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Autore: Unissons    20/09/2016    6 recensioni
[Suicide squad]
Dal capitolo 9:
"Oh no, non voglio ucciderti" disse, mentre mi infilava in bocca la cintura [...]
"Voglio solo farti male" [..]
"Molto, molto male"
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Everything for you

 

Ancora una volta me le aveva date di santa ragione e poi aveva fatto sesso con me. E che sesso. Ogni volta che chiudevo gli occhi potevo sentire il coltello che penetrava nella pelle delle mie cosce e le sue spinte energiche che coprivano il dolore.

Le sue mani intorno ai miei seni che stringevano, mentre con i denti imprimeva il suo marchio su di essi, lasciando un livido in suo ricordo.

E sempre quelle mani che mi tiravano i capelli, strappandomeli dalla radice.

Alla fine la maglia me l’aveva strappata, ma aveva promesso di farmene fare una su misura, perciò non potei lamentarmi.

Aprii il frigorifero e fui inondata dall’aria fredda proveniente dal suo interno. Era quasi un giorno intero che non mangiavo, troppo presa a star dietro al mio signor J per preoccuparmi dei morsi allo stomaco.    Osservai l’interno della cabina, sperando di trovarvi qualcosa di buono, ma praticamente era vuota, se non per un limone e qualche bottiglia d’acqua.

“Puddin, ma tu non mangi?!” chiesi urlando, sperando che dal bagno, dove si stava facendo una doccia, mi potesse sentire. Non aveva detto di avere programmi per la giornata, così avevamo deciso di passare il tempo in casa sua, non che si potesse andare da molte parti con lui.

Sospirai.

Una risposta non arrivò mai, così chiusi la porta e andai a sedermi sul divano. Il suo salotto era enorme, se poi collegato alla cucina a vista, vi si poteva giocare una partita di calcio professionale. Alla parete era attaccato uno schermo led da novanta pollici e a qualche metro di distanza vi era un divano per minimo dieci persone, che potevano stare benissimo sdraiate. Come al solito i quadri alle pareti dovevano valere migliaia di dollari e la cucina era dotata di qualsiasi elettrodomestico. Peccato che mancasse l’elemento fondamentale: il cibo.

Mi allungai sul tavolino davanti al divano e presi il telecomando. Lo girai tra le dita per qualche secondo, cercando di studiare come si potesse accendere quello schermo enorme. In casa mia avevo una di quelle televisioni vecchie, senza schermo piatto, con un telecomando semplice perfino per un analfabeta.

Dopo quelle che sembrarono delle ore, riuscii ad accendere la televisione e gridai di vittoria, letteralmente. Distesi le gambe davanti a me e mi accoccolai, tirandomi addosso una coperta che era poggiata sul divano. Era di un profondo color rosso che mi fece venire i brividi. Mi ricordava il completo che avevo messo per andare il primo giorno all’Arkham Asylum e con lui, ricordai la promessa che il Joker mi aveva fatto: impregnare le pareti neutre con il mio sangue.

Le ferite fresche alle gambe e tutte quelle presenti sul resto del corpo, iniziarono a battere, facendomi sentire la loro presenza.

Adoravo le piccole torture che il mio Puddin mi esercitava sul corpo. Mi facevano sentire viva, desiderata ed amata, in un modo che solo lui sapeva fare.

Tutto ciò che avevo scoperto su di lui quella mattina, non avevano cambiato minimamente la mia idea su di lui. Lo amavo in modo incondizionato e sarei stata per sempre sua. Non avevo ben capito come la moglie e il figlio potessero essere morti a causa di un aggeggio come uno scalda – biberon, ma prima o poi glielo avrei chiesto.

Premetti sulle cosce e strinsi gli occhi, godendomi il dolore e lasciando perdere il tentativo vano di distrarmi con la televisione. Joker era vivo dentro di me e, specialmente in questa casa così immensa, non potevo evitare di immaginarmelo ovunque, mentre progettava stragi e rapine.

“Ti godi i tuoi nuovi regali?” mi sussurrò all’improvviso il mio Jokerino nell’orecchio e un ansito abbandonò la mia bocca come risposta. Non mi aveva spaventata minimamente, anche se non lo avevo sentito arrivare. Infondo in questa casa, la sua presenza era ovunque. Il profumo del bagno schiuma arrivò direttamente alle mie narici e mi fece perdere il lume della coscienza per qualche istante. Lo sentii ridacchiare dietro di me, poggiandosi allo schienale del divano. Tutta questa situazione lo divertiva e faceva lo stesso con me, solo in un modo molto più profondo.

“Voglio che tu faccia una cosa per me” esordì, togliendomi il suo meraviglioso profumo da sotto le narici per qualche secondo. Miagolai di dissenso e tornai ad aprire gli occhi. Lo guardai raggirare il divano, completamente a torso nudo e mi si seccò la bocca. Lo avevo visto molto più esposto di così, ma non mi sarei mai abituata ai suoi splendidi pettorali e a tutti quei tatuaggi. Poco dopo si sedette accanto a me. Immediatamente mi avvicinai il più possibile a lui, poggiandomici addosso. Come immaginai, però, lui non mi strinse tra le braccia.

Sospirai, comunque felice.

“Qualsiasi cosa” risposi, ed era vero. In quell’istante mi tornò in mente anche cosa avevo pensato nella stanza delle sue armi: se avesse voluto un figlio, da me, io glielo avrei donato. Qualsiasi cosa pur di far felice il mio Puddin. Strusciai la testa sul suo petto, proprio dove lunghe strisce rosse, contornate da piccole crosticine marroni, segnavano il mio passaggio avvenuto poco fa. Lo avevo graffiato a sangue e mi era piaciuto. Mi trattenni da allungare le braccia e allacciargliele intorno al collo. Infondo il turno delle coccole era stato chiuso poco fa e non potevo pretendere oltre da lui.

Ma aveva promesso di uccidermi e quella promessa doveva essere mantenuta.

“Ti ho già detto di non dire cose di cui poi potresti pentirti!” esclamò, allontanandosi da me bruscamente. Alle volte non riuscivo a comprendere ciò che gli succedesse. Fino a qualche istante fa mi aveva permesso di stargli addosso e di potermi beare della sua presenza, mentre ora mi rifiutava nel più brutale dei modi. Però lo volevo e dovevo prendermelo per quello che era.

Annuii, guardandolo intensamente negli occhi.

La scintilla nei suoi occhi tramutò e da irascibile la quale era diventata, divenne mansueta e tranquilla. “Devi farmi un tatuaggio”

Il mio cervello si bloccò, andando in stand by.

“J, ma io non so fare i tatuaggi” sussurrai, guardandolo ancora, per poi far scorrere il mio sguardo sul suo torace e le varie bocche sorridenti che gli ricoprivano il corpo. Ne aveva tre: una sulla mano sinistra, una sull’avambraccio destro e uno sullo stomaco, proprio sotto il suo nome scritto in caratteri cubitali. Sul pettorale destro vi era un Jolly enorme, mentre sul collo erano state incise delle carte da gioco. Per non parlare poi della perfetta ‘J’ disegnata sotto l’occhio destro.

Tutti disegnati alla perfezione.

Se avessi osato toccargli il suo perfetto corpo, con la macchina dei tatuaggi, certamente lo avrei rovinato.

A Joker, però, non piaceva essere contraddetto.

Un nuovo man rovescio mi arrivò in pieno viso, facendo schizzare dal mio naso alcune gocce di sangue. Mi ritrovai con il sedere a terra, molto dolorante, ma felice.

Mi massaggiai il fondo schiena e mi ripulii il sangue, guardandolo mentre avanzava verso di me. Non mi faceva paura, anche se sapevo che quello fosse il suo intento. Forse lui me la stava facendo pagare per tutto quello che io e i miei colleghi gli avevamo fatto passare all’interno del manicomio, infondo elettroshock e farmaci su farmaci non si dimenticavano facilmente, ma io ero innamorata anche di tutte quelle torture.

La sua figura imponente fu su di me e io dissi un deciso ‘si’, facendolo scoppiare nella sua inquietante e fragorosa, risata.

 

 

 

 

Angolo autrice.

Scusate per il clamoroso ritardo, ma come immaginavo, gestire il tutto insieme è particolarmente difficile. La mia vita da matricola universitaria, però, non vuole iniziare e non so nemmeno se inizierà mai. Comunque, non sono qui per raccontarvi i miei drammi e nemmeno per cercare una scusa.

So che questo capitolo non è il massimo, ma vi prometto che domani ne metto immediatamente un altro, anche se mi ritrovassi con solo due recensioni.

Inoltre volevo farvi notare che questo capitolo rappresenta la “normalità” a casa Joker.

A voi come vanno le cose? È da molto che non sento alcune di voi lettrici più, come dire, accanite. Fatevi sentire.

Un bacio, Unissons.

   
 
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