Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Fiore del deserto    24/09/2016    3 recensioni
“La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine.” Alice vive a Londra, confinata da tempo in un’esistenza grigia che non sembra essere nemmeno vita. Tutto questo fino a che non incontra un giovane uomo di origini scozzesi di nome Tarrant Hightopp, una persona dalle caratteristiche particolari che stuzzica la curiosità di Alice. Da quel momento tutto cambia: la presenza di Tarrant fa riaffiorare nella mente di Alice molti ricordi che parevano ormai perduti. L’esistenza di un mondo fatto di meraviglie, la spensieratezza e l’innocenza non più permessa agli adulti, la sete di fantasia e la convinzione di poter credere a sei cose impossibili prima di fare colazione. Grazie a Tarrant, Alice ritrova la voglia di vivere che il Sopramondo le aveva fatto quasi dimenticare. Ma dovrà difendersi dai soprusi di chi non sopporta, chi per indifferenza o chi per malevolenza, la sua felicità.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti quanti.
Come al solito, voglio scusarmi per il ritardo, ma per fortuna sono riuscita a creare questa nuova parte.
Posso solo dirvi che siamo arrivati quasi alla fine.
Come vedete, non vi abbandono. Vi voglio troppo bene per poterlo fare.
Siete nel mio cuore. Grazie per la vostra pazienza.
Un BACIONE e BUONA LETTURA.


 
Alice uscì dal tribunale  e venne accolta da un soffio di vento molto freddo.
Con il sangue che le ribolliva, vagò a passi pesanti fino ad arrivare al marciapiede. Sebbene non fosse educato per una signorina, Alice vi si sedette sopra e si coprì il viso con ambo le mani.
La sua mente navigò verso un unico pensiero: il Cappellaio.  Ancora una volta, si era sacrificato per lei senza pretendere nulla in cambio, senza pensare alle conseguenze.
Lo avevano portato via e, forse, non lo avrebbe rivisto mai più.
Sospirò frustrata, trattenne un pianto dirotto.
- Perché l’hai fatto? – mormorò tra sé riferendosi al Cappellaio.
Pensò quando le aveva lasciato il permesso di tenere il proprio cappello ed ora Alice ne aveva capito il senso: il Cappellaio aveva già avuto in mente sin da subito di salvarla da una condanna.
Per questo motivo, aggiunse ai propri conti, inizialmente, era rimasto in silenzio davanti al giudice: molto probabilmente, il Cappellaio stava escogitando un modo per poterla tirare fuori dai guai.
E lei glielo aveva permesso. Non aveva fatto niente per aiutarlo. Clifford, certo, era stato un incompetente, ma Alice si auto considerò peggiore di quest’ultimo. Difatti, non proteggendolo a dovere, Alice aveva mancato alla promessa che aveva fatto al Cappellaio: non era riuscita a tirarlo fuori da quell’orribile faccenda.
Ed ora lo avevano condannato a morte.
« La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine. » pensava tristemente.
Si sentì profondamente in colpa.
 
 
SOTTOMONDO
 
L’immagine mostrata svanì in uno scintillante getto d’acqua della fontana.
La Regina Bianca rabbrividì e si voltò verso i suoi amici.
Gli occhi luminosi dello Stregatto apparvero sopra di lei.
Il Bianconiglio era troppo nervoso per poter proferire verbo, Bayard guardava la regina con occhi spalancati ed espressivi, i Pinchi si rattristirono esageratamente, il Leprotto Marzolino storceva i baffi zigzagati e Mally si fece irrequieto.
- Non lo permetterò! – strillò Mally afferrando la piccola spada – Il Cappellaio non sarà dipartitodefunto! –
- Dobbiamo salvarlo! – lo spalleggiava il Leprotto.
Mirana, dal canto suo, cercò di fare calmare gli animi.
Non avrebbero di certo potuto salvare il Cappellaio ritornando con le sembianze di animali che si reggevano su tutte e quattro le zampe, in più il Leprotto doveva ancora guarire dalle sue ferite.
- Ma io sto benissimo. – replicò il Leprotto, e nel dirlo venne colto da una fitta di dolore alla testa, tuttavia tentò di non mostrarlo – Mai...sentito...meglio... –
Mally era più deciso che mai, anche se questo significava andare contro la volontà della loro regina.
- Se quella testona e piagnucolona di Alice pensa di risolvere tutto con le lacrime, allora ci penserò io a salvare il Cappellaio. – assunse un’aria molto minacciosa e agitò la spadina – Ma prima, voglio farla pagare a quel furfante rompiscatole di faccia-molle-Hamish! – era stato il Cappellaio a dir loro quel buffo soprannome che Alice gli avesse affibbiato.
- Sì, sì. – disse il Leprotto – E questa volta, voglio essere io a prenderlo a calcioni. –
Mirana dovette metterci molto impegno per farli quietare, invano.
- E’ molto pericoloso. – aggiunse la Regina Bianca con la pazienza di una dolce mamma.
- Io non ho paura di niente e di nessuno. – assicurava Mally. Non avrebbe accettato nessun tipo di respinta, specie se vi era in gioco la vita del suo carissimo amico Cappellaio.
 
 
SOPRAMONDO
 
 
Le ore successive nel carcere di Sombergate erano state molto lente.
La luna crescente era alta e il suo splendore faceva invidia alle stelle.
Il Cappellaio ebbe modo di ammirarla attraverso la piccola finestra, nonostante le grosse sbarre gli impedissero di contemplarla per bene.
Avrebbe tanto voluto tirare fuori una mano per poterla afferrare o, in alternativa, immaginare di poterlo fare.
Si sedette sul nudo e logoro pavimento e provò a distrarsi.
Si sentì angoscioso, dopotutto l’idea di una condanna a morte non era di certo una festa. Allo stesso tempo, tuttavia, si sentiva lieto: Alice era salva.
Questo pensiero gli fece serrare le labbra in un sorriso: cosa c’era di più importante se non quello di salvare la vita della sua cara Alice?
Probabilmente, gli dispiaceva dover dire definitivamente Buonviaggiavederci ai suoi amici, lasciandoli soli per sempre, ma a cosa sarebbe servito vivere altri anni con la consapevolezza che ad Alice fosse accaduto qualcosa?
Nonostante tutto, pensò a quanto alla propria sorte: non era sicuramente il finale migliore per poter concludere la propria vita, ma si sentì felice all’idea che faccia-molle-Hamish non avrebbe potuto fare nulla per poter dare il tormento ad Alice.
Per scacciare tutti i pensieri negativi, il Cappellaio prese a canticchiare una filastrocca assumendo l’aria più allegra e giocosa che sapesse assumere.
 
 
Seduta ai piedi del letto, osservava la farfalla in carta blu che il Cappellaio le aveva regalato.
Per l’eccessiva inquietudine, Alice non aveva cenato. Inutili i tentativi di Helen per convincerla a toccare cibo: ne aveva ottenuto solo uno sguardo cupo da parte della figlia.
- Non ho fame. – le aveva detto Alice, cercando di controllarsi.
Sua madre non c’entrava niente, per cui non le parve corretto prendersela con lei.
- Vi dispiace? – chiese lei con garbo.
Helen guardò la figlia negli occhi e ne percepì l’immensa tristezza. Erano arrossati e corrotti da chissà quanti pianti.
- No, a patto che poi noi due facciamo due chiacchiere. – disse Helen con dolcezza.
Helen chiuse piano la porta e lasciò Alice sola nella propria camera.
Alice strinse con delicatezza la farfalla di carta e la portò al petto. Aveva sciupato tutte le proprie lacrime.
Poggiò la farfalla sul piccolo comò vicino al letto e si alzò per poter guardare fuori dalla finestra.
Osservando la luna, Alice continuava a pensare alla frase detta dal Cappellaio.
La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine, e quanto stava accadendo si stava rivelando un finale degno di un fiasco totale.
Se quella storia fosse stata scritta su carta, Alice l’avrebbe stracciata in tanti pezzettini.
Guardò oltre la finestra. Oltre quel vetro c’era la strada. Oltre la strada c’era il carcere di Sombergate. Lì dentro, vi era il Cappellaio.
Aprì le ante e venne accolta dal gelo. Ad ogni costo, lei lo avrebbe salvato. Anche uscendo dalla finestra.
I suoi occhi si alzarono verso la luna e sospirò.
In quel momento, accadde qualcosa di molto, molto strano.
O lei aveva le visioni, o la luna si era capovolta?
O la stanchezza le aveva giocato un brutto scherzo, o sopra di essa erano spuntati un paio di grandi occhi verdemare dalle pupille verticali, alludendo ad un largo sorriso?
Come l’illusione era iniziata, quegli occhi e la luna capovolta in un ghigno sfumarono come le nuvole dissolte.
Alice fece un passo indietro e le labbra si aprirono in una grande “o”.
Era sicura di stare bene? La memoria le bussò nel cervello: c’era una sola creatura in grado di sorridere in quel modo.
Ma come poteva essere che lo Stregatto le si fosse mostrato sul cielo del Sopramondo?
Non ebbe il tempo di rispondersi poiché le parve di sentire delle vocine provenienti da sotto casa sua.
- E’ qui, è qui... – diceva la prima voce.
- Shhh! Stai zitto, razza di zuccone. – mormorò la seconda.
- Ahi! Mi hai fatto male! –
- Ti ho detto zitto! –
Alice si sarebbe giocata gli occhi; fosse rimasta cieca, era sicura che quelle voci appartenessero a Mally e al Leprotto Marzolino.
Senza perdere altro tempo, Alice li chiamò cercando di non fare baccano.
- Aiuto! Pericolo! Ci hanno scoperti! – urlava il Leprotto.
Mally per farlo tacere gli aveva riservato un altro pugno sulla testa.
- E’ Alice. – disse il ghiro riconoscendo la voce della ragazza. Mally gli indicò la finestra proprio dove Alice era affacciata. Il Leprotto, nel vederla, si tranquillizzò.
A causa dell’oscurità, non avevano modo di poter vedere alla perfezione il sorriso che aveva stampato in volto. Era felicissima di poterli rivedere.
- Aspettate un momento, vi faccio salire. – disse lei allontanandosi per un attimo. Dopo pochi secondi, Alice fece scorrere dalla finestra un lungo lenzuolo bianco e invitò i suoi amici ad arrampicarvisi per poterla raggiungere.
Per Mally fu un gioco da ragazzi, ma lo stesso non poteva dirsi per il povero Leprotto.
Era difficile, infatti, doversi arrampicare con un braccio fasciato. Per fortuna, erano riusciti a raggiungere la camera di Alice senza altri intoppi.
- Cosa ci fate qui? – domandò Alice.
- Siamo venuti a salvare il Cappellaio, ovvio. – disse Mally.
Alice li aveva avvertiti di non alzare la voce, poiché non era sola in casa.
Quando domandò loro come facessero a sapere cosa fosse accaduto al Cappellaio, Mally e il Leprotto spiegarono che avevano visto tutto tramite la fontana della Regina Bianca.
- Dato che tu non hai intenzione di muovere un dito, – disse Mally in tono di sfida – ci penseremo noi a salvare il Cappellaio. –
- Cosa vi fa pensare che io non voglia salvare il Cappellaio? – domandò Alice seccata e offesa.
- Se davvero avresti voluto farlo, lo avresti fatto sin dall’inizio. Ma tu, no. Tu hai pensato bene di piangerti addosso. – la rimproverò Mally.
Nonostante il fastidioso commento del ghiro, Alice non ebbe il coraggio di replicare: aveva ragione su tutto.
Se davvero avesse voluto, avrebbe fatto di tutto pur di salvare il Cappellaio, fuorché abbattersi.
- Moltosa un accidente. – aggiunse Mally – Mi domando cosa abbia spinto il Cappellaio a venire qui quando ti dimenticasti di noi! –
- Taci! – ordinò Alice.
Mally stava esagerando. D’accordo, Alice aveva sbagliato ad arrendersi, ma Mally non aveva nessun diritto di parlarle in quel modo.
- Il Cappellaio è venuto qui per Alice. – disse il Leprotto con voce smielata – Perché le vuole tanto, tanto, tanto bene. –
Gli occhi di Alice si spostarono sul Leprotto, regalandogli un dolce sguardo di intesa.
Alice prese un respiro.
- Sì, Mally. Hai ragione: ho sbagliato sin dal principio. Ma adesso voglio rimediare. –
Il Leprotto la guardò speranzosa, mentre Mally le riservò uno sguardo da ramanzina, con tanto di zampe conserte.
- Aiuteremo insieme il Cappellaio. – aggiunse, infine, Alice con aria trionfante e con tanta sicurezza.
Finalmente, anche Mally la guardò con complicità.
- Avremo bisogno di questo. L’ha fatta la Regina Bianca. – disse il Leprotto, tirando fuori dalla tasca del panciotto un sacchetto con una targhetta con scritto “SOFFIAMI” e porgendolo ad Alice.
Lei vi mise una mano dentro e tastò una strana sabbia finissima argentata.
- Cos’è? – domandò Alice.
- Renarifera. – spiegò Mally – E’ un potentissimo sonnifero. –
Il Leprotto aprì la giacca e mostrò ad Alice di conservare delle discrete scorte di quella sabbia argentata dagli effetti soporiferi.
Alice ebbe uno scatto. Immediatamente, seppe che cosa fare per poter aiutare il Cappellaio.
Mally e il Leprotto erano pronti ad offrirle lealtà e moltezza, avrebbero fatto gioco di squadra se avessero voluto salvare il loro amico dalla forca.
- Prima che tu ci sveli il piano... – disse il Leprotto – avrei un graaaaaaaande favore da chiederti. –
Alice gli prestò ascolto, pronta a sapere che cosa il Leprotto Marzolino avesse da chiederle.
 
 
 
La notte era troppo giovane e il freddo gli penetrava nelle ossa.
Il corpo del Cappellaio, già compromesso dalle ferite inflitte dalle torture da parte delle guardie, tremava come una foglia pronta a staccarsi da un ramo.
Cercò di scaldarsi frizionandosi la pelle con l’ausilio delle mani.
Rannicchiato in una specie di branda, scomoda e dura come il legno, il Cappellaio cercava di trovare il sonno nella speranza di potersi rifugiare nei propri sogni.
A distrarlo, erano i rumorosi passi delle guardie notturne che sembravano trovare divertente disturbare il riposo dei detenuti.
Una guardia massiccia, alta, dall’aria tutt’altro che rassicurante, si faceva strada lungo il corridoio.
Camminava pesantemente e lentamente si avvicinò ad un collega, il quale era preso a giocherellare con un mazzo di chiavi.
La guardia robusta prese un sacchetto dalla propria tasca, vi mise una mano dentro e la strinse a pugno. Richiamò l’attenzione del collega e, quando egli fu abbastanza vicino, la guardia gli soffiò in faccia una stranissima polvere argentata. In pochi millisecondi, la guardia massiccia si lasciò alle spalle il proprio collega accasciato al suolo, caduto in un pesantissimo sonno.
Il Cappellaio sperava di sognare qualcosa che lo facesse sorridere, qualcosa come prendere il tè insieme al Leprotto e a Mally, là nel vecchio mulino.
Già immaginava la fila di tavoli coperti dalle tovaglie variopinte, tempestate di dolciumi, tazze colorate e teiere di ogni forma e colore. Quante risate insieme a loro, con il profumo del dolce e caldo tè che li rilassava, li riuniva, li divertiva, scaldando i loro cuori uniti in un solido legame di amicizia sincera disinteressata.
Cosa non avrebbe dato per poter rivedere quel pazzerello del suo amico Leprotto poter saltellare sui tavoli, facendo un gran baccano, o lanciare tazzine colme di tè o dolcetti qua e là. Gli sarebbe bastato anche una sola ora per poter rivivere quell’immensa gioia.
E la felicità avrebbe raggiunto le stelle se con loro si fosse aggiunta la sua cara amica Alice.
Magari avesse potuto vederla seduta vicino a lui, mentre beveva il tè con un accento di timidezza nel vedere quei matti fare discorsi privi di senso, senza un vero e proprio significato, ma con un grande senso di amore e gratitudine dietro quello sguardo pieno di moltezza.
Quando i suoi pensieri sembravano averlo rilassato abbastanza, il Cappellaio venne colto di sorpresa da un cigolio fragoroso.
Si alzò di scatto dal letto e osservò confuso la guardia che si presentò davanti a lui.
Era un uomo possente, alto e robusto. Incuteva timore, ma il Cappellaio non si volle fare intimidire.
Tirando fuori la sua follia, il Cappellaio gli fece un sorriso beffardo.
Senza dire una parola, la guardia gli afferrò una spalla. Se avesse usato maggiore forza, il Cappellaio pensò che avrebbe potuto lussargliela in una sola mossa.
- Andiamo. – disse la guardia con voce bassa e sinistra.
- Dove? – domandò il Cappellaio sconnesso.
- Zitto e cammina. – era stata la gentile risposta della guardia.
Lo afferrò per un braccio, coprendoglielo interamente con una sola e grossa mano, e fece per condurlo fuori dalla cella.
Il Cappellaio non capiva. Volevano già condurlo verso la morte? Nel cuore della notte?
Provò a ribellarsi, ma la guardia gli cinse il braccio con più forza e il Cappellaio si vide costretto a non reagire.
Solo che non poteva accettare il fatto di dovere essere giustiziato in quel modo, non era ancora preparato.
- Ditemi dove mi state portando. –
A quel punto, a qualche passo verso la soglia, la guardia si fermò e lo guardò negli occhi.
Il Cappellaio si impressionò quando si accorse che la guardia gli stesse sorridendo.
I suoi occhi si spalancarono, insieme alla sua bocca, non appena vide gli occhi della guardia mutarsi in grandi iridi verdemare.
Quegli occhi, quel sorriso, per il Cappellaio erano inconfondibili.
- Stregatto... –
La guardia sfumò, letteralmente, e assunse la forma originale del felino dalle qualità evaporative.
-Ti ho spaventato, non è vero? – ghignava Stregatto.
- Ma cosa ci fai qui? E tu...nel Sopramondo...e le guardie... – era così pieno di emozione da non riuscire a completare una sola frase.   
Stregatto svolazzava leggiadramente intorno al Cappellaio.
- Credevi davvero che ti avremmo abbandonato, Tarrant? Sul serio, credi che ti avremmo lasciato morire appeso come un salame? – terminò la frase con un sorriso divertito per la propria battuta.
- Avrei affrontato la mia dipartita con estrema dignità. -  disse il Cappellaio a testa alta,  sentendosi offeso nell’essere stato indecorosamente paragonato ad un salame.
- Certo... – disse Stregatto – Ma non avresti di certo sfoggiato un aspetto dignitoso senza il tuo cappello. –
Il Cappellaio non rispose e continuò a mantenere la sua aria fiera.
- Certo che non potevi, - continuava il felino fluttuante – non hai qui con te il tuo cappello. Ce l’ha Alice in questo momento. - 
Quando udì quel nome, il Cappellaio si era come risvegliato come se fosse stato colpito da una scarica elettrica.
Stregatto se ne accorse.
- E’ così impaziente di restituirtelo. – continuò sorridendo – Credo che ti trovi più adorabile con indosso il tuo cappello. Vuoi davvero farla attendere ancora? –
Il Cappellaio gli serbò un sorrisetto di favoreggiamento.
Era chiaro che non avrebbe fatto attendere Alice un solo minuto di più, ma voleva sapere come avrebbe fatto a scappare visto che Sombergate era ben controllato.
- Spero che tu abbia un piano per farmi andare via di qui. -
Stregatto ghignò.
- A dire il vero, io non ne ho la più pallida idea. Contavo di uscire da qui in tutta tranquillità. –
Il Cappellaio sgranò gli occhi e, per poco, non si adirò.
- Mi prendi in giro? Ci sono guardie ovunque. –
- Quali guardie, Tarrant? –
Il felino fluttuò attraverso le sbarre e il Cappellaio fece per fermarlo.
« Che razza di incosciente! » pensò. Voleva farsi notare dalle guardie?
- Qui dormono tutti. – disse Stregatto, ma il Cappellaio non capiva – I soli svegli qui siamo tu... io... Mally...il Leprotto... –
E prima che il Cappellaio potesse rispondere, proprio in quel momento, come se Stregatto avesse annunciato un’entrata in scena, Mally e il Leprotto entrarono nella cella del Cappellaio.
Incredulo, il Cappellaio li accolse con immenso calore e Mally dovette fare di tutto per reprimere le lacrime. Lo stesso non poteva dirsi per il Leprotto. Era una fortuna che avessero fatto addormentare le guardie con la Renarifera.
Stregatto, infine, annunciò l’arrivo anche di Alice. Stranamente, nascondeva le mani dietro la schiena.
Al colmo dell’emozione, il Cappellaio si sentì svenire e rimase immobile.
Alice tirò col naso per soffocare la commozione. Avvicinandosi sempre di più, gli mostrò cosa stesse nascondendo dietro la schiena: come aveva detto Stregatto, gli aveva riportato il suo cappello.
Sorridendogli, Alice glielo mise sulla testa e quando ebbe finito gli regalò uno sguardo pieno di dolcezza. Con il cuore che le esplodeva per l’emozione, Alice gli buttò le braccia al collo.
- Te l' avevo promesso. – disse lei affondando il viso sul petto del Cappellaio, il quale la stringeva con affetto - Ti avevo giurato che ti avrei tirato fuori da questo guaio - .
Il Cappellaio strinse le labbra e chiuse gli occhi per la forte gioia. Erano venuti a salvarlo. E anche Alice era lì per lui.
Le emozioni erano così tante che per un secondo il Cappellaio si sentì impazzire, questa volta per la felicità.
- Avanti, andiamo via. – disse il Leprotto trionfante – E poi, Alice mi aveva promesso che mi avrebbe fatto un favore. –
Il Cappellaio, dopo essersi sciolto da Alice, guardò il Leprotto.
- Che genere di favore? –
Per tutta risposta, Alice gli fece un sorrisetto, mentre il Leprotto effettuò una risatina canagliesca.
 
 
 
  
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