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Autore: heather16    23/09/2016    2 recensioni
"La stanza vuota, la luce bianca, il tavolo spoglio. Sulla sedia, in divisa arancione, un uomo. Le spaventose testate su quel folle terrorista erano apparse sui giornali per mesi interi. Il viso, iconico per quella densa crema bianca che lo ricopriva, era struccato e pulito. I capelli, sporchi, ricadevano sugli occhi. Il capo era reclinato verso il basso."
ecco il prequel della mia storia "Midnight in Gotham"... spero vi piaccia!
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harley Quinn, Joker
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Joker'
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-Harleen Quinzel!- il Joker aveva un’aria entusiasta. Sul suo viso lo stesso sguardo di sorpresa di un bambino.
-Come?- La donna bionda era pallida, stanca. Aveva passato una settimana d’inferno, i pazienti erano tanti, nella sua testa diagnosi e disturbi si fondevano in una confusionale Babele. Il camice era di un candido bianco, e i bottoni slacciati lasciavano vedere un tailleur grigio ben stirato. Le calze erano trasparenti, e conferivano alla sua pelle un colore opaco ed omogeneo. Era distratta, ma sapeva di doversi concentrare al massimo. La sera prima aveva litigato con la sua migliore amica. Clare era una ragazza buona, intelligente, ma aveva idee talmente diverse dalle sue ; Harleen non aveva le forze per discutere, l’aveva trattata con fastidio.
-Harleen Quinzel! Non sapevo si chiamasse così, dottoressa. È un nome così bello, giocaci un po’ e salta fuori…  Arlequinn!-
La dottoressa abbozzò un sorriso.-Come si sente oggi?-
-Alla grande dottoressa! Lo sa che io vivo per questi momenti qui con lei.-
- Veramente questa è solamente la seconda seduta che facciamo, e la prima volta che ci siamo visti non abbiamo nemmeno iniziato a lavorare su di Lei. Non vedo come possa avere già riscontrato dei miglioramenti emotivi.-
-Oh dottoressa, qualsiasi momento speso a pensare a lei vale come un antidepressivo!-
Harleen tentò inutilmente di nascondere il suo apprezzamento.-Come passa la sua settimana?-
Quel giorno il Joker era pettinato. I capelli non sembravano sporchi come al solito. I punti sul naso erano stati tolti; al loro posto un grosso cerotto. L’innocenza su quel viso terribile sembrò, solo per un attimo, quasi sincera: -Beh, deve considerare che io trascorro sedici ore al giorno dormendo; do fastidio alle guardie! I dottori mi cucinano grosse porzioni di sonniferi e calmanti, Xanax, Valium, Amital, Butisol e a volte, seguendo il consiglio dello chef, mi iniettano della classica morfina, perché le ricette tradizionali sono sempre le migliori. Solitamente riesco a stare sveglio nelle prime ore del mattino, poco prima dell’alba; allora chiacchiero con Steve, il mio sorvegliante; sono sveglio anche a mezzogiorno; mangio e parlo nella sala comune con il mio amico, il dottor Crane. Appena quello inizia a gridare però ci riportano in cella. Martedì sera invece niente iniezioni, perché la mattina dopo c’è Lei!-
-Non avevo idea che i detenuti venissero sedati.- Harleen decise che ne avrebbe parlato con il dottor Arkham.
-Non tutti, solo quelli più fastidiosi! È come con gli insetti: nessuno da’ fastidio ad una formica, ma guai se arriva una cimice! La schiacciano, e il suo microscopico corpo esplode contro la superficie di un giornale, o la suola di una ciabatta. La vedo stanca dottoressa, si sente bene?-
-Oh, non ho dormito. Ma sto benissimo.-
-Di solito quando non si dorme c’è sempre una brutta ragione, a meno che… lei è fidanzata dottoressa?-
-Non mi sembra affatto appropriato.-
-Chiedo scusa.-
Harleen sospirò. -Proviamo a fare un piccolo test. Le va?-
- Amo i giochetti, dottoressa.-
-Bene. Le mostrerò un paio di schede. Vorrei che lei mi dicesse che cosa vede tra le macchie impresse sulla carta.-
-Ah, le macchie di Rorschach. Quelli sono i giornaletti pornografici degli psichiatri, sa?-
-Le macchie di Rorschach sono un valido aiuto per l’analisi della personalità. Le chiedo semplicemente di dirmi ciò che vede subito. Si affidi solo ai suoi sensi. Non ci deve pensare; mi dica solo la prima cosa che ci vede.-
La dottoressa tirò fuori un plico di schede. Sollevò la tavola III
L’uomo fissò l’immagine con attenzione, socchiudendo gli occhi. Si leccò il labbro superiore.      -Un medico. La sua faccia assomiglia a quella del mio vecchio professore di liceo. Lui… non ha un occhio. Sì, gli manca.-
-Bene. Cosa ci vede in questa?-
-Una farfalla… anzi no! Vedo un luogo oscuro… Ci sono dei mostri, delle  figure grottesche di arenaria. Sembra l’ingresso di un locale.- ad Harleen parve di essere già stata in un luogo del genere. Doveva essere un bar di Gotham.
 
-Qui cosa vede?-
-Una ragazza. È bionda, bellissima.. ha in mano qualcosa: un pezzo di stoffa, sembra un ricamo. Lo sta mostrando ad un’altra bionda, che lo fissa intensamente.- Anche quest’immagine le sembrò particolare; non seguiva nessuno dei modelli di Rorschach, eppure le ricordava qualcosa…. Qualcosa che aveva già sentito, più e più volte.
-Lei ha davvero delle intuizioni interessanti.-
Il joker alzò lo sguardo e sorrise: - più uniche che rare, direi! L’intuizione è qualcosa che capita, se capita, una volta sola nella vita!-
 
Allora lei capì. Die Traumdeutun. Freud.
 
 –Lei si sta prendendo gioco di me, paziente 4479?-
 
-Io? Prendermi gioco di lei? E perché mai?-
 
-Tutto ciò che mi ha descritto sono  esempi portati da Freud, nel suo trattato sull’interpretazione dei sogni.-
 
-Coincidenze?-
 
-Ha citato parola per parola una frase dell’introduzione al capitolo quattro.-
 
- Conosce il libro a memoria? Ma lei non usciva mai quando andava all’università?-
 
-Non andiamo avanti, se lei si dimostra talmente poco collaborativo.-
 
-Che le devo dire doc, forse non mi piacciono poi così tanto questi giochini. Sono stupidi.-
 
-Le macchie di Rorschach servono ad analizzare i pazienti, se solo lei rispondesse seriamente avrei potuto capire molte più cose sulla sua personalità!- Harleen cominciava ad alzare la voce. Il sangue pompava sempre più velocemente.
 
-Oh, lei crede davvero di poter conoscere uno come me con un test come quello?-
 
-Mi sono laureata con il massimo dei voti, credo di sapere bene ciò che faccio!- il Joker non era più un paziente. Harleen era tornata al liceo, quando la chiamavano “la bomba”, perché ogni disputa la animava a tal punto da portarla ad urlare, a diventare rossa in viso e ad agitarsi confusamente. La sua foga, la sua esuberanza, che tanto aveva represso per dare ai pazienti un senso di calma e tranquillità stavano riemergendo, quella voglia di parlare che aveva perso per la stanchezza, stanchezza che non le permetteva nemmeno di chiacchierare con la sua Clare, stavano rinascendo da quella fenice uccisa da termini e definizioni.
Il Joker sorrideva, leccandosi il labbro.
 
-Non lo metto in dubbio dottoressa, ma ci vuole anche la capacità di scavare in qualcosa di contaminato e altamente infettivo!-
 
-Cosa vorrebbe dire?-
 
-Vorrei dire, che deve essere pronta a spogliarsi della sua divisa, del suo studio, se vuole sapere cosa sono io! Una rinascita, la regina è morta, ecco la nuova donna, Alleluja!-
 
-Non è affatto necessario questo, se si è forti di spirito e capaci.-
 
-Lo vedremo.-
 
-Lo vedrà!- Harleen ormai era balzata in piedi, con le mani premute contro il tavolo. L’uomo la guardava divertita. La porta dello studio si aprì cigolando.
 
-Dottoressa Quinzel, il signor Arkham ha bisogno di vederla.-
 
Harleen ritornò in sé. –Certo. Io…. Arrivo.-
 
-A martedì, dottoressa Quinzel!-
 
La porta si richiuse cigolando, mentre due occhi neri fissavano la donna, che gonfia di adrenalina spostava dietro all’orecchio una disordinata ciocca bionda.
  
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