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Autore: nettie    18/09/2016    1 recensioni
Sembro quasi ridicola ai tuoi occhi, non è vero? Lo so, me lo dice il modo in cui mi guardi. Me lo dice il fatto che ci siamo odiati ed amati talmente tanto da distruggerci a vicenda, odiati ed amati talmente tanto che non c’è più possibilità di ricostruire qualcosa insieme.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Storie brevi scritte in un lasso di tempo breve. '
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Le tue labbra si muovono fievoli e un suono strozzato esce da queste. Sono pronta a tutto: sono pronta a ricevere in viso il veleno che sputerai, sono pronta a farmi fracassare il cuore da te ancora una volta. Sono disposta a tutto pur di mettere una fine alla nostra storia.

 

«Scusa.»

 

Sei di fronte a me dopo tanto tempo, e dopo tanto tempo ho l’occasione di sentire il tuo respiro farsi più pesante, più nervoso. Sento le gambe e le mani tremare, mentre il cuore è tutto un’esplosione di emozioni.

 

«E’ passato troppo tempo per chiedere scusa.»

 

Dico impassibile, con voce ferma. Mi fingo forte e mi viene da ridere. Tu li sai leggere, i miei occhi. Sai già quale punto colpire per affondarmi.

 

«Lo so.»

 

Ammetti tu, forse con il cuore stretto nella stessa morsa che sgretolò il mio anni fa.

 

«Le accetti lo stesso?»

 

Continui a parlare a testa a bassa, tenendo le mani dietro la schiena. La tua voce sembra un miagolio spezzato d'un animale in pena. 

 

«Io ti ho perdonato anni fa.»

 

La mia stessa voce nasconde un velo di malcelata malinconia. Ti guardo a testa alta: non ho paura di te, non più.

 

«Ma è troppo tardi per tentare di ricostruire qualcosa.»

 

A queste mie parole alzi il volto, ed i tuoi occhi di ghiaccio colpiscono i miei con inaudita violenza - quasi il tuo sguardo mi fa male, un dolore acuto che nasce dal centro del petto.

 

«Lo so.»

 

Le tue labbra si piegano in un sorriso, ma sul tuo viso è dipinta un’espressione affranta. Chiudo gli occhi e prendo un lungo respiro: non riesco a sostenere tutto ciò; i tuoi occhi, la tua voce, il tuo odioso modo di fare, il modo in cui mi tratti e mi hai sempre trattata. Io non ti sopporto più.

 

«Volevo solo chiederti scusa dopo tanto tempo.»

 

«Sei arrivato tardi.»


«Lo so.»

 

«Cosa vuoi ancora da me?»

 

Il cuore salta un battito ballonzolando nella cassa toracica; mi si blocca il respiro per un interminabile attimo. E’ come se ti ringhiassi contro a pugni stretti ed occhi socchiusi, come se in un qualche modo volessi fulminarti per vendicarmi di tutto il male che m’hai causato. Come se non ti avessi mai realmente perdonato del tutto, perché certe cose non si perdonano.

 

«Niente. Volevo chiederti scusa.»

 

Le tue ripetizioni mi danno fastidio, e mi da ancor più fastidio il fatto che tu sappia di starmi facendo male. Mi danno talmente tanto fastidio che riescono a scuotere quei sentimenti che avevo ingabbiato giù nell’anima, ma talmente tanto fastidio che già sento le lacrime salire agli occhi dal nervosismo.

 

«Basta, ti prego. Non ne hai più bisogno.»

 

Sibilo con un filo di voce, mentre i tuoi occhi continuano a trafiggere la mia stabilità morale per tentare di buttarla ancora una volta giù.

 

«Nessuno ha più bisogno dell’altro, ormai.»

 

Ammetto con il cuore nuovamente a pezzi: lo avverto che mi si frammenta dentro, andando ad incastrarsi negli angoli più remoti del mio corpo. Tu annuisci lentamente, e fra noi cala un religioso silenzio, di quelli che pur essendo muti riescono a parlare, a dire più di quanto le parole dovrebbero dire.

 

«Hai ragione. Sarebbe inutile riprovarci una seconda volta.»

 

Ora anche la tua voce è tornata bassa, greve, rauca, lasci intendere tu stia rimpiangendo qualcosa di antico e bellissimo: lasci intendere tu stia rimpiangendo ciò che Noi eravamo.

 

«Posso chiederti una cosa?»

 

Domando, cercando di evitare il tuo sguardo per la vergogna.
 

«Dimmi.»

 

Non ci riesco; i tuoi occhi rapiscono i miei ancora una volta, e sono costretta a risponderti con lo stesso dolore che porta nel cuore un lapidato a morte.

 

«Hai pianto?»

 

«Tanto.»

 

Le tue parole silenti si sgretolano piano nell’aria, a stento riescono a raggiungere le mie orecchie, il mio cuore e ciò che rimane della mia anima. Mi viene da sorridere, è un sorriso spontaneo di chi ha ormai risolto tutti i suoi quesiti esistenziali.

 

«Sono stato male senza rendermene conto.»

 

Continui a parlare, e posso subito intravedere un velo lucido coprire l’azzurro intenso dei tuoi occhi. Mi si stringe il cuore, si fa piccolo piccolo nel petto: per un solo attimo riesco a vedere nuovamente in te quel viso da bambino che mi ha tenuto compagnia per tanti anni, quello stesso viso di bambino che ha avuto il coraggio di sputarmi in volto come fossi spazzatura.

 

E’ un attimo.

 

Un battito di ciglia.

 

Sento i tuoi passi farsi sempre più vicini, ed il mio cuore battere sempre più veloce.

 

Le tue braccia cingono i miei fianchi, e mi stringono a te. Sussulto, e le mie mani stringono la tua maglia, le mie braccia dietro la tua schiena. E’ un abbraccio, il nostro. Un semplice abbraccio, quello che ho desiderato per tanto tempo, tutto quello che mi serviva per riuscire a dirti addio.

 

Crolliamo l’uno nelle braccia dell’altra.

 

Ti sciogli addosso a me, liberandoti di tensioni e segreti di ogni sorta. Il cuore ormai ha preso un ritmo tutto suo, fuori dal comune e sfidando ogni regola ed imposizione che la vita ha dato. Ti stringo, ti stringo come non ho mai fatto in vita mia e come mai farò: crollo sulla tua spalla, come se andassi di fretta, come se in un certo senso io stia rifiutando ciò che sta accadendo, come se non volessi farti sentire il dolore che sgorga dai miei occhi e fugge dalle mie labbra.

 

«Non ha senso ricominciare.»

 

Dici con voce strozzata, ma nonostante le tue parole non mi lasci andare. Poggi il volto sulla mia spalla sinistra, un singhiozzo ti scappa di bocca e sorrido amaramente. Affondo il viso nell’incavo fra il tuo collo e la spalla, chiudo gli occhi e inspiro forte: hai lo stesso profumo di sempre, nonostante tu sia cambiato così tanto. Lo terrò inchiodato al cuore, l'ultimo e il più prezioso fra i ricordi che ho di te. 

 

«No, non ha senso. Ma ora abbiamo una fine anche noi.»

 

Le mie stesse parole mi fanno sfociare in una delle risate più amare mai rise, e rimaniamo così, immobili, sospesi fra finzione e realtà. Affondo le mie mani fra i tuoi capelli castano chiaro come ero solita fare anni fa, e sussulti al solo gesto senza ritrarti. E’ un continuo susseguirsi di ricordi saliti alla luce, dissotterrati e spolverati, un continuo susseguirsi di gesti e sguardi che fanno tornare entrambi bambini.

 

Sento le lacrime scorrere veloci sul mio viso come tante volte hanno già fatto, sono le stesse lacrime che tante volte ho versato per te, e che ora sto versando con te.

 

«Sei stata una delle persone più importanti della mia vita.»

 

Sussurro come se non volessi farmi sentire, ma lo dico fiera d’aver superato il trauma della nostra separazione. Lo dico fiera, ché ora anche noi abbiamo una fine, abbiamo giustizia, come ogni cosa che nasce e che deve morire. C'è un qualcosa di strano in tutto ciò, c'è qualcosa di contorto in noi. Qualcosa di sbagliato, di ancora così terribilmente doloroso. 

 

«Anche tu.»

 

Ti scosti appena, e con gli occhi ancora arrossati e velati dal pianto mi guardi. Affondo i miei occhi nei tuoi, azzurri e bellissimi come lo erano un tempo. Non voglio pensare a chi potrà specchiarsi in questi, a chi se li sentirà addosso, a chi verrà amato da queste tue perle azzurre che hai incastonate nel volto. 

 

«Mi dispiace sia finita così.»

 

Sospiri rassegnato, e sciogli quest’abbraccio nel quale siamo rimasti avvinghiati. Sento improvvisamente freddo, ma non mi scompongo. Non mi posso scomporre, non dopo tutta questa fatica. Sento qualcosa bloccarmi il respiro nel petto, e deglutisco a forza quel boccone amaro che siamo stati. Mi porto una mano al volto ancora umido, e sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio nel vano tentativo di sembrare insofferente. Sembro quasi ridicola ai tuoi occhi, non è vero? Lo so, me lo dice il modo in cui mi guardi.

 

Me lo dice il fatto che ci siamo odiati ed amati talmente tanto da distruggerci a vicenda, odiati ed amati talmente tanto che non c’è più possibilità di ricostruire qualcosa insieme. Mi osservi come ora fossi un alieno, come se non fossi la persona che un tempo conoscevi. C'è un velo d'ironia in tutto ciò, perché non riconosci l'espressione sul mio volto come mia, nonostante sia stato tu a plasmare questa maschera di dolore che ora indosso. 

 

Non ricevi risposta da me; troppo impegnata a sembrar forte davanti ai tuoi occhi, troppo impegnata ad abbassare lo sguardo per evitare di venir colpita nuovamente dai tuoi occhi. Ti allontani silenziosamente come è giusto che sia, lasciandomi sola ancora una volta.

 

Ora fa meno male, però. Ora che entrambi sappiamo di avere una fine, fa meno male. Fa meno male perché non dovrò più pensare a noi come cosa irrisolta, come cosa dimenticata in stallo. Siamo finiti.

 

Quando ormai stai per scomparire all’orizzonte, urlo a pieni polmoni.

 

«Dispiace anche me.»

 

La voce è ferma, alta, quasi acuta, e ti raggiunge. Ti volti, e nonostante la distanza posso vedere il tuo volto più sereno di quel che era. Alzo una mano in segno di saluto come sono sempre stata solita fare con te, e tu rispondi al mio gesto. Rimango lì, immobile, paralizzata dalla troppa emozione che mi scuote con così tanta violenza. E’ finita, ormai. E’ finita. Sorrido fra me e me, nonostante abbia solo voglia di rintanarmi in un angolo a piangere ancora. “Dispiace anche a me.”, già, e quanto.

 

Ci voltiamo entrambi con l’anima in pace ed il cuore più leggero di prima: non avrò più notizie di te, ma non ne sentirò più il bisogno. Prendo un respiro lungo, a pieni polmoni, e mi sento incredibilmente leggera.

 

[ Ciao.

 

Sono di nuovo io. Scusami: avevo promesso non ti avrei mai più riscritto, ma ogni volta fallisco e m’arrendo a me stessa.

Ho scritto ciò che non abbiamo mai avuto: una fine. Ora che il ricordo di noi vive etereo nella mia mente, ho dato una fine ad entrambi. E’ quello di cui avevamo bisogno per la nostra storia finita senza finale. Non ti chiederò come stai, non ti dirò che mi manchi. Ora, almeno nella mia mente, non ho più motivo di pensare a te come ancora mio. Ti ho amato e ti ho odiato, ormai non ho più nulla da darti. ]

   
 
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