disse la macchina, osservando la grandezza di quella colonna di vento.

 

Ma in un secondo, tutto quello svanì.

Il vento cessò, ma Kiiro riuscì a vedere soltanto gli occhi completamente bianchi di Kevin emergere dall’oscurità.

Prima ancora che lui potesse muoversi o formulare un’idea, aveva compreso che il ragazzo dai capelli rossi che aveva avuto modo di conoscere, stava per distruggerlo.

 

Probabilmente non da una furia ceca, ma sopraffatto e controllato da un’energia che lui non conosceva.

Il Sole si rese conto di tutto questo mentre il pugno del rosso lo raggiungeva.

 

L’istante successivo, un nuovo cratere si era aperto nella strada, demolendo due palazzi, mentre il braccio di Kevin era inondato di una sostanza gialla fosforescente.

 

 

 

Intanto, tra quel susseguirsi di avvenimenti misteriosi e inspiegabili, l’intera città di Namimori era inconsapevole di essere osservata…

 

Un occhio celeste, delle dimensioni di un qualsiasi altro occhio umano, guardava verso la città al di sotto di lui, mentre era attaccato ad una nuvola passeggera.

 

Qualche chilometro più in basso, e ad una decina di distanza dalla città, intanto un individuo era impegnato in una chiamata telefonica.

 

“ Cosa intendi con… annientati, Platino ?”

Domandò una voce dall’altro capo della linea, e a quel punto l’affascinante uomo dai capelli argentati aggrottò le sopracciglia in un’espressione nervosa.

“ Intendo che sono stati sconfitti ancor prima di iniziare un vero e proprio scontro. Ognuno di loro, da un singolo avversario …”

 

“ Il fallimento, purtroppo, è colpa mia. Avrei dovuto incaricarti molto prima di osservarli, così avrei compreso la loro forza tempo fa …”

La voce di Sebastian non pareva per niente finta, ed era percepibile un vago senso di dispiacere nelle sue parole, così Platino scattò subito sull’attenti.

 

“ Mio Signore… una sola parola, e li annienterò.”

L’argentato rilasciò automaticamente una coltre di Intento Omicida, mentre con una mano andava a ghermire l’elsa della sciabola d’argento che portava al fianco.

 

L’altra mano invece, gli copriva l’occhio destro, ma comunque non mascherava il suo volto contratto dalla rabbia.

 

Platino è un utilizzatore di Fiamme della Nuvola. La sua abilità Nuvola Satellite, gli permette di posizionare l’occhio coperto su di una nuvola vista con l’altro scoperto.

La potenza visiva è ben superiore a quella di un falco, ed è capace anche di vedere nel buio.

 

“ No, sarebbe inutile. Ho il presentimento che tutti insieme ti annienterebbero.”

 

Le parole fredde del Boss degli Anonimato, spiazzarono il giovane, facendogli perdere la presa sulla sua arma.

Ma prima ancora che lui potesse chiedere spiegazioni con un’espressione confusa e stupita in volto, la voce del suo Boss si fece nuovamente sentire.

 

“ Non vorrei che tu venissi catturato da quel Reborn, capisci… non dormirei per il dolore, pensando a tutti i modi con cui potrebbero cercare di cavarti informazioni su di me.”

Nuovamente, un tono pietoso ed umile, manipolò ogni pensiero di Platino, che arrossendo lievemente, ammutolì.

 

“ Poi, non è detto che la missione sia fallita solo perché i nostri ‘prelevatori’ sono stati battuti …”

Comprendendo al volo le parole del Boss, il giovane annuì e disattivò l’effetto di Nuvola Satellite semplicemente scoprendosi l’occhio destro.

 

“ Sarà il piccolo Schlmit a decidere. Uhuhuhuhuhu !”

 

 

Namimori. 17:10  

 

Quello che nessuno ancora sapeva, era che tre persone con precisi pensieri contrastanti nella mente, si stavano per incontrare.

Solo una parola legava i loro obbiettivi.

‘Addio’

L’Addio che una persona avrebbe dovuto dare ai suoi amici.

 

 

Uno dei tre era Tengoku Marco Sawada, il peccato più grande che potesse abbattersi su Namimori.

 

La seconda persona era Azura Schlmit, che allontanandosi dalle sue amiche senza dire una parola, aveva scoperto fin troppo, così anche come Tengoku.

 

Ed infine, proprio la persona che avrebbe dato quell’Addio.

Drake Schlmit era seduto ad aspettare nervoso il ritorno di Clay, che forse non avrebbe più rivisto, fermo al parco di Namimori.

 

 

Tra le dita si agitava una collanina di perle, con un pendente d’oro al cui interno era visibile una piccola fotografia.

Drake mormorava soltanto quella parola da diverso tempo:

 

“ Papà …”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

Welcome back! Come va? Beeeella la fine della vacanze, vero?

Roba, insomma… molto bella, no?

No.

Ma vi auguro di abituarvi anche a questo nuovo inizio di fine estate (??), perché io forse sono il peggiore in queste cose ^^’!

Ma valà, smettiamola di parlare di cose tristi!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ho cambiato molte cose, rispetto al metodo che avevo precedentemente di scrivere i capitoli di SoF, e spero si sia notato (soltanto se vi piace, però !).

 

Siccome so che a non tutti i miei lettori piacciono i combattimenti nella mia fanfiction (anche se… insomma, KHR è un Battle Shonen. Ma capisco che molti ormai pensano che, giustamente, sia solo materiale per ship omosessuali *badum tsss*), ho cercato di dare molto più spazio alle informazioni e alla psicologia.

 

A proposito di questo fattore… ragazzi, forse siamo in vista del primo vero cambio RADICALE nella psicologia di Tengoku. Sarà così?

Ho intenzione, adesso più che mai, di dare molto spazio ai personaggi. Tutti.

Non voglio che i miei lettori critichino i personaggi della mia storia perché sono comparsi poco o perché sono abbastanza banali e caratterizzati poco bene, perché la colpa in quel caso è SOLO ed esclusivamente mia.

Ed io ai miei personaggi ci tengo, quindi assisteremo a molta introspezione, forse anche di più personaggi contemporaneamente.

 

Insomma… se vi annoia anche questo, allora cercate una fanfiction in grado di soddisfare le vostre preferenze al meglio xD.

 

Cosa è successo a Tengoku?

Cosa ha capito Azura?

Qual era il significato dei ricordi di Kevin?

Che fine ha fatto Kiiro?

Dove sono andati Yukiteru e Reborn?

Cosa si nasconde dietro il silenzio di Drake?

 

Per tutte (non proprio) le risposte… ci vediamo tra un mese con il prossimo capitolo!

Alla prossima, occhietti sulle nuvole miei!

 

P.S: In questo periodo, tra Metal Gear Soild 3 ed il nuovo anime di Berserk, mi è difficile scrivere. Contate anche che io ho la scuola, per passione monto video, sviluppo piccoli videogiochi e seguo anche la Scuola di Doppiaggio della mia città. Quindi… diciamo che il tempo che dedico alle mie passioni/hobby, spesso è messo a dura prova.

Comprendetemi. Non sono di certo un Togashi che parte in vacanza per due anni senza dare sue notizie, ed ogni due mesi si da in malattia.

   
 
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