Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Annie B    25/09/2016    5 recensioni
Breve Fan Fiction ambientata prima di Cob, è un "What if" che seguirà il corso dei libri, ma partendo dal presupposto che Clarissa e Jonathan siano cresciuti insieme a Idris sotto la guida di Valentine, in assenza di Jocelyn.
"Clary iniziava a chiedersi se fuori da quelle quattro mura, esistesse davvero qualcuno che un giorno avrebbe attratto il suo interesse, chi mai poteva essere forte come suo fratello, coraggioso come lui, altrettanto bello da sembrare un angelo? Ma poi che importanza aveva? In fin dei conti lei era una shadowhunter, l'amore non esisteva e nemmeno la libertà, la sua vita era votata alla guerra, al giorno in cui Valentine avrebbe dichiarato di nuovo guerra a Idris, ma con due armi indistruttibili: lei e Jonathan."
Genere: Erotico, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti, Valentine Morgenstern
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon pomeriggio e buona domenica! Questa volta inizio ringraziando, grazie a chi è rimasto a seguire la storia, a chi l'ha aggiunta tra le preferite e le seguite e grazie a chi ogni volta decide con un commento o un messaggio di farmi sapere cosa ne pensa! Mi fa davvero davvero piacere e mi spinge ad aggiornare più in fretta! <3 
In aggiunta ai ringraziamenti, ho deciso di pubblicare prima del solito e accorciare l'attesa, proprio per dire grazie a chi c'è stato fin ora! :*
Spero che il capitolo vi piaccia e niente... buona lettura e fatemi sapere se vi va! 
Baci, Annie




Clary si svegliò ansimando in quello che le pareva essere il cuore della notte, non capiva più che ora fosse, non sentiva nemmeno le lenzuola sotto la pelle, era letteralmente immersa in un bagno di sudore, si sentiva come fosse a mollo in una vasca di acqua bollente.
Aveva la gola secca, tossì in cerca d'aria e strizzò gli occhi, ci mise qualche secondo, ma poi, riconobbe intorno a sé i mobili della sua camera a Idris, nella sua piccola casa. Solo che erano sfocati, sembrava quasi si muovessero.
-Jonathan...- la voce le uscì in un rantolo di dolore, sentiva un male atroce in tutto il corpo, come fosse reduce da una rissa e ogni centimetro della sua pelle pulsasse pieno di lividi.
Cercò di prendere fiato, ma le sembrava che i suoi polmoni fossero pieni di lava. Respirava liquido incandescente ad ogni boccata.
Vide il corpo addormentato di suo fratello che giaceva accanto a lei sul letto. La maglietta di cotone gli era rimasta incollata al busto, per colpa del sudore che le imperlava la pelle inzuppando anche lui.
Lo scosse piano, incerta se fosse in grado di toccarlo, non riusciva a mettere a fuoco le cose.
-Jonathan ti prego svegliati.- ansimò a fatica.
Cosa diavolo le stava succedendo?
Si strappò di dosso i vestiti, aveva un caldo atroce, era innaturale. Il reggiseno e gli slip erano fradici come se fosse appena uscita dalla doccia.
Suo fratello non diede segno di averla sentita, il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi al ritmo regolare del suo respiro addormentato.
Alzandosi a fatica dal letto si appoggiò al muro, le tremavano le gambe, ricordava un po' il dolore dopo gli allenamenti, quando l'acido lattico riempiva ogni muscolo facendolo bruciare all'inverosimile ad ogni minimo movimento, ma era molto peggio, cento, mille volte peggio.
Mosse un passo verso la porta, voleva arrivare di sotto e prendere dell'acqua, o infilarsi in bagno e farsi una doccia gelata, ma le cedettero le ginocchia e in un secondo rovinò a terra tirando con sé anche la Stregaluce sul comodino e gli oggetti che vi erano sopra.
-Jonathan! Dio... Jonathan ti prego!- cercò di urlare, ma la voce le uscì di nuovo strozzata, sembrava che le avessero raschiato la gola con la carta vetrata.
-Clary?- la voce assonnata di suo fratello giunse dal letto.
-Jon...- piagnucolò lei -Aiutami... mi sento...mi sento morire.- riuscì a sussurrare sfinita.
In un secondo Jonathan fu in piedi e l'attimo dopo era chino su di lei.
Le mise le mani rispettivamente dietro la schiena e le ginocchia e la tirò su prendendola in braccio. Tuttavia, muovendosi velocemente verso il letto, un attimo dopo ce la lasciò cadere sopra con meno grazia di quanta avrebbe voluto.
-Per l'Angelo! Scotti.- imprecò osservandosi le mani.
-Jon cosa mi sta succedendo?- gracchiò lei agitandosi nella pozza di sudore che era ormai il materasso.
-Ci penso io, stai tranquilla, andrà tutto bene.- rispose lui guardandosi intorno. Cosa stava cercando?!
Un secondo dopo, tornò da lei con una coperta e gliela avvolse intorno, Clary cercò di dimenarsi -No, muoio di caldo!-
-Lo so, ma non posso toccarti, devo portarti di sotto, fino al fiume, l'acqua fredda ti farà stare meglio.- decretò lui avvolgendola nella coperta come un fagotto e prendendola in braccio.
Corse giù per le scale a una velocità tale che la vista di Clary si annebbiò ulteriormente rendendo le pareti della casa solo uno spesso muro di foschia in movimento.
Si rese conto di essere fuori dalla casa solo quando suo fratello srotolando la coperta, la depositò a terra e cercando di toccarla il meno possibile la spinse nel fiume.
Nell'esatto momento in cui Clary si immerse in acqua, una nuvola di vapore si sollevò dal suo corpo come quando un oggetto bollente viene immerso in un liquido gelato.
Un sollievo quasi immediato la investì e finalmente un battito alla volta, riuscì di nuovo a contare le pulsazioni del suo cuore che tiravano martellate sotto la sua cassa toracica.
-Che cos'ho che non va?- chiese Clary guardandosi intorno e constatando che poco alla volta, ciò che la circondava stava tornando a fuoco nella sua vista. Anche troppo in effetti... c'era qualcosa di terribilmente strano nel modo in cui vedeva gli alberi intorno alla casa, l'erba, ogni cosa sembrava più brillante e nitida. Forse aveva le allucinazioni! Tutto quel caldo doveva averle bruciato il cervello.
Suo fratello la osservò curiosamente per un istante, poi un'espressione sorpresa si aprì sul suo viso - Non ne ho idea, forse è colpa mia, devo averti fatto troppo caldo standoti addosso.-
-Che? Dormiamo sempre vicini, Jonathan non sto scherzando, ho creduto di morire!- obiettò Clary cercando di calmare il respiro ancora un po' affannoso.
-Non essere melodrammatica, avrai fatto un brutto sogno, che unito al caldo, ti avrà fatto venire un malore. Come ti senti ora?-
-Meglio.- ammise lei, ma non la convinceva molto la storia del malore.
Jonathan le porse la mano -Vediamo se riesco a toccarti, vieni qui.-
Clary tirando fuori il braccio dall'acqua, quasi spaventata all'idea di riprendere ad andare a fuoco, strinse le dita intorno a quelle di suo fratello e si lasciò tirare su.
Il suo corpo nudo riluceva come un diamante, la luce della luna proiettava il suo candore su di lei illuminando le spalle bagnate, le scapole, mettendo in evidenza le ossa del bacino, ma tutto questo si perse quando Jonathan la tirò a sé e la strinse contro il suo corpo tirandola all'ombra dell'albero accanto a loro.
-Vedi? È tornato tutto normale.- le mormorò piano contro la gola chinandosi su di lei.
Clary si aggrappò alle sue spalle, grata di poterlo di nuovo toccare e farsi toccare. Il caldo era svanito, sembrava davvero che non fosse stato altro che uno strano scherzo della notte.
La maglietta di Jonathan era fradicia ormai e ogni curva del corpo di Clary era schiacciata contro il suo petto muscoloso e l'addome piatto. Sentì le dita di suo fratello scivolare sulla sua pelle bagnata e sfiorarle le costole, mentre chiudeva le mani intorno ai suoi fianchi.
Si guardarono per qualche istante, poi le loro labbra si incontrarono con dolcezza.
Quelle di Jonathan erano calde e sottili, morbide e fameliche, percorrendo la sua schiena con desiderio le allacciò una mano dietro il collo e la tirò contro di sé come se non potesse resistere un secondo di più, sembrava quasi che volesse assicurarsi di poterla baciare senza provare dolore.
Clary rispose al suo bacio chiudendo gli occhi e gemendo piano, felice quanto lui che quello strano scherzo fosse finito e tutto stesse tornando alla normalità.
-Andiamo dentro.- ansimò Jonathan con la voce roca prendendole la mano.
Clary si lasciò portare in casa e si ritrovarono sul malconcio divano del salotto, suo fratello sopra di lei, incastrato tra le sue gambe e le sue labbra baciarono ogni centimetro di pelle che riuscirono a incontrare.
La schiena di Clary si inarcò per accoglierlo meglio, mentre attraverso il sottile strato di stoffa dei boxer, riusciva a sentire il desiderio di Jonathan che la voleva.
-Dovremmo riposare...- gemette Clary mentre le dita ruvide di suo fratello si chiudevano intorno ai suoi polsi tirandoglieli sopra la testa.
-Dovremmo sì...- convenne lui continuando a baciarle la gola e scendendo giù lungo le clavicole.
Clary sorrise -Adesso intendo...-
Con uno sbuffo poco soddisfatto Jonathan si scostò da lei e la fissò negli occhi -Fai sempre così... mi farai diventare matto.-
-Così come?- chiese lei ridendo sotto i baffi e spostandosi in modo che fossero sdraiati vicini.
Jonathan la abbracciò da dietro e le ringhiò piano contro il collo -Dormi prima che cambi idea.-
Clary ridacchiò, sentendosi decisamente meno strana e tesa di poco prima, respirò il profumo che l'avvolgeva: sale e pepe nero, quello che aveva sempre attribuito a suo fratello, l'unico profumo al mondo in grado di calmarla e farla sentire al sicuro.
Il momento di svegliarsi venne prima di quanto entrambi non avrebbero voluto, si alzarono dal divano e si prepararono in silenzio.
Clary si sentiva terribilmente strana, in un modo che non sapeva nemmeno spiegarsi. Era come se i suoi sensi si fossero accesi tutti insieme e di colpo. Aveva l'impressione di essere stata cieca e sorda per una vita ed ora, poteva sentire perfino le api ronzare suoi fiori vicino al fiume.
Le girava la testa.
-Va tutto bene?- le chiese suo fratello prendendole il mento tra le dita e scrutandola.
-Io... sì, sto bene, credo solo di aver dormito male. Andiamo forza.- rispose Clary evasiva, non sapeva perché, ma non voleva dire a voce alta quanto si sentisse strana, era come farlo diventare un problema e quel giorno, non potevano permettersi di averne.
Jonathan poco convinto, le domandò per l'ennesima volta -Ricordi tutto quello che devi fare?-
Clary sbuffò -Sì, stai tranquillo. Non è molto difficile.- aggiunse sarcastica.
-Andrà tutto bene Clarissa. Ho fiducia in te.- sorrise suo fratello.
Chissà perché suonava più come un “Spero che non mi deluderai.”
Finirono di sistemarsi e prendere le armi, Jonathan aveva distrutto il baule in cui loro padre le teneva e ora, due spade angeliche pronte ad essere evocate pendevano alle loro cinture, insieme a una balestra che Jonathan aveva ritenuto potesse tornargli utile e che si era fissato sulla schiena.
Pochi minuti dopo, partirono per New York.
 
Nessuna distrazione, nessun ripensamento, nessuna esitazione. Conta solo la missione, non esiste nient'altro.
Jace continuò a ripetersi questo mantra ad ogni passo, ogni passo che lo avvicinava alla città di Ossa, ogni passo che lo riavvicinava alla sua vita a Idris, con suo padre.
Erano solo in cerca di giustizia, non di sangue innocente.
La Città Silente era avvolta da una sottile nebbia incolore, i Fratelli dovevano essersi già accorti che lui era entrato, era casa loro quella, nessuno poteva entrare lì senza che loro se ne accorgessero, eppure, per una qualche inspiegabile ragione, Jace non incontrò ostacoli sul suo cammino.
Si addentrò più in profondità, scendendo ripide rampe di scale, scivolando nell'oscurità come un'ombra: silenzioso e invisibile.
L'amore è una debolezza, ogni sentimento lo è. Se lo disse di nuovo, doveva ricordarselo continuamente, mai, prima di allora, aveva temuto tanto di dover combattere.
Non aveva paura di perdere, era questo il punto, aveva paura di vincere. Non voleva combattere contro Alec, né contro Isabelle. E meno che mai, voleva trovarsi nella condizione di combattere contro Clary, se davvero era sua.... la parola sorella, si impresse nella sua mente con un eco di disperazione, ma la eliminò. Se davvero lei era sua sorella, voleva solo convincerla ad andare con loro e basta, non voleva fare del male a nessuno.
L'unico inconveniente che avrebbe potuto incontrare era l'altro ragazzo, quello che aveva portato via Clary dal tetto di Kara. Suo padre gli aveva detto che era uno Shadowhunter di Idris, molto legato a Clarissa, al punto da inquinare la sua mente e manipolarla perché lei li tradisse.
Era compito di Jace ucciderlo, così aveva ordinato suo padre. Non dovevano esserci altre vittime quel giorno.
Giunto alla base della scala, oltre la quale avrebbe trovato la stanza con la Spada Mortale, sentì un rumore, il lieve movimento di passi strascicati al suolo, era qualcuno che non voleva celare la sua presenza, Jace strinse la spada angelica nella mano sinistra, non voleva uccidere...ma nemmeno farsi ammazzare a sua volta.


10 Anni prima

Aveva sei anni, e i biondi capelli arruffati gli stavano incollati alla fronte per il sudore, mentre i suoi occhi erano chini sulle mani insanguinate.
Quel maledetto uccellaccio lo aveva beccato di nuovo, per quanto lui si sforzasse di addestrarlo e farsi obbedire, quello stupido falco continuava ad attaccarlo distruggendogli le dita.
Suo padre però era stato chiaro: doveva ammaestrarlo. Insegnarli a obbedirgli. Non poteva deluderlo.
Strappò un lembo della maglietta e se lo annodò intorno alla mano destra cercando di tamponare gli zampilli color rubino che lo stavano infradiciando fino al polso.
Strinse i denti e provò di nuovo a richiamare l'uccello come aveva letto nel libro. Si era documentato, i falchi erano animali molto intelligenti, letali e feroci, ma con un'intelligenza fuori dal comune.
L'uccello rispose al suo richiamo con un garrito stridulo e planò nell'aria sopra la sua testa compiendo cerchi perfetti.
Osservò come il colore delle sue piume catturasse la luce del sole, lui e quell'animale si odiavano in maniera reciproca, era evidente, ma in quel momento non poté fare a meno di pensare che fosse davvero un esemplare bellissimo.
I suoi occhi attenti scrutavano ogni movimento, le sue ali possenti catturavano l'aria usandola a loro vantaggio per volteggiare con grazia nel cielo, era regale ed elegante. La versione animale di un Cacciatore. Feroce e silenzioso, letale.
Il bambino lo ammirò rapito. Provò a chiamarlo un'altra volta, stupendosi, nel vedere che ora il falco planando verso di lui, stava allungando le zampe e stringendo le ali per prepararsi ad atterrare.
Si posò minaccioso sul suo braccio sinistro, era stato distratto a offrirgli quello, era il suo arto dominante e non voleva rischiare di trovarselo a brandelli come il destro.
Tuttavia il falco non lo beccò, per quella volta, chissà per quale motivo, i loro occhi dorati si incrociarono e si scrutarono con vera curiosità.
Allungando lentamente la mano destra, il bambino si tirò fuori dalla tasca del mangime e lo porse delicatamente verso il becco dell'animale.
Il falco lo studiò per qualche secondo, poi piano, beccò dal palmo della sua mano senza fargli male.
Dopo quella volta, fu come se tra loro si fosse formato un legame speciale, il bambino non aveva più paura del falco e il falco, aveva imparato a fidarsi di lui. Andavano a caccia insieme, mangiavano insieme e ogni volta che il bambino lo chiamava, quello planando maestoso nel cielo scendeva su di lui e si posava sul suo braccio senza più beccarlo o prenderlo a unghiate.
Qualche settimana dopo, con il falco sul braccio e un sorriso orgoglioso, il bambino corse da suo padre per mostrargli che era riuscito nell'impresa che gli era stata ordinata.
Si era aspettato che ne sarebbe stato fiero, invece lui prese in mano il falco e gli spezzò il collo.
-Ti avevo detto di insegnarli a obbedire-, disse suo padre gettando a terra il corpo senza vita. -Tu invece gli hai insegnato ad amarti. I falchi non devono essere cuccioli affettuosi: sono animali feroci e selvaggi, aggressivi e crudeli. Questo uccello non è stato addestrato, è stato rovinato.-
Più tardi, quando suo padre lo lasciò solo, il bambino pianse sul cadavere del suo animale, finché il padre mandò un servitore a prendere il corpo dell'uccello per seppellirlo.
Il bambino non pianse mai più e non dimenticò mai ciò che aveva imparato: che amare significava distruggere e che essere amati significava essere distrutti.
Amare significava distruggere, essere amati significava essere distrutti.


Jace in quel momento ripensò alla lezione imparata tanti anni prima, cadeva a pennello, doveva ricordarsi di tenere le emozioni fuori dalla sua mente, o ne sarebbe rimasto distrutto. Non avrebbe permesso mai più che accadesse. Non avrebbe mai più sofferto in quel modo.
La spada prese vita nella sua mano quando la evocò sottovoce. Il suono strascicato di passi si fece più insistente, vicino, Jace si girò di scatto nel buio quando un bagliore argenteo catturò l'angolo del suo campo visivo.
-Non posso dire che sia un piacere rivederti.- una voce sarcastica e tagliente come una lama riecheggiò intorno a lui.
Jace affinò la vista, sentendo la runa che bruciando sul suo braccio amplificava i suoi sensi.
Poi lo vide, nonostante le tenebre spezzate solo da lievi fasci di luce, lo riconobbe: era il ragazzo che aveva portato via Clary dal tetto, quello che suo padre, gli aveva ordinato di uccidere.
La presa sulla spada aumentò, mentre sollevandola davanti a sé, Jace ne sfruttò la luce per illuminare il volto del suo interlocutore.
Aveva una postura tranquilla e rilassata apparentemente, come se non avesse in mente di combattere, ma non si lasciò ingannare, la tensione dei suoi muscoli e la mascella contratta, dicevano tutto l'opposto. Era un gioco che conosceva bene, lui stesso si approcciava così alle sue vittime a volte. Era un modo per far abbassare la guardia all'avversario.
-Dimmi chi sei.- gli ordinò secco.
Il ragazzo sorrise divertito -Tu cosa dici? Hai qualche idea in proposito?-
La luce della spada angelica gettò un fascio luminoso tra loro, rendendoli quasi i due riflessi di uno specchio.
-Non ho voglia di giocare, levati di mezzo se non vuoi morire.- intimò Jace compiendo un mezzo passo verso destra, accorciando la distanza tra loro.
-Io non lo fare se fossi in te.- decretò l'altro scuotendo il capo con un ghigno.
Jace udì un sibilo metallico, l'altro ragazzo con un movimento fluido e veloce aveva estratto dalla cintura una lunga spada e gliela stava puntando contro.
-Vuoi combattere Jace? Sei sicuro che sia proprio quello che vuoi? Pensaci bene...-
Il tono di quel ragazzo era insinuante, come se oltre le sue parole ci fosse altro, non solo una banale provocazione.
-Ho l'ordine di ucciderti, hai fatto del male a...- quella maledetta parola gli si incagliò in gola di nuovo, ma serrando i denti si costrinse a dirlo -a mia sorella?- ringhiò muovendo un altro passo alla propria destra e accorciando ancora la distanza tra loro.
Il ragazzo scoppiò a ridere -Sembra che tu abbia qualche difficoltà con lei e papà eh? Clarissa sta benissimo, nessuno vuole farle del male, nessuno a parte Valentine... ancora sicuro di voler combattere con me? Potremmo lavorare insieme e portare via la Spada per conto nostro e la piccola Clary sarebbe al sicuro, oppure...- fece una pausa, il suo tono divenne una lastra di ghiaccio e concluse -Oppure posso ammazzarti qui e ora, scavalcare il tuo cadavere e andare a prendermi la Spada per conto mio riportando a casa anche la nostra sorellina.-
Jace per un momento rischiò di perdere la presa sulla spada, fu come ricevere un pugno in mezzo al petto che gli schiacciò i polmoni.
-Che cosa hai detto?- chiese con la voce strozzata.
Il ragazzo si strinse nelle spalle con aria innocente -Ops, credo di aver parlato troppo.-
-Jonathan! Jonathan!- al suono di quella voce si girarono entrambi di scatto, Clary sussurrando piano si stava avvicinando uscendo dall'ombra.
-Cosa ci fai qui?- chiesero all'unisono.
La stanza nella quale erano, improvvisamente si illuminò a giorno rendendo quasi difficile tenere gli occhi aperti dopo il buio di poco prima.
Torce infuocate si accesero in tutto il perimetro della sala.
Jace strizzò le palpebre cercando di mettere a fuoco i presenti: erano molti di più di quanto avrebbe creduto lì dentro. E Clary non stava camminando da sola verso di lui: Isabelle la stava spingendo in avanti stringendole intorno al collo la sua frusta di elettro.
C'erano suo padre, con la Spada mortale appesa a un fodero sulla schiena e Lucian che gli puntava due spade angeliche contro. Alec che teneva l'intera sala sotto tiro con l'arco, e poi lui e quello strano ragazzo...
Nemmeno l'ombra di un Fratello Silente. Era parecchio strano ora che ci pensava.
Il ragazzo dai capelli argentati ringhiò piano, nei suoi occhi sembrò attizzare un incendio.
Clary stringendosi le mani intorno alla gola e cercando di allentare la stretta della frusta gemette -Jonathan... mi dispiace.-
Fu suo padre a spezzare il silenzio stupito dei presenti -Non deve essere fatto del male a nessuno, i miei figli vengano con me e nessuno si aggiungerà ai morti della Città di Ossa oggi.-
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Annie B