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Letteratura. Ottima materia
soprattutto per quelli che soffrono di insonnia. Accompagnati dalla voce
cantilenante del prof, che mi sembrava spiegasse Shakespeare, molti si erano
appisolati sui banchi mentre i minuti della settima ora passavano lentamente
come un liquido denso dentro una clessidra.
La mia mente faceva fatica a
restare attaccata alla realtà. Seth era rientrato, ma ormai sembrava non
interessarsi più a me. Ero infatti seduta insieme a Ruvy nell’ultimo banco
vicino alla finestra. Lui era invece nel primo banco vicino alla porta accanto
a Ruphert, in pratica da tutt’altra parte rispetto a me.
Sbuffai annoiata. Quando diamine
suonava quella stramaledetta campanella?
E intanto il prof parlava,
parlava, parlava, parlava… mi persi definitivamente, aspettando solo quel suono
miracoloso.
*
La mensa era come al solito super
affollata. Era incredibile vedere tutti in un solo luogo gli studenti della
nostra scuola.
Cath, Marya e io ci eravamo
sedute in un tavolo un po’ isolato. Sì, insomma, isolato in quel caos era un
parolone. Di solito con noi c’era anche Chris, ma oggi non era venuto a scuola.
- Secondo te, come mai Adams non è venuto a scuola per tutto questo
tempo? – chiese Cath addentando una mela.
Feci spallucce e la guardai
interrogativa. Le rispose Marya.
- Gira voce che abbia avuto
problemi familiari o di salute, non ho capito bene…
Cath e io ci limitammo ad
annuire. Problemi di salute, certo. Assolutamente normale, umano. Cosa ero
andata a pensare?
- Secondo voi a Seth chi piace? –
buttò lì, innocente, Marya.
- Si diceva che andasse dietro a
Rebecca, perché?
- Così…
Cath assunse un’espressione
sbigottita. – Non mi dirai che vuoi lasciare Chris perché ti piace lui? Oddio, proprio oggi che non c’è!
Marya, mi stupisco di te!
Lei rise. – Ma che vai a pensare?
Te l’ho chiesto perché secondo me a lui piace la nostra cara Melanie.
- Tu dici? – chiesi incredula.
Sorrise compiaciuta. Scommettevo
che era da tempo che ne voleva parlare. - Era da un po’ che ci pensavo a dir la
verità. Non so se avete fatto caso che prima che se ne andasse cercava sempre
Mel, secondo me non è un caso.
Inforchettai un maccherone. – Sì sì certo. Perché non metti da parte le
tue intuizioni, cara Sherlock Holmes? Si dà il caso che in questi giorni fa
finta che io non esista.
- Vero. - replicò concessiva. –
Mi chiedo perché, poi… - borbottò poi.
- Senti un po’ tu, con Chris?
Qualche nuovo cambiamento? – le chiese Cath.
- Nah, niente di nuovo… - vidi
che le cominciavano a diventare rosse le guance. Altro che tutto regolare.
- Non ti credo! – esclamò Cath.
Sapevo che il battibecco per
farle dire la verità sarebbe stato lungo e feci vagare un po’ lo sguardo per la
mensa.
A un certo punto incontrai lui.
Era seduto nel tavolo dell’angolo più remoto. Era solo e non capivo perché. D’altronde
avrebbe potuto avere tutta la compagnia che voleva, era stato così fino a prima
che non venisse più a scuola. Non lo vedevo bene, certo, ma sembrava che fosse
assorto in chissà quali pensieri, guardava fisso davanti a sé.
Dovevo parlargli, chiedere scusa
se proprio era necessario, anche se non capivo per cosa poi dovevo essere
perdonata. Per qualche motivo non volevo che Seth mi ignorasse come stava
facendo.
Lo vidi alzarsi. Mi alzai
anch’io. Cath e Marya si zittirono e mi guardarono interrogative.
- Scusate, ma devo fare una cosa…
ci vediamo dopo in classe, okay?
Tenendolo d’occhio, andai a
posare il mio vassoio sull’apposito carrello di metallo e poi uscii dalla
mensa. L’avrei aspettato lì fuori per potergli parlare.
Ma neanche a farlo apposta ci
scontrammo mentre uscivamo. Mi fermai a guardarlo, ero certa di aver attirato
la sua attenzione.
Lui procedette invece spedito per
il corridoio come se anziché me avesse urtato un muro.
*
Undicesimo
mese
Non
ce la faccio più.
È
Lei a rendere così incasinata la situazione. Lei e la sua natura umana, così
fragile, così profumata, così … breve.
Ma
forse è solo colpa mia. È stato per colpa mia se Lei mi ha scoperto, colpa mia
se con il mio comportamento non faccio altro che avvicinarLa a me, invece di respingerLa
come vorrei.
È
tutto inutile provare a ignorarla. Nelle lezioni che abbiamo insieme sento
sempre i suoi occhi scuri puntati su di me, se non voglio incontrarLa, Lei è
sempre sulla mia strada.
E
anche quando non è dove sono io, nell’aria riesco a sentire il suo odore, la
sua scia.
Non
posso, non riesco, a continuare a ignorarla. Ho in un certo senso bisogno
di Lei. E Lei immagino abbia bisogno di me. O perlomeno delle mie spiegazioni.
Sono combattuto. Ho paura di rivolgerLe la parola
per il timore di ridestare in Lei il ricordo di quel giorno, ma vorrei starLe
accanto.
Questa
situazione non sarebbe mai venuta a galla se la Madre non avesse elaborato uno
dei suoi stupidi e folli piani. Ma…oramai sono in ballo e devo ballare.
Comincio
a provare dei sentimenti verso di Lei. Non fittizi, ma reali. Non degli altri,
ma miei.
Ho
deciso. Proverò a parlarle.
S.A.
*
Mi scuso per il ritardo nell’aggiornare.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto il capitolo scorso.
A tutti quelli che hanno letto questo capitolo:
se la storia fa schifo ditemelo subito così evito di scrivere nuovi
capitoli.
Grazie.
darkimera