Era appena finita
l’ennesima canzoncina del gruppetto sul
palco del ristorante, quando finalmente la band iniziò a
dare segni di
sbaraccare: il sipario si chiuse e si sentirono rumori metallici di
ottoni e tamburi
spostati nelle loro custodie oltre la penombra del palcoscenico.
Sousy tirò un sospiro di sollievo: non ne poteva davvero
più
di quella musica lagnosa! Il concertino aveva continuato per quella che
era
parsa un’eternità, e nonostante la presenza di
Sans e quella strana bistecca
che le avevano servito (a forma di… rettangolo?), che si era
rivelata decisamente
più gustosa degli spaghetti riscaldati di Papyrus e dei
panini unti di Grillby,
si stava annoiando a morte.
Sbocconcellò un pezzettino di carne mentre le luci si
riaccendevano e gli altri ospiti ricominciavano a chiacchierare tra
loro,
rumorosi.
“Dio Sans che palle. Non finiva più. Ma in che
razza di
posto mi hai portato?”
Lo scheletro fece spallucce, sempre immancabilmente
sorridente.
“Questo che tu ci creda o no è il posto
più elegante
quaggiù. Mi spiace che non ti piaccia.”
“Sarà… noi nel mondo di sopra abbiamo
cose molto più fighe.
Tipo le discoteche: locali piccolissimi pieni di gente sudata, senza
posti a
sedere e con una musica così alta che se non balli devi per
forza ubriacarti
per non perdere l’atmosfera. Quello sì che
è bello. E la musica lì sì che
spacca.”
“Wow, sembra imperdibile.”
“Oh, puoi giurarci. Poi abbiamo dei centri commerciali
immensi e…”
“… tu ti fidi di me, no? Guarda che se ti ho
portata qui non
è solo per farti assistere ad un concertino da prima serata.
Quindi fammi un
favore, tappati la boccuccia che se parli di superficie la gente
potrebbe
insospettirsi e guarda un po’ che succede adesso.”
Al tappati la
boccuccia Sans si era alzato in piedi e le aveva
effettivamente premuto la
mano sulle labbra, incurante del fatto che lei avesse la bocca ancora
piena, e
poi le aveva fatto un occhiolino tale che accidenti si sarebbe messa a
sbavare –
ma si trattenne perché, in effetti, sarebbe stato piuttosto
orribile da vedere
una sbavata con la bocca piena, e per di più sulla sua
bellissima (gelida,
minuscola) mano scheletrica.
“Ehi, dove vai?”
Sans non era tornato a sedersi, ma sembrava proprio sul
punto di piantarla lì al tavolo da sola, dato che si era
girato e aveva già
fatto due passi. Si voltò girando su un piede e
agitò le mani in aria:
“Sorpresa!”
Dopodiché a passo svelto puntò il palco, dove
già il sipario
si stava rialzando e un annunciatore con la testa da medusa iniziava a
presentare la successiva esibizione.
Sousy si sentì morire
dentro quando vide Sans che
effettivamente stava entrando in una porticina di fianco al palco, e
che con
ogni terribile probabilità portava nei dietro le quinte
– sì, Sousy aveva visto
la band di prima uscire da lì ma stava facendo di tutto per
dimenticarselo.
“…e ora, signore e signori, come ogni
giovedì sera,
direttamente da Snowdin, il nostro mucchio di ossa
alla riscossa, Sans!”
Il piccolo scheletro entrò sul palco con le mani in tasca, e
tutti i mostri seduti ai tavoli lanciarono un’esclamazione
quando lui fece un
gesto di saluto verso il pubblico con il suo sorrisetto beffardo
stampato sul
volto. Lanciò uno sguardo penetrante verso Sousy, che lo
fissava mezza nascosta
sotto al tavolo, e lei desiderò con tutta la sua
adolescenziale persona di
sprofondare ancora più a fondo nel sottosuolo, lontano da
quella situazione
imbarazzante.
“Sapete… - iniziò subito lo scheletro
con fare brillante,
staccando il microfono dalla sua asta in mezzo al palco – Di
solito sono una
persona piuttosto cattiva. Inizio sempre a prendermela con qualcuno di
voi…
soprattutto con Snowflake, ma non ci posso fare niente, per me
é una fonte
eterna di freddure.”
Il pubblico esplose in una risata collettiva e uno strano
uccello fatto di neve mugugnò qualcosa con fare risentito.
“…poi come sapete, c’è chi
non se la prende mai. Predente
Vulkin. Lei se ne lava sempre le
mani.”
Nuove risate e applausi, e una piccola cosettina a forma di
vulcano attivo ribollì dalla testa ai piedi per essere stata
nominata. Anche
Sousy si ritrovò a ridacchiare e dovette ammettere che Sans
era davvero divertente,
tanto che iniziò a tirare un sospiro di sollievo.
“…ma no, stasera qui con noi
c’è un’ospite speciale. Le ho
promesso che le avrei fatto una sorpresa di quelle indimenticabili, e
quindi
vorrei che la salutaste tutti insieme. Un bell’applauso per
Sousy, la mia nuova
ragazza!”
Naturalmente lo scheletro non si era fatto problemi ad
indicarla a dito, e mentre tutto il ristorante si girava verso di lei
con fin
troppo entusiasmo lei desiderò con tutta se stessa di essere
morta.
In una tomba buia.
Tre metri sottoterra (cit.).
“Oh su, non fare la timida! Sapete, di solito lei non
è
così, mogia come un animale in gattività.
– Risate – Quando ci vediamo non fa altro che
strillare, è una gran gatta da
pelare! – Risate – E io le
dico, senti, sei un felino troppo
permalosa, ma possiamo essere comunque amici!”
Risate roboanti, e occhi puntati addosso.
Sousy ormai aveva deciso, non c’era via di scampo a
quell’inferno sceso in (sotto)terra: si sarebbe sentita male.
Sarebbe svenuta
lì davanti a tutti e Sans si sarebbe sentito in colpa per
averla messa in
condizioni di imbarazzo tale da non poter essere affrontate da una
sensibilità irritabile
e femminile come la sua. Lo avrebbe fatto sentire una merda, come
quello che
era, un cavolo di infame. Oh.
E quindi la ragazza mise il suo piano in atto: mentre la
gente rideva spalancò teatralmente gli occhi e
girò le pupille all’indietro,
emise un verso sconclusionato ma grazioso con la gola e si
lasciò cadere
all’indietro dalla sedia, sperando di non farsi troppo male
cadendo sul
pavimento.
Accadde però qualcosa che non si sarebbe mai aspettata, e
invece di cadere discinta sulle piastrelle fredde del ristorante Sousy
cadde
discinta tra un paio di braccia fredde appartenenti a qualcuno giunto
prontamente alle sue spalle, che lei non aveva sentito arrivare.
“Via tesoro. – Stava dicendo la voce profonda,
sensuale e
robotica della persona che la teneva in braccio – Nel mio
ristorante la gente dovrebbe
divertirsi, non perdere i sensi dall’imbarazzo. Dacci un
taglio, scheletro.”
Sousy sentì parecchi mostri mormorare di eccitazione dopo
quella frase.
“Oh mamma, non vedevo una cosa simile da quando era venuta a
mangiare qui lo Scienziato Reale, e lei sì che aveva preso
le battute in modo scagliato.”
Commentò Sans, sempre nel
divertimento generale. Non sembrava particolarmente preoccupato per
Sousy, e
lei fece una fatica incredibile a non stringere la faccia in un broncio
arrabbiato per manifestare quanto la facesse incazzare quel diavolo di
uno
scheletro, ma doveva fare uno sforzo o si sarebbero accorti tutti che
aveva solo
fatto finta.
“Voi continuate pure lo show, alla ragazzina ci penso io.
Non vorrei mai perdere un cliente per una sciocchezzuola del
genere.”
I mostri inneggiarono e Sousy, tenendo sempre gli occhi
fermamente chiusi, si sentì trasportare da qualche parte
lontano dalla folla,
da quell’individuo misterioso dalla voce sexy che aveva
deciso di prendere così
nobilmente le sue difese.
“Sei umana,
non è
così? Puoi anche evitare di negarlo, io sono più
intelligente di quel branco di
cretini in sala, ti ho notata subito.”
Sousy si prese un attimo per decidere cosa la traumatizzava
di più. La frase che aveva appena ascoltato? Certo. Quel
mostro sapeva che lei
era umana e probabilmente stava già progettando una decina
di modi per farla
fuori. Ma c’era anche un’altra cosa: era un rettangolo.
Un rettangolo con braccia e mani inguantate, e un’unica
rotella al posto delle
gambe. Era appena stata salvata da un tostapane.
“Uh, sì, lo ammetto, sono umana. Questo
è solo un abile
travestimento.”
“Ho notato, si vede che sei una maestra degli inganni. Ma
non puoi ingannare me: riconoscerei un umano anche in mezzo a una pila
di
mostri ammucchiati.”
Sousy si levò dai capelli il cerchietto con le orecchie rosa
finte, e il quadrilatero parve illuminarsi di fronte alla visione
– sì insomma,
gli si accesero tutte insieme le lucette sullo schermo che aveva al
posto della
faccia.
“Oh, meravigliosa.” Commentò.
“Senti. – sbuffò Sousy seccata
– So come funziona qui
attorno con gli umani. So che ora cercherai di uccidermi in qualche
modo,
credimi, e di portare la mia anima al re. Quindi fammi un favore,
tagliamo
corto e andiamo ai fatti, così potrò farmi venire
a salvare dal mio… (sigh) da
quell’idiota del mio ragazzo. Allora sei pronto? Dai mi metto
in posizione,
pronta a strillare.”
Sousy si sdraiò supina sul piano di cottura –
perché il
robot l’aveva trasportata alle cucine del ristorante
– e si preparò ad essere
assaltata, ma il suo aggressore non mosse un dito, anzi: parve quasi
offeso.
“Mia cara, – disse – ma io non farei mai
una cosa del
genere! Evidentemente non mi conosci: io adoro
gli umani e il loro mondo ed esibirmi di fronte ad uno di essi
è uno dei miei
sogni più grandi. Come potrei farti del male?”
“…come scusa?”
“Ma certo! Io sono una star dalle potenzialità
internazionali, e sono costretto ad esibirmi sempre per i soliti
quattro gatti
chiusi quaggiù! Cosa credi, che mi faccia piacere? No no, io
mi ispiro alle
celebrità umane della superficie, e per me è una
fortuna incredibile averti
incontrata… e anche tu dovresti essere onorata di essere in
presenza del
favoloso Mettaton!”
“…aspetta. – Sousy si bloccò.
Di nuovo il suo cervello
faticò a discernere quale informazione l’avesse
sorpresa di più: il fatto che
lui aveva appena dichiarato di non avere nessuna intenzione di
ucciderla,
oppure… - …tu sei un VIP?”
“Ma certo. Sono l’unica, favolosa
star televisiva di tutto il Sottosuolo!”
Mettaton sembrava risentito che Sousy non avesse mai sentito
parlare di lui.
“…sono caduta quaggiù da poco, e non ho
avuto tempo di
guardare la TV. Scusa.”
“Capisco, capisco. Beh, è ovvio che sei stata
molto
fortunata ad incontrarmi di persona, come premiere!”
Le porse una mano robotica, e Sousy si rialzò in piedi con
suo aiuto. Doveva ammettere che, pur essendo praticamente un forno a
microonde,
aveva dei modi molto affascinanti.
“…volevo dirti, tesoro, che se sei
d’accordo ti proporrei
un’esibizione privata, diciamo… domani sera?
Lascia perdere quel poveraccio con
cui sei venuta stasera, fidati, puoi avere il top dei top tu.”
Il robot ammiccò con una lucetta sullo schermo.
Sousy arretrò istantaneamente a tanta sfrontatezza: certo
che, anche se non aveva una faccia, quel robot aveva sicuramente molto
fegato!
Istintivamente le venne in mente di strillargli un forte
“no!” e schiaffeggiarlo,
ma si morse le labbra.
Pensò a Sans.
Cazzo, era carino, ma era stato anche molto stronzo. Troppo.
Doveva pagare.
All’improvviso, Sousy ebbe una brillante idea per mettere in
chiaro le cose con quello stupido scheletro sexy.
Allungò la mano verso Mettaton ma, invece di afferrare
quella del robot, gli prese direttamente il braccio.
“Sì, caro, mi piacerebbe molto. Accompagnami fuori
ora per
favore, qualcuno sarà
preoccupato nel
non vedermi arrivare.”
* * *
“50
sfumature di blu.”
*
Sousy fece
un ingresso
trionfale nel ristorante sottobraccio al robot, e tutti si voltarono a
guardarli perché erano davvero troppo una coppia di gente
ricca e famosa. Cioè,
è una legge della fisica che la ragazza più bella
di tutto il sottosuolo si
metta insieme al vip più figo, no?
Erano tutti e due
assolutamente perfetti: lei aveva i capelli rosso fuoco che
ondeggiavano sulla
schiena, e lui aveva gli addominali quadrati che si vedevano sotto la
camicia.
Certo quello era un
vero e proprio scoop e scoppiò un applauso, ma non tutti gli
spettatori erano
felici: una persona in particolare si arrabbiò tantissimo, e
diventò verde per
lo smacco e la gelosia.
Era Sans, che come
tutti sapevano era follemente innamorato di Sousy, solo che era troppo
testardo
per ammetterlo.
Era anche uno scemo.
Solo che era anche
bellissimo e anche Sousy in realtà lo amava, ma era talmente
scemo che Sousy
era troppo arrabbiata per confessare i suoi sentimenti. Ma poi adesso
c’era
Mettaton e lui era sicuramente meglio di uno scheletro tappo e povero.
Quando uscirono dal
ristorante Sans gli si piazzò davanti, con una faccia
minacciosa.
“Giù le mani dalla mia
donna, ammasso di ferraglia!”
Mettaton strinse Sousy
sul braccio, intimorito dalla provocazione, e Sousy gridò:
“Sans! Mettaton! Vi
prego non litigate per me! Sono indecisa perché siete tutti
e due fighi ma non
voglio che scorra del sangue!”
Mettaton sembrava
voler evitare lo scontro e cercò di cacciare lo scheletro a
parole, ma Sans si
era già tolto la felpa e lo aveva scagliato con un colpo
dieci metri
all’indietro (e può farlo perché lo so,
l’ha fatto anche con me la prima volta
che ci siamo visti).
Sousy strillò e
Mettaton si rialzò e gli tirò un pugno in faccia,
ma lui rispose con un calcio
negli stinchi e si prese una testata in mezzo agli occhi.
Mentre e due ragazzi
mostruosi si picchiavano per terra uno sopra all’altro Sousy
era rimasta
paralizzata in lacrime, perché lei era buona e odiava la
violenza. Ma doveva
ammettere che vedere quanto il suo amore spingesse quei due alle botte
le faceva
battere il cuore.
Soprattutto Sans. Che
era così stronzo ma anche così sexy.
Apparve un teschio
enorme di cane, volteggiando a mezz’aria, e sparò
un raggio laser contro
Mettaton lasciandolo KO.
Sans prese Sousy per
un braccio, pulendosi la bocca dal sangue con un pugno chiuso:
“E adesso vieni a
casa. Non permetterò che nessun viscido vip presuntuoso e
approfittatore ti
tocchi. Non lo sapevi che ti stava solo usando per mettersi in
mostra?”
La portò nella rimessa
di casa sua, dove c’era buio, un pavimento di legno e anche
un materasso di
paglia per terra.
“Ma lui a me piaceva!”
protestò Sousy “Almeno non è stronzo
come te!”
“Ma io ti amo Sousy, e
ti voglio. Non permetterò che nessun’altro ti
abbia per sé.”
“Oh Sans…”
Lo scheletro si
avvicinò e la baciò, spingendola contro la parete
di legno.
Lei rispose con
passione perché anche lei lo amava, e tutto quel sangue e
quella passione che
gli aveva visto negli occhi le aveva acceso il fuoco dentro.
Era uno stronzo e per
questo le piaceva, le piaceva un sacco.
La felpa volò sul
pavimento e lei si tolse la maglietta.
Lui le afferrò i
fianchi con le unghie e poi scese con le mani.
Si infilò sotto i suoi
pantaloni… e poi sotto le sue mutandin…
“OH CORBEZZOLI!”
Papyrus fece una pausa dalla lettura e finì il suo succo di
frutta facendo gorgogliare la cannuccia contro il fondo del cartoncino.
Sans, assonnato, spuntò con la testa in camera sua per
controllare che diavolo stava facendo, accigliato e con una tazza di
caffè in
mano.
“Ehi fra, si può sapere che hai da
gridare?”
“Eh!?”
Papyrus arrossì violentemente e strinse il foglio che aveva
in mano, agitandosi sul suo letto-automobile sul quale stava
comodamente seduto
a gambe incrociate.
“N-niente… è che ho trovato questo e mi
sono messo a
leggere. È molto appassionante.”
Sans entrò nella camera di suo fratello strascicando le
pantofole sul pavimento e diede un’occhiata al foglio che gli
veniva porto.
“È ancora il diario di Sousy?”
“Sì ma è diverso. Questa è
proprio una storia. Ma, Sans…”
Il maggiore scosse la testa: “Paps ti ho già detto
di non
andare a frugare nella roba delle ragazze, non è
carino.”
“… ma Sans, l’ho trovato attaccato al
frigorifero con un
magnete! Ma…”
Papyrus arrossì di nuovo come un pomodoro, a disagio di
fronte alla presenza tranquilla e leggermente rimbambita del suo
fratellone.
“…ma ieri sera è
davvero andata
così?”
Sans lanciò a Papyrus un’occhiata confusa, poi
lesse un paio
di righe.
Diventò blu.
“Ma che
cazz…”
…come è
finita la serata?
Ci sarà stata davvero la rissa?
E quante sfumature di blu avrà visto
Sousy?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
*Angolo Autrice*
*Eccoci qui.
*Sì mi sono presa una pausa estiva, ma la ROMANCE non è finita.
*Alla prossima!