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Autore: Nami_Loves_Ruki    05/05/2009    1 recensioni
Basta. Gli chiudo la porta in faccia. Adesso devo riposare la mente, più che il corpo. Mi sa che sarà il contrario.
Mi accorgo di quanto questa stanza mi assomigli, di quanto il mio pigiama e questo letto in cui mi sto coricando, siano come me. È tutto privo di calore, trasmette distacco. Queste pareti bianche e spoglie… anch’io sono così con lui.
Ho lasciato la luce accesa. Mi devo alzare a spegnerla… che palle… Perché non c’è un interruttore vicino al letto come in camera sua?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Faccio scivolare dolcemente il mio vestito nuovo sulla pelle e decido di farmi un trucco leggero per non contrastare troppo l’immagine raffinata che ho stasera.

La curiosità di vedere che faccia farà Chaz cresce ad ogni minuto che passa. La porta di questo bagno è chiusa, ma riesco a sentire lo stesso che lui si trova in salotto e sta guardando la tv; ha già finito di prepararsi da un pezzo, invece io non ci ho mai messo così tanto.

Vado in camera e preparo la borsetta (non ne ho mai usata una in vita mia, ma oggi mi tocca) mettendoci di tutto e di più, anche perché altrimenti sarebbe troppo vuota.

Scendo le scale e prima di arrivare in salotto, mi infilo le decolletè che avevo tenuto in mano per non rischiare di cadere e per non farmi sentire da Chester che sta seduto sul divano e sembrava parecchio annoiato prima di vedermi.

I miei primi quattro passi con i tacchi li ho fatti con molto successo, anche se il portamento non è dei migliori, ma sono fiduciosa che migliorerà durante la sera.

Comunque, in realtà non è questo il pensiero che mi sta tormentando di più, bensì è scoprire che cosa sta pensando il ragazzo a cui tra poco sarò seduta vicino.

Mi accomodo e lui mi segue con lo sguardo, riesco a vedere un po’ di bava che gli esce dalla bocca (si fa per dire), ha una faccia da adesso-ti-salto-addosso, il telecomando che teneva in mano gli è scivolato sul divano, ma non sembra interessarsene e nell’insieme è decisamente… sconcertato e meravigliato. Ho ottenuto l’effetto desiderato.

“Sarà ora che andiamo, che ne dici?”

Gli rivolgo questa domanda più che altro per rompere il silenzio sceso tra noi. Fa un sorriso malizioso e risponde: “Abbiamo ancora un po’ di tempo…”

Spegne la televisione e abbandona il telecomando per terra e non è difficile intuire cosa ha intenzione di fare.

Però è estremamente complicato capire quello che io voglio.

Mi cinge la vita con le mani e mi lascio cadere sul sofà, portando le braccia intorno al suo collo. Lui cerca di sfilami il vestito, ma io lo blocco con un rapido movimento.

“Non scompormi…” -esordisco tra un bacio e l’altro- “Ci ho messo tanto per preparami…”

“Dovrai rimetterti il lucidalabbra” -mi risponde mentre appoggia le mani sui miei fianchi scoperti-

“Ne faccio a meno… lo odio”

Sento squillare il cellulare che sta dentro alla borsetta che ho lasciato sul pavimento e, dopo aver ciondolato un po’ il braccio, riesco ad afferrarlo e rispondo. Chester non si ferma.

“Si? Dimmi, MIKE” -sottolineo il nome di chi mi ha chiamata per sollecitare Chester a smetterla-

Chaz alza per un nano secondo lo sguardo, poi ritorna ad affondare la testa nell’incavo del mio collo. Faccio abbastanza fatica a parlare a Mike, che dall’altro capo del telefono mi sta dicendo di riferire a Chester di portargli la sua cintura. E poi mi chiede anche se sto bene o se c’è qualcosa che non và.

“No, tutto a posto, tutto a posto!” spero di essere stata convincente-

“State partendo, vero?”

Guardo l’orologio, alzo gli occhi al cielo e rispondo a Mike che sì, stiamo partendo.

Infilo il cellulare nella borsa, scanso poco graziosamente Chester che mi guarda come per dire no-scusa-che-cazzo-fai, mi do una sistemata e mi giustifico dicendo: “E’ tardi” -mi alzo, poi continuo- “Muoviti”.

Raccolgo la borsa, sto per andare alla porta, ma mi ricordo di quello che mi è stato detto poco fa, così mi volto e incontro lo sguardo ancora turbato di Chester.

“Ah! Mike mi ha detto di riportargli la cintura…”

Si ferma, mi fissa, sbatte le palpebre, dopodichè mi dice: “Ah… La… cintura…”

Sale le scale in modo fulmineo, apre una porta, traffica per la stanza in cerca di quella dannata cintura che ci sta facendo perdere tempo, poi scende e finalmente partiamo per il luogo dove si svolgerà la festa che inizierà, precisamente, tra ventidue minuti. No, non faremo mai in tempo, ma non importa.

 

Faccio la mia comparsa in sala, già stracolma di gente, un po’ traballante sui tacchi. Non so dove devo andare, perciò Chaz, che probabilmente è già venuto qui, mi fa strada verso i suoi band-mates che salutiamo non con poca difficoltà per via della musica molto alta. E sono solo le nove e venti.

Gli altri ci fanno spazio su questi divanetti rossi e noi ci sediamo mentre un cameriere viene a prendere le ordinazioni e toglie i quattro bicchieri vuoti che contenevano qualche drink bevuto prima del nostro arrivo.

Ci troviamo su un palchetto raggiungibile tramite due rampe di scale poste ai lati. Da qui si può vedere tutto il resto della sala, composta da altri tavolini e divanetti e un ampio spazio riservato a chi vuole ballare.

Riconosco un sacco di artisti con i rispettivi partner, sembrano divertirsi e parlare animatamente con amici e conoscenti. Tra di loro sfrecciano diversi cordiali camerieri vestiti con divise nere e bianche.

“Chester, ma Pamy dove l’hai lasciata?” -esordisce scherzosamente Joe-

“Non lo so… penso che arrivi tra un po’…”

Poi mi guarda con un leggero sorriso sulle labbra e rispondo:

“Se non vi vado bene così, mi cambio più che volentieri!”

“Non provarci!” -mi sgrida Chaz-

“Infatti… e grazie per averci degnato di farci vedere una Pamy più femminile!” -conclude Mike-

“Ah… guarda che c’è il tuo amico Kouyou giù” -mi avvisa Chester-

Che sarebbe a dire: “Vedi di non andare da quello là che se no stavolta mi incazzo e lo prendo a botte. Si, lo so che non mi ha fatto niente, ma mi sta sul culo lo stesso perché gli degni anche solo di uno sguardo”

“Ah, bene. Magari dopo vado a salutarlo…” -istigo volontariamente il mio interlocutore-

“Ci hai parlato, se così si può dire, una sola volta in vita tua e adesso vuoi andare a salutarlo?! Scommetto che non si ricorda neanche di te!”

“Se mai, può darsi che non mi riconosca”

Mi squadra dalla testa ai piedi e credo che si stia preoccupando di fare in modo che Uruha non mi veda vestita così.

“Comunque, ti ricordo che non hai su in pantaloni…”

Quando dicevo del portamento, mi riferivo non solo ai tacchi, ma anche alla gonna. Ho le gambe rozzamente accavallate e inizio a stufarmi di questi abiti.

“Uffa…” -sbuffo mentre mi metto in ordine-

 

Il primo, fresco sorso del secondo cuba scende in gola e la noia sale. Sono quasi le dieci, quaranta minuti che sto seduta qui… credo che mi sia diventato il culo piatto. Finisco il mio drink a grandi sorsi, mi passo la lingua sulle labbra per togliere qualche gocciolina rimasta e mi alzo celermente provocandomi una fitta di mal di testa, ma non me ne curo e scendo le scale.

“Dove vai?” -sento urlare da Chester ma non mi preoccupo di rispondergli-

Faccio scorrere la mano sul corrimano e perlustro con lo sguardo la sala fino a che non avvisto Kouyou con gli altri componenti della sua band.

Afferro un bicchiere contenente un liquido verdastro da un vassoio vagante e mi avvicino a lui. Mi metto alle sue spalle e aspetto che si accorga di me. Non è lui a farlo, bensì Yuu che gli dice qualcosa in giapponese. Uruha si volta, mi guarda, poi risponde al suo amico e ho gli occhi di questi cinque bei ragazzi puntati addosso.

“Ci siamo già visti?” -mi domanda dubbioso-

“Si, una volta sola”

“Ahm… mi dispiace ma non ricordo… magari ero ubriaco!”

Gli altri ridacchiano.

“Eri sanissimo. È solo che io non sono nei miei soliti panni… sai, ieri avevi dei dubbi sul fatto che io fossi una RAGAZZA”

Storce gli occhi e spalanca la bocca.

“Era quella con cui stavi parlando ieri?” -chiede incerto Takanori-

“Bhè… sei Pamy?”

Lo vedo ancora scosso.

“Si, è così che mi chiamo”

Degusto la mia bevanda e aspetto che finiscano di scambiarsi frasi nella loro lingua. A me basta vedere le loro facce per capire quello che stanno dicendo. È una cosa che ho imparato a fare nel corso del tempo, visto che non mi sono mi fidata pienamente di nessuno. La comunicazione non verbale è estremamente importante per capire con chi si ha a che fare.

“Sei venuta qui con i Linkin Park?” -mi domanda Yutaka-

“Si”

“Ma… Hai perso Chester per strada?” -si informa Takanori-

“No, è là” -dico indicando il nostro tavolo- “Perché?”

“Non stai con lui?”

“In che senso?”

“Non sei insieme a lui?”

Non capisco come possa dare questa impressione.

“Siete arrivati insieme…”

“Mi ha ospitato da lui per un po’…”

“Ah…” -mormora Kouyou-

“Mi stavo annoiando e sono andata a fare un giro… poi ti ho visto e mi sono detta: “Perché non chiedergli se si ricorda di me?” e così sono qui”

Che bugiarda che sono.

Controllo con la coda dell’occhio cosa sta facendo Chester. C’è una ragazza con lui e la cosa mi disturba, specialmente perché si è seduta al mio posto.

“Allora, che ne dici se andiamo a prendere una boccata d’aria?”

La proposta di Uruha mi fa distrarre e accetto volentieri di seguirlo.

Mi accorgo di quanto facesse caldo dentro. La temperatura qua fuori è piacevole, c’è un po’ di gente uscita per fumare. Sui davanzali ci sono dei bicchieri dimenticati e per terra tanti mozziconi di sigarette. Ci sediamo su una panchina abbastanza lontana dall’entrata e discretamente appartata. La forte musica ci raggiunge piacevolmente anche qui. La posizione sopraelevata dell’edificio permette di vedere le numerose e lussuose macchine parcheggiate a qualche decina di metri da noi. Uruha mi porge un pacchetto di sigarette come invito a prenderne una.

“Grazie”

La fiamma del suo accendino mi accende questo brutto vizio che ho da ormai sei anni. Il fumo esce dalle nostre bocche e si disperde per aria in una bellissima e armoniosa danza nociva.

“Tu non ti annoi?” -chiedo superficialmente-

“No, anche se ogni tanto ci sono dei momenti vuoti dove non so che cazzo fare se non bere o fumare”

“Quindi, questo è un momento vuoto

Mi riferisco al fatto che entrambi teniamo una sigaretta in una mano e un bicchiere di un alcolico a caso nell’altra.

“No, è abbastanza pieno nella sua semplicità”

Sussurriamo quasi le parole per non rompere una bella e quieta atmosfera come questa.

Tiro l’ultimo fiato della mia sigaretta che mi riempie ancora una volta i polmoni, la getto a terra e la spengo con la mia scomoda scarpa.

“Facciamo cambio scarpe?” -domando guardando con invidia le sue all star nere che porta con eleganza-

“Ho indossato di tutto in vita mia, ma mai delle scarpe col tacco”

“Quindi è un no?”

“E’ ovviamente un no”

“Uffi… comunque neanche io ne ho mai messe”

Ride fievolmente e finisce il suo alcolico. Il suo bicchiere raggiunge il mio sul davanzale dietro di noi.

Sento delle risa familiari provenire dalla nostra sinistra, vicino all’entrata.

È Chester con quella tizia.

“Non è che sei gelosa?”

Deve aver notato i miei occhi pieni di rabbia. Odio risultare un libro aperto. Ma, tanto, nessuno è mai riuscito a capirmi fino in fondo.

“Sono solo stizzita, perché quella ragazza è più brutta di me e Chester sembra preferire lei. Non che mi interessi… ci ha provato un sacco di volte con me…”

Adoro ribaltare così le cose. Se prima stavo per essere scoperta nel mio desiderio di far ingelosire Chaz, ora mi ritrovo a dover spiegare a Uruha il perché non voglio stare con Chester.

“E’ difficile credere che lui preferisca quella là a te. Probabilmente ne ha cercata una alla sua altezza”

Mi metto a ridere con lui. Sono fintamente divertita, perché io odio mentire, ma adoro venire inconsciamente assecondata. E c’è bisogno che io rida, anche se Chester mi ha avuta e potrebbe ancora avermi.

Kouyou, improvvisamente inizia a baciarmi con fervore, facendo mischiare i sapori dei drink da noi bevuti e del fumo aspirato in precedenza.

Dopo tanto tempo, voglio lasciarmi abbandonare alla passione di una notte tra le braccia di un semi-sconosciuto. Di uno stupendo semi-sconosciuto.

   
 
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