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Autore: Nythera    19/09/2016    0 recensioni
Si erano conosciuti per caso, lei avvocato, lui professore, ad una festa di amici comuni e si erano innamorati. La loro era stata una storia assolutamente nella norma: cinema, cene, serate con gli amici. Nulla che potesse far presagire l'altro lato della medaglia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   Paralleli

Sinead aprì gli occhi al suono acuto e martellante della sveglia. La mansarda della vecchia costruzione era illuminata a malapena, immersa nella luce ovattata del cielo irlandese di un mattino invernale e dalle insegne al neon delle lunghe file di hotel ed ostelli che spuntavano come funghi lungo tutta Gardiner Street.
A pochi decimetri dal suo viso, il quadrante luminoso della sveglia segnava le 08:30. Dal piano di sotto si sentiva il rumore di stoviglie che cozzavano l’una contro l’altra, e il profumo di caffè appena fatto rotolava su per la stretta scala che collegava il sottotetto con il resto del bilocale.
La donna afferrò la vestaglia azzurra, accuratamente stirata e piegata sullo sgabello accanto al letto, e si avviò lungo quelle stesse scale, barcollando per la stanchezza e stropicciandosi gli occhi non ancora del tutto struccati, lasciando tracce di kajal nere sulle guance pallide.

La cucina dell’appartamento era piccola e bianca.Cosi come nella stanza da letto, non si vedevano stampe o decorazioni alle pareti o sui mobili, tranne un calendario di quelli che le assicurazioni inviano tutti gli anni con i migliori auguri di non avere bisogno dei loro servizi appeso accanto al telefono.
Mark si trovava accanto ai fornelli, la mano stretta attorno al manico di una padella mentre l’altra, fasciata sino al gomito, era appesa al collo con uno scialle dai colori vivaci. Sinead si sedettte al tavolo rotondo e si versò del caffè.
“Hai finito? Devo essere in tribunale tra un’ora.” La voce fredda andò a coprire lo sfrigolare dei pancake sul fuoco.
“Quasi, tesoro. Sono dovuto uscire alle otto per comprare il latte e sono rientrato poco fa.”
Lo sguardo glaciale della donna si posò per la prima volta sulle spalle del marito. Un sottile odore di bruciato riempì la cucina, mentre trasparenti rivoli di fumo si innalzavano verso la ventola nella cappa.

Lo scatto che fece Sinead per alzarsi fece cadere a terra la sedia con un tonfo e, dopo pochi secondi, accanto ad essa cadde la padella rovente che la donna aveva volontariamente strappato di mano a Mark. La mano ben curata si abbattè sul viso dell’uomo una, due, tre volte, fino a lasciare un alone rosso e caldo su entrambe le guance, proprio sotto all’ematoma non ancora riassorbito che circondava l’occhio destro.
Mark scivolò a terra mentre la moglie gli voltava le spalle e risaliva le scale per prepararsi ad uscire.
“Pulisci e non azzardarti ad uscire. Torno questa sera con delle amiche. Intanto farò colazione da Starbucks, visto che a quanto pare in questa casa è impossibile avere qualcosa di ben fatto.”

L’uomo appoggiò la schiena contro al muro e rimase immobile ad ascoltare l’acqua che vorticava nelle tubature mentre Sinead faceva la doccia e non osò cambiare posizione finchè non sentì la porta d’ingresso chiudersi, lasciando l’appartamento nel silenzio.

Negli otto mesi in cui erano stati sposati aveva imparato ad ascoltare. Conosceva la cadenza dell’accento di Sinead, la appena percepibile differenza tra le espressioni di rabbia e di indifferenza. Aveva imparato  a fare suo ogni indicatore che gli permettesse di evitare un’altra notte al pronto soccorso dell’ospedale di Dublino.
Aveva imparato ad obbedirle, a soddisfarla e, soprattutto, a stare in silenzio.

Si erano conosciuti per caso, lei avvocato, lui professore, ad una festa di amici comuni e si erano innamorati. La loro era stata una storia assolutamente nella norma: cinema, cene, serate con gli amici. Nulla che potesse far presagire l'altro lato della medaglia.
Ma con il matrimonio la vera faccia di Sinead era venuta a galla. La dolce, comprensiva e disponibile Sinead era diventata violenta. Cattiva.
La personalità apparentemente docile della donna si era trasformata in una volontà di ferro, desiderosa di dominazione, bisognosa di qualcuno da controllare. E quel qualcuno si era incarnato nella figura del marito, che in poco tempo si era ritrovato fagocitato in quel malsano gioco.
Aveva lasciato l'insegnamento per restare ad occuparsi della casa, ignorava le chiamate degli amici con la scusa di essere sempre molto, molto stanco per il tempo passato a sistemare alcuni affari della moglie.
Aveva lentamente perso tutto e, cosa ancora peggiore, si stava lentamente abituando alla routine, al continuo alternarsi di dolore ed indifferenza. Ormai non ci faceva più caso e ogni giorno, ogni sopruso, era solo un altro giorno.

Si rialzò faticosamente, appoggiandosi al braccio sano, e si preparò ad affrontare il lavoro della giornata. Sinead rientrò alle 18 con un gruppo di colleghe su di giri per la buona riuscita del processo di quel pomeriggio. Mark aveva preparato la cena, apparecchiato in salotto e si era chiuso in cucina giusto in tempo per evitarle.
Dalla stanza adiacente si sentiva il chiacchiericcio delle donne: “Ma tuo marito non è in casa?” “No. È andato al Peter’s con alcuni amici.” La risposta noncurante della moglie non lo lasciò sopreso.
Nei primi mesi di matrimonio aveva fantasticato di aprire la porta e piombare a rovinare le festicciole di Sinead, ma non l’aveva mai fatto. Poi era passato alla rabbia, al prendersela con ciò che gli capitava sotto mano, a distruggere oggetti, a urlare contro lo specchio quando la casa era vuota: tutto per fare l’uomo e, nonostante tutto, non crollare.
Alla fine era arrivata la rassegnazione. Niente più desideri, niente più voglie, niente più rabbia, niente più piatti rotti alla ricerca di un inutile, impossibile sollievo. 
Si limitava a sedere nella cucina bianca, a fissare il nulla.
La porta della stanza si riaprì dopo diverse ore, ed entrò Sinead, con la solita espressione dura sul viso.
“Andiamo a letto.”  Mark annuì e la seguì su per le scale. Quella notte non vi furono botte, né sesso, né, come sempre del resto, amore. Sinead si era addormentata sotto l’effetto dei sonniferi che ormai prendeva spesso, e così anche Mark.

La mansarda della vecchia costruzione era illuminata a malapena dalla luce ovattata del cielo irlandese in un mattino invernale e dalle insegne al neon delle lunghe file di hotel ed ostelli che spuntavano come funghi lungo tutta Gardiner Street. A pochi decimetri dal suo viso, il quadrante luminoso della sveglia segnava le 07:30. La casa era silenziosa e l’unico rumore proveniva dalle macchine che già circolavano nella strada sottostante. Scese le scale in punta di piedi e raggiunse la cucina, dove cominciò a preparare la colazione.
Sinead afferrò una grossa ciotola e con il braccio sano cominciò a preparare l’impasto per i pancake. Mentre la farina copriva parte del suo scialle colorato, la donna ripensò al sogno che aveva fatto quella notte e un amaro sorriso si dipinse sul suo volto.
 
 
  
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