Faccio
scivolare dolcemente il mio vestito nuovo sulla pelle e decido di farmi
un
trucco leggero per non contrastare troppo l’immagine
raffinata che ho stasera.
La
curiosità
di vedere che faccia farà Chaz cresce ad ogni minuto che
passa. La porta di
questo bagno è chiusa, ma riesco a sentire lo stesso che lui
si trova in
salotto e sta guardando la tv; ha già finito di prepararsi
da un pezzo, invece
io non ci ho mai messo così tanto.
Vado
in
camera e preparo la borsetta (non ne ho mai usata una in vita mia, ma
oggi mi
tocca) mettendoci di tutto e di più, anche perché
altrimenti sarebbe troppo
vuota.
Scendo
le
scale e prima di arrivare in salotto, mi infilo le decolletè
che avevo tenuto
in mano per non rischiare di cadere e per non farmi sentire da Chester
che sta
seduto sul divano e sembrava parecchio annoiato
prima di vedermi.
I
miei
primi quattro passi con i tacchi li ho fatti con molto successo, anche
se il
portamento non è dei migliori, ma sono fiduciosa che
migliorerà durante la
sera.
Comunque,
in realtà non è questo il pensiero che mi sta
tormentando di più, bensì è
scoprire che cosa sta pensando il ragazzo a cui tra poco
sarò seduta vicino.
Mi
accomodo
e lui mi segue con lo sguardo, riesco a vedere un po’ di bava
che gli esce
dalla bocca (si fa per dire), ha una faccia da adesso-ti-salto-addosso,
il
telecomando che teneva in mano gli è scivolato sul divano,
ma non sembra interessarsene
e nell’insieme è decisamente…
sconcertato e meravigliato. Ho ottenuto
l’effetto
desiderato.
“Sarà
ora
che andiamo, che ne dici?”
Gli
rivolgo
questa domanda più che altro per rompere il silenzio sceso
tra noi. Fa un
sorriso malizioso e risponde:
“Abbiamo ancora un po’ di
tempo…”
Spegne
la
televisione e abbandona il telecomando per terra e non è
difficile intuire cosa
ha intenzione di fare.
Però
è estremamente
complicato capire quello che io voglio.
Mi
cinge la
vita con le mani e mi lascio cadere sul sofà, portando le
braccia intorno al
suo collo. Lui cerca di sfilami il vestito, ma io lo blocco
con un
rapido movimento.
“Non
scompormi…” -esordisco tra un bacio e
l’altro- “Ci ho messo tanto per
preparami…”
“Dovrai
rimetterti il lucidalabbra” -mi risponde mentre appoggia le
mani sui miei
fianchi scoperti-
“Ne
faccio
a meno… lo odio”
Sento
squillare il cellulare che sta dentro alla borsetta che ho lasciato sul
pavimento e, dopo aver ciondolato un po’ il braccio, riesco
ad afferrarlo e
rispondo. Chester non si ferma.
“Si?
Dimmi,
MIKE” -sottolineo il nome di chi mi ha
chiamata per sollecitare Chester
a smetterla-
Chaz
alza
per un nano secondo lo sguardo, poi ritorna ad affondare la testa
nell’incavo
del mio collo. Faccio abbastanza fatica a parlare a Mike, che
dall’altro capo
del telefono mi sta dicendo di riferire a Chester di portargli la sua
cintura.
E poi mi chiede anche se sto bene o se c’è
qualcosa che non và.
“No,
tutto
a posto, tutto a posto!” spero di essere stata convincente-
“State
partendo, vero?”
Guardo
l’orologio,
alzo gli occhi al cielo e rispondo a Mike che sì, stiamo
partendo.
Infilo
il
cellulare nella borsa, scanso
poco graziosamente Chester che mi
guarda come per dire no-scusa-che-cazzo-fai, mi do una sistemata e mi
giustifico dicendo: “E’ tardi” -mi alzo,
poi continuo- “Muoviti”.
Raccolgo
la
borsa, sto per andare alla porta, ma mi ricordo di quello che mi
è stato detto
poco fa, così mi volto e incontro lo sguardo ancora turbato
di Chester.
“Ah!
Mike
mi ha detto di riportargli la cintura…”
Si
ferma,
mi fissa, sbatte le palpebre, dopodichè mi dice:
“Ah… La… cintura…”
Sale
le
scale in modo fulmineo, apre una porta, traffica per la stanza in cerca
di
quella dannata cintura che ci sta facendo perdere tempo, poi scende e
finalmente partiamo per il luogo dove si svolgerà la festa
che inizierà,
precisamente, tra ventidue minuti. No, non faremo mai
in tempo,
ma non importa.
Faccio
la
mia comparsa in sala, già stracolma di gente, un
po’ traballante sui tacchi.
Non so dove devo andare, perciò Chaz, che probabilmente
è già venuto qui, mi fa
strada verso i suoi band-mates che salutiamo non con poca
difficoltà per via
della musica molto alta. E sono solo le nove e venti.
Gli
altri
ci fanno spazio su questi divanetti rossi e noi ci sediamo mentre un
cameriere
viene a prendere le ordinazioni e toglie i quattro bicchieri vuoti che
contenevano qualche drink bevuto prima del nostro arrivo.
Ci
troviamo
su un palchetto raggiungibile tramite due rampe di scale poste ai lati.
Da qui
si può vedere tutto il resto della sala, composta da altri
tavolini e divanetti
e un ampio spazio riservato a chi vuole ballare.
Riconosco
un sacco di artisti con i rispettivi partner, sembrano divertirsi e
parlare
animatamente con amici e conoscenti. Tra di loro sfrecciano diversi
cordiali
camerieri vestiti con divise nere e bianche.
“Chester,
ma Pamy dove l’hai lasciata?” -esordisce
scherzosamente Joe-
“Non
lo so…
penso che arrivi tra un po’…”
Poi
mi
guarda con un leggero sorriso sulle labbra e rispondo:
“Se
non vi
vado bene così, mi cambio più che
volentieri!”
“Non
provarci!” -mi sgrida Chaz-
“Infatti…
e
grazie per averci degnato di farci vedere una Pamy più
femminile!” -conclude
Mike-
“Ah…
guarda
che c’è il tuo amico
Kouyou giù” -mi avvisa Chester-
Che
sarebbe
a dire: “Vedi di non andare da quello là
che se no stavolta mi incazzo e lo
prendo a botte. Si, lo so che non mi ha fatto niente, ma mi sta sul
culo lo
stesso perché gli degni anche solo di uno sguardo”
“Ah,
bene.
Magari dopo vado a salutarlo…” -istigo
volontariamente il mio interlocutore-
“Ci
hai
parlato, se così si può dire, una sola volta in
vita tua e adesso vuoi andare a
salutarlo?! Scommetto che non si ricorda neanche di te!”
“Se
mai, può
darsi che non mi riconosca”
Mi
squadra
dalla testa ai piedi e credo che si stia preoccupando di fare in modo
che Uruha
non mi veda vestita così.
“Comunque,
ti ricordo che non hai su in pantaloni…”
Quando
dicevo del portamento, mi riferivo non solo ai tacchi, ma anche alla
gonna. Ho
le gambe rozzamente accavallate e inizio a stufarmi di questi abiti.
“Uffa…”
-sbuffo mentre mi metto in ordine-
Il
primo,
fresco sorso del secondo cuba scende in gola e la noia sale. Sono quasi
le
dieci, quaranta minuti che sto seduta qui… credo che mi sia
diventato il culo
piatto. Finisco il mio drink a grandi sorsi, mi passo la lingua sulle
labbra
per togliere qualche gocciolina rimasta e mi alzo celermente
provocandomi una
fitta di mal di testa, ma non me ne curo e scendo le scale.
“Dove
vai?”
-sento urlare da Chester ma non mi preoccupo di rispondergli-
Faccio
scorrere
la mano sul corrimano e perlustro con lo sguardo la sala fino a che non
avvisto
Kouyou con gli altri componenti della sua band.
Afferro
un
bicchiere contenente un liquido verdastro da un vassoio vagante e mi
avvicino a
lui. Mi metto alle sue spalle e aspetto che si accorga di me. Non
è lui a
farlo, bensì Yuu che gli dice qualcosa in giapponese. Uruha
si volta, mi
guarda, poi risponde al suo amico e ho gli occhi di questi cinque bei
ragazzi
puntati addosso.
“Ci
siamo
già visti?” -mi domanda dubbioso-
“Si,
una
volta sola”
“Ahm…
mi
dispiace ma non ricordo… magari ero ubriaco!”
Gli
altri
ridacchiano.
“Eri
sanissimo. È solo che io non sono nei miei soliti
panni… sai, ieri avevi dei
dubbi sul fatto che io fossi una RAGAZZA”
Storce
gli
occhi e spalanca la bocca.
“Era
quella
con cui stavi parlando ieri?” -chiede incerto Takanori-
“Bhè…
sei
Pamy?”
Lo
vedo
ancora scosso.
“Si,
è così
che mi chiamo”
Degusto
la
mia bevanda e aspetto che finiscano di scambiarsi frasi nella loro
lingua. A me
basta vedere le loro facce per capire quello che stanno dicendo.
È una cosa che
ho imparato a fare nel corso del tempo, visto che non mi sono mi fidata
pienamente di nessuno. La comunicazione non verbale è
estremamente importante
per capire con chi si ha a che fare.
“Sei
venuta
qui con i Linkin Park?” -mi domanda Yutaka-
“Si”
“Ma…
Hai
perso Chester per strada?” -si informa Takanori-
“No,
è là”
-dico indicando il nostro tavolo-
“Perché?”
“Non
stai
con lui?”
“In
che
senso?”
“Non
sei insieme
a lui?”
Non
capisco
come possa dare questa impressione.
“Siete
arrivati insieme…”
“Mi
ha
ospitato da lui per un po’…”
“Ah…”
-mormora Kouyou-
“Mi
stavo
annoiando e sono andata a fare un giro… poi ti ho visto e mi
sono detta: “Perché
non chiedergli se si ricorda di me?” e così sono
qui”
Che
bugiarda
che sono.
Controllo
con la coda dell’occhio cosa sta facendo Chester.
C’è una ragazza con lui e la
cosa mi disturba, specialmente perché si è seduta
al mio posto.
“Allora,
che ne dici se andiamo a prendere una boccata
d’aria?”
La
proposta
di Uruha mi fa distrarre e accetto volentieri di seguirlo.
Mi
accorgo
di quanto facesse caldo dentro. La temperatura qua fuori è
piacevole, c’è un po’
di gente uscita per fumare. Sui davanzali ci sono dei bicchieri
dimenticati e
per terra tanti mozziconi di sigarette. Ci sediamo su una panchina
abbastanza
lontana dall’entrata e discretamente appartata. La forte
musica ci raggiunge
piacevolmente anche qui. La posizione sopraelevata
dell’edificio permette di
vedere le numerose e lussuose macchine parcheggiate a qualche decina di
metri
da noi. Uruha mi porge un pacchetto di sigarette come invito a
prenderne una.
“Grazie”
La
fiamma
del suo accendino mi accende questo brutto vizio che ho da ormai sei
anni. Il
fumo esce dalle nostre bocche e si disperde per aria in una bellissima
e
armoniosa danza nociva.
“Tu
non ti
annoi?” -chiedo superficialmente-
“No,
anche
se ogni tanto ci sono dei momenti vuoti dove non so che cazzo fare se
non bere
o fumare”
“Quindi,
questo è un momento vuoto”
Mi
riferisco al fatto che entrambi teniamo una sigaretta in una mano e un
bicchiere di un alcolico a caso nell’altra.
“No,
è
abbastanza pieno nella sua
semplicità”
Sussurriamo
quasi le parole per non rompere una bella e quieta atmosfera come
questa.
Tiro
l’ultimo
fiato della mia sigaretta che mi riempie ancora una volta i polmoni, la
getto a
terra e la spengo con la mia scomoda scarpa.
“Facciamo
cambio scarpe?” -domando guardando con invidia le sue all
star nere che porta
con eleganza-
“Ho
indossato di tutto in vita mia, ma mai delle scarpe col tacco”
“Quindi
è
un no?”
“E’
ovviamente un no”
“Uffi…
comunque neanche io ne ho mai messe”
Ride
fievolmente e finisce il suo alcolico. Il suo bicchiere raggiunge il
mio sul
davanzale dietro di noi.
Sento
delle
risa familiari provenire dalla nostra sinistra, vicino
all’entrata.
È
Chester
con quella tizia.
“Non
è che
sei gelosa?”
Deve
aver
notato i miei occhi pieni di rabbia.
Odio risultare un libro
aperto. Ma, tanto, nessuno è mai riuscito a capirmi fino in
fondo.
“Sono
solo stizzita,
perché quella ragazza è più brutta di
me e Chester sembra preferire lei. Non
che mi interessi… ci ha provato un sacco di volte con
me…”
Adoro
ribaltare così le cose. Se prima stavo per essere scoperta
nel mio desiderio di
far ingelosire Chaz, ora mi ritrovo a dover spiegare a Uruha il
perché non
voglio stare con Chester.
“E’
difficile credere che lui preferisca quella là a te.
Probabilmente ne ha
cercata una alla sua altezza”
Mi
metto a
ridere con lui. Sono fintamente divertita, perché io odio
mentire, ma adoro
venire inconsciamente assecondata. E c’è bisogno
che io rida, anche se Chester
mi ha avuta e potrebbe ancora avermi.
Kouyou,
improvvisamente inizia a baciarmi con fervore, facendo mischiare i
sapori dei
drink da noi bevuti e del fumo aspirato in precedenza.
Dopo tanto tempo, voglio lasciarmi abbandonare alla passione di una notte tra le braccia di un semi-sconosciuto. Di uno stupendo semi-sconosciuto.