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Autore: Emma_Powell    20/09/2016    3 recensioni
[STORIA AD OC - ISCRIZIONI CHIUSE]
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“Vai avanti finché non trovi i campi di fragole. Se ci sono dei satiri, sono quelli del signor D. Non ti puoi sbagliare.” aveva detto “E se moriamo per colpa tua, verremo a cercarti dall’ade per tormentarti per il resto dell’eternità. Chiaro?”
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- Se non so cosa succede posso fare ben poco. E comunque, non ho ancora capito chi sei.
- Giusto. Mi chiamo Marlene Stephens, ho duecentodiciassette anni e sono una cacciatrice di Artemide. Se non ci muoviamo resterò l’ultima del gruppo. – ci pensò su – No, probabilmente sono già l’ultima del gruppo. Se non ci muoviamo moriremo tutti.
Il centauro non si scompose.
- Una cacciatrice. Effettivamente indossavi la giacca della vostra “divisa”… Perché dovremmo morire tutti?
La cacciatrice si voltò per osservare il suo interlocutore.
- Probabilmente le sembrerà impossibile, ma Pirra è risorta e vuole scatenare un secondo diluvio universale, come quello ordinato da Zeus quando stava ancora in Grecia. Sta cercando di ricongiungersi a suo marito ormai da un po’. E quando ce la farà, non ci sarà modo di fermarli.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Le Cacciatrici, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rompo la quarta parete in maniera perfetta. Naturalmente.


 
Tate era stato abbandonato da Silver ormai da un pezzo quando il cervo iniziò a fare strani versi.
Per un attimo si chiese se il problema fosse lui, ma poi vide che anche gli altri sembravano in difficoltà.
- Perché ho come la sensazione che non sia normale? – urlò alla cacciatrice.
Marlene stava guardando il suo cervo con gli occhi sgranati, e sembrava che stesse soffrendo quasi quanto lui.
- Perché non lo è.
La ragazza appoggiò la testa sul collo dell’animale con un aria così affranta che per un attimo Tate fu tentato di consolarla. Poi però si ricordò di essere anche lui su un cervo volante impazzito, e la cosa lo aiutò a dare un ordine alle sue priorità.
- Dobbiamo scendere. – disse Ethan – O ci schianteremo per terra.
Quasi a farci apposta, gli animali iniziarono a perdere quota e a prendere velocità producendo un rumore orribile, cosa che non migliorò molto l’umore generale.
- Invece di ribadire l’ovvio, perché non troviamo una soluzione? – urlò Nana per farsi sentire sopra il vento. Non sembrava molto tranquilla, in quel momento.
- Ci dobbiamo buttare. – disse Arold, con un tono stranamente serio.
- Sei impazzito? – sbottò Silver - Ci schianteremmo a terra in ogni caso!
- Be’, allora come credi di fare? – rispose il figlio di Efesto con lo stesso tono – Sono proprio curioso di sentire la tua risposta.
- Be’, sicuramente…
- No, ha ragione lui. – la interruppe Marlene alzando la testa - Dobbiamo buttarci.
L’intero gruppetto si girò a fissare la ragazza, tutti – compreso Arold - con la stessa espressione a metà tra l’incredulo e il terrorizzato. La cacciatrice li ignorò alla grande e fece passare una gamba sul dorso dell’animale, per ritrovarsi con i piedi nel vuoto.
- Gli alberi attutiranno il colpo e al massimo qualcuno si romperà un braccio, ma per quello abbiamo l’ambrosia. Se restiamo sui cervi, ci faremo più male, credetemi. L’importante è che cadiate bene.
Gli alberi attutiranno il colpo? Al massimo qualcuno si romperà un braccio?
- E se non cadiamo bene? – domandò Arold, che adesso sembrava molto meno sicuro dell’efficacia della sua idea.
- Porteremo dei fiori sulla tua tomba. – rispose Ethan mettendosi come la cacciatrice.
La ragazza gli rivolse un mezzo sorriso.
- Mi hai tolto le parole di bocca. – gli disse, poi passò lo sguardo sul resto del gruppo – Vi dirò io quando saltare, okay? Al tre.
- Un attimo, e se… - iniziò Tate, cercando di farsi sentire.
- TRE!
Ethan si buttò per primo, con una specie di capriola. Poi fu il turno di una Nana parecchio rassegnata e di una Silver palesemente agitata. Arold si lanciò gridando “uiii!” e Tate cadde letteralmente dal cervo a causa di uno scossone troppo forte. Marlene fu l’ultima.
 Prima che decidesse di rimuovere i ricordi di quella caduta, la sensazione di vuoto allo stomaco, il vento che gli fischiava nelle orecchie e tutto il resto lo perseguitò nei suoi incubi per molto tempo. Tutto quello che riuscì a sentire furono le urla dei compagni e la voce della cacciatrice che cercava di dare qualche dritta su come rallentare la discesa. Poi andò a sbattere contro qualcosa di duro, che gli si infilzò con decisione sulla spalla, e atterrò di faccia su un ramo di un albero. Marlene fece lo stesso qualche metro più in basso rispetto a lui, ed emise lo stesso verso dei cervi di Artemide. Poi però si rialzò subito e incoccò velocemente una freccia.
- Dove diamine siete finiti? – sibilò.
Tate provò ad alzarsi e scoprì di avere una bella ferita all’altezza della sua clavicola sinistra. Di norma non si impressionava facilmente, e quel caso non fece eccezione, però… quello era sangue. Tanto sangue.
Aggrottò le sopracciglia, osservando il liquido rosso gocciolargli sul palmo della mano, e si chiese se fosse il caso di prendere qualche appunto da riusare in una commedia.
Naa, okay, troppo drammatico.
- Ehi!
La cacciatrice alzò lo sguardo e lo individuò. Lui la salutò allegramente con una mano.
- Sto morendo dissanguato. Qualche consiglio?
La ragazza fece roteare gli occhi.
- State tutti bene, a parte questo idiota?
Il resto della compagnia rispose con dei brontolii indistinti. Nana cadde giù da un albero alla sua destra con un gemito sconsolato.
- Ottimo. State attenti, tra poco arriveranno anche i cervi.
A quelle parole una carcassa piovve dal cielo, facendo passare al ragazzo la voglia di scherzare. L’espressione della cacciatrice si indurì ancora di più. Poi iniziò ad arrampicarsi sul tronco dell’albero, per raggiungerlo.
- Vieni qui. – gli disse, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Tate notò che aveva le guance tutte graffiate, dettaglio che trovò... dolce, per qualche strana ragione. Poi si riscosse e decise che non era per niente dolce.
Niente in quella ragazza era dolce.
In qualche modo riuscirono a scendere entrambi dall’albero senza procurarsi ulteriori danni fisici, e suo malgrado Marlene fu abbastanza attenta a non farlo cadere di nuovo da un ramo.
Quando toccarono terra si ritrovarono davanti il resto del gruppo con tagli e sbucciature assortite disseminate su tutto il corpo, ma nessuna stava sanguinando come Tate. Appena Silver lo vide sgranò gli occhi.
- Oh, dei! Cosa ti è successo? – urlò correndogli incontro.
Tate non si sentiva proprio così messo male. Certo la spalla gli faceva parecchio male, ma sicuramente non era niente di troppo preoccupante.
- Sono caduto da un cervo volante. – le ricordò.
- A proposito – ringhiò Silver spostando lo sguardo su Marlene – E’ stata una pessima idea.
- No, sto bene. Sul serio, non è colpa sua. Almeno non siamo morti tutti. Ora però forse avrei bisogno di una fasciatura, o qualcosa di simile. Sto continuando a sanguinare.
La cacciatrice si passò una mano sugli occhi, con un sospiro stanco.
- Okay, capito. Nana, cerca di capire dove siamo finiti. Ethan e Arold, controllate che non ci sia nessun pericolo qui intorno. Non è normale che i cervi siano caduti così dal cielo: sono stati maledetti. Individuate chiunque l’abbia fatto e eliminatelo. Silver, trova un modo per ripartire al più presto che non comprenda l’andare a piedi. Non credo che Tate ce la farebbe.
Per un attimo la fissarono tutti con aria stupita, e Tate ebbe l’impressione di capire il perché. Insomma, non poteva arrivare, farli cadere da cervi volanti e poi iniziare a dare ordini come se niente fosse.
- E tu cosa farai? – domandò con un tono abbastanza pericoloso Nana.
- Sistemo la sua spalla.
- Oh, certo. Sistemi la sua spalla.
Marlene inspirò rumorosamente dal naso, poi gli tolse la giacca senza tanti complimenti, in modo che tutti vedessero come era messa. Tate si azzardò a guardarla, e se ne pentì subito. Aveva una strana posizione.
- Se qualcuno crede di poter sistemare una spalla lussata, prenda pure il mio posto. Ma da quello che mi ha detto Chirone, avete altre… - esitò un attimo – qualità.
- Era una specie di complimento? – si informò Arold.
- Qualità che ancora non ho visto. Quindi muovetevi.
- Come non detto.
La cacciatrice individuò Ethan e annuì in modo quasi impercettibile, come per dire “conto su di te”. Il figlio di Mnemosine sospirò poi prese il figlio di Efesto per un braccio.
- Va bene, Lynch. Muoviamoci.
E i due scomparvero in mezzo al bosco. Tate sentì Arold dire qualcosa riguardo ad un lanciafiamme. Nana e Silver si scambiarono uno sguardo affranto e si allontanarono anche loro. A quel punto Tate era rimasto da solo con la cacciatrice, e non era del tutto sicuro che la cosa gli facesse piacere. Soprattutto perché Marlene teneva ancora l’arco stretto in mano.
- Come si sistema una spalla lussata? – volle sapere Tate, con tono colloquiale.
- Intanto spogliati. – ordinò l’altra riponendo l’arco.
Il ragazzo alzò le sopracciglia, stupito. Probabilmente si era sbagliato, ma gli sembrava di averla vista arrossire sotto tutti quei graffi che aveva in faccia.
- Solo la felpa, stupido. Non posso curarti se hai cinquanta strati di vestiti sopra la ferita.
- Oh. Sì. Ehm… sono due gradi, credo.
- Non fare il bambino. Sbrigati.
Tate eseguì, parecchio a disagio. Passò i dieci minuti successivi borbottando cose sconnesse tipo “Non fa poi così male” e “Cervi volanti, cavoli” finché Marlene non gli disse di farsela finita. Il momento peggiore arrivò quando gli tirò una specie di pugno da ninja sulla spalla per farla tornare a posto, e forse Tate lanciò qualche imprecazione, ma si riprese subito.
In ogni caso, la sua spalla era stata appena medicata e lui era ancora a torso nudo quando Ethan arrivò di corsa, con le katane sguainate. In lontananza si sentì qualche sparo e, la voce di Arold che gridava “Ah, adesso non fai più tanto la spavalda!”
- Dove sono Silver e Nana? – domandò ansimando.
- Da qualche parte qui intorno, immagino. – rispose Tate, iniziando a preoccuparsi.
- Devono venire subito qui. Siamo circondati.
A quel punto Arold sbucò dal bosco. Impugnava due pistole fumanti dall’aria pericolosa, e aveva un sorriso da pazzo.
- Stanno arrivando. – annunciò.
- Non stai parlando di Nana e Silver, giusto? – chiese sbrigativamente Marlene prendendo l’arco.
- No. Parlo delle signore morte con le zampe da mulo.
- Come?
Tate rimpianse il fatto di non essersi portato dietro niente per appuntarsi quello scambio di battute.
Poi si sentì un latrato in lontananza, poi un cane di metallo saltò fuori da dietro un cespuglio, facendolo tornare alla realtà. La cacciatrice gli puntò una freccia contro.
- Ferma, è con noi. – fece Ethan, piazzandosi davanti al cane.
- Quello è… tuo? – domandò Tate, fissandolo con aria stupita.
- No, è mio. – Arold corse verso di lui e gli accarezzò con affetto la testa – Barkie. Modalità difesa per me, e quest’altra gente. Credi di potercela fare?
Il cane abbaiò una volta, un suono a metà tra quello di una sirena antinebbia e quello di un trapano elettrico.
- Bravo, bello. Ora, come si fa con queste tizie strane?
Marlene sembrava sconcertata.
- Cosa intendevi con “signore morte con le zampe da mulo”? Empuse?
- No. Sono… - Arold si bloccò, poi scrollò le spalle – Be’, sostanzialmente sono come quella.
A quel punto la prima signora morta con le zampe da mulo uscì dal bosco, e nessuno in quel gruppetto parve troppo contento.
La donna indossava un lungo vestito rosso tutto strappato, e dall’orlo si vedevano bene due zoccoli. Tate non sapeva se erano gli zoccoli di un mulo, ma la cosa lo lasciò ugualmente sconcertato. Le braccia e la faccia della donna erano cosparse da numerose ferite e di bruciature, e risaltavano in modo sgradevole sulla sua pelle pallidissima. E il viso non era sicuramente migliore: i capelli neri tutti aggrovigliati, gli occhi grigi spiritati e la bocca screpolata semiaperta non contribuivano a darle un’aria amichevole.
Marlene batté le palpebre un paio di volte, poi disse:
- Questa è un’Anarada. Mangia le persone. –  e lanciò uno sguardo significativo al figlio di Talia, ancora a torso nudo.
Tate prese velocemente la giacca a vento e se la infilò con una risatina nervosa.
- Uhm… sì. Giusto.
Ma naturalmente l’Anarada lo aveva già individuato. La donna scoprì i denti con una specie di ringhio.
E poi gli saltò addosso.
 
Silver si era persa. Tutte le volte che si diceva che le cose non potessero andare peggio, ecco che arrivava qualche nuovo problema, come se la vita gli stesse dicendo “volevi farmela, eh?”
Insomma, già il fatto di abbandonare Kris da solo nella cabina 30 non le era piaciuto, ma era stato necessario. Partire per una missione da cui dipendeva la salvezza del mondo, be’, anche quello era stato necessario. Ma lasciare Tate, il suo mezzo fratello con una spalla lussata, alle prese con una cacciatrice lunatica e in grado di farlo fuori in due secondi se la avesse irritata, quello non era stato necessario. Non le piaceva il modo in cui lui la guardava, e le piaceva ancora di meno il modo in cui lei lo guardava. Sembrava indecisa se prenderlo a pugni o se abbracciarlo, anche se aveva sempre l’aria di una più propensa alla prima opzione.
Comunque, era troppo impegnata a pensare a queste cose per concentrarsi sulla strada. Quindi si era persa in mezzo al bosco.
Di notte.
Quando chiunque avesse maledetto i loro cervi era ancora in libertà.
Lei doveva solo trovare una soluzione per andarsene da quel posto. Non doveva perdersi, accidenti.
Stava per tornare indietro, ma un movimento alla sua sinistra la fece immobilizzare. Portò lentamente una mano alla cintura e ne estrasse una delle sue due falci. Era stato Kris a consigliargli quelle armi, un anno prima. Aveva visto che era assolutamente incapace di fare qualunque cosa con una spada, quindi avevano passato un pomeriggio intero a rovistare nell’armeria, finché non avevano trovato una falce tutta arrugginita. Quella notte, sua madre gli aveva fatto trovare due mezzelune d’argento ai piedi del letto, cosa che aveva causato la quasi-deacpitazione di Tate. In ogni caso, quando Silver era armata di falci, era praticamente imbattibile, ma ciò non significava che in quel momento non avesse paura.
Stava per lanciare la prima falce, ma la testa di Nana comparve da dietro un albero.
- Sono io, ferma! – disse alzando le mani.
Silver, grazie al cielo, tirò un sospiro di sollievo e non una falce.
- Non farlo mai più!
Nana si avvicinò velocemente. Aveva un’aria abbastanza preoccupata.
- Che succede? – domandò Silver.
- Ho sentito degli spari. Non era Arold quello con le pistole?
- Pistole? – ripeté la ragazza. L’idea di un Arold armato in quel modo non la entusiasmava troppo.
- Sì. Hai presente? Pistole.
Nana fece finta di spararle tendendo l’indice e il medio verso di lei.
- Bum!
- Okay, capito.
- Quando sono nervosa mi rendo ridicola. – ammise Nana scrollando le spalle.
Silver sorrise.
- Bella cosa. Io di solito mi nascondo sul tetto della mia cabina. Solo che ora… hai capito.
Rimasero per un attimo in silenzio, poi Silver si riscosse.
- Be’, immagino che dobbiamo andare a dare una mano. Se tu conosci la strada.
Nana annuì.
- Andiamo.
Quando raggiunsero la radura in cui stavano prima si ritrovarono nel bel mezzo di un combattimento, e i loro compagni sembravano abbastanza in difficoltà. Tanto per iniziare, Tate aveva in mano la sua spada, cosa che non succedeva quasi mai, e andava in giro menando fendenti e facendo saltare occasionalmente qualche testa. Non sembrava divertirsi molto, a giudicare dal numero di imprecazioni che stava spargendo sul nemico, ma se la cavava abbastanza bene. Ethan, invece, era tranquillo in modo impressionante. Si muoveva con una grazia quasi innaturale, facendo mulinare le katane come se non avessero nessun peso. Intorno a lui c’era una quantità spropositata di cadaveri. Arold, be’… Arold sparava. Non sembrava seguire una logica precisa, ma ogni singolo colpo che tentava andava a finire nella croce degli occhi del bersaglio con una precisione micidiale. Marlene non si vedeva da nessuna parte.
Comunque, la cosa che preoccupava maggiormente la ragazza era il fatto che, nonostante i semidei se la stessero cavando in modo egregio, per ogni nemico abbattuto ne spuntavano altri tre pronti a prendere il suo posto. E poi, certo, la spaventava anche il fatto che il nemico in questione fossero delle tizie con gli zoccoli.
Una cosa che avrebbe messo agitazione a tutti, a parer suo.
- Cosa cavoli sono, esattamente? – chiese, perplessa.
Ma quando si girò vide che Nana era già partita, e a quanto pareva stava combattendo a mani nude. Anzi, no. A ben guardare, aveva due tirapugni. Forte.
Silver stava per partire, sperando solo di non sfigurare troppo con le sue falci d’argento, quando qualcuno la afferrò per una spalla, facendola girare di scatto. Una di quelle tizie con le zampe da mulo le sorrise. Aveva una freccia infilzata sulla testa.
- Ecco la nostra stella. – disse con un gorgoglio – Dobbiamo parlare con te.
E poi tutto divenne nero.
 
Sol aveva fatto molte cose strane, nella sua vita. Si era tinta i capelli con i colori dell’arcobaleno, aveva giocato a basket contro una squadra di satiri, aveva tenuto un corso di danza alla cabina di Ares, facendo preoccupare parecchio Will. Però non aveva mai pensato di poter diventare la compagna di non-missione di un ragazzo sordo e di un multimilionario viziato.
- Dobbiamo partire noi. – aveva detto Kris, quando si erano resi conto della responsabilità che avevano.
Sol ci aveva pensato su. L’idea non la entusiasmava molto.
- E perché, scusa?
- E’ un segno se la profezia è stata rivelata proprio a noi! Io non avevo nessuna intenzione di venire in questa spiaggia, ma poi ho sentito qualcosa… come se dovessi farlo. Non è un caso se noi tre siamo qui, insieme. L’oracolo ci ha appena ordinato di partire per una missione.
Sol aveva lanciato uno sguardo perplesso a Kynaston, che era impallidito visibilmente.
- Be’, okay, questo è vero, ma… - aveva iniziato la ragazza, insicura, ma era stata subito interrotta dal figlio di Dioniso.
- E’ fuori discussione. – aveva affermato, poi aveva girato i tacchi e aveva fatto per andarsene.
- No, aspetta! – aveva esclamato Sol – Dobbiamo parlarne, almeno!
Ma il ragazzo non aveva rallentato per niente il passo.
- Non dirmi che hai paura. – aveva sibilato a quel punto Kris, senza scomporsi.
Kynaston si era fermato, continuando a dargli le spalle. Quando si era voltato, era rosso in faccia.
- Tu dovresti avere paura. Sei solo uno stupido ragazzino sordo, non dureresti un minuto fuori dal campo, ma a quanto pare hai un qualche strano istinto suicida, che io non ho. Scusa se non voglio morire a diciannove anni!
Kris non era sembrato particolarmente impressionato, e Sol aveva iniziato ad ammirarlo.
- D’accordo, allora. Se hai paura non è un problema. Ma pensa a quando tutti verranno a sapere che non hai avuto il coraggio di fare quello che uno stupido ragazzino sordo ha fatto.
La ragazza aveva alzato le sopracciglia, prendendo immediatamente una decisione.
- Un ragazzino sordo e una ragazzina con i capelli blu. – aveva aggiunto, e Kris le aveva sorriso, riconoscente.
Kynaston sembrava messo alle strette.
- Sul serio, Kris, credi veramente che sarebbe utile, in una missione? – aveva rincarato Sol – Scommetto che al primo accenno di pericolo scapperebbe.
Kynaston, a quel punto, aveva fatto una smorfia infastidita.
- E’ una scommessa? Io vinco le scommesse.
Si erano guardati negli occhi per un lungo istante, entrambi con aria di sfida. Alla fine Sol aveva sfoggiato il suo sorriso migliore  e aveva cinguettato:
- Dimostralo.
E così ora erano stavano correndo uno dietro all’altro nella foresta del campo, senza parlarsi né guardarsi. Kris l’aveva costretta a mettersi un cappello nero, perché i suoi capelli erano troppo riconoscibili, e la cosa non le era piaciuta molto, ma alla fine lo aveva fatto. In fondo, da loro dipendeva la salvezza del mondo, anche se in modo indiretto. Qualche sforzo doveva farlo anche lei.
Il piano, fondamentalmente, era quello di ritrovare i sei della profezia e di aggiornarli, poi avrebbero potuto fare quello che avrebbero voluto. Sol aveva come l’impressione che Kris sarebbe rimasto con i suoi compagni di cabina, ma lei sarebbe tornata al campo. Il fatto di essersene andata senza dire niente a  nessuno le pesava, continuava a pensare che se le fosse successo qualcosa avrebbe voluto almeno abbracciare un ultima volta Will, interpretare contemporaneamente il lestrigone e Ethan Miller per far contenta Kayla o… salutarli, almeno.
Si girò un attimo per controllare se le luci del campo erano ancora visibili. Il cielo tuonò.
- Muoviti. – grugnì Kynaston.
E Sol riprese a camminare.
 
Taras Constantine era da solo, tanto per cambiare.
Sì, sì. Lo so. Che tristezza, vero?
La cosa ormai non gli creava più nessun disturbo il che, pensandoci bene, è ancora abbastanza triste. Una volta, forse, ci sarebbe stato male, ma ora era diventato completamente indifferente per questo genere di cose. Non gli importava se aveva solo diciassette anni e già si trovava a dover risolvere problemi come “cosa mangio questa sera?”, non gli importava se per andare avanti doveva scavalcare qualche questione etica e… indovina un po’? Non gli importava neanche cosa pensasse la gente di lui.
Che ci vuoi fare, Taras era strano.
Tutto questo non era evidente ai più. Non sto parlando del fatto che fosse strano, questo è sicuramente evidente ai più. Intendo quella cosa molto poetica che ho detto prima, quella sul fatto che se ne fregava altamente di tutti, okay? Per qualche ragione che Taras non aveva ancora capito, in ogni città in cui era capitato aveva sempre smosso la pietà di qualcuno. Forse dipendeva dai suoi capelli biondi e ricci, che gli toglievano sempre almeno due anni. Succede tuttora.
“Oddio, questo piccolo ragazzino indifeso è tutto da solo in giro per Los Angeles senza genitori? Ma è terribile! Forza, vieni, andiamo dai servizi sociali, che ne dici?”
Taras aveva sempre detto di no. Nel modo più assoluto.
Era già fuggito due volte da varie case famiglia, una dalla sua famiglia affidataria e almeno cinque volte da altrettanti orfanotrofi. Quando lui e suo padre avevano deciso di partire per l’America era stato per una vita migliore, di sicuro non per rimanere intrappolati con gente ipocrita e stupida. E poi, non aveva ancora sorpassato la morte di suo padre: farsi una nuova famiglia sarebbe stato ingiusto nei suoi confronti.
Quindi si era ritrovato in mezzo alla strada.
Una scelta da matti, penserai tu.
Io preferisco dire che dà un certo carattere al personaggio, ecco.
In ogni caso, non si poteva dire che Taras fosse felice – insomma, immagino che non lo sarebbe nessuno in una situazione del genere – ma non si poteva nemmeno definire triste. Come abbiamo già detto, era abituato. Così, quando incontrò una fantastica ragazza armata di battutine sarcastiche e strani cerchi di bronzo celeste ottimi per decapitare persone, rimase abbastanza stupito nel constatare che la sua compagnia non era poi così male.
Ci mancherebbe altro, caro.
Questo accadde la notte in cui i nostri sei eroi ufficiali e i nostri altri tre eroi meno ufficiali partirono per la loro missione. Te lo stavi chiedendo, vero?
Oh, un attimo. C’è bisogno di dire che la sopracitata fantastica ragazza armata di battutine sarcastiche e strani cerchi di bronzo celeste ottimi per decapitare persone è la stessa ragazza che sta rompendo la quarta parete con questa grazia sovraumana?
Sì, be’. Ciao. E’ un piacere parlare con te, ma questo spazio è dedicato a Taras. Le cose importanti, come ad esempio la mia magnificenza, sono state surclassate da Constantine. Ah, che imbarazzo.
Per tornare al piccolo Taras, il giorno in cui ebbe la fortuna di incontrarmi era a Las Vegas. Vagava ormai da parecchio tempo senza una meta precisa e con l’impellente bisogno di mangiare qualcosa che non fossero nachos scaduti. Cammina cammina, si ritrovò davanti ad un enorme casinò.
Il casinò si chiamava “Casinò Lotus” ed è uno dei posti peggiori in cui un mezzosangue potesse entrare, ma Taras non sapeva di essere un mezzosangue, quindi non si pose nessun problema quando varcò la sua soglia.
Immagino avesse intenzione di rubare qualcosa di buono.
Naturalmente non ce ne fu bisogno, perché appena entrò si ritrovò davanti un lotofago vestito cameriere dall’aria simpatica e servizievole, pronto ad esaudire ogni suo desiderio.
Sì, Taras di tanto in tanto era anche parecchio ingenuo.


 


 
ANGOLO sempre in mezzo dell’AUTRICE:
Tutti insieme:
CHE NON E’ UN ANGOLO, ALLORA.
Okay, bene.
Però hai ragione, è più carino in mezzo.
Grazie, Sol.
Sì, è vero. Di lato viene sempre tutto spiaccicato.
Ecco, qualcuno con un po’ di gusto.
Non cambia niente se sta di fianco, Emma. Niente. Adesso muoviamoci, non ho tempo da perdere.
Ricevuto, capo.
Dunque.
Ciao a tutti! Qui Emma
E Kynaston
Marlene
E SOL!
Se non te la fai finita a saltellare di do un pugno.
Okay, no.
Vi starete chiedendo: “Che cos’è questa cosa merdacchiosa che ho appena letto?”
Oppure: “perché questo capitolo è più corto degli altri?”
O anche:  “Come hai fatto a finire un capitolo in tempo nonostante sia iniziata la scuola?”
O:  “Chi è la tizia strana che rompe la quarta parete senza nemmeno presentarsi?”
E la creatrice di Taras si starà chiedendo: “Come faccio ad ammazzarla se non so dove vive?”
Non ti preoccupare, creatrice di Taras. Nel caso ci penso io, ad ammazzarla.
Niente sangue, prego.
Shh.
Queste, miei cari Watson, sono delle domande più che legittime. Rispondiamo con ordine:
1) Questa cosa merdacchiosa che avete appena letto è l’ultimo capitolo di questa ff. Lo so, la cosa non è così immediata. Non si riconosce se non ci sono canzoni dei Twenty One Pilots, vero?
2) Questo capitolo è più corto degli altri perché ho eliminato un POV, per la precisione quello di Marlene.
Certo. Grazie.
Perché non volevo farlo stare troppo vicino a quello di Tate, quindi mi dispiace ma dovrai aspettare ancora un po’.
3) Non lo so. Non lo so.
*inizia a piagnucolare*
Va tutto bene, è solo la scuola, niente di che!
Non. E’. Niente. Di. CHE!!!
4) La tizia strana che rompe la quarta parete è un altro OC. Metterò presta volto e nome nel prossimo capitolo, per ora deve essere riconosciuta solo dalla creatrice e da ME :)
5) Non mi ammazzi, e il gioco è fatto. No okay, mi scuso umilmente per aver cambiato un po’ la storia di Taras. Okay, un po’ tanto. Però ti assicuro che le parti fighe del suo background sono rimaste immutate. Dagli una possibilità, nel caso non ti piacesse potremo discutere su quella cosa della mia uccisione.
Avevamo detto niente sangue.
Sì, Kynaston. Lo spero anche io.
Ditemi cosa pensate di questo aborto capitolo, perché ho bisogno di sentirmi realizzata.
E ora... DICHIARO LE ISCRIZIONI UFFICIALMENTE CHIUSE, ho i miei pargoletti pronti all'azione, e sono contenta così
Eeeee…. Okay, è tutto.
Ci sentiamo la settimana prossima, sempre che non mi succeda qualcosa di spiacevole prima.
Qualcosa che include la mia testa, un dizionario di greco e un evidenziatore fucsia.
Non credo di aver capito.
Nemmeno io.
Questo perché non ha alcun senso.
Ehi. Tu non hai mai dovuto fare una versione di greco. Ci credo che per te non ha senso.
Quindi, dicevamo…
Sì, a presto.
Emma
Kynaston
Sol
Marlene
 
Passo e chiudo!
 
Prestavolto di… *rullo di tamburi*
Taras Constantine!


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