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Autore: obidoia    23/09/2016    1 recensioni
Ares è un ragazzo normale come qualsiasi altro. Famoso a scuola, un prodigio nel tiro con l'arco eun rapporto col padre meraviglioso. Ma tutta questa quotidiana serenità verrà cancellata dall'improvviso arrivo di un nuovo individuo, Eros, il quale si rivela essere fratello, per giunta gemello, di Ares. E' subito odio quello che prova Ares nei confronti di suo fratello. Ma questa burrascosa relazione è destinata a cambiare portando i due ragazzi verso il punto di non ritorno.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ares si svegliò circondato dal profumo di muschio. Si sentiva intorpidito ed eccessivamente accaldato dalle coperte che lo stavano come soffocando. Aprì lentamente l'occhio sinistro, per poi richiuderlo subito, venendo investito da un fascio di luce che passava attraverso le tende. C'era un che di strano in quell'ambiente ed Ares si sentiva come se avesse dimenticato una cosa, una cosa importante che però continuava a sfuggirgli. Si stiracchiò cercando di riprendere mobilità nelle parti del corpo indolenzite, e nel movimento urtò qualcosa. Era caldo e morbido. Si girò lentamente nel letto ritrovandosi il viso di suo fratello a una distanza decisamente troppo ravvicinata. Si rimise subito nella posizione iniziale cercando di sembrare il più addormentato possibile. Cosa diavolo era successo ieri sera? Immagini della notte precedente cominciarono a riaffiorargli nella mente una dopo l'altra. Diventò rosso in meno di un nanosecondo. Si chiedeva dove avesse trovato il coraggio di fare una cosa del genere. Ed ora, come avrebbe affrontato la situazione a venire? Il cuore gli batteva all'impazzata, rimbombando nelle orecchie, per la paura di un possibile risveglio di Eros. Se si fosse svegliato in quell'istante sarebbe potuto morire di vergogna e farsi prete. Non sapeva affatto come gestire la situazione. Sentiva le sue gambe, il suo petto sfiorargli delicatamente il corpo, e lui non osava spostarsi di un millimetro per paura di spezzare quel magico momento. Sentiva anche qualcos'altro toccargli il fondo schiena, ma preferì non indugiare troppo su quel pensiero. Si rigirò verso il fratello con molta calma, respirando appena per fare meno rumore possibile. Eros dormiva ancora per fortuna. Sul viso aveva i segni rossi lasciati dalle pieghe del cuscino e i capelli erano più spettinati del solito facendolo sembrare infantile. Ad Ares scappò un sorrisetto. Cos'era cambiato nelle ultime settimane? Non sapeva darsi risposta. Osservava le piccole e chiare lentiggini sparse sul volto del fratello, le sue ciglia lunghe, gli occhi intensi che erano ora coperti ma che conosceva ormai così bene. Esaminò le sue labbra appena socchiuse, rosee, non troppo sottili che lo facevano sembrare sempre troppo sexy. Perso nei suoi pensieri non si rese conto di essersi avvicinato pericolosamente verso quelle fonti di desiderio. Era così vicino che bastava un movimento minimo per annullare le distanze. Eros strinse gli occhi e mugugnò qualcosa sorprendendo il fratello che ritornò velocemente a far finta di dormire beatamente. Ares lo sentì tirarsi su. Lo immaginò guardarsi attorno, spaesato, cercando di far mente locale su ciò che era accaduto. Eros si alzò e uscì dalla camera lasciando il letto vuoto e freddo. Il fratello invece restò fermo, immobile, avvolto tra le coperte e stringendo le lenzuola cercando di trattenere il calore restante. Sul cuscino riusciva ancora a sentire il profumo, leggero e intenso allo stesso tempo, del gemello. Ares avrebbe voluto rimanere lì per sempre, in quella magia, immerso tra i suoi pensieri. In quell'istante era tutto perfetto e scendere di sotto, avrebbe significato spezzare quel paradiso illusorio e affrontare la vera e crudele realtà. Si decise ad alzarsi solo quando udì lo scorrere dell'acqua nel bagno affianco, segno che Eros si stava facendo la doccia. Sedendosi sul letto, notò la sua giacca e il telefono sparsi per terra dove li aveva lasciati la sera prima. Il led azzurro del cellulare lampeggiava, sicuramente erano dei messaggi di Erica per esprimere la sua gratitudine per quello che era successo, ma di lei se ne sarebbe occupato più tardi.

Approfittò di quel momento di solitudine per guardarsi in giro. Dato il loro problematico rapporto non gli capitava mai di entrare in quella camera, la considerava una zona off-limits. Non che avesse mai avuto il desiderio di farlo, ma ora che si trovava lì da solo era incuriosito. Dopo tutto quello che era successo era desideroso di conoscere quella persona che fino a qualche giorno fa era stata come un estraneo per lui, come se volesse recuperare in pochi istanti tre anni di silenzio. Tranne che per una libreria stracolma di libri la stanza sembrava spoglia e poco personalizzata. Solo qualche fotografia segnava la presenza di qualcuno che ci vivesse. Ares si alzò dal letto avvicinandosi alle foto per osservarle meglio. Alcune ritraevano suo fratello da piccolo, un Eros che giocava con un cagnolino, Eros che si sbrodolava con un gelato, ma la foto che più lo colpì fu quella di suo fratello al primo giorno di elementari, vestito di tutto punto e con il naso rosso probabilmente per l'emozione, e accompagnato da una figura femminile elegante e dallo sguardo gentile, sua madre, la loro madre. Capelli neri come la pece e occhi chiari simili ai loro, Eros stringeva con la sua piccola mano la manica della madre come se fosse intimorito da qualcosa. Ares lo trovò estremante tenero e sorrise mentre lo osservava. Un bambino completamente diverso dal ragazzo che ora era diventato. Adesso assomigliava più a un uomo, serio, composto e con uno sguardo perforante.

L'acqua smise di scorrere e dopo qualche minuto Eros uscì dal bagno per andare in cucina al piano di sotto. Anche Ares doveva farsi una doccia, ma c'era solo un piccolissimo problema, non aveva un cambio di vestiti. I pantaloni della tuta erano riutilizzabili ma non il resto ed era sicuro di non avere vestiti adatti per stare in casa nel suo armadio, il resto degli abiti se li era portati dietro quando era andato a casa di Erica. Per cui non c'era altra scelta se non quella di prenderli in prestito da suo fratello. Frugò nel suo armadio cercando una maglietta il più semplice e il meno imbarazzante possibile. Ma ora Ares si trovava davanti a un'altra piccolissima difficoltà, ovvero l'intimo. Non aveva dei boxer di scorta e non poteva di certo andare in giro senza mutande... rimaneva un'unica opzione. Aprì un cassetto di fianco alla scrivania e ne tirò fuori un paio qualsiasi rimanendo poi fermo a fissarli in assoluto silenzio. Non c'era niente che non andava in quei boxer grigi, erano firmati Armani, puliti e profumati ma... erano i suoi. Poteva davvero indossarli? Cercò di pensarci il meno possibile mentre usciva dalla camera per andare nel bagno. Nella stanza aleggiava ancora il profumo di bagnoschiuma usato precedentemente dal fratello, soave e delicato, ma allo stesso tempo deciso. Entrò nella doccia completamente circondato da quella fragranza che lo avvolgeva dolcemente. L'acqua calda gli scivolava lungo il corpo portandosi via tutte le preoccupazioni. L'odore del bagnoschiuma che usò gli ricordò di Eros, e del fatto che in tutte le sue foto fosse solo, senza amici, parenti o persone a lui care. Una solitudine che sembrava molto simile alla sua, della quale rimaneva ancora una cicatrice nascosta nel profondo di ognuno di loro. Ma quella foto, quella, era diversa. Non aveva ricordi di sua madre ed era vero quando diceva di non aver sofferto per la sua perdita, ma lei era tutt'altra cosa. Uno sguardo che diceva: Io sono qua, resterò qua affianco a te e non ti lascerò; una mano gentile, e calda, che ti accarezza dolcemente il viso, una voce tenera che con un sussurro ti culla verso l'oblio, un sorriso che avrebbe semplicemente significato, io sono qui per te e ti amo. Ares non aveva pianto neanche una lacrima durante il funerale della madre, ma ora non riusciva a smettere di piangere e tremare, mescolando le sue lacrime alle gocce d'acqua e sussurrando un flebile “mi dispiace”.

Uscì dalla doccia più stanco di prima e con gli occhi leggermente arrossati, vestendosi in silenzio. Quando arrivò in cucina Eros non gli fece domande, non disse nemmeno una parola, pose semplicemente la colazione davanti al fratello e per questo Ares gliene fu grato. Probabilmente sospettava fosse successo qualcosa, in fondo era strano vederlo ridotto in quello stato, tuttavia capì che era meglio sorvolare il tutto, nel caso, sarebbe stato Ares stesso a parlare per primo. Questa quiete infatti rimase intatta finché Eros non si alzò a sparecchiare e si arrestò poi richiamato dalla voce lieve del fratello.

<< Eros... com'era mamma? >>

Si guardarono negli occhi e nonostante Eros fosse stupito dalla richiesta annuì.

<< Aspettami sul divano, torno subito. >>

Arrivò poco dopo con in mano un quadernone rosso e si sedette di fianco al fratello. Ares aveva già notato quella specie di raccoglitore la mattina stessa mentre curiosava per la camera del gemello, ma non aveva osato guardarne il contenuto, e adesso era molto curioso.

<< Cos'è? >>

<< È di nostra madre, l'ultimo ricordo che mi sia rimasto di lei. >>

Aprendolo, Ares vide una montagna di foto riempire il quaderno e anche alcune lettere, ma le foto ritraevano tutte la loro madre, da bambina, da adolescente, e da adulta fino a una scattata pochi giorni prima della sua morte. Ares ne prese una e la osservò da vicino, era ancora in bianco e nero e probabilmente sua madre non avrà avuto più di quattro anni, ma lui riusciva a percepire la somiglianza che c'era tra loro. Eros gli sorrise.

<< Avete la stessa espressione quando siete imbronciati >>

<< Ehi! >> lo punzecchiò Ares di rimando.

<< Ahaha guarda questa. >>

Eros gli porse un'altra fotografia, questa volta a colori, che raffigurava i loro genitori il giorno del loro matrimonio. Il padre era vestito in modo semplice ma elegante con uno smoking nero e la madre invece un lunghissimo abito bianco che pareva essere seta, con le maniche lunghe completamente di pizzo e un corsetto interamente ricamato a mano. Erano entrambi giovani e belli, ma soprattutto felici, felici e innamorati.

<< È stato circa vent'anni fa. Nostra madre frequentava il quarto anno di psicologia all'università mentre nostro padre l'ultimo anno di chirurgia. È lì che si sono conosciuti e, dopo pochi anni si sono sposati, e noi non siamo nati poi molto tempo dopo... è stato proprio mentre nostra madre era incinta che è iniziato tutto... fino al divorzio dopo nemmeno un anno dalla nostra nascita. >>

Ares non conosceva i dettagli di quello che era successo tra i suoi genitori, era troppo piccolo per potersene ricordare e quando lo domandava a suo padre lui cercava sempre di cambiare argomento. Comunque c'erano delle volte in cui Ares si chiedeva se sua madre l'avesse veramente mai amato, come in quel preciso istante. Eros parve accorgersene ed allungò una mano per accarezzare i capelli corvini del fratello in un gesto affettuoso. Ares arrossì imbarazzato volgendo lo sguardo verso il basso.

<< Sai Ares, nostra madre pensava spesso a te, non ti ha mai dimenticato e sono sicuro che ha sempre rimpianto il fatto di essersi dovuta allontanare da te. Qualche volta è anche capitato che mi chiamasse “Ares” anziché Eros, io ho sempre pensato che lei si fosse semplicemente sbagliata, ma ora, ne capisco il vero motivo. Avanti passami l'album devo farti vedere ancora una cosa. >>

Eros prese l'oggetto dalle mani del fratello il quale era come immerso in un silenzio meditativo. Aveva fatto bene a raccontargli tutte quelle cose? Eros aveva paura che fosse troppo da sopportare per Ares, troppe informazioni da digerire in una volta sola; ma non aveva altra scelta, si disse, ora doveva andare fino in fondo. Tra le varie buste Eros ne prese una di un color azzurro pastello e gliela diede.

<< Questa è per te da nostra madre. >>

Ares la prese un po' titubante con le mani che gli tremavano visibilmente.

<< Perché non me l'hai data prima? >> chiese Ares, non con un tono arrabbiato, forse solo un po' triste. Eros distolse lo sguardo.

<< Non mi sembrava il momento adatto... comunque – disse alzandosi – vorrai che ti lasci solo, vado di là. >> fece per andarsene quando si sentì tirare la manica.

<< No, resta qui. >> sussurrò appena Ares stringendo la stoffa fra le dita.

Eros non disse niente e tornò affianco al fratello che lentamente iniziò ad aprire la busta. La lesse in silenzio, scorrendo lo sguardo tra le righe e per alcuni minuti il tempo sembrò essersi bloccato. Quando ebbe finito di leggerla Ares piangeva di nuovo, lacrime silenziose che fuoriuscivano senza volersi fermare. Gli rigavano le guance lasciando i segni del loro passaggio e anche gli occhi cominciavano ad arrossarsi. La mano di Eros si mosse involontariamente, con la punta delle dita sfiorò la pelle delicata dell'altro, carezzandogli il collo. Ares sobbalzò sorpreso al contatto ma cercò di non darlo a vedere, i loro occhi si incrociarono in uno sguardo carico di bisogno. Eros si mosse quasi senza accorgersene avvicinandosi al fratello come attratto da una forza invisibile e con una lentezza quai sacrale poggiò dolcemente le labbra sull'occhio di Ares come per asciugargli quelle tristi lacrime. Dopodiché lo abbracciò stringendolo forte e accarezzandogli i capelli, calmandolo finché non ebbe esaurito tutte le sue lacrime e si addormentò sfinito. Eros non volle sciogliersi da quell'abbraccio, sapeva che era sbagliato ma non poteva lasciarlo, o più semplicemente non voleva. Mentre rimuginava su questi pensieri si accorse di qualcosa di inaspettato. Arrossì violentemente vedendo il fratello indossare il suo intimo, tanto da provocargli una certa reazione. Sperò con tutto il cuore che Ares non si svegliasse di lì a poco o non sapeva se sarebbe riuscito a controllarsi.

  
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