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Autore: Marte97    26/09/2016    0 recensioni
Una confraternita segreta, un solo motto "prega e obbedisci" e una ragazza che è stanca di non poter porre domande. Grata per essere stata accolta dopo esser stata abbandonata, Tamila comincia a capire che, forse, c'è una fine persino alla gratitudine.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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I gradini sono umidi; in certi punti, dove la roccia è sconnessa, si sono create piccole pozze d’acqua. C’è buio, un intenso buio, ma si è ormai abituata: i suoi occhi riescono a scorgere le pietre tozze incastonate nella parete, i portafiaccole vuoti, arrugginiti e qualche topo che si allontana, spaventato.
Tamila si volta a guardare la grande e spessa porta in legno di quercia, oltre la quale non le è concesso andare. “Prega e obbedisci” recita il motto del suo ordine, inciso sul medaglione di pietra che adesso, dopo anni, non pesa più. Si era sempre chiesta perché quella porta non lasciasse trasparire nulla: né luci, né suoni, anche se non le era permesso farsi domande.
« Tamila! Ecco dov’eri! » esclama una voce all’inizio del corridoio. E’ Mek. Lui non è come lei, Tamila appartiene al buio, l’oscurità la culla, l’avvolge come una coperta e, soprattutto, non  la tradirebbe mai.
« Vieni, presto! Xai è di nuovo impazzito e Lavasiec chiede di te » strilla senza avvicinarsi, al riparo da tutto quel profondo nero.
Lavasiec è un vecchio, senza capelli, puzzolente, con le mani callose e nodose come un tronco. Tamila non ama prendersi cura di lui, ripulirlo dagli escrementi, lavarlo … preferirebbe che morisse, che la sollevasse da quel lordo compito. Ma lei è una serva, è stata accolta dopo che i suoi genitori l’avevano abbandonata e non può rifiutarsi, dopo tanta generosità.
“Prega e obbedisci”.
Lavasiec sta tirando la pesante vasca di rame, sempre se il suo scuoterla può essere definito “tirare”, il tutto mentre Xai, uno tra gli halbok più odiosi che possano esistere, corre senza sosta per la stanza.
« Accidenti a te, ragazzina! E’ l’ora del bagno, tutto da solo devo fare? ».
Tamila replicherebbe volentieri che lui non faceva mai nulla da solo, nemmeno vestirsi, ma tiene la bocca chiusa « Xai, finiscila! » strilla invece.
L’halbok si ferma e la fissa, con quegli occhi grandi e neri, e quel muso che ricorda quello di una iena, ma più dolce. Dietro di lui vi sono almeno tre vasi in frantumi sul pavimento.
« Avresti dovuto legarlo, cretina! » si arrabbia Lavasiec, puntando un dito contro Xai che, all’improvviso, sembra essersi calmato.
Tamila ogni sera lo lega, e ogni sera le si spezza il cuore a vedere quei due occhioni neri neri intristiti e, puntualmente, quando decide di fidarsi di lui e di lasciarlo libero, rimpiange la sua decisione. Non può dire al vecchio perché non aveva incatenato l’animale, altrimenti, giustamente, Lavasiec le avrebbe ricordato che gli halbok sono manipolatori, bugiardi e infidi, e che fidarsi di uno di loro è da stupidi. Da cretini, appunto.
Tamila prepara il bagno, fa scaldare l’acuq sul fuoco del camino, prende le spazzole e i saponi, e aiuta Lavasiec a togliersi la veste. Dopo anni non ha ancora vinto il ribrezzo di quel corpo vecchio nudo, magro, sfibrato, con i pettorali raggrinziti  cascanti come vecchie mammelle di una capra, quella pelle piena di macchie e consunta, quei genitali avvizziti, il membro che ricorda una larva morta.
Comincia a strigliare la lunga barba del vecchio, mentre Xai le si avvicina, mesto, per poi portare via la veste sporca di Lavasiec.
« Signore, volevo chiederi cosa succede dietro la porta di quercia nei labirinti » dice pulendo la testa calva dell’uomo.
« Una servetta non deve interessarsi delle grandi cose che accadono nei labirinti. Ancora mi chiedo perché ti sia concesso entrarci. Sei solo una stupida servetta, prega tanto e obbedisci anche di più ».
Tamila continua a strofinare, mentre l’alba regala spettacoli nel cielo.
   
 
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