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Autore: Maty66    22/09/2016    5 recensioni
Tutti sull'Enterprise sanno che il comandante Spock ed il dottor McCoy si detestano. Ma tutti sanno anche che entrambi farebbero qualsiasi cosa per il loro capitano. Storia di come Spock e Bones imparano, non senza difficoltà, ad essere amici per amore di Jim. Solo che non è il Jim che tutti conosciamo.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DONO
Capitolo 20

Cavalli  e triboli azzurri

James Tiberius Kirk si era ubriacato molte volte nella sua vita, la prima volta a quindici anni, e conosceva quindi molto bene gli effetti di una sbronza colossale.
Ma,  per come si sentiva in quel momento, poteva dire con sicurezza che quella da cui si stava svegliando era senza dubbio la peggiore sbronza della sua vita.
Gli  faceva male praticamente tutto, ogni osso rimandava segnali di dolore e la testa pareva volesse spaccarsi da un momento all’altro come un melone maturo.
“Ouchhh” balbettò al tentativo di aprire un occhio.
“Computer abbassare luci al trenta per cento” ordinò.
“Le luci sono attualmente spente” rispose la voce metallica.
Il cervello lentamente cercò di elaborare l’informazione che quella era luce solare e proveniva dalle finestre della cabina.
Quindi erano attraccati in atmosfera… ma quando ci erano arrivati? L’ultima  cosa che ricordava era che avevano lasciato l’orbita di Betarus e stavano navigando a curvatura.
“Computer oscurare finestre al trenta per cento”
Appena la luce si attutì Jim  riprovò d aprire gli occhi.
Sbattè le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco e cercò di orientarsi.
Era nella cabina di Bones, il che non era sorprendente dopo una sbronza.
Piano piano cercò di muoversi prima di rendersi conto di alcuni elementi essenziali che non tornavano.
Di chi era la mano che aveva sullo stomaco?
Certo di Bones, che russava sonoramente  nel letto a fianco.
Ma da quando Bones aveva due letti nella sua cabina?.
Ci mise qualche secondo prima che il panico iniziasse a strisciare dentro di lui.
Era… nudo… completamente nudo.
“Ma che…” balbettò mentre arraffava la coperta e si copriva alla men peggio.
Con delicatezza spostò la mano di McCoy e cercò di raddirizzarsi, con l‘unico risultato di far cadere a terra una bottiglia di bourbon vuota.
“Cosa cavolo abbiamo combinato ieri sera??” si chiese mentre furiosamente  cercava nei suoi ricordi.
Nulla, non ricordava più nulla da quando avevano lasciato l’orbita di Betarus ed era andato a dormire nella sua cabina.
“No, no… non è successo niente, ci sarà certamente una spiegazione al fatto che sono nudo nella cabina di Bones…” si disse mentre, barcollando, cercava di alzarsi.
“OH MIO DIO” urlò alla restante vista della cabina.
 Spock, disordinato, spettinato e con la bocca completamente macchiata di cioccolato,  dormiva in posizione lasciva sul divano.
Spock ubriaco?? Che dormiva nella cabina di Bones? Con Bones? E con lui completamente nudo?
“Merda merda merda!!” imprecò Jim saltellando alla disperata ricerca di una via di fuga.
Ma le gambe sembravano non voler collaborare e complice la coperta che aveva avvolto attorno ai fianchi, finì miseramente in terra.
Finalmente Spock diede segni di risveglio.
Il vulcaniano si tirò su di botto.
Alla vista di Jim, rannicchiato in un angolo, con addosso solo  una coperta Spock rimase congelato per diversi istanti.
E poi… il vulcaniano sorrise.
 
La vista di Spock che sorrideva a trentadue denti  privò Jim di quel po’ di  compostezza che gli era rimasta.
“OH MIO DIO… che cosa è successo qui ieri notte? Perché io sono nudo e perché noi… noi siamo qui?? E perchè stai sorridendo?? O mio Dio stai sorridendo davvero… è spaventoso… ti sei ubriacato e ora stai sorridendo” blaterò Jim completamente fuori di sé.
“Svegliati Leonard…” esortò Spock, senza smettere di fissare Jim.
Il medico non si mosse.
“Leonardi svegliati forza” scandì a voce più alta il vulcaniano.
Finalmente il medico diede segni di vita.
“Lasciami stare Spock… non sono più nella Flotta, non sono di turno…” borbottò.
“Leonard svegliati SUBITO”
McCoy si alzò a fatica dal letto.
“Ma si può sapere che suc…”
McCoy non finì la frase sbarrando gli occhi davanti a Jim.
Per un attimo anche lui rimase bloccato.
“E’ vero?? Non è una allucinazione alcolica??” chiese rivolto a Spock.
“No, credo di no…” rispose il vulcaniano incapace di smettere di sorridere.
“Oh mio Dio!!! Jim!! Sei tornato!!” gridò  il medico, cercando di abbracciarlo.
“Stai lontano!! State lontani tutti e due” fece Jim terrorizzato indietreggiando.
“Jim.. cos’hai?” chiese preoccupato il medico.
“Cosa ho?? Sono qui nella tua cabina, con i postumi di una sbronza… nudo… con voi due ubriachi. E Spock sta sorridendo… oddio, sta sorridendo… è spaventoso!!”
“Capitano, se vuole sottintendere che quello che è successo qui ieri sera possa implicare una qualsiasi attività a sfondo sessuale… la cosa è assolutamente esclusa. Il dottor McCoy mi ha invitato a partecipare  ad un rituale  per la sua ultima sera a bordo che prevedeva l’uso di sostanze alcoliche, ovvero nel mio caso di cioccolato… ” Spock, di nuovo serio, si lanciò in una logica spiegazione.
“COSA E’ SUCCESSO?? Che significa che sono tornato??” l’interruppe Jim
“Beh ragazzo… son successe un sacco di cose…” disse McCoy, ridendo in modo quasi isterico mentre finalmente riusciva ad abbracciare il suo migliore amico
 
 
 
“Vuoi stare fermo per trenta secondi?” sbottò McCoy infastidito, mentre per l’ennesima volta cercava di controllare con il laser gli occhi di Jim.
“Perché ho dolori dappertutto?” chiese il giovane capitano, continuando ad agitarsi sul biobed.
“Mai sentito parlare dei dolori della crescita? Ti darò qualcosa” rispose con un mezzo sorriso il medico.
“Ripetimi quello che è successo… AHIA” Jim fece un sobbalzo ,non appena sentì il sibilo dell’hipospray.
“Mi hai fatto male…potevi almeno avvisare” continuò con voce lamentosa, massaggiandosi il collo.
“Ti ho avvisato. E da bambino eri un paziente molto più bravo”
Jim mise su una specie di broncio, identico a quello che metteva su Jimmy quando gli negava il cibo preferito; a McCoy si strinse il cuore mentre gli tornavano in mente tutti i ricordi del bambino con cui aveva convissuto per oltre sei mesi.
Rimase per un attimo a pensare alla facilità con cui James Kirk riusciva ad incasinare la sua mente e la sua vita; aveva pianto la scomparsa di Jim adulto per mesi, ed ora che era di nuovo lì avanti a lui, gli mancava il piccolo Jimmy.
“Comunque a parte i dolori ed una leggera anemia sei in perfetta salute, anche meglio dell’ultimo esame fisico che hai fatto” concluse il medico dando a Jim una grossa pacca sulla spalla.
“Davvero sei mesi? Sono stato bambino per sei mesi?” chiese Jim con aria attonita ed incredula.
“Già… ed eri molto carino. Un  dolce bambino molto carino” lo  prese in giro McCoy.
“Che cosa imbarazzante… come farò ad affrontare l’equipaggio ora?”
“Oh, non ti preoccupare. Eri adorabile, anche Spock amava averti intorno e non gli credere se ti dovesse dire il contrario” fece McCoy.
“Non è mia intenzione negare di aver provato soddisfazione in compagnia del piccolo Jimmy” intervenne Spock,  in piedi accanto al biobed,  di nuovo rigido e perfetto come al solito.
“Quel che non riesco a capire è perché all’improvviso sia tornato adulto. Dopo tanti mesi…”  fece il medico poggiandosi alla scrivania, rivolgendosi al vulcaniano.
“Se ricordi bene, Leonard, la regina di Betarus ci aveva espressamente avvertiti che il dono avrebbe funzionato sino a che serviva. Se ne deduce che a questo punto aveva esaurito la sua funzione” ragionò Spock.
“Ehi… sono qui… parlate di me come se non ci fossi e di cose che non ricordo affatto; non è molto piacevole. E aspetta un momento… da quando  Spock ti chiama Leonard? E com’è che siete nella stessa stanza da  più di cinque minuti e non state litigando?” chiese rivolto verso McCoy.
“Te l’ho detto. Son successe un mucchio di cose in questi sei mesi” sorrise il medico, mentre rimetteva a posto i suoi strumenti.
“Comunque capitano, se le sue condizioni lo permettono, l’Ammiraglio Archer ha chiesto di parlarle. Credo che ci siano molti adempimenti burocratici da evadere” scandì formale Spock.
“Ok andiamo”
Jim saltò giù dal biobed.
“Spock… ti rendi conto che se io sono di nuovo il capitano dell’Enterprise, tu verrai degradato  a tenente comandante? O vuoi un comando tutto per te?” chiese mentre si avviavano nel corridoio.
“I vulcaniani non provano ambizione, capitano. E poi su questa nave ho più di un motivo di gratificazione”
 
 
 McCoy aspettò con ansia che Jim aprisse la porta della sua cabina
Quella era la prima sera, da quando, due settimane prima, Jim era tornato adulto, che potevano concedersi una serata insieme, come ai vecchi tempi.
Per un attimo aveva pensato di invitare anche Spock, ma poi egoisticamente aveva rinviato alla prossima occasione. Quella serata doveva essere solo per lui e per Jim. Era l’ultima sera alla spacedock della Terra, poi avrebbero ripreso la loro missione.
Mentre aspettava, reggendo la bottiglia di bourbon che si era procurato poco prima di risalire a bordo, non poteva fare a meno di pensare a quella mattina in cui aveva trovato il piccolo Jimmy  in quella cabina.
Ricacciò indietro la fitta di nostalgia che provava ogni volta che ripensava ai mesi precedenti.
In fondo Jim era Jim… a sei anni o a ventinove.
“Finalmente…” fece quando la porta scivolò di lato e riuscì ad entrare.
“Ero sotto la doccia… come vedi” ribattè Jim, accogliendolo con solo un asciugamani avvolto attorno alla vita.
“Meno male che non devo più costringerti sotto l’acqua la sera… la doccia non era uno dei tuoi momenti preferiti…” ridacchiò il medico.
In risposta ebbe solo un grugnito, mentre il suo amico si avviava di nuovo nel bagno per vestirsi.
Quando riemerse McCoy si concesse un attimo per studiare il giovane.
Appariva in perfetta forma, senza l’aria stanca che spesso mostrava dopo le molte notti insonni.
McCoy sapeva che le notti di Jim erano frequentemente agitate dagli incubi del suo passato.
Versò due abbondanti dosi di bourbon e porse il bicchiere al suo amico.
“A noi”  brindò, facendo tintinnare i bicchieri.
“Buono… avrai speso una fortuna” disse sodisfatto Jim mentre assaporava il liquore.
“L’occasione merita. Per un po’ di tempo io e te abbiamo brindato solo con latte e cioccolato“ ridacchiò il medico.
“Suppongo che dovrò sorbirmi questi racconti per molto tempo…”
“Oh sì…” ridacchiò di nuovo McCoy.
“Stai bene?” chiese dopo un po’.
“Sì… sto bene… anzi…”
McCoy rimase in silenzio in attesa dello sfogo dell’amico.
 “Vedi Bones, non so come spiegartelo. Non mi ricordo niente dei sei mesi passati, ma… mi sento sereno. E’ una strana sensazione… e non ho incubi da due settimane”
“Questo è un vantaggio”
“Certo. Ma è anche più di questo… è strano. Se ora ripenso al mio passato… beh ora è come se  fossi riuscito finalmente ad accettare quegli avvenimenti. Insomma… i miei ricordi sono ancora tutti lì, ma ora so che fanno parte del mio passato e basta”
McCoy guardò con attenzione il giovane davanti a lui.
Sapeva quanto aveva  duramente lottato, senza mai riuscirci davvero, per buttarsi alle spalle le esperienze traumatiche della sua infanzia ed adolescenza.
“Insomma… è come se ora sapessi di avere un posto nella vita, che è qui sulla nave. Con voi” continuò mentre prendeva il PADD dalla scrivania e sfogliava gli ologrammi scattati quando era bambino
McCoy rimase ancora in silenzio,  bevendo il suo bourbon.
“Sai Jim… credo che tutti noi abbiamo male interpretato il significato del dono della regina betariana. Abbiamo sempre creduto che volesse ridarti la tua infanzia, mentre secondo me quello che voleva era solo farti capire che hai una famiglia. Voleva far capire a tutti noi che siamo una famiglia”
Jim annuì e per un po’ i due amici rimasero in un comodo silenzio, godendo della reciproca presenza.
“Così eri disposto a farmi da padre… e tu e Spock avete  anche litigato su questo…” ridacchiò il giovane capitano, rompendo il silenzio.
“Te l’ho già detto eri un bambino molto carino ed intelligente, peccato che crescendo…” rise il medico
“Mi sarebbe piaciuto credo…”
“Cosa?”
“Averti come padre. Tu sei nato per fare il padre, quasi quanto il medico” sorrise Jim.
McCoy sorrise anche lui, un po’ amaro, pensando a sua figlia Johanna.
“Non esageriamo però. Ora che sei di nuovo adulto non sono tanto più vecchio di te”
“Comunque grazie. Non mi ricordo, ma devi essere stato bravissimo”
“Anche Spock ha fatto la sua parte. E Nyota e gli altri della squadra” fece il medico.
“Quindi ora tu e Spock siete amici…”
“Amici… diciamo che abbiamo imparato ad apprezzarci…  e siamo compagni di bevute”
“Tutti una famiglia, giusto?”
“Tutti una famiglia, anche ora che sei tornato il solito idiota”  rise McCoy
Proprio in quel momento risuonò il comunicatore.
“Capitano qui Scotty. Lei ed il dottor McCoy dovreste venire in sala teletrasporto”
“Cosa succede Scotty?” chiese Jim leggermente preoccupato.
“Nulla di grave… abbiamo solo un paio di problemi, enormi problemi”
 
Quando arrivarono, leggermente trafelati, Jim e McCoy incrociarono Spock, pronto ad entrare anche lui nella grande sala dove erano poste le piattaforme del teletrasporto.
Varcata la soglia  i due umani rimasero per un momento a bocca aperta.
La reazione di Spock fu  il solito sopracciglio alzato, sintomo inequivocabile della sorpresa.
Sulla piattaforma, tenuti  fermi per la cavezza da due agenti di sicurezza, c’erano due enormi animali bianchi, molto simili ai cavalli, ad eccezione  della cresta e delle orecchie allungate.
“Affascinante” commentò Spock avvicinandosi.
“Ma che sono? E come sono arrivati qui?” chiese McCoy guardandoli stupito.
“Sono stark. L’equivalente dei cavalli terrestri per i Klingon. Posso chiedere signor Scott come sono arrivati qui?” rispose il vulcaniano
“Teletrasportati dall’ambasciata andoriana  presso la Federazione. Che a sua volta li ha ricevuti da quella Klingon”.
“Ma per chi sono… chi li manda?”
“Moklor. E uno è per te, Bones” rispose Jim, mentre leggeva il messaggio sul proprio PADD, per poi porgerlo al medico.
 
Piccolo guerriero,
E’ un dono che spero che tu ed il tuo ufficiale medico vogliate accettare come segno della mia gratitudine.  La ricerca medica che il dottor McCoy ha fatto pervenire alla ambasciata klingon mi ha ridato speranza di guarigione.
Mi hanno informato che sei tornato all’età adulta e hai perso i ricordi del nostro incontro, ma volevo assicurarti che ho tenuto fede alla parola data. I “tuoi” triboli sono stati teletrasportati su di un pianeta con habitat compatibile ove la presenza di predatori consentirà di controllarne la popolazione. Quanto a Karagg e Kalitta ho chiesto al Gran Consiglio di commutare la pena capitale in detenzione su Rura Penthe.
Non so se il fato vorrà davvero concedermi lunga vita, ma se così sarà sono certo che un giorno ci rincontreremo. E potremo fare la differenza per i nostri popoli.
Sino ad allora
QuaI’ piccolo guerriero.
Moklor comandante della IKS Pagg
 
“Un regalo un po’ meno ingombrate non poteva trovarlo?” fece McCoy sarcastico, dopo  aver letto.
“Il regalo di animali da cavalcatura è considerato segno di grande rispetto fra i klingon” obiettò Spock.
“Sono davvero bellissimi” fece Jim avvicinandosi ad uno degli animali e toccandolo sul muso.
L’animale rispose con un fremito al tocco.
“No no no… non ci pensare nemmeno Jim, non possiamo tenerli a bordo” disse terrorizzato McCoy.
“Potrei suggerire il bioparco di S. Francisco, capitano” intervenne Spock.
“Non voglio mandarli in uno zoo, sarebbe poco rispettoso per chi li ha donati” obiettò il giovane.
“In alternativa la fattoria della madre del dottor McCoy è abbastanza grande. E il bioclima è del tutto compatibile” propose  ancora il vulcaniano.
“Ah magnifico… mia madre ne sarà entusiasta” fece acido il medico.
“Dai Bones, non sono diversi dai cavalli. E tu hai già una scuderia nella fattoria…”
“Sì, ma lo dici tu a mia madre che stiamo per affidarle due animali donati da un feroce guerriero klingon”
“Certo, tanto Eleanor non mi dice mai no” sorrise  Kirk.
“Prima però dobbiamo trovargli dei nomi. Il mio lo chiamo Leonard. E il tuo lo chiami come me?” continuò con il solito sorriso arrogante.
“Non mi sembra il caso di chiamarlo ‘idiota’ ” chiosò il medico.
A Jim sembrò che a stento Spock trattenesse il sorriso.
 
“Buongiorno capitano”
Rigido e perfetto come al solito, Spock salutò Jim che usciva dal turboascensore, diretto alla mensa.
“Che ci fai con quel tribolo?” chiese subito McCoy, che aspettava con Spock.
Era bello riprendere le vecchie abitudini quando i tre erano soliti  fare colazione insieme all’inizio del turno alfa.
“E’ il mio regalo… quindi me lo tengo” rispose Jim carezzando il tribolo azzurro, dono di Archer.
L’animale rispose tubando felice.
“Era un regalo per un bimbo di sei anni, non di ventinove” chiosò McCoy
“Un regalo è un regalo… e devo trovare anche a lui un nome… non mi va di chiamarlo tribolo. Secondo voi è maschio o femmina?”
“I Poligeminus Grex sono ermafroditi, capitano” fece Spock, serissimo, mentre  prelevava dal replicatore la sua zuppa ploomek.
“Quindi posso scegliere...” fece Jim mentre come un equilibrista reggeva con una mano il vassoio con la sua colazione e con l’altra il tribolo.
“Ti somiglia, Bones… ha un’aria incazzata, come te… ma non posso chiamare anche lui Leonard” fece una volta seduto.
Il medico emise un sospiro di sopportazione.
“I triboli non posso avere espressioni facciali, non hanno tecnicamente un viso. In realtà non sono neppure senzienti” continuò sempre serio il vulcaniano.
“Non  starlo a sentire…” bisbigliò Jim al tribolo, carezzandolo ostentatamente.
“In realtà somiglia anche a te Spock… avete quasi lo stesso taglio di capelli” concluse Jim.
Il vulcaniano si limitò ad alzare un sopracciglio.
“Ho deciso, lo chiamo Spones” annunciò Kirk felice dopo alcuni minuti, con la bocca sporca di marmellata
“Idiota” fu il commento di McCoy, mentre Spock non degnò  il capitano e l’animaletto di uno sguardo.
 
“Bene possiamo andare. Il lavoro ci chiama” disse Jim alzandosi dal tavolo.
“Non vuoi le tue gelatine?” chiese McCoy, con un gran sorriso.
Kirk aggrottò la fronte, ma non rispose.
“Capitano crede che sarà in grado di completare il suo turno, o ritiene che sentirà la necessità del consueto pisolino dopo pranzo?” chiese Spock serio.
“Vi siete alleati per prendermi in giro? Non credo mi piaccia il fatto che  ora voi due siete amici. Quindi vi ordino di non esserlo” chiosò scherzoso il capitano.
“Non credo che tale ordine sia legittimo, capitano. In base al capitolo 15.5  del regolamento della Flotta Stellare gli ordini superiori non possono riguardare sfere strettamente personali, sessuali, o essere dettati da motivi discriminatori…” rispose formale Spock, provocando la risatina di McCoy.
“Ok... allora vi metterò sempre su due turni diversi, così non potrete frequentarvi”
“La cosa risulterebbe inutile, visto che il servizio è organizzato su tre turni giornalieri, residuerebbe sempre un turno in cui il dottor McCoy ed io condividiamo il riposo”
“Bene allora inizierò a sparlare di ciascuno di voi  alle spalle dell’altro …”
“Nulla che tu già non faccia mi pare” ridacchiò McCoy.
“Ingrati. Mi rimani solo tu Spones…” fece Jim accarezzando il tribolo.
Nel frattempo i tre avevano raggiunto la plancia.
“Capitano sul ponte” annunciò Chekov.
“Buongiorno a tutti, famiglia” augurò Jim mentre si avviava  verso la sedia di comando.
FINE


Star Trek non mi appartiene.
Grazie a tutti per aver seguito la storia, per aver  recensito, inserito la storia fra i preferiti, seguiti ecc. 
Ora  completerò  "Eroe" la fanfic lasciata in sospeso.
Spero di avervi tenuto compagnia e disratto un po' con questa storiella.
A presto.
  
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