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Autore: Kourin    24/09/2016    2 recensioni
Luglio 1977. Mū del Jamir viene convocato al Santuario a causa di un problema che, apparentemente, solo lui è in grado di risolvere.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gemini Saga, Leo Aiolia, Virgo Shaka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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III




Aveva chiesto di lui più volte, ma nessuno aveva saputo fornirgli informazioni sull'amico ritiratosi nel Jamir. Così, con il passare del tempo, aveva smesso di pensarci. Eppure, dopo che gli era giunta notizia della sua presenza al Tempio di Athena, Aiolia era subito accorso alla Quinta Casa e, senza preoccuparsi di vestire l'armatura, aveva iniziato a fissare con impazienza la scalinata che conduceva alla Sesta. Di solito i santi d'oro rivolgevano lo sguardo a valle, in attesa di un nemico: aspettare la discesa di un amico, augurandosi in cuor suo che fosse ancora tale, era proprio una cosa a cui non era preparato.
Lo vide arrivare quando era passato mezzogiorno, vestito di una tunica chiara e dell'inseparabile sciarpa di colore rosso. Portava ancora i capelli lunghi e aveva mantenuto i tratti delicati che lo facevano assomigliare ad una ragazza, ma il fisico ormai sviluppato rendeva impossibile confondersi sul suo genere. Trasportava sulle spalle uno scrigno dorato.
Che sia davvero diventato il Santo di Aries?
Si fermò appena prima della netta linea d'ombra che delimitava la soglia. Non mostrò particolare sorpresa nel trovarsi davanti ad Aiolia, o perlomeno non lo diede a vedere: sembrava quasi che la sua attenzione fosse rimasta sull'Himalaya.
“Mū,” lo chiamò per invitarlo ad avvicinarsi. “È trascorso così tanto tempo...”
Allora l'altro sembrò destarsi e riconoscerlo. “Sono ben quattro anni,” rispose entrando nella penombra del tempio, mentre Aiolia notava, con un misto di delusione e curiosità, che lo scrigno che trasportava era quello di Gemini.
“È stato motivo di grande gioia apprendere che hai ricevuto il titolo di Santo di Leo. In cuor mio avevo sempre saputo che sarebbe accaduto. Permettimi di porgerti le mie congratulazioni,” disse tendendogli la mano.
Stupito, Aiolia si affrettò a stringerla, notando quanto fosse gelida a dispetto della temperatura esterna. “Non è necessario che usi toni così formali con me.”
“Sei un Santo d'Oro,” rispose lui sorridendo, con la gentilezza che aveva sempre contraddistinto i suoi modi. Ma subito un pensiero improvviso parve ghermirla, perché l'espressione si fece dura e gli occhi, assottigliatisi, divennero taglienti.
Per un attimo ad Aiolia parve di vedersi allo specchio, cosa che ritenne assurda, dato che nessuno poteva aver condiviso ciò che aveva provato negli ultimi anni. Chiese: “Per quale motivo sei rimasto lontano per tutto questo tempo?”
“Erano gli ordini Sommo Sacerdote,” fu la laconica risposta di Mū, che s'incupì ulteriormente quando aggiunse: “Preferirei non parlarne. Per favore, mi lasceresti scendere, adesso?”
Aveva già preso in considerazione la possibilità che quel ragazzo non volesse più avere a che fare con lui, ma di certo questo non era il tipo d'incontro che si era aspettato.
“E perché mai non dovrei farti passare!” esclamò facendosi da parte. Mū proseguì come se non avesse sentito, ma le sue mani tremavano impercettibilmente. Un movimento nervoso che forse un santo di casta inferiore non avrebbe notato, ma che ad un massimo custode del Santuario non poteva sfuggire.
“Aspetta!”
Il ragazzo del Jamir si fermò, apparentemente incuriosito, scrutando Aiolia con la coda dell'occhio. Quest'ultimo aspettò che appoggiasse a terra lo scrigno, poi portò avanti il suo attacco.
Mū arretrò verso il centro del colonnato con un doppio balzo all'indietro e, dopo aver invitato l'avversario ad avvicinarsi nuovamente, iniziò a schivare ciascuno dei suoi pugni, spostandosi o deviandoli senza apparente sforzo. Sembrava che si divertisse, ma Aiolia non ne era contrariato e si chiedeva piuttosto fin dove sarebbe potuto arrivare. Così accelerò il ritmo, lasciando che la sfida si trasformasse in una danza impercettibile all'occhio umano.
Una volta raggiunte velocità che senza armatura sarebbero stati insopportabili, Mū si scansò lateralmente e poi si fermò appoggiandosi alla schiena dell'amico, sfidandolo: “Vogliamo provare a fare sul serio?”
“Ti stavo solo concedendo un po' di vantaggio,” sogghignò Aiolia in risposta, imitando il tono adulto che l'altro aveva usato.
“E io che credevo di aver lasciato il vantaggio a te!” esclamò Mū prima di voltarsi e muovere il pugno destro in direzione del volto di Aiolia, che l'afferrò nel palmo della mano, per poi bloccare allo stesso modo anche il pugno sinistro.
Si sorprese a dover far ricorso a tutta la sua esperienza per non indietreggiare, perché quello che si contrapponeva al suo era un Cosmo vasto e fiammeggiante, che emanava un'energia figlia del sole. Era fratello di Leo, senza ombra di dubbio, come in fondo aveva sempre saputo.
Aiolia diminuì la stretta e lasciò che l'energia che ardeva nelle loro braccia si estinguesse. “Almeno una risposta l'ho ottenuta,” concluse, ma si limitò a dire: “Sono contento di vedere che non hai smesso di allenarti!”
Mū gli sorrise, poi si lasciò cadere a terra e chiuse gli occhi, come se volesse mettersi a dormire sul pavimento.
Aiolia portò le mani sui fianchi, sospirò e disse: “Spero che non te la sia presa.”
Lui scosse il capo sorridendo, come a dire che non c'era problema, ma restò lì dov'era, i capelli chiari sparsi sul marmo a fargli da cuscino, le piccole sopracciglia rotonde a ricordare che era appena arrivato dall'altro capo del mondo dove, forse, comportarsi così era normale.
Aiolia gli si accovacciò accanto, realizzando quanto il pavimento fosse piacevolmente fresco, e lasciò che l'insistente gracchiare di un corvo tamponasse temporaneamente il silenzio che si era venuto a creare. In realtà c'era un'altra cosa che doveva chiedere, la più importante. Non sapeva che reazione aspettarsi ma, dopo quattro anni di vuoto, qualsiasi risposta gli sarebbe andata bene. Mū era vivo: il suo mutismo non poteva durare in eterno.
“È tutta colpa di Aiolos. Sei stato allontanato perché, quella maledetta notte, avevi voluto aiutare me che non credevo al suo tradimento... È così, vero?”
Mū spalancò gli occhi verdi per fissare il soffitto, o qualcosa di più lontano che stava oltre il soffitto, tanto che Aiolia ebbe l'impressione che stesse per teletrasportarsi via. Per fortuna, invece, sia la sua attenzione che il suo corpo rimasero nella Casa del Leone. Rispose: “Aiolos non c'entra con il mio allontanamento. Era accaduto qualcosa che andava oltre alla nostra capacità di comprensione, qualcosa...” Esitando, si voltò per fissare i due putti che ornavano lo scrigno di Gemini.
“Non serve che ci giri tanto intorno,” lo interruppe Aiolia, sedendosi sulle ginocchia. “Se puoi, perdonami. Ti chiedo scusa in nome di entrambi.”
Mū si alzò subito per assumere la stessa posizione, gli occhi ancora più sgranati, come se non capisse o fosse impaurito. Aiolia, allora, continuò: “La verità per me è chiara. Aiolos, anche per una sola notte, è stato un criminale e da criminale è morto. Ma se io sono qui, a presiedere questo tempio, è per riparare alle sue colpe. Perciò, se c'è qualcosa che posso fare, qualsiasi cosa... sentiti libero di chiedere.”
“Aiolia... che cosa potrei mai chiederti? Sono io, piuttosto, quello che dovrebbe porgere le proprie scuse.”
“Mū, non capisco a cosa ti riferisci. Non puoi continuare a parlarmi per enigmi.”
“Davvero pensi che sia tutta colpa di Aiolos?” gli sussurrò invece l'amico, e Aiolia cominciò a sentirsi infastidito. “E di chi altro, del Sommo Sacerdote?” sbottò.
Di nuovo, in risposta, ottenne quello strano sguardo tagliente; poi arrivarono le parole, ma queste non giungevano alle orecchie, bensì direttamente al cervello.
Il punto è che io, in realtà, non so che cosa sia accaduto davvero quella notte. Posso solo dire che sacerdote era lui e al contempo non era lui. Non escludo che per tuo fratello sia accaduta la stessa cosa.
“Non era lui? Che cosa intendi?” chiese Aiolia, facendo uso della propria voce. Non capiva infatti perché dovesse nascondere il suo pensiero in un tempio sacro alla dea. Quello di cui era guardiano, per giunta.
Come allarmato, Mū avvicinò l'indice alle proprie labbra, per fargli segno di tacere; quindi continuò a parlargli nella mente.
Intendo dire che entrambi erano posseduti da un'entità esterna, un demone, un dio, non lo so. C'è anche la possibilità che la colpa sia esclusivamente di colui che veste i panni del Sommo Sacerdote e non di Aiolos. Ma io non ho le prove di nulla, capisci?
Di quel discorso delirante, Aiolia afferrò solo che Mū stava mettendo in dubbio la parola del Sommo Sacerdote, suo maestro e rappresentante della volontà di Athena. Abituato ad essere messo quotidianamente alla prova, si chiese se non si trattasse dell'ennesimo stratagemma per mettere in discussione la propria fedeltà al Santuario.
Fissò gli occhi di Mū con rabbia, chiedendosi se la meschinità del mondo potesse essere arrivata fin lì. Che cosa stava crescendo, in fondo a quel verde limpido? Sentendosi tremare di sdegno, si avvicinò minaccioso al volto dell'altro fino a poterne sentire il respiro, sibilando: “Si può sapere a che gioco stai giocando? Dimmelo, perché io so riconoscere questi trucchetti. Mi credi stupido?”
Mū interruppe bruscamente il contatto rialzandosi in piedi. “Tu non vuoi capire quello che ti sto dicendo.”
Aiolia lo afferrò per un braccio. “Io capisco solo la colpevolezza Aiolos. Sono cresciuto, non gioco più ad illudermi che le cose siano andate diversamente.”
“Illudersi...” mormorò Mū, il bel volto privo di espressione, come se un fulmineo incantesimo l'avesse trasformato in una bambola.
Aiolia, preso alla sprovvista, lo rilasciò.
Lui si rimise in spalla lo scrigno e proseguì per la sua strada. “Farsi carico di una colpa di tali dimensioni... è semplicemente ingiusto,” disse piano, come se stesse parlando tra sé.
Sentendosi come se avesse appena incassato un pugno nello stomaco, Aiolia lo restituì d'istinto alla colonna più vicina, salvo poi pentirsene quando sentì tremare l'intera costruzione.


Si era mantenuto immobile per alcuni minuti, lo sguardo fisso sulle scanalature, incapace di agire e di riflettere. Tuttavia non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere che il custode della Sesta Casa l'aveva raggiunto.
“Puoi stare tranquillo, non è successo nulla,” lo rassicurò mentre si ricomponeva per affrontarne l'inscalfibile ieraticità. A volte aveva la sensazione che Shaka lo vedesse come un bambino, cosa che appariva piuttosto buffa dato che, nonostante avessero la stessa età, Aiolia sembrava più vecchio di almeno due anni. Era impossibile, però, sottovalutare la vastità del Cosmo che manteneva sigillato dietro alle palpebre chiuse. Forse era proprio preservando l'azzurro profondo dei suoi occhi che era riuscito a conservare quell'infallibile saggezza infantile che gli altri santi avevano imparato a rispettare.
“Non credo che tu ti sia scomodato a scendere fin qui per suggerirmi di darmi una calmata,” disse girandosi in sua direzione. “Spero invece che tu sia qui per parlarmi della presenza di Mū, perché io non so come comportarmi.”
“Il punto non è la sua presenza, ma suo cuore,” precisò il Santo di Virgo.
Aiolia incrociò le braccia sul petto e continuò: “Io non sento niente di pericoloso. Mi sembra semplicemente strano, e ancora più strane sono le sue parole.” “Degne di un'accusa di tradimento, se è vero che mi stava parlando con sincerità,” aggiunse tra sé.
Shaka sorrise serenamente. “È inquieto, proprio quanto te. Continuando così, sarete sempre soggetti alla legge del karma.”
Contrariato dalla piega che stava prendendo il discorso, Aiolia si sforzò di trattenere un moto di irritazione: non aveva affatto intenzione di inoltrarsi nella filosofia di colui che veniva definito come un buddha vivente. “La nostra divinità è Athena e dobbiamo obbedienza al suo rappresentante, vale per entrambi,” ricordò a se stesso. Disse quindi: “Da quel che posso capire, il Sommo Sacerdote lo ha convocato perché risolva quel problema con l'armatura di Gemini. Ne sai qualcosa?”
“So che il rapporto con il Sommo Shion lo turba da tempo. È insolito, un conflitto del genere tra maestro e allievo, tanto che mi chiedo se lo siano davvero.”
Secondo Aiolia, però, era insolita anche la titubanza di Shaka. Gli chiese: “Che cosa intendi fare?”
“Nulla. Non c'è modo in cui io possa intervenire nel destino di Mū.”
Per quel ragazzo il non fare nulla era un concetto piuttosto vago, dato che sarebbe stato in grado di atterrare decine di avversari senza muovere un dito. Aiolia si sentiva tuttavia sollevato, perché nemmeno il santo più abile nel leggere nei cuori delle persone considerava il comune amico del Jamir come una minaccia.
Chiese quindi a Shaka se volesse il cambio nel sorvegliare la Salita delle Dodici Case, e lui rispose che non ce n'era bisogno. Forse iniziava a confondere il suo turno di guardia con l'eternità, o forse intendeva semplicemente assumere il controllo della situazione.





 
  
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