Le fredde pareti di roccia nere della cella, che era la sua abitazione da anni, stringevano Syderius in una morsa claustrofobica che non gli permetteva di pensare. I mattoni quadrati gocciolavano acqua condensata e urina di topo; il ragazzo sedeva sotto una panca di legno marcio, appesa alle pareti da due serie di catene arrugginite che cigolavano a ogni movimento troppo brusco.