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Autore: Egomet    05/05/2009    16 recensioni
Lui era solo un ragazzo tranquillo che aspirava ad uscire con la sua bellissima quanto irraggiungibile collega. Lei era solo una ragazza complicata che aveva voglia di divertirsi. Ma insieme a questo, una pancia grande e gonfia, e soprattutto ciò che conteneva, erano il suo problema. Lui cerca di aiutarla, ma non ha fatto i conti con il suo carattere impossibile. Davide prova a capirla, ma Francesca gli nasconde un segreto. -Ascolta, Davide… sicuramente tu mi hai già visto, ma non ti ricordi di me. Sai, io sono incinta- Davide inarcò le sopracciglia scuotendo la testa. “Ma cosa voleva quella da lui?”. -Beh, tanti auguri, mi fa piacere…- stava già per chiudere la conversazione. Lei intuendo ciò che voleva fare si affrettò a vuotare il sacco. -Sono incinta di te-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un braccio giaceva abbandonato sul materasso di un lettino d’ospedale, illuminato solo dalla luce della lampada.
Al polso del braccio era legato un piccolo braccialetto color carne, recante una targhetta numerata e con un nome.
Francesca Daniele.
Al di là del letto, addormentata placida nella culla, una bambina aveva lo stesso bracciale.
Emanuela Ferri.
Quella stanza era la più silenziosa del reparto. Il sole era probabilmente già sorto e alto nel cielo, ma la biondina stesa sul letto non sembrava avere l’intenzione di volersi alzare. Anzi, persisteva a dormire, stanca come se avesse corso la maratona, distrutta come se avesse combattuto una battaglia. E in effetti, una battaglia con se stessa l’aveva combattuta, e vinta.
Ora da bravo soldato si concedeva il meritato riposo.
Le coperte erano avvolte attorno al corpo della ragazza e le serrande erano abbassate. Emanuela era nata tra le due e le tre della notte, e la sua mamma dormiva dalle quattro e mezza senza interruzioni. Sul comodino c’era il suo cellulare, una bottiglia d’acqua e un bicchiere, fazzoletti.
Poi un pigiama pulito. Davide aveva fatto l’andirivieni per tutta la notte fra casa e ospedale, e possiamo immaginare che anche lui stesse dormendo indisturbato.
L’orologio segnava le dieci passate da un po’.
Due colpi alla porta, e nessuno rispose da dentro, ovviamente.
Allora la porta si aprì. Il contrasto fra la stanza e il corridoio era lampante, infatti da fuori entrò una luce violentissima che investì la ragazzina in pieno volto.
Davide, non volendo svegliarla, la richiuse in fretta e si infilò dentro. Poggiò una busta che teneva in mano sulla sedia, poi si avvicinò lento al letto.
Sotto gli occhi due occhiaie testimoniavano quanto poco aveva dormito; ma anche se a casa ci aveva provato, non era comunque riuscito ad addormentarsi, troppo eccitato e preso dai pensieri. E non sopportava di dover essere lì da solo mentre le sue due ragazze stavano in ospedale. A quel pensiero arrossì e si diede dello stupido da solo.
Non era opportuno.
Così si sedette al pizzo del letto e posò una mano sulla gamba di lei.
Lento la fece salire più su, con un andamento così leggero da non svegliarla.
Quel giorno non voleva finire mai, ed era appena cominciato.
Guardò la culla a fianco del letto. Chissà se dormiva, la bambina.
Lui forse era l’unico, fra i tanti che avevano assistito al parto, a non aver visto per bene la bimba. La figlia, per meglio dire.
Ancora non riusciva a capacitarsi che sul serio, era diventato papà. Poi un pensiero malinconico, triste e guastafeste si impadronì di lui.
E se Francesca avesse deciso di andare a vivere con la bambina da Damiano?
Aveva visto il suo sguardo mentre teneva in braccio la bambina. Forse non l’aveva mai vista tanto felice.
E ora che la bimba era nata, lui non gli serviva più.
Francesca aprì gli occhi lenta e assonnata, girando la testa dalla parte opposta.
Si tolse un ciuffo biondo che le ostruiva la vista e sorrise al ragazzo.
-Ciao-
Lui ricambiò il sorriso e si spostò fino a raggiungere il suo viso, stando seduto. Con una mano la aiutò a risistemarsi i capelli.
-Come stai?- domandò gentile.
-Ho tanto sonno- rispose incrociando le braccia dietro la testa.
La bionda allungò una mano per toccargli il viso; lui la lasciò fare e disse
-Ti ho portato qualcosa da mangiare-
-Ma tu non hai dormito per niente- osservò lei.
Poi girò la testa verso l’orologio e si alzò a sedere bruscamente.
-Ehi ma è tardissimo!-
Scivolò giù dal lettino e si avvicinò alla culla.
Emanuela aveva aperto gli occhi e impotente osservava tutto ciò che le stava intorno. Muoveva lenta le piccole braccia e quando la ragazza la prese in braccio spalancò gli occhi.
Occhi che non avevano colore, occhi indaco, che ancora non sapevano vedere.
Francesca si sedette sul letto con in braccio la bambina, poi si slacciò i bottoni della camicia da notte.
-Sicura che sai come si fa?- la scherzò lui, in realtà con la gola secca e incantato per lo spettacolo che gli veniva offerto.
-Certo, mica sono scema-
Lei prima di scoprirsi il seno gli rivolse un’occhiata sospettosa, poi gli permise di guardarla mentre allattava la bambina.
Emanuela sembrava sapesse perfettamente come muoversi, perché dopo un paio di tentativi andati a vuoto, cominciò a bere.
La ragazzina la osservava sorridente e con un’espressione dolce, affettuosa che Davide non le aveva mai visto. Lui stette in silenzio a contemplare la scenetta finché lei non ruppe il silenzio.
-Stanotte dopo che te ne sei andato l’hanno fatta stare nell’incubatrice; aveva troppo freddo-
Non si guardavano, come se entrambi fossero imbarazzati e non trovassero nulla da dire. Quella notte erano successe così tante cose, ne erano cambiate tante che ancora non avevano metabolizzato le novità. Non sapevano quasi cosa dirsi, eppure il ragazzo ne aveva tante, di cose da chiederle.
Come stai? Cosa vuoi fare? Perché Emanuela? Cosa hai provato? Cosa provi per me? Mi ami ancora?
Ecco, forse l’ultima era la più inquietante e al tempo stesso quella che voleva farle per prima.
-Non dici niente...- commentò lei, alzando gli occhi su di lui mentre con una mano aiutava la bambina a bere meglio.
-Cosa devo dire?- replicò alzando le spalle. Era un po’ triste, un po’ felice. Felice ovviamente per la bambina, per la gioia che provava Francesca. Triste perché non sapeva cosa sarebbe successo dopo. Aveva visto sia i suoi occhi piangere e chiudersi per il troppo dolore, sia brillare di felicità quando aveva preso in braccio la bimba.
-Beh non so... da quando è nata lei non hai detto nulla...- qui si fece seria e smise di sorridere –cosa stai pensando?-
Anche la biondina aveva paura della sua risposta, ma fece comunque la domanda. Sentiva che qualcosa in lui non andava, che si stava tenendo dentro un dubbio. O forse una verità.
Improvvisamente si guardarono l’uno spaventato dell’altra.
Sembrava che da un momento all’altro si dovessero dare una brutta notizia. Francesca come al solito fu la prima a parlare e a dire quello che le passava per la testa.
-Cosa pensi? Cosa pensi della bambina?-
Davide abbassò lo sguardo su Emanuela che stava ancora bevendo dal seno della mamma.
-È molto bella- disse.
Francesca la staccò, riprendendola in braccio e lasciando che tornasse a dormire. Tremava tutta perché era certa che lui non stesse dicendo la verità. Credeva che volesse abbandonarle entrambe. Il solo pensiero riusciva a renderla agitata.
Poi ebbe un’idea.
-Tieni-
Gli allungò la bimba che aveva chiuso di nuovo gli occhi.
-A me?- chiese stupito, indicandosi.
-E a chi? Ma che, hai paura?- gli fece un ghigno strafottente che celava la paura che improvvisamente si era impossessata di lei.
-Macchè...-
In realtà, se doveva dir la verità, un po’ di paura l’aveva; non aveva mai tenuto in braccio un neonato prima di allora. E se l’avesse fatta cadere?
Non voleva mostrarsi insicuro, specie davanti a lei, così allungò le mani per prenderla in braccio.
Esitante lasciò che la ragazza la poggiasse sulle sue mani. Impacciato perché non sapeva come fare, Francesca se ne accorse
-Non ti preoccupare lo so che non sai nemmeno prenderla in braccio. Ma tanto non cade, sta’ tranquillo-
Davide si fece rosso per l’imbarazzo e si imbronciò, ma sistemò meglio la bimba fra le mani, un po’ più sicuro.
Emanuela si era pacificamente riaddormentata, gli occhi chiusi e il piccolo respiro che fuoriusciva dalla bocca. Aveva della pelle screpolata sulla fronte, così lui pensò di toglierla. Il suo dito, rispetto alla fronte e al naso e alla bocca e a tutto pareva enorme. Le spostò anche un ciuffo di capelli scuri dalla fronte, mandandolo di lato. Sorrise involontariamente quando la vide fare una smorfia.
Francesca non aveva perso una sola mossa ed era più tranquilla ora; forse si era semplicemente sbagliata e lui non voleva lasciarle sole. No, si disse, lui non era così e ormai l’aveva imparato.
-Mettila nella culla prima che quei ca**o di medici la sveglino- disse, sbadigliando forte.
Il ragazzo fece come gli aveva detto, non senza difficoltà. Una volta che l’ebbe stesa sul piccolo materasso la guardò dormire dall’alto. Era così piccola e indifesa, gli venne da pensare spontaneamente. Ora erano soli.
Non voleva voltarsi, non voleva parlarle perché già sapeva che gli avrebbe detto: “Voglio tornare a vivere da mio padre”. Non sarebbe stata la stessa cosa, e già lo sapeva. Lui non voleva essere solo il suo amico, no, lui voleva qualcosa di più. Ormai non era pronto a rinunciare a lei.
Per cui non si girò, ma fece finta di osservare la bimba finché non lo chiamò.
-Davide?-
Anche Francesca aveva paura che si voltasse e le dicesse: “Non posso tenere la bambina”. Allora che avrebbe fatto?
Il ragazzo si girò, fissandola dritto negli occhi.
Ti prego non dirlo.
Ti prego non farlo.
Entrambi non volevano sentire uscire dalla bocca dell’altro quelle parole, ma entrambi volevano affrettare quel momento.
-Mi vuoi lasciare?-
Davide si avvicinò al letto.
Francesca schiuse le labbra sorpresa; di certo non si aspettava quella domanda.
-Io no. Tu?- ansiosa stette in attesa della risposta.
Anche il ragazzo fu stupito della richiesta.
-Io no!-
Si fissarono per un attimo, sorpresi dalle risposte e dalle domande. Poi la bionda sorrise e lo tirò a sedersi accanto a lei.
-Credevo che tu mi avresti lasciata in mezzo alla strada- confessò arrossendo.
-Ma che dici? No! Io credevo che tu volessi lasciarmi e andare a vivere da tuo padre!-
Tutti e due capirono di aver frainteso le intenzioni dell’altro e sorrisero, un po’ stupiti.
-Non voglio andare a vivere da mio padre!-
-Oh ma che stupido... scusa, non volevo dire questo... cioè io credevo che...- aveva paura che lei si arrabbiasse per la mancata fiducia che le aveva dato.
-Scusami...non volevo dubitare di te...- sorrise storto e incerto, poi la guardò con espressione esitante.
-Mi perdoni?- domandò.
Francesca non voleva perdonarlo, perché non aveva nulla di cui scusarsi: anche lei aveva dubitato di lui. Non voleva perdonarlo, ma solo ringraziarlo. Non aveva scordato le parole che le aveva detto mentre sofferente minacciava di mollare tutto, e come invece di precipitarsi dalla bambina si era preoccupato di come stesse lei appena dopo partorito. E non solo, l’aveva consolata e pure fatta innamorare.
Credeva che non servisse altro per giustificarlo.
Senza ascoltare quello che stava dicendo, gli infilò le mani fra i capelli e lo baciò. Aveva così voglia di sentirlo, di farlo suo che per poco non lo travolse, facendolo cadere per l’impeto.
Davide si trovò impreparato al suo assalto, ma fu ben felice di rispondere adeguatamente.
Aveva così voglia di lei da non calcolare la forza messa nel trasporto.
La stese sul letto, riprendendo a baciarla più piano, più dolce, più eccitato o forse tutto insieme.
Come si era innamorato di lei non lo sapeva.
Erano due cose totalmente diverse, due entità separate, opposte, che forse proprio per quello erano perfette insieme.
Semplicemente perfette.
C’era sempre stata, nella sua vita qualcosa di più importante di una ragazza.
La famiglia, il lavoro, gli studi.
Forse adesso, davvero, non esisteva nulla più importante di lei. Niente.
Francesca non desiderava altro che essere tutta sua; voleva essere l’unica, la sola capace di farlo sciogliere così. E sentirsi importante, sentirsi amata.
La faceva stare così bene, finalmente al sicuro da ogni paura, preoccupazione tanto da poter essere felice.
Quello che Davide era stato per lei, nessuno; nessuno era stato capace di capirla, di ascoltarla come faceva lui. Con la stessa semplicità che aveva lui. Con lo stesso sguardo, e la stessa voce che aveva lui.
Questo pensiero molto profondo, e intimo, e irrazionale e detto con sincerità, la fece tremare e gli occhi cominciarono a pungerle.
Non sapeva perché, ma mentre lo stava baciando alcune lacrime scivolarono dagli occhi alle guance, per poi disperdersi in mezzo alle loro labbra.
Quando Davide avvertì il sapore salato inequivocabile si staccò di poco. Aspettò che lei dicesse qualcosa. Francesca schiuse le palpebre, rivelando due occhi azzurri e umidi.
-Vedi?- domandò facendo in modo di guardarlo negli occhi. Imbarazzata cercò di asciugarsi e di far cessare le lacrime. Il ragazzo le spostò quella frangia bionda che le cadeva sul davanti.
La bionda sorrise e di nuovo due lacrime bagnarono il suo viso.
-Sei l’unico capace di farmi piangere- disse in poco più che un sussurro.









Perdonate il capitolo corto. Grazie a tutti quelli che leggono questa storia e la recensiscono.

GinTB: già, penso anche io che sia una cosa insita in ogni ragazza... anche nella più orgogliosa del mondo. Grazie della recensione.

FeFeRoNzA: beh, grazie tante. Non volevo che il parto fosse tutto rose e fiori, e tutti felici e contenti. Volevo descrivere come anche se sia doloroso lei abbia avuto il coraggio di farlo. E quante mamme partoriscono col cesario (non voglio nemmeno pensarci). Insomma, non è facile. però ne vale la pena, no?

Nells: ciao a te! Ti ringrazio molto dei complimenti che mi fai, sei molto gentile e spero di meritarmeli. L'essere riuscito a trasmettere bene le emozioni è un gran risultato. E grazie a voi, per aver letto.


Marty McGonagall: Buonasera, Martina. Oddio, non ho vissuto un'esperienza del genere, e non la vivrò mai. Mentre leggevo il libro di medicina immaginavo quanto dolore si potesse provare. E non volevo che partorire fosse una cosa facile per Francesca.

P.s: sì, Davide aveva un altro nome in mente. Dunque, lui avrebbe preferito chiamarla... Miriana. Sì, credo proprio che sia così.

Nor: emanuela? Boh non so, m'è venuto sul momento, ero molto indeciso. La storia è autobiografica solo e unicamente per il carattere di Davide. Non ho mai vissuto una situazione così incasinata.


vero15star: sono certo che non hai affatto bisogno del mio aiuto per trovare un ragazzo del genere. Ecco, ti cito una parte di una recensione che mi hai lasciato:

"Francesca non è la semplice ragazzina quasi 17enne che si ritrova incinta e allora scoppia la tragedia. Francesca è una ragazza che sa essere forte e fragile allo stesso momento come tante persone in questo mondo. In questo forse mi assomiglia. A lei non piace sentirsi debole,non le piace cadere e non sapere rialzarsi,non le piace chiedere aiuto.E in questo credo di assomigliarle troppo,forse è anche per questo che all'inizio non mi piaceva. Avevi in un certo senso descritto la parte del mio carattere che io detesto,e non lo sopportavo. Ora invece questa nuova Francesca mi piace molto. Perchè adesso non ci sono solo "difetti"ma ci sono anche pregi."
Esattamente, è così. Ed è bello che tu l'abbia capito. Grazie dei bei complimenti che mi fai ogni volta.

Oasis: grazie per la recensione, felice che ti piaccia.


Jiuliet: eh sì, era ora, credo che si fosse stancata di star sempre chiusa nella pancia di Francesca. Grazie mille.


Emily Doyle: ahahah beh mi dispiace che non ti piaccia il nome Emanuela. Tu come l'avresti chiamata? No, però non mi puoi dire che ti ho fatto passare la voglia di avere figli. Ce l'avrei sulla coscienza.


wanda nessie: viva la vita sì. Era d'obbligo farla nascere femmina. Certo che continuerò, che faccio, la lascio proprio ora che è quasi finita?


Devilgirl89: sua "Altezza" ti ringrazia dall'alto del suo broncio orgoglioso. Una donna già mamma? Caspita, non so se è un complimento questo... beh sai, ho raccolto informazioni da film, da libri, dai racconti (estenuanti) di mia madre, mia nonna e le mie zie... e poi sai quante volte ho fatto la veglia in sala parto?

Argh, una cena tutti insieme... che bello... non so se sarà realizzabile

MissQueen: beh, fortunata tua madre, e brava tu che hai fatto presto ad uscire. Forse bisognava anche farla soffrire a Francesca.

  
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