AkaTsuki
Fan fiction by Fin Fish
Ciao a tutti!
Eccomi qui,
come sempre, pronta con un nuovo capitolo da mostrarvi =).
Allora, eravamo rimasti al risveglio di Kagome, giusto?
Bene, ora vi
lascio a questo piccolo capitolo con una piccola entrata in scena di…
Un grandissimo kiss a tutti dalla piccola Fin.
21° Capitolo: Un
peccato non svanisce con le lacrime.
Kikyo e
Kagome rimasero a fissarsi per un lungo istante.
La giovane miko non si era aspettata di vederla comparire, assieme ad Inuyasha
come se non bastasse.
Con un cenno
del capo, Kikyo le indicò l’uscita della capanna.
Kagome, benché titubante, decise di seguire la sorella.
Il maleficio non era ancora cancellato, avvertiva il peso dovuta all’assenza
del sigillo sul collo.
Inuyasha era stato bravo, era riuscito a spezzare quello senza ucciderlo.
Ora veniva la parte più difficile, riuscire a vincere la maledizione con le sue
sole forze altrimenti sarebbe morta.
-Immagino che
tu l’abbia capito-, prese parola Kikyo, fermandosi poco distante dalla capanna.
Kagome annuì. –La maledizione è ancora
presente, la sento nella mia anima-, spiegò Kagome, portandosi una mano al
petto.
Indossava ancora il suo abito ninja, ma non aveva avuto modo di cambiarsi in
quel breve lasso di tempo.
-Inuyasha è
stato in grado di spezzare il sigillo, ma non può veramente salvare la tua
anima-, continuò Kikyo, mentre alcuni Shinidamachou la affiancavano, portando
con loro le anime dei morti.
Kagome la
fissò imperscrutabile, mentre centinaia di anime danzavano attorno al corpo
della sorella.
-Kagome, cosa
hai intenzione di fare d’ora in poi?-, domandò Kikyo, avvicinando a se alcune
anime.
-Cosa intendi?-.
-Riuscirai a
vivere portando con te il peso dei tuoi peccati?-, chiese, esplicitando meglio
il soggetto della sua domanda.
Kagome chinò il capo, fissando un punto indefinito del suolo e chiudendosi a
riccio.
Kikyo non la
incoraggiò a parlare, conoscendo il carattere della sorella probabilmente
l’avrebbe soltanto fatta chiudere in se stessa ancora di più.
Kagome si morse
il labbro inferiore, serrando le mani in pugni e sollevò di scatto il capo.
Ricambiò con intensità lo stesso sguardo serio e posato della sorella.
-Un peccato
non può svanire con le lacrime-, disse, risoluta e senza scostare lo sguardo da
quello della miko davanti a lei.
-Questo mi
ripeteva il mio maestro. Per quante lacrime io versi, per quante ne abbia
versate… Quello che ho fatto non può essere cambiato-.
In quel momento, l’immagine del massacro si ripropose davanti ai suoi occhi.
L’agghiacciante scena di morte e sangue la colpì in pieno, scuotendo la sua
anima.
Sentiva il suo corpo tremare, mentre il cuore batteva furioso nel petto.
Tuttavia,
stavolta era diverso dal passato. Stavolta non avrebbe scostato lo sguardo,
avrebbe continuato a guardare quella scena fino in fondo.
Chiuse gli
occhi, traendo un profondo respiro.
Riaprì lentamente gli occhi; la scena di morte era sparita del tutto.
L’ombra di un sorriso si mostrò sul volto di Kikyo, mentre si avvicinava alla
sorella.
Con un movimento rapido, raccolse la faretra poggiata in terra poco distante da
loro; aveva previsto ogni cosa.
Estrasse una freccia e, con un movimento fluido, ferì la mano sinistra seguendo
la linea bianca su di essa.
Kagome sgranò gli occhi, intuendo finalmente quali fossero le intenzioni della
sorella maggiore.
Con un gesto
brusco, Kikyo afferrò la mano destra di Kagome e con un dito tracciò una linea
sulla cicatrice biancastra su di essa.
-Il nostro legame…-, mormorò Kikyo, mentre il sangue continuava a scendere
lentamente dal taglio aperto.
-Kagome, il nostro legame è l’unica cosa che possa sciogliere quella
maledizione. Ma dovrai dimostrare fede e coraggio-.
Kagome annuì leggera con il capo, afferrando la mano chiusa a pugno della
sorella.
-Non intendo scappare-, proclamò seria.
Kikyo le sorrise, liberandosi senza sforzo dalla stretta leggera della sorella
e, con un gesto rapido, la ferì alla mano.
-Combatti, altrimenti morirai-.
Kagome annuì, mentre lentamente chiuse gli occhi.
Le loro mani s’intrecciarono, unendo il loro sangue e creando un legame
profondo, indissolubile che non poteva essere in nessun modo cancellato.
Chiuse gli
occhi, permettendo ad una luce rosata di avvolgere il suo corpo e la sua anima.
Kikyo aveva chiuso gli occhi, l’espressione del volto era tesa e concentrata.
Kagome l’imitò, cercando di focalizzare la mente sulla sua risolutezza.
Risolutezza che avrebbe potuto spezzare la maledizione.
Per un
secondo la sua mente vagò nel nulla, cercando di riordinare i suoi ricordi per
trovare quello che cercava.
Il momento della separazione.
Quando era stato il momento in cui, per la prima volta, si erano allontanate
così tanto?
Era stato
allora? Quando aveva saputo della maledizione?
No, era accaduto in due momenti diversi ma, sicuramente, era cominciato tutto
da quando era tornata al villaggio di Musashi poco dopo la morte di Inu no
Taisho.
Il piccolo tempio era
avvolto da una forte cappa di silenzio.
Kikyo, l’ultima miko rimasta di guardia ad esso, stava rientrando nella sua
capanna dopo aver compiuto le abituali preghiere del mattino.
Stava per accedervi, quando una figura poco distante la sorprese.
Era una ragazza di circa quindici anni.
I lunghi capelli scuri erano lasciati liberi sulle spalle, incorniciando un
volto dai tratti malinconici e gentili.
Sgranò gli occhi per lo
stupore, mentre osservava quella ragazza avanzare verso di lei.
Sentì gli occhi
bruciare, prossimi alle lacrime, mentre osservava la sorella appena
tornata a casa.
<< Kagome
>>.
Raggiante come non mai abbracciò di slancio la sorella, sentendo le lacrime
solcarle il volto.
Non se ne curò.
Dopotutto erano lacrime di gioia.
Kagome rimase impassibile davanti a quella dimostrazione di affetto, anzi,
sarebbe più coretto dire che si sentiva a disagio.
Era passato poco tempo
dalla morte del nobile Inu no Taisho; sentiva ancora le sua mani lorde del suo
sangue.
Un movimento rapido e preciso, allontanò la sorella maggiore da lei e la guardò
indifferente.
<< Kikyo nee-sama,
cosa desideri da me? >>, domandò Kagome, senza mostrare il minimo accenno
di gioia.
Kikyo rimase stupita da quel comportamento, così diverso da quello con cui era
partita.
<< Kagome, sono
felice che tu sia tornata >>, disse, mostrandosi in ogni caso cordiale
nei suoi confronti. << Nostra madre, sfortunatamente è venuta a mancare
qualche tempo fa. Non c’è stato modo di rintracciarti, mi dispiace >>.
Kikyo scostò il capo, colpevole per aver nascosto alla sorella una simile
notizia per così tanti anni.
<< E allora?
>>, rispose semplicemente, portando una mano alla corda che reggeva la
faretra sulle spalle.
Kikyo sollevò il capo sconvolta.
Gli occhi nocciola di lei, un tempo carichi di gioia e calore, ora erano molto
più simili ad un lama di ghiaccio impenetrabile.
La miko si allontanò di
qualche passo dalla sorella, fissandola di sbieco.
<< Kagome, come
puoi essere così tranquilla? >>, chiese, visibilmente scossa dal
comportamento della ragazza.
<< Semplice. Ho
visto molte persone morire, persone a me care andarsene senza che io potessi
fare nulla…>>. Una nota di malinconia velò la sua voce, per la prima
volta, donandole un pochino di umanità.
<< Ho ferito molte
persone. Kikyo nee-sama, io non sono più la bambina che ha lasciato questi
luoghi. Ora sono cambiata, ma non temere. Come da accordi, prometto che ti
proteggerò sempre >>.
<< Kagome…>>.
Kikyo scosse il capo più volte, mentre continuava a indietreggiare, quasi a
voler sfuggire allo sguardo di qualche youkai.
Cos’era accaduto alla sorella a cui era tanto legata?
Chi era quella ragazza dall’aspetto freddo e sicuro di se?
Kagome si allontanò nel
folto della foresta, senza aggiungere altro.
Dopotutto, quello che era necessario da dire era stato detto e non aveva motivo
di trattenersi oltre.
Aveva deciso; sarebbe divenuta una ladra, riuscendo a sfruttare gli allenamenti
fatti con il nobile Inu no Taisho; senza dover uccidere più nessuno.
Una lacrima solitaria solcò il suo volto, mentre proseguiva per una meta
indefinita.
Kagome
sorrise mesta a quel ricordo.
Era stato allora.
In quel momento aveva detto addio a Kikyo, aveva detto addio alla sorella per
dedicarsi alla sua vita e trovare il modo per espiare i suoi peccati.
La luce andò lentamente ad affievolirsi.
Un sottile filo di vento mosse i suoi capelli, mentre lentamente riprendeva
coscienza della realtà.
La maledizione era stata tolta, ma non per questo avrebbe potuto veramente
rilassarsi.
-Kikyo
ascolta…-, esordì Kagome, ma quando sollevò il volto per cercare quello della
sorella scoprì, suo malgrado, che non c’era più.
Si guardò intorno perplessa, ma della sorella non vi era più traccia.
Kagome
sorrise mesta, mentre si diceva che, infondo, era meglio così.
Dopotutto, non avrebbe mai saputo ringraziarla come si deve però, forse, non
sarebbe mai stato neanche necessario farlo.
I primi di raggi sole spuntarono da dietro le montagne circostanti, lambendo
con il loro tenue abbraccio la foresta dove si trovavano.
Kagome tornò verso la capanna, scoprendo con sua gioia che non era la sola ad
essersi svegliata tanto presto.
Inuyasha era
poggiato con la schiena contro la parete della capanna, le braccia conserte
sorreggeva Tessaiga.
Sentendo il rumore dei passi della ragazza, aprì lentamente un occhio e la
osservò con attenzione.
Sembrava stesse bene, almeno dall’apparenza era così.
-Buongiorno-,
annunciò la ragazza sorridendo, mentre si avvicinava a passo felpato all’hanyou.
Sango e Miroku dormivano ancora, quindi decise di parlare a bassa voce per non
disturbarli.
Inuyasha non
le rispose, ma alla ragazza andava bene così.
Si accovacciò davanti a lui, perdendosi nelle sue iridi ambrate come non faceva
da tanto tempo ormai.
Mantenendo il sorriso in volto, Kagome tese la mano verso il suo viso e sfiorò
delicata i lineamenti per poi fermarsi alle sue orecchie.
Le carezzò delicatamente, cercando di non arrecare fastidio all’hanyou.
-Mi sono mancate, sai-, disse sorridendo, lasciando lentamente la presa da
esse.
Inuyasha la scrutò ancora, cercando di capire se quello che stava mostrando in
quel momento fosse il suo verso aspetto.
Kagome si
accorse dello sguardo intenso di Inuyasha, se ne sentì imbarazzata per un
istante ma comprese subito che non poteva farci nulla.
Dopo quello che aveva visto nella sua anima, era chiaro che dubitasse della
sincerità delle sue espressioni facciali.
Lei stessa ne era sorpresa.
-Va tutto
bene, Inuyasha-, incalzò Kagome, notando che l’hanyou non si decideva a
parlare.
-Sei proprio
sicura?-, domandò, sollevando un sopracciglio e fissandola scettico.
Kagome non scostò il viso, continuando a fissarlo con la stessa intensità gli
sorrise dolcemente.
-Certo-,
rispose tranquilla, mentre posava una mano sul petto. –Ti posso garantire che va tutto bene. Ora sono veramente in pace-.
Inuyasha sembrava ancora reticente a credere alle sue parole, ma dopotutto non
valeva la pena insistere.
Se Kagome diceva che andava tutto bene, quale ragione poteva avere per negare
quella realtà?.
Si guardò
intorno, notando che Kikyo era sparita nel nulla.
Il suo odore era scomparso con lei.
Si morse il labbro inferiore, mentre si malediceva per non averla ringraziata
in anticipo.
La miko si
accorse dello sguardo spaesato e perplesso dell’hanyou, mentre vagava con lo
sguardo alla ricerca di Kikyo.
Un moto di rabbia le salì nel petto, mentre serrava le mani in pugni.
-Se è Kikyo nee-sama che cerchi è andata via, non ha nemmeno aspettato che la
ringraziassi-, mormorò acida Kagome, mentre l’hanyou la guardava perplesso.
-Capisco-, rispose affranto, trovandosi subito nella stessa situazione di
Kagome.
Avrebbe voluto ringraziarla, infondo era merito suo se Kagome si era salvata.
La rabbia
della miko aumentò, ma lei stessa non sapeva come spiegare quello strano
sentimento che le divampava nel petto.
-Potevi
seguirla, nessuno ti obbligava a restare-, replicò con rabbia, evitando
accuratamente lo sguardo dell’hanyou.
Inuyasha continuava ad osservarla, mentre un sorriso ironico gli increspò le
labbra.
Era buffa quando si arrabbiava in quel modo, anche perché era la prima volta
che la vedeva comportarsi in quella maniera.
-Siamo gelose, vedo-, osservò l’hanyou, scrutandola con uno sguardo malizioso.
Kagome deglutì pesantemente.
Le sue guance cominciarono ad assumere una tonalità rossastra, tradendola
completamente.
-Allora avevo ragione!-, esclamò l’hanyou, rincarando la dose.
Per la prima volta, dopo tanti anni, si sentiva scoperta e vulnerabile.
Era una sensazione spiacevole, ma allo stesso tempo sapeva che non sarebbe
stata sola.
Inuyasha era lì per lei, come lo era sempre stato.
Serrando la mano in un pugno, si voltò verso di lui ricambiando il suo sguardo
divertito con uno serio e deciso.
-Sì, hai
ragione. La cosa ti disturba?-, chiese seria, lasciando senza parole l’hanyou.
Inuyasha rimase stupito per qualche minuto, ma poi sorrise e non poté
trattenere una risata nel vedere il volto così serio di lei.
-Cosa ci trovi di divertente?-, domandò stizzita la ragazza.
Inuyasha tese una mano verso il suo viso, sfiorandolo con delicatezza per
timore di ferirla ancora con i suoi artigli.
Kagome rimase paralizzata, mentre sentiva la mano di lui sfiorarle i contorni
del viso per poi passare una mano tra i suoi capelli scuri.
Kagome chiuse gli occhi, abbandonandosi al dolce torpore che la stava invadendo
e protese il volto contro la mano dell’hanyou, adagiandocisi meglio contro.
Inuyasha
sorrise sincero, senza ilarità o altro, mentre osservava il volto di Kagome
distendersi contro la sua mano.
In quel momento
tanto tranquillo, il rumore sordo di qualcosa che cadeva a terra catturò la
loro attenzione.
Il bastone di
Miroku era scivolato dalle mani, cadendo a terra e interrompendo il contatto
tra i due.
Il monaco li osservava con un sorriso ebete, mentre si passava una mano dietro
la nuca.
Sango teneva il capo chino, mentre carezzava delicatamente Kirara al suo
fianco.
-Non fate caso a noi, continuate pure senza problemi-, disse Miroku, ricevendo
per tutta risposta un colpo in testa da Sango.
Kagome si sollevò da terra, mentre raccoglieva dal giaciglio il suo yukata.
Legò l’obi e raccolse la faretra e l’arco.
-Bene, io
direi che è venuto il momento di riprendere le mosse-, annunciò Kagome, mentre
osservava i suoi compagni osservarli pensierosi.
-Kagome-sama, non per essere disfattista, ma non abbiamo un percorso da
seguire-, le ricordò Miroku.
Kagome si sedette ancora una volta a terra, trovandosi pienamente d’accordo con
le parole del monaco.
-Io avrei una
soluzione-, proclamò una voce anziana.
Inuyasha portò una mano al collo, sentendo qualcosa pungere e succhiare il suo
sangue.
Con un gesto
fulmineo e veloce schiacciò il piccolo insetto, lasciandolo ricadere lentamente
sul palmo della sua mano.
-Ma guarda è
Myoga-, esclamò sorpreso, mentre la piccola pulce si riprendeva.
-E’ passato molto tempo Inuyasha-sama-, disse la piccola pulce, mentre si
ricomponeva.
Kagome si
avvicinò per poter osservare meglio la piccola pulce, lo stesso fecero Sango e
Miroku.
-Dimmi un po’ Myoga…-, esordì Kagome, mentre assottigliava lo sguardo contro l’anziana
pulce. –Tu eri partito insieme a noi, si può sapere dove sei stato fino ad
ora?-.
Myoga cominciò a sudare freddo, mentre gli sguardi di tutti si portavano su di
lui.
-Eri fuggito in un luogo del tutto al sicuro, vero?-, continuò Kagome, mentre
Myoga aveva preso anche a tremare leggermente.
-Bè…Ecco… in verità io stavo…-
-Scappando-,
dissero in coro i ragazzi, lasciando la povera pulce senza parole.
-Ad ogni modo-, disse, tossicchiando leggermente per poter ottenere l’attenzione
di tutti.
-Io credo di aver trovato qualcosa che vi possa tornare utile-.
**
L’alba si era
alzata in fretta.
Era stato distratto da quell’inutile essere umano, tanto perdere completamente
la cognizione del tempo.
Una inutile
spreco di tempo, constatò disgustato Sesshomaru, mentre osservava i resti di
quell’essere umano dalle dimensioni enorme.
L’aveva
attaccato, ignorando a cosa andasse incontro e aveva avuto la fine miserabile
che meritava.
Qualcosa
attirò la sua attenzione, una lama dalla forte aura demoniaca si trovava legata
alla cinta di quell’essere.
Quell’armava in se un qualche cosa che lo attirava, catturando la sua
attenzione enormemente.
Aveva la lama
lunga e affilata, l’impugnatura sembrava adattarsi enormemente alla sua mano.
L’aura
demoniaca della spada fu soprafata dalla forza di Sesshomaru.
Di questo se ne compiacque, constatando che quella spada, pur non essendo all’altezza
di Tessaiga, sarebbe stata il suo degno avversario.
Un odore catturò la sua attenzione.
Era diverso da quello che proveniva da quel patetico umano, ma ugualmente
irritante.
Una yasha comparve dal folto della
foresta, reggendo tra le mani un ventaglio.
Indossava un kimono elegante sorretto da un obi giallo.
Dietro di lei, poco distante, si trovava un ragazzino umano.
-Tu sei Sesshomaru, vero?-, chiese la donna, mostrando un sorriso ironico sul
volto.
Sesshomaru non le rispose, continuando a scrutarla con uno sguardo di ghiaccio.
-Ritira la
tua spada, non ho alcun desiderio di battermi contro di te-, disse, indicando
con un cenno del capo la spada tra le mani dello youkai.
Benché
riluttante, Sesshomaru rinfoderò la spada ponendola assieme a Tenseiga.
-Sono lieta
di constatare che l’aura demoniaca di Tokijin, la spada che hai appena
ottenuto, sia stata sopraffatta dalla tua-, continuò, ma lo youkai restava
freddo e silenzioso davanti a quella donna.
-Io sono
Kagura, signora del vento e figlia di Naraku. Il mio padrone mi manda a dirti
che sarebbe ben lieto di incontrarti di persona-.
Le ultime parole erano cariche di un velato avvertimento, ben colto dal fine
udito dello youkai davanti a lei.
-Cosa vuole da me Naraku?-, domandò Sesshomaru.
Kagura scrollò le spalle, ignorando volutamente la domanda dello youkai.
In lontananza sentiva il ronzare dei Saimyosho, gli insetti che servivano
Naraku.
Era chiaro che non si fidava di lei, quindi avrebbe dovuto fare molta
attenzione a quello che avrebbe detto da quel momento in poi.
-Naraku si
trova a nord, dovresti sentire la forza demoniaca che emana-.
Con un movimento fluido, Kagura aprì il ventaglio e in quel momento un forte
vento si alzò da terra.
Un odore molto simile a quello della donna lo colpì in pieno.
La cosa lo attirava.
-Dì pure a Naraku che accetto il suo invito-, rispose Sesshomaru, cominciando a
incamminarsi oltre Kagura.
-Un ultima cosa Sesshomaru-.
Lo youkai si volse verso la donna alle sue spalle.
Le sue iride rosso sangue erano lucide, come se stesse trattenendo le sue stesse
emozioni.
Si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere dentro di se le parole di
avvertimento da dare a quello youkai.
Non poteva rischiare più di così, si era esposta moltissimo in quell’ultimo
periodo.
-Se qualora
dovessi riuscire a ucciderlo… Ti prego, fammi sapere che cosa si prova-.
Una ruga d’espressione solcò la fronte di Sesshomaru, mentre osservava quella
donna andarsene assieme a quel ragazzino umano dallo sguardo vuoto.
**
Kohaku non
aveva perso di vista per un solo istante il cadavere di Kyokotsu, uno dei
membri degli Shinchitai.
Aveva provato un moto di orrore alla vista di quel corpo ferito a morte.
Qualcosa premeva nella sua mente, un ricordo lo perseguitava da qualche giorno
ormai.
Una ragazza.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri legati in un coda con indosso un abito
ninja come il suo, erano simili ma diversi.
Nel pensarla,
sentiva la sua anima dilaniarsi e la mente si offuscava sempre di più.
Per quale motivo ricordarla procurava tanto dolore?
Questo si
chiese Kohaku, mentre assieme a Kagura tornava verso il castello di Naraku.
E anche questo è
andato *ouf*
Come avrete
notato la battaglia contro Kyokotsu è stata volutamente evitata, dopotutto non
ci sarebbe stato molto da descrivere infondo u.u.
Bene, ora passiamo all’angolo dei grazie:
Kaggy95:Grazie a te =), sono contenta che il capitolo ti
sia piaciuto così tanto =).
Indelebile:Evvai, sono doppiamente contenta di sapere che
quella scena e il capitolo siano stati di tuo gradimento =). Spero si possa
dire lo stesso di questo =).
Achaori:Grazie di cuore gioia =). Bè, devo dire che hai colto nel segno
ma altre cose saranno svelate nei prossimi capitoli in modo più completo ed
esplicito =).
Bene, al prossimo aggiornamento =).
Un grandissimo kiss a tutti dalla piccola Fin.