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Autore: FairySweet    17/09/2016    2 recensioni
L'aveva lasciata andare o almeno ci aveva provato. Non poteva restare ancorato ai suoi occhi, non poteva vivere dei suoi ricordi perché altrimenti si sarebbe perso nel mare vuoto delle lacrime.
Ora però, in quel dipinto ancora mezzo vuoto, prendeva vita un volto d'angelo che costringeva il respiro a rallentare ...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                              Sogno di Ghiaccio






Camminare per quel palazzo, riportava la mente ai grandi castelli svedesi, alle notti interminabili, al cielo pieno di colori che indicava la strada sicura.
Non c'era solo odio in Svezia, non era tutto buio e cattivo, amore si schiudeva luminoso nelle vallate colme di rigogliosi boschi.
Amore camminava tra gli alberi addormentati, cantava loro fiabe, leggende, scioglieva paura e viveva nel battitto forte delle ali di una farfalla.
Era amore che respirava per quei corridoi, corridoi di pietra fredda e nuda che niente aveva a che fare con l'aspetto dei palazzi francesi e che nonostante tutto, sembrava intrisa di poesia.
Si fermarono a pochi passi da una porta socchiusa, il suono dell'arpa si mischiava alle risate di bimbo, alle voci allegre.
François sorrise aprendo la porta e la luce colpì d'improvviso i suoi occhi.
Elin era sdraiata tra i cuscini davanti al fuoco, lo sguardo concentrato sulle parole scure racchiuse nel suo libro e i capelli così lunghi da sfiorare il pavimento.
Teneva una manina sotto al mento mentre disegnava piccoli cerchi nell'aria con i piedi.
Era così lontana, così assorta nei suoi pensieri da sembrare una piccola damina altezzosa.
Al suo fianco Erland. Il volto sorridente, gli occhi persi su quel piccolo burattino di pezza che si muoveva nell'aria parlando una lingua sconosciuta e Niklas, che con occhi sognanti dava vita a quel gioco innocente.
Poco importava il luogo o l'ora, non esisteva fretta nelle loro vite né cerimoniali troppo pesanti.
Non dovevano preoccuparsi del mondo oltre quelle mura, non dovevano temere la paura che serpeggiava per i boschi e le campagne.
Era così che avevasognato il domani.
Un servo non può desiderare niente del genere ma in cuor suo, aveva sempre custodito la speranza, un desiderio innocente che si nutriva dei sorrisi di Oscar, un desiderio piccolo e forse per Dio senza importanza alcuna ma aveva immaginato un futuro con Oscar.
Una casa, un posto pieno di calore con bambini sorridenti che giocavano e ridevano aspettando sera dopo sera il suo ritorno ma la realtà, quasi mai rasenta il sogno e la sua era diversa.
Era un uomo comune, aveva una casa comune, decisamente povera a confronto e non c'erano bambini ad allietare le sue giornate ma era vivo, aveva una famiglia, aveva qualcuno che gli regalava calore, un lavoro e il ricordo di un'infanzia a cui aggrapparsi quando tutto diventava buio.
Entrò silenzioso seguendo François, il rumore dei passi sulla pietra sparì attutito dal legno.
Le tende erano state sollevate e il broccato rosso fermato da cordoni dorati, tra le pieghe del tessuto, come angeli custodi gli uomini di Ulek vegliavano sui giochi dei piccoli.
I loro volti erano scuri, colmi di cicatrici e nei loro occhi viveva un mondo fatto di violenza e cattiveria ma di tanto in tanto, quando lo sguardo di Elin cercava la loro presenza, in quegli stessi occhi un tenero lampo di dolcezza prendeva vita regalandogli un'immagine diversa.
Alle pareti scaffali colmi di libri, meravigliosi arazzi e candele, così tante candele da ricreare il sole.
Passi leggeri, la voce di un ricordo.
La porta dall'altro lato della stanza si aprì ed Helena entrò col suo seguito di servitori.
Camminava lenta come se il mondo attorno a lei non avesse alcuna importanza.
Ricordava ogni suo lineamento, il suo profumo, quell'espressione infastidita che le colorava il volto quando qualcosa la costringeva ad indietreggiare.
L'oro prezioso dei capelli era imprigionato in una meravigliosa treccia che scendeva dolcemente sulla spalla sinistra.
Fermate di tanto in tanto da luminose perle e intricati fili d'argento, le ciocche ribelli incorniciavano due occhi di cielo colmi di curiosità.
Il suo abito era semplice, elegante certo, ricco di nobiltà ma era una nobiltà diversa, la stessa che aveva visto in Svezia.
Niente gonne o corpetti così stretti da togliere il respiro, indossava gli stessi abiti di suo marito, certo più teneri e dal taglio deciamente più delicato ma aveva gli stessi colori, gli stessi simboli cuciti addosso.
Per qualche secondo gli parve di rivedere la stessa donna che aveva avuto accanto per tanto tempo, diversa da tutte le altre, testarda e a tratti irriverente.
Quella giovane era ancora lì, indossava ancora abiti maschili e l'irriverenza faceva parte del suo sguardo tanto come allora ma c'era un bambino aggrappato a lei, un bambino che dava un senso diverso a quell'incontro.
La testolina posata sulla sua spalla piena di teneri ricci castani, gli occhi grandi di un verde così chiaro da sembrare quasi cielo.
Era così piccolo, così indifeso, forse nemmeno era in grado di reggersi da solo sulle proprie gambe ma c'era tanta forza nel suo sguardo e una voglia impressionante di scoprire il mondo.
La vide sorridere confusa da quell'intrusione improvvisa nel suo piccolo mondo sicuro “Perché siete qui?” ma nell'azzurro del suo sguardo si accese un lampo di fuoco “Ulek” l'uomo annuì appena muovendosi veloce.
Elin alzò lo sguardo attratta dalla voce madre, la vide mormorare qualcosa all'orecchio dell'uomo poi quel si sussurrato a fior di labbra.
Chiuse il libro e senza aggiungere una sola parola, si alzò dai cuscini raggiungendola.
La mano si strinse attorno alla sua, gli occhi si fusero assieme mentre un sorriso bello come il sole riempì il volto di Helena.
“So perché siete qui e la mia risposta è no” “Non è una domanda che porto con me” “Volete rifiutare i doni di mio marito” “Non ho bisogno della pietà, non ho bisogno delle ricchezze o dei soldi” ma lei rise appena posando le labbra sulla testolina del figlio “Siete un pessimo bugiardo, ve l'ho detto tante volte in passato eppure, nonostante il tempo trascorso, siete rimasto un pessimo bugiardo” “Già” un debole sorriso nacque sulle labbra ma la donna che aveva davanti sembrava aver dimenticato vent'anni di vita passata accanto a lui.
“Porta i bambini fuori da qui” “Si mia signora” “Jag vill inte lämna dig” “Lo so amore mio” sussurrò Helena sfiorando il volto di Niklas “Ma non temere, Ulek vi porterà a fare una passeggiata nel parco” “Davvero?” “Vostra grazia dubita di me forse?” Erland rise scuotendo con forza la testolina “Andiamo? I falchi sono pronti per la seconda battuta di caccia” il volto di Elin si illuminò di colpo e tutta la confusione di poco prima parve sparire nel nulla “Tu vieni mamma?” “No, non ora amore mio” “Posso usare il tuo fucile?” “No” “Pochi attimi te ne prego” si inginocchiò davanti alla figlia scostandole dagli occhi una ciocca di capelli “Niente fucili né pistole, tuo padre ti porterà a sparare più tardi, però ...” sfilò dallo stivale il frustino di pelle “ … puoi portare con te questo. Ricordi come si usa?” “Devo muoverlo indicando al falco la direzione” “Non farla giocare con Heimdallr ...” riprese sfiorando qualche secondo il volto di Ulek con lo sguardo “ ... l'ultima volta è tornata con il volto tutto graffiato” “Mi è scivolato” mormorò crucciata la bambina “Non l'ho fatto apposta, era troppo grande per me” “Lo è anche adesso Elin” “Ma a lui piace il mio braccio” “Quando sarai più grande avrai il tuo falco angelo mio” Ulek sfiorò la spalla della piccola costringendola ad allontarsi dalla madre.
“Non ama nessun'altro all'infuori di me” “Siete sua madre, sarebbe strano il contrario” ma Helena rise stringendo più forte a sé il figlioletto “Il mio falco, è il mio falco che mi ama alla follia” “Ricordo molto bene il vostro falco” ribatté ironico “Non mi piaceva l'idea di farvi incontrare i miei figli, non mi piaceva l'idea di portarli in Francia ma mio marito ha insistito. Diceva che non avreste mai accettato nulla da lui senza una spiegazione, senza una ragione. È così forse?” il cielo del suo sguardo divenne improvvisamente più profondo, una voragine fatta di cristallo puro dove perdersi “Non ero felice nemmeno io di questo incontro” “Dunque la nostra ragione non vi ha convinto” mosse appena il capo, una giovane serva si avvicinò silenziosa “Portalo nelle mie stanze” “Subito altezza reale” ma le manine del piccolo si strinsero con forza attorno a lei “Jag har något viktigt att göra Reine” lo staccò dolcemente da sé lasciandolo in lacrime tra le braccia della serva.
La ragazza guardò confusa la sua signora aspettando un ordine, un sussurro, qualsiasi cosa che potesse aiutarla a sciogliere l'indecisione di quei pochi attimi “Via, fuori di qui” “Si vostra grazia” ma il piccolo scoppiò a piangere allungando le mani verso la madre “Dopo amore mio. Portalo fuori, che si diverta assieme ai suoi fratelli” un debole inchino, il pianto disperato di suo figlio che lentamente si affievoliva nascosto dai muri spessi.
La vide sospirare massaggiandosi il collo “E così, niente di tutto questo ha funzionato” riprese poi sedendo sulla poltrona di fronte a lui “Un bambino che piange non ha forse più importanza di questo discorso?” “Un bambino?” ripeté confusa studiando il suo volto “È di un granduca che parlate, il più giovane tra i nipoti del nostro re, l'unico a cui è permesso piangere in presenza di nostro Signore se la cosa gli aggrada” “Non ricordo di aver mai giurato fedeltà al re svedese” “E io non ricordo di avervi mai visto così tranquillo in vita mia” ma Andrè rise scuotendo leggermente la testa “Cosa stiamo facendo?” “Parliamo, è questo che si fa tra persone normali” lo invitò a sedere senza prestare molta attenzione al caos che velocemente gli cresceva dentro.
Fece una fatica assurda a trattenere le emozioni e un passo alla volta, si avvicinò a lei, il velluto sotto le mani, il respiro accelerato e quel sorriso ironico che gli massacrava il cuore ogni secondo un po' di più.
Sedersi di fronte a lei voleva dire sedere di fronte al passato, lo stesso passato faticosamente cancellato  che ora gli rideva in faccia irriverente come non mai “È passato molto tempo dal nostro ultimo incontro” “Un addio silenzioso, ecco tutto quello che ricordo di te Oscar” “Ho fatto quello che dovevo per tenere al sicuro la mia famiglia, mio figlio e il mio matrimonio” “E questo includeva la tortura regalataci per tutti questi anni?” sbottò gelido stringendo più forte le mani attorno ai braccioli “Mio marito non è mai stato bravo a dimenticare” mormorò amabile la giovane “Non conosce la parola perdono, specialmente se questo ha a che fare con i suoi figli o con me” le labbra di seta si addolcirono di colpo rendendo quel sorriso ancora più bello.
Sapeva che niente di lei sarebbe stato diverso dal ricordo che custodiva nel cuore, era preparato alla sua bellezza, a quella tenerezza che esplodeva violenta nei suoi occhi ogni volta che sorrideva.
Eppure, non era più abituato alla sottile ironia che metteva in ogni parola, alla forza di quel mondo nuovo che viveva nel suo sguardo.
Pochi attimi, pochi attimi per riuscire a riordinare le idee, per cercare di leggerle di nuovo nel cuore come una volta ma il gelo del nord era entrato con forza dentro di lei, l'aveva protetta costruendole attorno una spessa corazza che a malappena veniva scalfita dalle sue parole.
Fece un bel respiro studiando qualche secondo il volto della ragazza, era calma, forse perfino divertita da quella situazione alquanto irreale.
Le spalle rilassate, le gambe dolcemente accavalate, il respiro lento, regolare.
Poteva quasi sentire il battito del suo cuore, il leggero tremore di vita che sollevava dolcemente il suo seno costringendolo a sorridere “La sua collera è stata imprigionata ma non è scomparsa” “Credo di averla trovata io giovane dama, è rimasta in Francia per sei anni, è stata nostra compagna nelle lunghe notti invernali e per poco non siamo morti di stenti!” ma lei sorrise annuendo appena “Ora invece, da un giorno all'altro, tuo marito diventa un angelo” “Ha imparato a perdonare” “Perché?” domandò gelido “Perché adesso!” “I fiumi non smettono mai di scorrere, l'acqua continua a fluire senza mai sostare e così anche la vendetta in un grande cuore” la mano si mosse appena autorizzando l'entrata di Corinne.
Reggeva un bel vassoio d'argento dove due tazze fumanti decoravano con soffice scie di fumo le loro parole “Lascia pure, ci penso io” “Sapete bene che non è mio compito lasciare le cose a metà” “Non devi ...” “Si vostra grazia” mormorò amabile posando le tazze sul tavolino “Mio figlio si è calmato?” “Diciamo che è piuttosto testardo mia signora, non smette di chiamarvi” Helena sospirò sfiorando con le dita il ciondolo d'argento “Mio marito?” “Mi ha pregato di dirvi che si occuperà di Reine non appena l'ambasciatore lascerà la tenuta” “Più o meno tra qualche mese” ribatté ironica prendendo tra le mani la tazza fumante “L'ambasciatore è piuttosto chiacchierone” “Forse vostro marito è troppo buono” esclamò divertita la cameriera sistemando il tavolino “Desiderate altro?” “Chiedi ad Inga di raggiungerlo, offriamogli una via di fuga” Corinne annuì appena lasciando la sala.
Il silenzio tornò di colpo tra loro fino a quando la voce della duchessa non sciolse di nuovo l'imbarazzo “Gradirei avervi come ospiti” “No” si affrettò a rispondere ma lei rise “Non è una domanda” “E la mia non era una risposta” sbottò ironico “Non ho alcuna intenzione di riportare indietro i fantasmi passati ma compirò gli anni e mio marito ha invitato ambasciatori e amici. Non pretendo la tua amicizia, conosco bene l'odio che ora ti batte nel petto” “Io non … non ti odio” sussurrò più a sé stesso che a lei, gli occhi di Helena si fecero improvvisamente più dolci e per qualche secondo, Oscar tornò ad affacciarsi alla realtà “Non importa, posso convivere bene con l'odio e con la rabbia tuttavia, voi siete l'unico legame che mi resta con l'infanzia e mio marito pensa sia più che normale custodire i ricordi” “E tu?” cercò i suoi occhi ancora una volta sospirando “Cosa pensi tu?” ma lei abbassò lo sguardo allontanandosi nuovamente da lui.
La porta si aprì di nuovo e il duca entrò reggendo un bambino dal volto arrossato e gli occhi ancora lucidi, Andrè sorrise appena alzandosi “Non scomodatevi” esclamò Nils avvicinandosi alla sua sposa “Abbiamo un problema” Helena prese il piccolo tra le braccia stringendolo a sé “Vad är min kärlek?” Reine chiuse gli occhi nascondendo il volto sul seno della madre mentre i singhiozzi rompevano di tanto in tanto il suo respiro “Oggi non riusciamo proprio a restare tranquilli” sfiorò il volto del figlioletto scostandogli dalla fronte i ricci mandidi di sudore "Forse è colpa dei denti amore mio" ma l'espressione confusa sul volto del marito la costrinse a continuare "Questa notte ne è uscito un altro" "Davvero?" mormorò l'altro sfiorando con un bacio la testolina del bambino "Stai diventando grande angelo mio" “L'ambasciatore?” “Il tuo gesto non è passato inosservato” le diede un bacio accarezzando la testolina di Reine “La mia sposa è stata educata con voi?” Andrè tremò di colpo riportato alla realtà da quella domanda improvvisa.
Fece un bel respiro costringendosi ad assomigliare allo stesso uomo di sempre “Come ci si può aspettare da una granduchessa mio signore” “Deduco quindi sia un si?” domandò Nils cingendo con un braccio le spalle della giovane “Se non c'è altro per me ...” riprese Andrè sistemando i lacci della camicia “ … prego le vostre altezze di congedarmi. Mia moglie mi aspetta” Helena rise appena cullando il bambino “Avete così tanta paura?” “Non ho paura di voi” “Allora resta” una scossa violenta percorse il cervello arrivando fino al cuore.
La distanza retta fino ad ora dall'etichetta era sparita, il suo sguardo era colmo di sfida e di ghiaccio, lo stesso ghiaccio che sembrava averle rubato il cuore.

 
  
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