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Autore: mizuki95    19/09/2016    0 recensioni
[The Niflheim]
[Orlando x Jean]
Durante la prigionia di Orlando e Jean ad opera di Beltran, il giovane conte ha il tempo per riflettere sul proprio rapporto con il suo re.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti! Ho scritto questa fan fiction mentre giocavo alla route di Leo e, sebbene shippi da morire Jean con Isabella, non posso non shipparlo pure con Orlando, insomma è un cutiepie dolcissimo che merita tanto amore . Pertanto, cercando di essere il più IC possibile (ma ho messo l'avviso OOC perché dubito di esserci riuscita), ho messo giù questa fan fiction ambientata durante la prigioia ad opera di Beltran, lo Shinigami che voleva conquistare Niflheim perché scendere sulla Terra consegnando quaderni assassini a megalomani liceali era troppo mainstream. Vi lascio alla lettura, ditemi cosa ne pensate! :D

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Da quando era giunto nel regno di Niflheim, non aveva mai sofferto così tanto. Un dolore lancinante, paragonabile ad una dozzina di pugnalate, affliggeva il suo cuore. Jean, il suo re, si era sacrificato per il bene di Niflheim, ed ora si trovava sotto il completo controllo di Beltran, il vile dio della morte che intendeva rubargli il trono. Scortati dagli zombie mentalmente sottomessi al dio della morte, Orlando e Jean si ritrovarono rinchiusi in una cella. Il conte, seduto di fronte all’altro, non riusciva a guardarlo negli occhi.

Quegli occhi vuoti, privi di personalità, non appartenevano al suo sovrano. Non riusciva a guardarlo negli occhi, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua persona.

Immersi nel silenzio, Orlando vide galoppare la mente altrove, verso ricordi antichi ma che in quel momento sentiva molto vicini. Ricordò il suo arrivo a Niflheim, di come si rinchiuse nella sua solitudine aristocratica, sofferente per i dolori patiti in vita. Ci volle del tempo affinché si avvicinasse ad altri suoi simili, con cui mantenne un rapporto distaccato e disinteressato sotto l’apparenza di nobile affabile ed altruista. Tutto ciò cambiò quando iniziò a frequentare i balli e le cerimonie di corte. Lo vide, quello che avrebbe volgarmente definito un “babbeo”. Un ingenuo idiota. Una persona pura ed innocente. Un uomo che non diceva mai di no, che si lasciava sfruttare da chiunque gli si presentasse davanti con un po’ di moine e parole dolci, che faceva la corte a qualsiasi persona che indossasse una gonna. E quell’uomo era il suo re, e lo sarebbe stato per l’eternità.

Orlando non seppe dire di aver agito in nome dell’educazione aristocratica che aveva ricevuto in vita o per un vero fastidio nei confronti di quella situazione, ed intervenne con la sua caratteristica galanteria, salvando il sovrano dalla trappola che lo aspettava all’angolo. Ed intervenne una seconda volta. Ed una terza. Ed una quarta. Perse presto l’interesse nel numerare tutti i suoi interventi in favore del re. Ma qualcun altro aveva mantenuto quell’interesse. «Non riesci a farti gli affari tuoi, conte Orlando? » gli domandò un giorno re Jean, nella sala del trono. Orlando non ebbe il tempo di formulare una risposta da cui non trasparisse facilmente il suo fastidio, che l’altro aggiunse «Avevo proprio bisogno di un po’ d’ordine. Pertanto, potrai aiutarmi nelle noiose mansioni e doveri da re. Non c’è bisogno di ringraziarmi, so che il tuo cuore è colmo di gioia per un tale onore». Quella fu la prima volta che lasciò libera la sua “lingua velenosa”, come la chiamava Sunny.

In breve tempo, grazie al suo operato, Niflheim migliorò considerevolmente. E dopo un lungo periodo di tempo, da consigliere reale, diventò amico di Jean. Gli allenamenti con le spade, da iniziale dovere, divennero quasi un piacere, in special modo perché usciva sempre vittorioso da quegli allenamenti e al contempo sfogava la sua ira per l’operato irresponsabile del re sul diretto responsabile. Col passare dei secoli, la sua vita assunse nuovi colori, tra i quali risaltavano i capelli argentati di Jean ed i suoi magnetici e brillanti occhi rosso cremisi. Occhi che adesso erano coperti da un velo opaco, che ne offuscava la naturale brillantezza.

Orlando, incapace per natura di stare con le mani in mano, si inginocchiò dinnanzi a Jean, con la mano destra poggiata sul cuore «Voi siete il mio re, il mio unico re» esclamò con tono solenne «Non vi tradirò mai. Pertanto, vi chiedo di non tradirmi. Voi siete molto più forte di un fiore incantato, non lasciatevi sottomettere dal suo potere ingannatore. Tornate in voi … vi supplico». Non aveva mai usato quelle parole prima, lui in primis non riusciva a credere che fossero uscite dalle sue labbra. Ciononostante, non ebbe l’effetto sperato. Jean restava con lo sguardo vacuo, rivolto verso il nulla. Non era più il Jean che conosceva, e forse non lo sarebbe più stato. A quel pensiero, il dolore atroce che provava al petto si fece più acuto. Se fossero stati in una fiaba, sarebbe bastato un bacio per far tornare in sé l’albino. Ma quella non era una fiaba, solo la crudele realtà. E, per ironia della sorte, la ragazza che avrebbe potuto salvarlo con il bacio del vero amore, si era palesemente innamorata del sovrano di Musphelleim.

La disperazione, strisciando, ghermiva il suo cuore e la sua mente. Ciò lo portò ad un gesto che non avrebbe mai commesso normalmente, che il suo buon senso avrebbe rinnegato, inorridito: abbraccio Jean. Strinse a sé l’uomo che lo aveva cambiato, l’uomo che lui aveva cambiato in meglio. Quel gesto, di suo sconsiderato, non lo aiutò a stare meglio. Il corpo tra le sue braccia era freddo ed inerte, completamente immobile. Jean, sottomesso all’incantesimo, non gli prestava la benché minima attenzione. Era come una grande bambola appoggiata sullo scaffale, in attesa di essere usata di nuovo. Se avesse avuto dei condotti lacrimali funzionanti, forse avrebbe pianto. Forse. In un modo che si confacesse al suo rango. Ma avrebbe pianto, versato delle lacrime di cui già in vita aveva dubitato dell’esistenza. Non per sé, dato che non poteva morire una seconda volta; ma per Jean, che si accingeva a morire in quanto persona, in quanto re, in quanto … Jean.

«Non traditemi» supplicò all’orecchio del re, sordo «Niflheim ha bisogno di voi. Ha bisogno di un re, del suo re. Ed io … pecco di tale bisogno. Vi prego, tornate in voi, mio re». Se solo fosse stata una fiaba, se solo fosse bastato un bacio del vero amore per rompere l’incantesimo … con quei pensieri in mente, Orlando avvicinò il proprio viso a quello di Jean. E prima di rendersene conto, le sue labbra stavano toccando quelle fredde dell’altro. Vi si appoggiarono delicatamente, come fossero il più fragile degli oggetti. Con lentezza vi insinuò la lingua, inizialmente titubante e leggera, ma ben presto sicura ed agitata. Prese tra le mani il viso del sovrano, che non si ribellava, e continuò. Muoveva la lingua in sincrono con quella dell’altro. Le labbra premevano le une sulle altre. Ma non vi fu risposta. Nessun incantesimo venne rotto. Orlando interruppe il bacio lentamente, così come lo aveva iniziato. Ed il dolore che provava al petto ormai era così forte da essere indescrivibile.

«Or … lando? » domandò flebilmente una voce che pensava non avrebbe mai più udito. Jean, che stava rinsavendo velocemente, lo osservava, confuso «Orlando, dove siamo? E perché mi stai ammirando così da vicino? Non è da te». Il conte, incredibilmente, riuscì a mantenersi composto. Si allontanò con passo svelto dall’uomo, per poi inginocchiarsi al suo cospetto. Col viso rivolto verso il basso, gli spiegò brevemente ed ordinatamente la situazione. Nella sua mente, invece, regnava il caos. Il bacio aveva funzionato? Jean ricordava? Aveva davvero baciato il suo re? Perché lo aveva fatto? Un bacio poteva essere un cortese motivo di suicidio aristocratico? Poteva suicidarsi pur essendo già morto? Si sarebbe informato il prima possibile. Difatti, il suo orgoglio aristocratico si era già suicidato al compimento di quel gesto. All’improvviso si udì un veloce rumore di passi, e dopo pochi secondi J.J. si affacciò dalle sbarre della prigione «Sono venuto a liberarvi. Beltran è stato sconfitto. Vedo che re Jean è stato liberato dall’incantesimo». Una volta liberati, si incontrarono con Isabella e gli altri. Tutto sembrava essere tornato alla normalità. Del resto, il segreto di un amore inconfessato sarebbe rimasto custodito tra le quattro mura di una piccola prigione.
 
THE END
  
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