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Autore: HamishWatsonHolmes    26/09/2016    0 recensioni
[Le ho mai raccontato del vento del Nord]
Ultima mail che Leo Leike scrive ad Emmi, tentando di spiegarle perché, nonostante avesse desiderato tanto incontrarla, sia fuggito dalla propria casa con tutto ciò che possedeva pochi minuti prima che la donna arrivasse. Boston non lo attira più tanto, la decisione di scappare non gli sembra più la cosa migliore da fare, vorrebbe tornare indietro e andare a riprendersi la donna della sua vita, vorrebbe poter guardare il suo aereo volare via senza di lui, ma ognuno nella vita ha il proprio posto e sa che il suo non è al fianco di Emmi Rothner.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo

Oggetto: Fuga da vigliacco

Emmi, non so esprimere a parole cosa mi sia successo ieri sera, né perché io abbia fatto una cosa simile, ma vorrei comunque provare a scusarmi con te. Morivo dalla voglia di vederti, ma c'era qualcosa che mi bloccava. C'è un motivo se ti volevo incontrare, uno di questi, ovviamente, è perché ti amo; il secondo, anche se avevo promesso di non rivelartelo, è tuo marito (spero che a Boston non possa trovarmi): ci ha scoperti, amore mio, sa tutto di noi. Ti vedeva distante, riluttante a passare un po' di tempo con lui, con i vostri figli. Non fargliene una colpa, si è sentito minacciato (riesci a crederci? Io che metto qualcuno in soggezione, Mastro Leike che incute timore). Voleva che ci incontrassimo, cosicché io diventassi vero, che tu potessi vedere le mie imperfezioni, le mie debolezze. Voleva che fossimo sullo stesso piano. Ma non potevo correre questo rischio. Non volevo. Volevo che tu continuassi ad immaginarti il tuo Leo Leike personale, perché mi vergogno dell'originale. Guarda quanti casini ho fatto: prima Marlene, poi Mia e adesso te... Non faccio altro che fare danni, sarei solo una delusione. Non voglio deluderti. Voglio rimanere con la perfezione addosso, quella che mi hai dipinto tu. Devo confessartelo: ieri sera ho preso la mia valigia e ho anticipato la partenza. Sono ancora in aeroporto, volevo scappare, ma a quanto pare non ci riesco. Continuo a guardare il tabellone, nell'attesa che qualcosa accada. Qualsiasi cosa. Ogni singolo istante mi aspetto di vederti spuntare da dietro a qualche colonna. Mi aspetto di sentire quella voce incredibilmente bella pronunciare la frase: "LEO LEIKE, COSA DIAVOLO AVEVI IN MENTE?!"

Invece non succede nulla. L'aeroporto è pieno di gente, ma nessuna delle tre Emmi è qui. Forse ora posso dirtelo: ho sempre pensato tu fossi la Emmi sorprendente. Non so perché, ma una volta eliminata Marlene dalla mia testa, ecco lì la terza Emmi, quella che probabilmente non mi sarei mai aspettato. Lascio che l'immagine mi sommerga per qualche istante, giusto per averti qui con me, per farmi tenere la mano prima della partenza, come faceva mia madre quando andavamo in vacanza al Sud. Mi manca, sai? Dopotutto, era la mia mamma. Posso essere, però, un po' spietato? Mi manchi di più tu. Io per i miei genitori ero invisibile, il figlio di mezzo che conta ben poco, ma per te? Per te ero importante, mi dedicavi tutta te stessa, la tua vera essenza, anche se solo attraverso le tu e-mail. Mi sentivo potente, in grado di fermare quel maledettissimo vento del Nord, solo per te. Ho la presunzione di credere che Bernhard non lo farebbe, ho la presunzione di credermi speciale. Lo sono, Emmi? Ti prego, ho bisogno di leggere quelle parole.

Ti capirò se sceglierai di non rispondere; ti capirò ancora di più se deciderai di insultarmi, di tirare fuori da quella montagna di mail il mio numero di telefono e gridare alla mia segreteria telefonica quanto io ti faccia schifo. Fallo. Voglio tornare a casa, quando avrò la possibilità di farlo, e sentire la tua voce, sentire Emmi Rothner, l'amore della vita che, forse, avrei potuto avere che mi da il benvenuto a modo suo. Voglio sentirmi a casa e non soltanto esserci dentro. Voglio sentirti dire ancora la parola “whisky”, voglio ricordare cosa si prova ad immaginare la tua pelle, il tuo profumo, a desiderarli come fossero l'Eldorado, a bramarli come fossero aria, ossigeno, vita. Vorrei poterti dire: “Adesso devo andare, ci sentiamo domani”. Ma non ci sarà nessun domani, nessun'altra mail per dirti che mi manchi. Niente mail a Boston, ricordi?

Mi farò coraggio e andrò a prendere un biglietto per il prossimo volo. Mi mancherai, anche se al momento suona un po' ipocrita. Sarò egoista, ma spero di mancarti anch'io. Rileggerò le nostre mail sull'aereo, giusto perché amo farmi male. Lo farò spesso, ne sono sicuro.

Eternamente e irrimediabilmente tuo,

Leo Leike, idiota patentato.

 

  
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